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Installazione “Re/Creation” alla MDW 2024 Indice degli argomenti Toggle L’architettura come innesto – Studio GangIl progetto come atto di negoziazione – TenetIl caso DropcityLeggerezza, essenzialità e responsabilità sociale: la lezione del maestro AlbiniMateriali pregiati e come farne tesoroVetro – Lasvit La Milano design Week è anche un utile contesto per sondare e farsi un’idea su quelle che saranno le prossime tendenze in architettura, soprattutto per sentire dalla voce dei progettisti quali interventi ritengano più idonei per conciliare il mondo del progetto con la crisi ambientale. L’architettura come innesto – Studio Gang Aldilà del fatto che l’architettura deve avere un approccio più sostenibile e porsi come obiettivi l’arresto del consumo di suolo, la pratica del riutilizzo e l’imperativo morale del recupero, su cui sono tutti d’accordo, la domanda da porsi è: come raggiungere questi obiettivi? Arkansas Museum of Fine Arts – img ©Iwan Baan Jeanne Gang, socio fondatore dello statunitense Studio Gang e Professor in Practice presso la Harvard Graduate School of Design, ha espresso la sua personale visione (che racconta anche nel libro “The Art of Architectural Grafting”) in un talk durante la Milano Design WeeK 2024 con Johanna Agerman Ross, curatrice responsabile del Design Museum di Londra: gli innestatori orticoli collegano due piante separate, una vecchia e una nuova, in modo che possano crescere e funzionare come una sola, producendo una nuova pianta rigogliosa. Gang prende spunto da questo approccio e li applica all’architettura. Jeanne Gang – Gilder Center for Science – img ©Iwan Baan Utilizzando i suoi progetti e quelli di altri come esempi, spiega come possiamo riciclare i nostri edifici esistenti e i terreni urbani, espandendo la loro capacità originale. “Un tempo il pensiero tabula rasa era all’avanguardia, ma la crisi climatica ci mostra che abbiamo bisogno di una nuova via da seguire”, spiega. “Con il concetto di innesto architettonico spero di aprire nuove strade affinché i progettisti possano cogliere l’attimo e riorientare la pratica architettonica, non solo per necessità ambientali, ma per rinnovare il nostro ruolo di leader culturali che immaginano e creano un futuro diverso. Come gli innestatori orticoli, possiamo aggiungere capacità a ciò che già esiste, prendendoci cura del vecchio e contemporaneamente apportandovi contributi originali. L’innesto ha arricchito il mio pensiero e la mia pratica e spero che susciti nuove conversazioni e idee per il nostro campo”. Jeanne Gang – Beloit College Powerhouse – img ©TomHarris Trai suoi più originali lavori realizzati con questa ratio c’è la trasformazione dell’Arkansas Museum of Fine Arts, il Gilder Center for Science, Education, and Innovation at the American Museum of Natural History a New York e il Beloit College Powerhouse, nel Wisconsin. Il progetto come atto di negoziazione – Tenet “Come conciliare gli imperativi del progresso con la necessità di una coscienza e di una cura dell’ambiente? Come progettare spazi che possano essere adattati alle esigenze future? Come ci si pone nella realtà delle scelte materiali e delle pratiche”. Ne hanno discusso in un talk, gli architetti di Tenet – Leonardo Chironi e Stefano Passamonti architetti, Stephanie Bru di Studio Bruther, (Parigi), Anneke Abhelakh e Benjamin Gallegos: partendo dal presupposto che l’architettura è innanzitutto trasformazione della realtà, (perché la natura, allo stato grezzo, è inospitale e per sopravvivere dobbiamo trasformarla), per fare architettura sostenibile, ovvero qualità degli spazi, è necessario riconsiderare il suo significato più profondo perché l’architettura non è solo funzione ma anche spazio. Così concepita è possibile rendere fluido, spontaneo, il passaggio a funzioni diverse degli stessi edifici nel corso del tempo e favorire il recupero in luogo della nuova costruzione. L’architettura è come una rovina: trascende la funzione che l’ha generata. “Il nostro approccio si basa sull’atto negoziale, inteso come l’operazione continua di confrontarsi con vincoli, attori ed eventi imprevisti. La negoziazione non è una limitazione della libertà, ma piuttosto un modo impegnativo per navigare nel processo di progettazione. Amiamo confrontarci con le tracce del passato e utilizzare precisi riferimenti storici e culturali per orientare la trasformazione. Amiamo reagire a ciò che già esiste, senza mai rifarlo, bensì riabilitarlo, interagire con esso”. Il caso Dropcity Dropcity è stata una location della Milano Design Week appena conclusa che si trova dietro la Stazione Centrale di Milano, concepita dall’architetto Andrea Caputo come una serie di contenitori laboratoriali (chiamati Tunnel perché sono veri e propri tunnel, che formano i Magazzini Raccordati della Stazione Centrale di Milano, dove avvenivano i rifornimenti e gli scambi delle merci) dedicati ala sperimentazione progettuale a trecentosessanta gradi. @Pier Carlo Quecchia Alla fine del 2024 i tunnel lungo via Sammartini a Milano, all’interno dei Magazzini Raccordati della Stazione Centrale, diventeranno luoghi di aggregazione e di dibattito permanenti. Nel 2025, sia la materioteca che la biblioteca pubblica, con particolare attenzione ai temi dell’architettura e del design, saranno accessibili al pubblico. Leggerezza, essenzialità e responsabilità sociale: la lezione del maestro Albini Franco Albini (1905 – 1977), architetto dell’essenziale, della leggerezza e della responsabilità sociale, che agiva per scomposizione e ricomposizione, è l’ispiratore di Umbral, il Tempio dell’Ascolto, un’opera realizzata da Rubner Haus in collaborazione con Fondazione Franco Albini che ha ideato il progetto e guidato tre giovani architetti, Carlo Farina, Memo Sànchez Càrdenas e Veronica Pesenti Rossi, in un percorso di co-creazione. @ Alice Turazza Umbral, con la sua compattezza e solidità è il modello dell’architettura in legno e rappresenta l’abitare sostenibile e salutare. E ovviamente continua a vivere anche dopo i giorni del Fuori Salone perché è stato pensato fin dal principio per essere trasportato in Sardegna (presso Casa Albini), per proseguire la sua vita a servizio della comunità: “Se accettiamo la premessa che l’architettura si costruisce costantemente su sé stessa, allora crediamo che un’architettura di successo del futuro debba recuperare i valori che per circa 500 anni l’hanno definita come pratica riflessiva e umanistica. Ciò implica la capacità dell’architettura di situarsi all’interno di un tempo e di un contesto specifici, mantenendo sempre la consapevolezza del suo significato storico, aspetti che purtroppo l’architettura ha voluto disimparare negli ultimi tre o quattro decenni. Qualità come la leggerezza, la sostenibilità e la rinnovabilità sono insite sia nel legno che nella nostra concezione di architettura futura. L’architettura occidentale, che ha avuto origine dal legno, suggerisce che il futuro della nostra professione risiede nel ricollegarsi all’essenza fondamentale delle nostre radici”, spiegano i progettisti. Materiali pregiati e come farne tesoro Gabriele Pardi, fondatore, insieme a Laura Fiaschi di gumdesign, ha portato alla Milano Design Week 24 una linea di elementi di design in marmo tra cui anche una serie di superfici per architettura realizzate con Savema Spa. La sua riflessione sull’architettura si focalizza soprattutto sui materiali: “L’architettura come contenitore di sensibilità materica e tecnologia applicata può essere considerata a tutti gli effetti il compendio di un processo nell’ottica di una transizione ecologica”, spiega. “Proprio nei luoghi abitati prendono vita (strutturalmente e funzionalmente) tutti gli elementi della costruzione, dalle materie prime sempre più attente alla sostenibilità ambientale ai prodotti che vivono gli spazi progettati. Nel settore lapideo diventa fondamentale utilizzare un approccio particolarmente attento alla materia prima che deriva dalle nostre montagne; l’estrazione dei blocchi deve essere sempre più parsimoniosa, l’uso di una progettazione consapevole può generare prodotti “affettivi” che impediscano la logica del “buttar via” e che determini processi progettuali attenti alla quantità (non più lavorazioni per sottrazione da grandi blocchi di marmo ma al contrario utilizzo di piccole quantità/dimensioni per generare volumi consistenti in un percorso narrativo fondante). Per Savema, nel settore dell’architettura, abbiamo sviluppato un nuovo ramo aziendale che si occupa di superfici di architettura, con collezioni che contaminano materiali complementari, provenienti da elementi naturali, con materiali lapidei attentamente lavorati e provenienti da pezzami di lastre difficilmente utilizzabili per le loro piccole dimensioni”. Vetro – Lasvit Mentre l’installazione “Re/Creation” a Palazzo Isimbardi, all’interno del Porta Venezia Design District, di Lasvit, ha focalizzato le incredibili potenzialità (nonché l’impatto estetico) del vetro fuso. Il progetto è del direttore artistico di Lasvit, Maxim Velcovsky. Il vetro fuso è l’unica tecnica vetraria che richiede poco per creare qualcosa di grande: la materia portata a fusione viene delicatamente indotta a rilassarsi, espandersi e assumere naturalmente una forma appositamente progettata, guidata esclusivamente dal suo peso e dalla sottile attrazione della gravità. e dalle richieste quotidiane. E proprio per ridefinire simbolicamente il rapporto tra vetro e architettura, il fulcro di Re/Creation è Porta, un’installazione progettata da Velčovský. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento