Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Mater è il racconto di un viaggio nel profondo Douro inteso come un processo di progressivo avvicinamento alla cultura di queste terre di vite e di pietra, ed è al tempo stesso un esercizio di lentezza durato più di un anno in un contesto come quello della Scuola di Porto. Img tratta dal volume DOURO, Dussaud Georges, Peso de Régua: Fundação Museu Do Douro, Porto, Edições Afrontament, 2012, pag. 73 – Portugal, Quinta de La Rosa, Setembro, 1986 – ©Georges Dussaud Lo studio per una cantina per viaggiatori nella diga incompiuta di Foz Côa, è stata una esigenza, nata durante il mio viagem a Portugal. Mater è il racconto di un viaggio nel profondo Douro inteso come un processo di progressivo avvicinamento alla cultura di queste terre di vite e di pietra, ed è al tempo stesso un esercizio di lentezza durato più di un anno in un contesto come quello della Scuola di Porto. Pensare la tesi come una ricerca personale emozionale porta a lavorare attorno ai temi che interessano il proprio modo di essere progettista e di pensare. Sono affascinato dalla materia come amante dell’architettura. La tesi risulta un testo fatto di racconti, appunti e pensieri, narra questo processo per poi arrivare al progetto, luogo di lavoro e di apprendimento per l’uomo, scavato nella materia, nella massa, nell’ombra a proteggere e riparare nel freddo il segreto di queste terre: il vino. Fondamentale in questo percorso è il disegno, e l’obbiettivo principale era di cercare di apprendere a fare bene e fare con poco. Se la materia è stata l’origine, e l’architettura la causa, la tesi è solo un pretesto per indagarle. Tratta dal volume DOURO, Dussaud Georges, Peso de Régua: Fundação Museu Do Douro, Porto, Edições Afrontament, 2012, pag. 17 – Quinta de São Luiz, Outubro, 1985 – ©Georges Dussaud Nella regione vinicola del Douro, l’uomo si è dovuto preoccupare di modellare il territorio, addomesticare i ripidi pendii per la piantumazione delle viti, il disegno del territorio nasce da un’intenzione essenzialmente pratica, organizzare e sistemare il sito, per creare le condizioni favorevoli alla viticoltura ed è, nella sua origine, indipendente da valori estetici e paesaggistici che oggi noi attribuiamo nella contemplazione di questi luoghi. È per la vite che si trasforma il territorio, è lei che anima il paesaggio con le sue variazioni di toni e di luce, come un velo che ricopre le sponde del Douro. I terrazzamenti definiscono l’immagine di questo paesaggio, sono il risultato di un’opera costruita pietra dopo pietra, nel tempo. Qui, il muro è l’elemento architettonico nato dalle mani dell’uomo, pragmatico e poetico. La pietra di queste terre è lo xisto. Questi suoli sono adatti alla coltura vincola, poiché facilitano la penetrazione delle radici della vite e assorbendo calore di giorno per poi rilasciarlo la notte contribuiscono alla maturazione uniforme delle uve. Se il muro nasce per sostenere il terreno, le scale completano l’infrastruttura di questo paesaggio vinicolo permettendo la circolazione dei lavoratori. Queste si declinano in vari modi, a volte parallele, a volte perpendicolari ai pendii. Le prime orizzontali come estensioni dei muri, le altre verticali spezzano il disegno del paesaggio. Tutto questo si svolge sulle sponde del Douro e dei suoi affluenti con un unico scopo: fare vino. Il buon vino è frutto di un grande lavoro. Il processo di vinificazione è pieno di scelte e segue diverse fasi. Le fasi fondamentali sono la ricezione delle uve, la fermentazione, l’affinamento e l’imbottigliamento. La vinificazione tradizionale si effettua in lagares di granito o xisto, di forme rettangolare dove le uve vengono pigiate e poste a fermentare. Questa prima fase è fondamentale, un lavoro di ritmo e costanza, una danza che dura molte ore. Comprendere tutto il sistema produttivo, le sue necessità è fondamentale per la risoluzione del programma, e quindi del progetto. Tratta dal volume DOURO, Dussaud Georges, Peso de Régua: Fundação Museu Do Douro, Porto, Edições Afrontament, 2012, pag. 61 – Portugal, Alto Douro, Quinta de La Rosa, Outubro, 1988 – ©Georges Dussaud L’idea di progetto è un percorso che arricchisca le persone, non solo con informazioni, ma con le esperienze. L’esperienza fissa nella memoria un concetto e un ricordo. Per parlare di paesaggio, l’idea non può essere limitata al progetto di architettura, ma deve coinvolgerlo. Come il vino, da queste terre, scendeva il fiume per raggiungere Gaia, l’idea è far raggiungere queste terre da Porto. Il percorso necessita di una meta, di un luogo dove concretizzare e fissare nella memoria ciò che si è appreso: la cantina e il museo. La ferita dovuta dalla non-costruzione della diga a Vila Nova de Foz Côa si propone come opportunità per concretizzare questa idea. Essa è strategica dal punto di vista della sua localizzazione, posta al limite della regione vinicola, e in un punto non vincolato dal patrimonio Unesco. Fotografia d’autore – ©Mattia Bocchini Per far conoscere questa terra fatta di vino e sudore, il progetto non può seguire un concetto tradizionale di un museo per opere d’arte. Non può esserci distanza tra persone e oggetti. Le persone devono entrare in contatto con le cose, in modo che queste si possano fissare nella mente. Qui l’uomo da secoli entra in contatto con queste terre di vite in tre modi: con il tatto, l’olfatto e il gusto. Il museo inteso come percorso ha molte affinità con la cantina, d’altronde il lavoro stesso è un museo di riti e tradizioni. Utilizzare l’infrastruttura dove si sposta il vino come il percorso di apprendimento delle persone costituisce l’idea, ma con un unico accorgimento: mentre il vino scenderà la montagna, le persone la risaliranno. L’idea di salire è una scelta di lentezza, e se il grado di lentezza è strettamente collegato all’intensità della memoria, può la lentezza del risalire rendere più intenso l’apprendimento? Analogamente, può la lentezza del fare vino testimoniare la profondità della memoria di questa terra? Modello d’autore – ©Mattia Bocchini Modello d’autore – ©Mattia Bocchini Modello d’autore – ©Mattia Bocchini Il progetto è, al tempo stesso, organismo e frammenti. L’ipogeo permette questa contraddizione. Il progetto cerca di conciliare l’idea, il luogo e il programma. Per questo, l’organismo si deforma e si adatta alla montagna legandosi alle strade esistenti: infrastrutture servite a tagliare la montagna. Fissate le quote, e quindi gli edifici, l’intervento si risolve una volta progettato il percorso che li collega. Ogni volume della cantina a suo modo raggiungerà la superficie, con piccoli frammenti alla ricerca di luce e aria, affinché la cantina funzioni. Tutti i volumi sono costruiti in cemento, trattato in modo tale che, dove possibile, l’acqua con il tempo possa entrare e fare arricchire la materia di questi edifici, come in rovina, con sfumature ferrose, le stesse del vino e della pietra di queste terre. Modello d’autore – ©Mattia Bocchini Modello d’autore – ©Mattia Bocchini Modello d’autore – ©Mattia Bocchini La complessità del progetto sta nel raccontare due storie allo stesso tempo, quella dell’uva che per gravità scende la montagna diventando vino, e quella del viaggiatore che attraccherà alla base della montagna, per risalirla, vivendo un’esperienza e una scoperta sulla materia di queste terre: la pietra e il vino. ____________________________________________________________ Approfondimento realizzato in collaborazione con Architettura>Energia, centro ricerche del Dipartimento Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara. _____________________________________________________________ Crediti Tesi di Laurea magistrale in Architettura: Titolo: Mater Studente: Mattia Bocchini Relatori: Antonello Stella e Francisco Vieira de Campos Correlatori: Rui Braz Afonso e Valentina Radi Università degli Studi di Ferrara Anno Accademico 2017-2018 Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento