Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Indice degli argomenti Toggle Quali sono le materie prime critiche e strategicheSu cosa verte il DL MiniereL’Italia e le materie prime critiche strategiche: cosa c’è, cosa mancaI siti minerari di interesse L’Italia scende in campo per le materie prime critiche strategiche. Il Governo, col Decreto Legge 84 del 25 giugno 2024, ha inteso creare le condizioni per un loro approvvigionamento “sicuro e sostenibile”, dando così seguito al Critical Raw Materials Act, regolamento UE che istituisce un quadro finalizzato a garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche. Il valore strategico delle materie prime critiche è imprescindibile per la transizione energetica e il loro valore di mercato, già alto, è destinato a crescere. A questo riguardo, Statista prevede che, tra il 2027 e il 2030, il rame raggiungerà il valore di mercato più alto al mondo tra gli altri materiali critici, con un valore stimato di 394 miliardi di dollari USA entro il 2029. Al secondo posto, si stima che il valore di mercato globale del litio supererà i 191 miliardi di dollari entro il 2028. Come ha riportato la società di gestione rifiuti Erion in uno studio, entro il 2050, la domanda di materie prime crescerà di almeno 2,5 volte rispetto ai livelli registrati nel 2000, e il consumo medio pro capite si aggirerà intorno alle 12,5 tonnellate. Secondo lo stesso studio, il mercato delle materie prime critiche ha raggiunto, nel 2022, i 320 miliardi di dollari a livello globale, con buone probabilità di un’ulteriore crescita. L’Unione europea intende avere la capacità di estrarre il 10%, processare il 40% e riciclare il 25% del suo consumo annuale di materie prime strategiche entro il 2030. Il nostro Paese ha messo nero su bianco il suo impegno sul tema, dopo che nel 2022 era già stato avviato un tavolo tecnico dedicato. Quali sono le materie prime critiche e strategiche Il Critical Raw Materials Act ha individuato complessivamente 34 materie prime critiche. Tra di esse, 16 sono considerate strategiche: bismuto, boro, cobalto, rame, gallio, germanio, litio, magnesio metallico, manganese, grafite naturale, nichel, metalli del gruppo del platino, silicio metallico, titanio metallico, tungsteno ed elementi delle terre rare per magneti. Questi ultimi sono: neodimio, praseodimio, terbio, disprosio, gadolinio, samario, e cerio. Alla lista delle materie prime critiche, i co-legislatori europei hanno concordato di aggiungere all’elenco di materie strategiche anche l’alluminio, arrivando così a 17. Come aveva già fatto sapere, lo scorso aprile, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, alla Camera dei Deputati, ricordando che il contributo italiano ha di fatto ampliato la lista dei materiali anche alla bauxite (materia prima essenziale per realizzare alluminio) e aggiungendo, tra l’altro, anche l’ammissibilità al finanziamento di progetti strategici per l’inserimento dei rottami ferrosi tra le materie secondarie strategiche. Il “DL Miniere”, varato due mesi dopo, è stato finalizzato ad assicurare la possibilità di approvvigionamento “sicuro e sostenibile” delle materie prime critiche strategiche. «In Italia sono presenti 16 delle 34 materie prime critiche. Oggi le nuove tecnologie consentono di riattivare le relative miniere che sono state chiuse oltre trent’anni fa», ha affermato Urso nell’occasione della seduta alla Camera, ricordando che nel Paese sono presenti miniere di nichel, di cobalto, rame e argento in Piemonte, litio nel Lazio, terre rare in Sardegna. Lo stesso ministro ha evidenziato l’opportunità di «sfruttare i rifiuti minerari accumulati nei decenni passati che ammontano ad almeno 70 milioni di metri cubi», sottolineando la necessità di ridurre da dieci a due anni i processi di autorizzazione di progetti strategici. A questo fine si colloca la creazione del fondo strategico per il Made in Italy «che avrà una dotazione pubblica iniziale di un miliardo e sarà aperto a investitori privati nazionali ed esteri». Su cosa verte il DL Miniere Il DL Miniere definisce misure urgenti finalizzate all’attuazione di un sistema di governo per l’approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime “strategiche”, garantendo di raggiungere sul territorio nazionale gli obiettivi previsti dal Regolamento UE. Oltre a snellire i tempi dei processi autorizzativi, attua disposizioni per il riconoscimento dei progetti strategici, creando le condizioni per l’avvio di un punto unico nazionale di contatto e stabilendo «termini massimi per il rilascio dei titoli abilitativi all’estrazione di materie prime critiche strategiche». Il punto unico nazionale di contatto servirà anche a rilasciare autorizzazione per realizzare progetti per la trasformazione e il riciclaggio di materie prime critiche strategiche. Oltre a stabilire la formazione di un comitato tecnico ad hoc, il Decreto Legge 84/2024 stabilisce anche norme per il recupero di risorse minerarie dai rifiuti estrattivi e un programma nazionale di esplorazione. A quest’ultimo proposito, l’Ispra si occuperà di elaborarlo, includendo: la mappatura dei minerali; campagne geochimiche, indagini geognostiche e l’elaborazione dei dati raccolti attraverso l’esplorazione generale, anche mediante lo sviluppo di mappe predittive. Il DL prevede, inoltre, la creazione di un Registro nazionale delle aziende e delle catene del valore strategiche, nonché disposizioni urgenti relative all’approvvigionamento di rottami ferrosi e di altre materie prime critiche. L’Italia e le materie prime critiche strategiche: cosa c’è, cosa manca La volontà dell’Italia – e dell’Europa – è chiara. Resta, però, da capire se il nostro Paese possa raggiungere gli obiettivi fissati. Partiamo dall’estrazione degli elementi dalle rocce, processo che ha costi che devono essere sostenibili. A questo proposito è bene evidenziare, come da definizione Treccani, che «Si è in presenza di un giacimento minerario quando si tratta di minerali utilizzati dall’uomo, presenti in quantità economicamente interessanti». L’Italia ha molti elementi critici. «Però, sfortunatamente, nell’economia globale, molti di essi non sono più sfruttati. Il nostro Paese ha quasi totalmente abbandonato il comparto minerario perché economicamente conveniva acquistarli sul mercato piuttosto che produrli. Il ritorno di interesse si deve alle condizioni geopolitiche mondiali che di fatto hanno fatto aumentare i costi dell’import così tanto da immaginare di tornare a estrarli», spiega Sandro Conticelli, professore di geochimica, mineralogia, petrologia e vulcanologia presso l’Università di Firenze. L’esperto (che, dal 2018 al 2023, è stato presidente della Società Geologica Italiana) evidenzia che ci sono risorse minerarie sul territorio italiano potenzialmente sfruttabili, tenendo però in debito conto i costi. «Si può fare ricerca mineraria, il decreto legge è un primo passo. A mio avviso, però, occorre rilanciare, compiendo un’opera fondamentale: investire sulla geologia. Nel nostro Paese si parla di geologi solo in occasione di disastri. Eppure il geologo è una figura fondamentale». Formazione e conoscenza diventano, così, elementi preziosi per l’Italia. «Il nostro non è un Paese può diventare un produttore di minerali critici: ne abbiamo, certo, ma dobbiamo fare grandi sforzi per utilizzarli. Possiamo sì far ripartire la ricerca mineraria per trovare sistemi di trasformazione, di produzione e di coltivazione economicamente più vantaggiosi. Ma non abbiamo i giovani con le adeguate competenze: questo è un problema di ben più difficile soluzione». La carenza di geologi è un problema già manifestato da anni: la più recente segnalazione è dello scorso maggio. Nell’occasione l’Ordine dei Geologi del Lazio, insieme agli altri Ordini regionali, ha scritto una lettera aperta al Ministro dell’Istruzione per sottolineare l’importanza dello studio delle Scienze della Terra, sottolineando l’importanza dei geologi anche per affrontare la transizione ecologica. I siti minerari di interesse Sulla possibilità di estrarre materie prime critiche strategiche, il Ministro Urso ha parlato di nuove tecnologie che consentono già oggi di riattivare le miniere, menzionando anche aree di potenziale interesse. Tra i siti minerari in fase di rivitalizzazione, va segnalato quello di Gorno (Bergamo), dove l’azienda australiana Altamin intende estrarre zinco e piombo, con piani per esplorare depositi di cobalto, grafite e litio in Piemonte ed Emilia Romagna. A Corchia (Parma), è stato fatta richiesta per un nuovo permesso di ricerca mineraria per rame piombo, zinco, argento, oro, cobalto, nickel e minerali associati. Un altro progetto nel sito di Silius, in Sardegna, intende riprendere la produzione di galena e fluorite e cercare depositi di terre rare. Sempre sull’isola, le aziende stanno lavorando per riavviare l’estrazione di minerali ferrosi. Sulle potenzialità di ricavare litio geotermico, in Italia ci sono – come ha raccontato Andrea Dini, primo ricercatore del CNR-IGG – la fascia vulcanico-geotermica peritirrenica (Toscana-Lazio-Campania) e la fascia al fronte della catena appenninica (da Alessandria fino a Pescara). Il DL Miniere considera anche la possibilità di progetti di estrazione mineraria nei fondali marini. La penisola italiana che potenzialità esprime? «Il Mediterraneo ha una conformazione di tipo di tipo geologico che potrebbe non essere così promettente come i fondali oceanici, non raggiungendo profondità significative, ma soprattutto non è presente quell’attività vulcanica presente nelle dorsali oceaniche. Occorre, quindi, fare ricerca nel Mediterraneo, per scoprire le sue potenzialità. Tuttavia, per studiarle c’è bisogno di una flotta di navi scenografiche. Oggi in Italia se ne contano solo due: una è di proprietà dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale (OGS), a Trieste, l’altra del CNR. In entrambi i casi non sono ancora equipaggiate per andare a fare ricerca di profondità. Servono quindi risorse, finanziarie e – ribadisco – umane», conclude Conticelli. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento