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Progetto di recupero dei due capannoni Botti nell’Ex Manifattura Tabacchi a Bologna, complesso industriale dismesso e trasformato in un polo dell’innovazione, nel pieno rispetto della storia e della cultura. Indice degli argomenti: La trasformazione di Bologna Intervento sui 2 capannoni “Botti” Il rapporto tra il nuovo intervento e il progetto preesistente La dinamica e la fluidità della città contemporanea hanno portato a grandi mutamenti sociali ed economici in tempi ridotti, vedendo sempre crescere la necessità di ridisegnare o rigenerare l’esistente. Un esempio interessante è quello che riguarda le ex aree industriali, luoghi evocativi, la cui evoluzione e successiva dismissione è il risultato di una storia del territorio che si incrocia con quella economica e di impresa, rendendo queste aree ancor più importanti e assolutamente meritevoli di poter vivere una seconda vita, ancor meglio se al servizio di quello stesso territorio. Quando una grande fabbrica viene dismessa, si presenta un’occasione per trasformare quel luogo e dargli una nuova identità. Ne è immagine il complesso dell’Ex Manifattura Tabacchi che sorge nel contesto periferico settentrionale di Bologna, progettato e realizzato da Pier Luigi Nervi durante gli anni ’50 e dismesso nell’ultimo decennio. Il comune di Bologna ha avviato, a seguito di un concorso internazionale, il progetto per un polo dell’innovazione. Il progetto si inserisce nel masterplan urbano del tecnopolo e si concentra su due dei cinque capannoni denominati “Botti” per i quali non è stata ancora definita una funzione, prevedendo un programma di collaborazione tra le nuove industrie 4.0, imprese e ricercatori universitari, si cerca di rilanciare un’intera area, arricchire la città in cui si trova, dare un nuovo valore al territorio e generare nuovi paesaggi all’interno di questi contenitori, spesso definiti come dei “vuoti urbani”. L’obiettivo è quello di dimostrare come attraverso interventi incrementali, versatili e reversibili sia possibile rigenerare questi spazi, pur mantenendo il rispetto verso la storia e la cultura insite in questi luoghi. Interno di un capannone Botti – Fotografia ©Ivano Adversi/Terzo Tropico La trasformazione di Bologna Bologna ha oggi un ruolo riconosciuto come nodo infrastrutturale, centro fieristico, sistema produttivo leader per alcuni comparti, piattaforma logistica, polo sanitario, città universitaria, luogo di produzione e consumo culturale, centro propulsore di nuove forme di governance territoriale e di cittadinanza attiva. Per quanto riguarda le strategie generali il PSC di Bologna individua sette più importanti progetti di trasformazione urbanistica denominati “Le Sette Città”. Corrispondono ad un insieme di trasformazioni da realizzare nella catena di luoghi in cui sono presenti caratteristiche simili, dal punto di vista territoriale, sociale ed urbanistico. Queste caratteristiche consentono di pianificare per ognuna delle città, omogenee strategie di sviluppo urbanistico ispirate dalle strategie di sostenibilità. All’interno del piano strutturale di Bologna si individua una strategia basata sul decentramento delle sedi universitarie e dei centri di ricerca, con la possibilità di recuperare alcune aree abbandonate per creare dei poli di ricerca. L’area dell’ex manifattura Tabacchi è stata scelta, dopo il concorso internazionale, per ospitare il nuovo tecnopolo di Bologna, grazie alla sua posizione strategica e di connessione tra il quartiere della bolognina e il quartiere fieristico, si propone di creare relazioni tra di essi e la nuova rete di tecnopoli presente in regione. Schema della strategia urbana tratto dal Piano Strutturale di Bologna L’insediamento, in gran parte progettato e realizzato da Pier Luigi Nervi negli anni ‘50 in più fasi, è venuto così a costituire uno dei poli architettonici più significativi della periferia bolognese. Si nota come nei vari magazzini e capannoni siano presenti gli elementi caratteristici dell’architettura Nerviana, come ad esempio i primi solai prefabbricati in ferro-cemento, la forma paraboloide dei magazzini del sale per scaricare al meglio i carichi, oppure le coperture dei capannoni a nervature incrociate, tipiche di molte sue opere. Interno capannone Botti – Fotografia ©lostitaly.it Nel 2012, a seguito del concorso internazionale indetto per la costruzione del tecnopolo, è stato definito il masterplan esistente, diviso per lotti con diverse fasi di realizzazione, intende il recupero e il riutilizzo degli immobili come strumento per valorizzare e rendere pienamente fruibile una testimonianza di architettura contemporanea, prevedendo un intervento conservativo sul nucleo centrale di fabbricati e di sostituzione con aumento di volume per la fascia edificata a nord. La prima fase prevede la realizzazione del Data Centre meteo, all’interno dei primi tre capannoni Botti, gli altri due, rimasti vacanti sono l’oggetto di studio. Masterplan urbano del tecnopolo Intervento sui 2 capannoni “Botti” Il progetto si inserisce nei due capannoni aperti alla possibilità di investimenti da parte di pubblici o privati. Tra gli obiettivi di progetto vi è il rispetto della preesistenza e la valorizzazione di essa, considerandola come quinta scenica. All’interno si prevede un sistema di laboratori di ricerca, di uffici e di sale polivalenti. Spazi aggregativi dalle dimensioni abitabili per permettere la socializzazione e lo scambio reciproco tra imprese e settori di ricerca. E’ stata studiata una piastra modulare, pensata come un’infrastruttura leggera dove, le compressioni e dilatazioni di essa, permettono di creare una diversità di spazi. Spazi caratterizzati da un sistema incrementale che, partendo da un modulo base, si espande a seconda delle esigenze fino a saturare idealmente lo spazio, mantenendo libere le vie di fuga per avere una maggiore percezione di sicurezza. Per un consolidamento statico, si sono inserite catene e si aprono i lucernari precedenti, per permettere una luminosità interna uniforme ed adeguata alle funzioni inserite. Un terzo di essi saranno apribili garantendo un’adeguata ventilazione naturale. I nuovi assi strutturali saranno un sottomultiplo degli assi degli archi di cemento armato della preesistenza. La struttura è definita da elementi modulari con sistema tipo cubic frame in alluminio strutturale e pilastri ad interasse di 4 ml su fondazioni di nuova costruzione, che hanno funzione di pareggiare i livelli tra interno ed esterno e di non intaccare la preesistenza. La struttura di nuova costruzione è pensata come potenzialmente reversibile dato il montaggio a secco previsto. Schema degli interventi sulla preesistenza e del nuovo intervento di progetto Viene rappresentata una possibile configurazione finale del progetto nell’ingresso all’esterno dei capannoni con il passaggio pedonale e diversi spazi di aggregazione a dimensione diversificata basata sempre su un multiplo del modulo della piastra interna. Qui, dei setti hanno la funzione di totem informativi che precedono le bussole di entrata dei capannoni. La pavimentazione dei percorsi sarà la stessa fra l’esterno e l’interno dei capannoni, per dare una soluzione di continuità. L’organizzazione delle funzioni interne è definita per tre diverse fasce, la prima, più piccola, è il sistema degli uffici più riconfigurabili e con maggiore esigenza di luce naturale. La seconda fascia è costituita dalle sale polivalenti di diverse dimensioni e riconfigurabili attraverso un sistema di pareti mobili. La terza fascia tratta il sistema dei laboratori di ricerca. Il totale di spazio confinato all’interno dei capannoni è di circa 2000 mq. Il restante spazio filtro definisce gli ambienti di collegamento e di aggregazione, tenendo in considerazione l’inserimento di aree verdi, considerate di fondamentale importanza per il comfort sui luoghi di lavoro. L’espansione della piastra è definita solo nei punti in cui l’esigenza dello spazio interno lo richiede, per esempio l’inserimento di macchinari oppure esigenze di tipo acustico, sempre tenendo in considerazione il passo strutturale. Le parti in cui la piastra scompare saranno quelli con maggiore luminosità esaltando e rendendo riconoscibile così lo spazio aggregativo. L’inserimento di setti che inglobano i pilastri ha una duplice funzione, quella di sicurezza antincendio e quella di carattere informativo di installazioni o mostre. Rappresentazione di una possibile configurazione finale Il rapporto tra il nuovo intervento e il progetto preesistente Vediamo come la preesistenza non sia considerata come un semplice involucro ma uno sfondo con cui dialogare, in particolar modo grazie alla peculiare conformazione della copertura a nervature incrociate. Lo spazio distributivo si connette con l’infrastruttura, attraverso i pieni e i vuoti definendo diverse tipologie di aggregazione. In questa sezione prospettica si vede il rapporto tra l’infrastruttura, la preesistenza, il verde e i fruitori. Si può notare come il nuovo intervento non vada ad intaccare i capannoni Nerviani, attraverso l’uso di un pavimento sopraelevato sotto al quale sarà presente un tunnel di servizio e attraverso l’uso della tecnologia a secco modulare per gli spazi confinati. Si vuole dimostrare anche come la piastra non riduce la totalità della percezione della preesistenza, essendo composta da elementi semplici e relativamente sottili, sarà possibile orientarsi e vedere la copertura dalla maggior parte del capannone esistente. Nelle sezioni longitudinali si nota come le espansioni della piastra tengano conto anche della distribuzione delle catene di consolidamento, essendo queste ultime un limite in alzato per alcuni punti. Per lo spazio di lavoro di ricerca, si è formulata una soluzione che garantisca la condizione di comfort dei ricercatori come fulcro della progettazione degli spazi. L’illuminazione naturale è definita dagli infissi nella struttura superiore, potendo avere anche una vista sulla preesistenza. L’illuminazione artificiale è stata pensata per essere adeguata con gli standard per gli spazi di lavoro di 500 lux in cui serve maggior concentrazione, divisa tra illuminazione a led diretta ed indiretta. La finitura della pavimentazione è prevista in PVC antiscivolo, di cui solo alcuni saranno con impianto di riscaldamento annesso. Sono previsti anche spazi di lavoro seduti ed altri sul banco di prove in piedi. La chiusura verticale è definita da un sistema modulare di pareti con struttura in alluminio, appese alla struttura superiore della piastra anch’essa in alluminio strutturale. Le partizioni orizzontali superiori, permettono di chiudere le unità ambientali attraverso un infisso in alluminio e la parte trasparente in policarbonato. Si caratterizzano i laboratori matericamente e attraverso l’utilizzo di colori per denunciare la differenza tra il nuovo intervento e la preesistenza. Sezione tecnologica di uno spazio di lavoro tipo Vista di rappresentazione materica dell’intervento © Fabrizio Stazzone Sono state rappresentate le possibili configurazioni di una sala polivalente, attraverso l’utilizzo delle pareti mobili e dei pannelli acustici a soffitto con finitura in legno per migliorare il comfort acustico, sarà possibile avere uno spazio aperto, uno spazio di incontro informale, una sala conferenze, oppure più sale adibite a meeting e lezioni frontali. Anche per queste sale il sistema di pareti mobili è agganciato alla struttura soprastante, garantendo quindi una buona reversibilità dell’intervento ed un’ottima accessibilità al pavimento sopraelevato per le manutenzioni e per il cambiamento della pavimentazione a seconda delle necessità interne. Schema delle possibili configurazioni delle sale polivalenti Assonometria costruttiva della parete acustica e sistema portante superiore Vista esterna dell’intervento ©Fabrizio Stazzone Con questa immagine si esce dall’interno e si racconta l’obiettivo del progetto di come attraverso un intervento ripetibile e reversibile, si possano formare suggestioni di spazi, nel rispetto delle preesistenze, riciclando i luoghi che i “vuoti” industriali hanno formato nel corso del tempo. Nel caso delle due “Botti” della manifattura tabacchi, utilizzando pochi elementi è stato definito un nuovo paesaggio dell’industria innovativa contemporanea, donando la possibilità di creare sinergie tra i vari campi di applicazione della ricerca e dell’impresa. CREDITI Relatori: Prof. Riccardo Miselli, Prof. Silvia Brunoro Correlatori: Prof. Roberto Di Giulio Università degli Studi di Ferrara Anno Accademico 2018-2019 Approfondimento realizzato in collaborazione con Architettura>Energia, centro ricerche del Dipartimento Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento