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Incapsulamento tecnica transitoria per un isolamento temporaneo, ma efficace delle fibre pericolose. Una delle alternative previste dalla legge alla rimozione totale dei manufatti in cemento-amianto è l’incapsulamento degli stessi, il che consiste nel lasciare il materiale sul posto trattandolo in maniera tale da impedire una ulteriore emissione di fibre (FOTO 1). La legge lo definisce come “trattamento di elezione per i materiali friabili di tipo cementizio”. Esso consiste infatti nel trattamento dell’amianto con prodotti penetranti o ricoprenti che tendono ad inglobare le fibre di amianto, a ripristinare l’aderenza al supporto, e a costituire una pellicola di protezione sulla superficie esposta (FOTO 2). Alcuni vantaggi legati alla bonifica per mezzo dell’incapsulamento delle fibre di amianto sono innanzi tutto la possibilità di evitare la produzione di rifiuti ed inoltre un minor rischio per i lavoratori addetti a tale operazione. Nonostante non comporti l’applicazione di un prodotto sostitutivo, il che potrebbe essere uno svantaggio, attraverso alcune tecnologie, l’incapsulamento può ripristinare la funzionalità del tetto, frenando l’invecchiamento del manufatto e migliorando l’impermeabilità all’acqua. Il procedimento è rapido ed economico e garantisce l’agibilità dell’edificio durante i lavori (FOTO 3). Prima di scegliere un intervento di incapsulaggio deve essere attentamente valutata l’idoneità del materiale di amianto a sopportare il peso dell’incapsulante, nonostante esso non sia tanto gravoso quanto l’applicazione di altri materiali come per esempio i pannelli da sovracopertura. In particolare trattamenti incapsulanti non sono indicati: nel caso di materiali molto friabili o che presentano scarsa coesione interna o adesione al substrato, in quanto l’incapsulante aumenta il peso strutturale, aggravando la tendenza del materiale a delaminarsi o a staccarsi dal substrato; nel caso di materiali friabili di spessore elevato (maggiore di 2 cm), nei quali il trattamento non penetra molto in profondità e non riesce quindi a restituire l’adesione al supporto sottostante. Non dovrebbe essere mai effettuato su superfici che non siano almeno a 3 metri di altezza, in aree soggette a frequenti interventi di manutenzione o su superfici, a qualsiasi altezza, che possano essere danneggiate da attrezzi (es. soffitti delle palestre), o ancora nel caso di installazioni soggette a vibrazioni (aeroporti, locali con macchinari pesanti, ecc.), poichè le vibrazioni determinano rilascio di fibre anche se il materiale è stato incapsulato. Il principale inconveniente che l’incapsulamento comporta è invece rappresentato dalla permanenza nell’edificio del materiale amianto e dalla conseguente necessità di mantenere un programma di controllo e manutenzione. Questa è infatti una soluzione non definitiva che non comporta la riqualificazione a livello termoigrometrico della copertura. Se inoltre l’intradosso è a vista è necessario incapsulare anche il lato interno delle lastre. Bisogna ricordare che l’incapsulamento potrebbe alterare le proprietà antifiamma e fonoassorbenti (doti principale dei rivestimenti in cemento-amianto), se i prodotti utilizzati non possiedono le dovute caratteristiche. Se come detto la rimozione comporta lo smaltimento di una grande quantità di materiale tossico in discariche speciali, anche l’incapsulamento pone problemi di smaltimento, poiché le lastre di cemento-amianto vanno preliminarmente pulite. La presenza di smog, flora batterica, muschi e fibre in distacco non permettono infatti un buon aggrappaggio dei prodotti a spruzzo. Per questo motivo il D.M. 6/9/94 indica la necessità di un trattamento di pulitura da effettuarsi con attrezzature che evitino la liberazione di fibre nell’ambiente e che le raccolgano al fine poi di smaltirle come rifiuti speciali. Prodotti sistemi di pulizia, resine e vernici per un corretto incapsulamento. Per quanto riguarda la pulizia preliminare delle superfici esistono dei sistemi innovativi alternativi all’acqua in pressione non nebulizzata. Si tratta di macchine che proiettano bicarbonato di sodio mediante aria compressa: il bicarbonato non abrade la matrice cementizia ma rimuove il rifiuto. L’acqua, in questo procedimento, ha l’unico scopo di abbattimento delle polveri. L’innovazione è comunque alla base di tutta la produzione di prodotti incapsulanti, infatti l’uscita sul mercato di nuovi prodotti con caratteristiche che semplificano sempre più le procedure è all’ordine del giorno. In generale i prodotti per incapsulamento si possono dividere in due categorie: impregnanti e ricoprenti, come scritto nel D.M. 6/9/94. I primi penetrano nel materiale legando le fibre tra loro e con il cemento, i secondi formano una spessa membrana sulla superficie del manufatto. Per ottenere un risultato valido le tre problematiche da considerare sono: l’adesione al supporto, l’elasticità e la tenacia del rivestimento, e l’assenza di sostanze rischiose per la salute (i prodotti devono dunque essere autoestinguenti). Per una migliore adesione i cicli di prodotto prevedono un primer da applicare sulla superficie pulita. L’innovazione tecnologica ha però ultimamente prodotto dei primer da applicarsi anche senza pulizia preliminare, o addirittura dei cicli che non richiedono né primer né pulizia. Per quanto riguarda le caratteristiche dello strato di rivestimento esse derivano dalla composizione chimica del prodotto. Le resine incapsulanti possono essere infatti a base acrilica, metacrilica, elastomerica, poliuretanica e epossidica. Nell’ottobre del 1999 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale un D.M. datato 22/8/99 dal titolo “Ampliamento delle normative e delle metodologie tecniche per gli interventi di bonifica di manufatti in cemento-amianto”, nel cui allegato 2 sono presentati i requisiti prestazionali minimi dei rivestimenti incapsulanti. Sono qui individuate quattro tipologie di intervento, stabiliti quali cicli devono essere applicati e indicate le caratteristiche che devono possedere i materiali impiegati. I rivestimenti incapsulanti possono dunque essere a vista all’esterno, a vista all’interno, non a vista (sotto un intervento di sovracopertura) e ausiliario (a supporto di un intervento di rimozione). I primi due cicli, che rigurdano l’incapsulamento vero e proprio, prevedono un primer, un fondo ed un formulato a base di resine dalle alte resistenze meccaniche. Sovracopertura attraverso la sovrapposizione di pannelli o lastre, il cemento-amianto può essere confinato e reso innocuo. Per sovracopertura, all’interno delle tecniche di bonifica delle lastre di cemento-amianto, si intende il confinamento delle stesse mediante l’installazione di una nuova copertura (FOTO 4). Questa tecnica richiede comunque, per legge, un preventivo trattamento incapsulante, altrimenti il rilascio di fibre continuerebbe all’interno del confinamento. Come per l’incapsulamento sarà necessario un programma di controllo e manutenzione, in quanto l’amianto rimane nell’edificio, e poiché la nuova barriera installata deve essere mantenuta in buone condizioni. Rispetto ad esso però presenta il vantaggio di realizzare una barriera resistente agli urti. La sovracopertura è il metodo che in genere presenta costi più contenuti (naturalmente se l’intervento non comporta lo spostamento dell’impianto elettrico, termoidraulico, di ventilazione, ecc.). Attraverso il nuovo strato applicato la copertura acquista maggiori prestazioni termoigrometriche e risulta poi praticabile per la manutenzione. La sovracopertura non comporta produzione di rifiuti tossici né aerodispersione, a condizione che il fissaggio del nuovo manto venga svolto nel modo corretto. Uno degli svantaggi di questo metodo è infatti quello di necessitare di dispositivi di ancoraggio meccanico, che tendono a provocare facilmente danneggiamenti delle lastre e diffusione di fibre. L’edificio rimane comunque agibile durante tutto lo svolgimento dei lavori. Come già accennato l’amianto resta in sede, questa soluzione non è infatti definitiva e comporterà in futuro la necessità del suo smaltimento (quando le discariche o il mondo del riciclo saranno in grado di assorbirne grandi quantità). Naturalmente il rilascio di fibre all’interno dell’edificio non è eliminato, e, se l’intradosso è a vista, è necessario incapsulare o confinare anche la superficie inferiore. Questo metodo di bonifica è indicato nel caso di materiali facilmente accessibili, in particolare per la bonifica di aree circoscritte. Quando lo spazio confinato contiene componenti da mantenere ispezionabili, il metodo della sovracopertura non è però indicato. Comunque, prima di iniziare un intervento di sovracopertura, è necessario valutare attentamente se sia la struttura portante del tetto, sia le lastre stesse siano in grado di sopportare il peso dei nuovi pannelli da applicare. Prodotti pannelli sandwich, lastre e vernici incapsulanti per una corretta sovracopertura. La caratteristica principale della sovracopertura è quella di avere, a fine lavori, un tetto parzialmente nuovo. Essa deve essere eseguita preferibilmente dopo l’impregnazione ed il consolidamento del cemento-amianto attraverso prodotti liquidi appositi, in genere un primer a base di acqua. Il nuovo manto sarà quindi costituito da appositi pannelli che accoppiano funzioni di strato isolante e di primo strato protettivo, oppure da strati di coibentazione rivestiti da lastre impermeabili e resistenti. Questi sistemi consentono il recupero di funzionalità delle coperture in cemento-amianto, assicurando coibentazione termica, impermeabilizzazione e pedonabilità, se la struttura portante lo consente. Associazione all’interno del vasto mondo della bonifica dell’amianto esiste anche un’associazione che informa e tiene sottocontrollo la situazione. L’Assoamianto è un’associazione tra consulenti, operatori nell’ambito della rimozione, smaltimento e bonifica dell’amianto e quanti sensibili alle problematiche ambientali inerenti. E’ stata fondata a seguito dell’iniziativa di professionisti e imprenditori abilitati alla gestione delle attività riguardanti la bonifica dell’amianto. Essa si propone di: -sensibilizzare l’opinione pubblica e gli operatori economici sulle conseguenze ambientali e sanitarie dell’uso e della presenza di amianto nelle strutture edilizie e non; -promuovere iniziative di salvaguardia della salute pubblica ed in particolare di bonifica di situazioni compromesse di degrado ambientale; -contribuire alla formazione di operatori in grado di realizzare interventi di eliminazione o controllo dell’amianto; -informare i consulenti e gli operatori del settore delle metodologie applicate per l’eliminazione del problema amianto, nonché fornire un costante aggiornamento; -monitorare la situazione ambientale del territorio sul quale l’Associazione opera, al fine di fornire un quadro aggiornato della presenza di amianto; -collaborare con gli Enti Pubblici del territorio al fine di supportare ogni iniziativa comune o degli Enti stessi. Legislazione dagli inizi degli anni ’90 la legislazione italiana ha recepito i pericoli insiti nell’amianto ed ha provveduto attraverso divieti di produzione, obblighi e prescrizioni per limitare i rischi sulla popolazione. L’applicazione in Italia delle procedure e delle logiche di prevenzione, derivate dal recepire della direttiva comunitaria quadro in materia di esposizione professionale ad amianto, si sono concretizzate nel 1991 con la legge 277, che predisponeva appunto l’insieme delle azioni prevenzionali da mettere in campo nel caso di operatività a contatto con gli agenti di rischio quali l’amianto. Questa legge è importante perché da essa deriva il panorama normativo in vigore oggi, poiché essa pone le basi per una consapevolezza riguardante la pericolosità delle fibre in dispersione aerea derivanti dal degrado dei materiali contenenti amianto ed in particolare dalla grandissima quantità di lastre di copertura in eternit. Subito dopo, nel 1992, attraverso la legge 257 vengono emanate norme per la cessazione dell’uso di amianto, modificata da seguenti aggiornamenti. Da questa data i poi le leggi emanate in relazione al problema amianto sono state molte. In particolare quelle che interessano l’argomento bonifica dei materiali in cemento amianto sono: – Ministero dell’Industria circolare 17.2.93, n. 124976 (modello unificato dello schema di relazione di cui all’art. 9, commi 1 e 3, della legge 27.3.92, n. 257, concernente le imprese che utilizzano amianto nei processi produttivi o che svolgono attività di smaltimento o di bonifica dell’amianto) – Decreto del Presidente della Repubblica 8.8.94 (atto di indirizzo e coordinamento alle regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano per l’adozione di piani di protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell’ambiente, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto) – Decreto Ministeriale 6.9.94 (normative e metodologie tecniche di applicazione dell’art. 6, comma 3, e dell’art. 12, comma 2, della legge 27.3.92, n. 257, relativa alla cessazione dell’impiego dell’amianto) – Decreto Legislativo 17.3.95, n. 114 (attuazione della direttiva n. 87/217/cee in materia di prevenzione e riduzione dell’inquinamento dell’ambiente causato dall’amianto) – Ministero della Sanità circolare 12.4.95, n. 7 (circolare esplicativa del D.M. 6.9.94) – Decreto Ministeriale 14.5.96 (normative e metodologie per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l’amianto) – Decreto Ministeriale 20.8.99 (ampliamento delle normative e delle metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l’amianto, previsti dall’art. 5, comma 1, lettera f) , della legge 27 marzo 1992, n. 257, recante norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto) – L’allegato 2: regolamenta i requisiti prestazionali minimi dei rivestimenti incapsulanti, i protocolli di applicazione e gli adempimenti che si rendono obbligatori per eseguire correttamente gli interventi di bonifica di manufatti in cemento amianto in conformità a quanto previsto dall’art. 3 del decreto ministeriale 6 settembre 1994. Normativa le norme Uni e la bonifica dell’amianto. La bonifica dell’amianto è trattata, all’interno della normativa UNI, a livello di regolamentazione dei rivestimento incapsulanti. La norma UNI 10686 si intitola infatti “Rivestimenti incapsulanti per lastre in cemento-amianto – Requisiti e metodi di prova”. A questa norma si fa riferimento all’interno del D.M. 20.8.99 per definire le caratteristiche prestazionali dei rivestimenti incapsulanti, argomento dell’allegato 2 del decreto. In particolare vengono citate le prove di laboratorio contenute nella norma come test da superare perché i prodotti siano accettati dalla legge. Sempre all’interno di quel decreto si fa riferimento a un’altra norma UNI, con lo scopo di specificare il tipo di prove di laboratorio da effettuarsi relativamente alla resistenza al lavaggio dei prodotti incapsulanti. Più precisamente si tratta della UNI 10560 “Prodotti vernicianti, pitture murali in emulsione per interno. Resistenza al lavaggio. Metodo della spazzola”. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento