Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Dopo anni di discussioni, bisticci politici, rilanci tecnologici è stato finalmente ultimato e consegnato il celebre Passante di Mestre. Con i suoi 32,3 km di lunghezza, potrebbe sembrare un’opera autostradale tutto sommato insignificante, ma se, al contrario, la si osserva da vicino ci si rende conto dell’indubbia portata del progetto. Innanzitutto per aver sbloccato l’adeguamento infrastrutturale di un nodo cardine del trasporto autostradale regionale e nazionale al collasso. Un segnale forte, dunque, di natura politica, in cui le diverse realtà locali sono riuscite a superare i propri regionalismi, attraverso un dialogo costruttivo con gli enti nazionali, in un’opera che non ha il sapore di un compromesso «all’italiana», quanto, piuttosto, quello di una concertazione di intenti che riesce a rendere conto della micro e della macro scala urbana, ambientale e, non ultima, sociale. Per fare questo, si sono affrontate, e vinte, tutta una serie di sfide per nulla banali. Basti pensare che il solo dibattito politico-amministrativo è in atto dalla fine degli anni settanta e che il territorio stesso, su cui oggi insiste il passante, ha conosciuto, inevitabilmente, un’evoluzione che in alcuni momenti ha richiesto la riscrittura degli impegni e dei vincoli territoriali con cui doveva porsi in relazione. L’idea iniziale prevedeva la realizzazione di una serie di complanari sul modello bolognese, distinguendo fra traffico locale e di attraversamento, ma i vincoli ambientali e urbanistici si resero via via più severi fino a rendere necessario un ripensamento globale dell’opera. Fu solo nel 1990 che si arrivò alla prima idea di «passante» e ancora si dovette attendere il 1997 per la stesura di un progetto complessivo. Ulteriori difficoltà insorsero allorquando furono assegnate le concessioni senza gara, evento questo che suscitò l’interessamento degli organi comunitari, che chiesero una serie di chiarimenti in merito. Ma grazie ad un intervento legislativo opportuno, la famosa «Legge Obiettivo», si revisionò la normativa in materia di lavori pubblici snellendo le procedure e gli iter e bypassando, di fatto, questo problema. Il 30 Novembre del 2002 venne presentato ed approvato il progetto preliminare dell’opera e nel 2003 la nomina di Silvano Vernizzi a Commissario Delegato per l’emergenza socio-economico-ambientale di Mestre, avviò di fatto l’ultima fase della storia del «passante» fino all’apertura del cantiere l’11 dicembre 2004. A tutto questo va aggiunto che il nodo non è pensato come un’opera a se stante, che attraversa in modo indifferente il territorio, ma come sistema integrato nelle singole realtà locali attraverso una serie di opere viabilistiche accessorie, sia pure ancora in fase di progetto. La crudezza dei numeri ci può aiutare a comprendere le difficoltà che si sono incontrate nella realizzazione: 8 passaggi in galleria, di cui il più lungo di 400 m, 15 sovrappassi e 22 sottopassi, 1,5 km di viadotti in 4 spezzoni, 3 barriere all’incrocio con tratti autostradali e 3 caselli intermedi, 14 attraversamenti fluviali con ponti a singola campata di lunghezze tra i 25 e i 35 metri, senza contare i circa 30 km di viabilità complementare. Uno dei fiori all’occhiello è senza dubbio rappresentato dalla realizzazione di un sottopasso, prefabbricato a piè d’opera, che è stato successivamente spinto sotto il passaggio ferroviario onde evitare l’interruzione del servizio di trasporto pubblico presso il territorio di Vetrego, frazione di Mirano (VE). Con i suoi 23 m di larghezza e 65 m di lunghezza è il più grosso monolite monocanna realizzato in Italia. La soletta superiore del monolite è stata realizzata utilizzando travi Rep® accostate, alte 1,57 m fornite da Tecnostrutture srl di Noventa di Piave (VE), su progetto del prof. Vitaliani della società Iconia di Padova. Sono serviti ben 15 giorni di spinta per completare le operazioni di messa in opera del monolite, il quale ha raggiunto la velocità di punta di 4,5 m/al giorno. L’utilizzo di questa tecnologia, la cui particolarità è l’autoportanza, ha permesso da una parte di accelerare i tempi di realizzazione della soletta di copertura per non dover attendere i tempi di maturazione del calcestruzzo prima del disarmo, e dall’altra di non avere l’intralcio dei puntelli rendendo da subito il sottopasso transitabile eliminando possibili impedimenti alla contemporanea realizzazione delle opere della contigua galleria autostradale. Da questo esempio risultano evidenti le difficoltà incontrate nella ricerca di soluzioni che concertassero istanze tecniche, vincoli di preesistenza, tempistiche strette da rispettare nella realizzazione dell’opera. Il risultato è un’infrastruttura contemporanea che si è avvalsa di tradizione e innovazione per dare risposte efficienti sotto tutti i punti di vista. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento