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Indice degli argomenti Toggle Milano Arch Week, Around PeripheriesTante le tematiche socialiI modelli virtuosiL’urgenza dell’architettura Tavoli in cui si è parlato di territori vicini e lecture internazionali, per farci sognare le buone pratiche globali ma, una volta tanto, anche per rivalutare qualcuna delle nostre. Milano Arch Week (6-11 giugno), quest’anno con un parterre di voci internazionali ancora più ampio della passata edizione, lancia un messaggio chiaro e univoco: c’è bisogno di ascoltare i contesti e agire con un approccio sistemico, questa è la ricetta universale dei modelli architettonici e urbanistici più virtuosi nel mondo. Dal 2017 Milano Arch Week si occupa di architettura e trasformazioni urbane ed è una iniziativa del Comune di Milano con il Politecnico di Milano e la Triennale Milano. Milano Arch Week, Around Peripheries Il tema, “Around Peripheries”, ha stimolato un momento collettivo di confronto sulle energie sociali della città, riflessioni per poter fornire modelli, se non soluzioni, alle criticità attuali in molti ambiti inerenti l’architettura e la progettazione urbanistica (l’housing sociale, la solidità delle infrastrutture, forme di raccordo con le aree di confine della città). Come spiega Nina Bassoli, curatrice per Architettura, rigenerazione urbana, città di Triennale Milano: “Il grande messaggio di questa edizone di Arch Week, tirando le fila, è il tema dell’ascolto dei territori e dei contesti, per cui molto spesso la demolizione si rivela meno efficace di quanto si crede, però non è una posizione assoluta quella di non dover demolire. La posizione assoluta è quella dell’ascolto dei contesti che informi il progetto, che si trovi ad agire sempre su un esistente, il lavoro che fanno molti degli architetti che abbiamo invitato, non c’è una posizione ideologica contro le nuove costruzioni, piuttosto è un’azione più concentrata di ascolto di diverse voci che arricchiscono il mondo del progetto e lo rendono più attuale, più nuovo e più sostenibile”. Le buone pratiche internazionali, i modelli virtuosi, insieme anche a qualche pratica di mala gestio (sostanzialmente i modelli che inquinano) sono stati presentati, discussi e condivisi nei tavoli e nelle lecture che si sono tenuti in Triennale. Quest’anno si è assistito al grande ritorno della Francia, con architetti come lo studio parigino Muoto che affianca architettura, urbanistica e ricerca, a proposito di sistema, e una importante presenza del Belgio. Tante le tematiche sociali L’architettura è sistema, deriva dall’incontro di tante parti e Milano Arch Week 2023 “passa” dalle periferie per discutere alcuni dei temi sociali più attuali: la casa, che ha guidato molti eventi sul territorio e il cui ambito ha riunito sindacati, architetti e il movimento dei ragazzi delle tende del Politecnico, per porre all’attenzione di tutti l’urgenza del tema; l’edilizia scolastica, il cui problema risiede nell’annoso rapporto tra il mondo del progetto e quello eccessivamente burocratico della politica; e poi c’è il tema altrettanto urgente dei compensi dei giovani collaboratori degli studi di architettura. In tutto 50 appuntamenti dislocati in circa 40 location diverse della città, per un evento giovane (vista l’età media dei progettisti, come il collettivo di Fosbury Architecture, che ha curato il Padiglione Italia all’ultima edizione della Biennale di Venezia) e con un perfetto equilibrio di genere, come ha ricordato l’altro curatore, Matteo Ruta, docente del Politecnico di Milano, un equilibrio spontaneo, per una volta. I modelli virtuosi Tra i modelli virtuosi ci sono le opere dello studio catalano Harquitectes, lavori per il sociale (come i progetti di student housing), mostrano come l’architettura possa e debba trovare soluzioni interessanti anche in condizioni di stato di fatto difficili. Vetreria Plannel 1015 Come la Vetreria Plannel 1015, nel qurtiere di Les Corts a Barcellona, lotto trangolare nato come vetreria nel 1913 che oggi ospita un centro di formazione per adulti e altre attività, che gli architetti hanno trasformato in edificio bioclimatico, sfruttando le specifiche condizioni atmosferiche del luogo e lavorando sulla gestione dell’aria nei cortili vegetali e ombrosi attraverso l’utilizzo di camini solari e di cappe che applicano l’effetto Venturi. O come Casa 1721, a Granollers, sempre Barcellona, una casa unifamiliare che accoglie quattro diverse situazioni familiari e dove uno degli edifici vicini blocca l’ingresso alla luce solare per gran parte della giornata. In questo caso gli architetti hanno lavorato in altezza, costruendo un modulo verticale in grado di “catturare” la luce solare che abbonda in questa zona, una stanza che capta la luce zenitale dal tetto. Casa 1721 Esempi mirabili e virtuosi perché nascono dall’ascolto del contesto, non “sacralizzano” l’antico e lo mettono in armonia con il nuovo. Di grande interessa anche la presentazione del libro degli inglesi Adam Nathaniel Furman e Joshua Mardell Queer Spaces: An Atlas of LGBTQIA+ Places and Stories (designer e artista il primo, storico dell’arte il secondo), che presenta una serie di luoghi speciali (come una libreria indipendente a Glasgow, una gelateria all’Avana e una cattedrale in rovina a Managua, occupata dalla comunità LGBTQIA+ clandestina) capaci di dare una forte impronta alle città ed è l’opportunità per parlare di inclusività, una delle molteplici responsabilità dell’architettura. L’architetto e designer francese Charlotte Malterre Barthes, ricercatrice e docente alle università di Harvard, ETH Zurigo e EPFL Losanna, nella sua lecture fa luce sulla non sostenibilità di un’architettura che continua a produrre materia inquinante senza consapevolezza. Arno Brandlhuber dello studio berlinese bplus.xyz (b+) avanza la necessità di un disegno di legge a livello europeo per limitare la demolizione, in ottica di sostenibilità si riflette sulle dinamiche di sistema della progettazione, sul rapporto tra città, pratiche e legislazione. img ©Erica Overmeer E parlando di conservazione emerge un primato italiano che l’architetto tedesco ha ricordato nella sua lecture: se in Europa su 10 cantieri 5 sono ricostruzioni e 5 nuovi edifici, in Italia questo rapporto è di 8 a 2. Un primato virtuoso, una volta tanto. L’urgenza dell’architettura L’architettura è una materia sistemica, solo con l’incontro, la condivisione e l’equilibrio tra le diverse parti si possono realizzare opere di livello. E l’ultimo tavolo, Reconstruction of the City: Case Studies and Guidelines, è dedicato alla città di Irpin, in Ucraina, simbolo della distruzione e della ricostruzione. Qui si comprende realmente l’urgenza dell’architettura. La città di Irpin, nei pressi di Kiev in Ucraina, distrutta per il 76% dalle truppe russe è stata designata come città eroica. Per ricostruire una città c’è bisogno di una visione propedeutica multidisciplinare che produca diverse tipologie di interventi e fornisca strumenti vari, come diversi sono gli operatori attivi nel progetto: municipalità, stakeholder, progettisti, testimoni e detentori della memoria di quel luogo. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento