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Indice degli argomenti: Perché l’amianto è pericoloso Obbligo di rimozione dell’amianto Tecniche di bonifica amianto Gestione degli interventi di bonifica e dei rifiuti di amianto La normativa relativa all’amianto L’ambiente ha assunto connotati sempre più rilevanti sia in campo civile che legislativo: per questo motivo sono particolarmente attuali le problematiche inerenti la dismissione dei materiali tossici, tra cui l’amianto, pericoloso per la salute umana, in quanto può causare gravi problemi respiratori e patologie ad esso connesse. In campo edile è stato utilizzato per molti anni in quanto molto versatile e resistente. Per quanto ora sia vietato il suo utilizzo, se ne trova ancora in coperture, pavimentazioni e pareti. Le particolari caratteristiche chimico-fisiche (l’inerzia chimica, la resistenza agli acidi e alle basi, la flessibilità, la coibenza termica, l’ignifugità, solo per citarne alcune) il basso costo e la facilità di lavorazione ne hanno infatti favorito la diffusione. Quando si interviene su un edificio esistente, pertanto, può capitare di dover gestire elementi in amianto, secondo modalità operative in totale rispetto della normativa vigente. Perché l’amianto è pericoloso La pericolosità dell’amianto risiede nelle sue caratteristiche fisiche e chimiche e i rischi per la salute nascono nel momento in cui si diffondono fibre di amianto, poi inalate dalle persone. La loro dimensione, infatti, è molto contenuta e le fibre sono così sottili da penetrare nei polmoni, causando diverse tipologie di danni ai tessuti. Le conseguenze possono essere diverse, dalla fibrosi polmonare, fino allo sviluppo di cancro ai polmoni. Chiaramente, il tempo di esposizione e la quantità di fibre inalata sono fattori che determinano la gravità delle patologie che ne conseguono e i danni causati dall’esposizione si rivelano solo a distanza di anni. Sono proprio i casi di malattie e decessi causati dall’amianto, infatti, che in passato hanno portato all’introduzione di leggi e regolamenti relativi all’uso del materiale e alla sua gestione, anche in fase di bonifica. Obbligo di rimozione dell’amianto: cosa fare quando si trova questo materiale La rimozione dell’amianto, al momento, non è obbligatoria a priori, in quanto sulle modalità di gestione incide principalmente lo stato di conservazione dei manufatti in questione. Oltretutto la rimozione non è l’unica soluzione prevista. Il primo passo, quindi, è la verifica delle condizioni dei manufatti in amianto, al fine di valutare il conseguente rischio di dispersione di fibre e valutare quale siano le migliori modalità di intervento. Pertanto, è possibile dire che l’obbligo di rimozione dell’amianto scatta nel momento in cui il manufatto risulti danneggiato o friabile. In ogni caso, però, il proprietario dell’immobile è tenuto a segnalarne la presenza agli organi competenti, che possono valutare l’effettuazione di verifiche periodiche e di manutenzioni nei casi in cui non si proceda con la rimozione, ma si decida di effettuare la bonifica mediante altre tecniche, come l’incapsulamento. Si tratta di un vero e proprio programma di manutenzione, finalizzato al costante monitoraggio della sicurezza del manufatto, prevenendo il rilascio e la dispersione di fibre, anche mediante interventi tempestivi in caso di criticità riscontrate. Tecniche di bonifica amianto Una volta appurato la presenza di amianto e verificato lo stato di conservazione del manufatto è possibile procedere in differenti modi, secondo quanto previsto da normativa vigente. In particolare, le alternative sono: rimozione dell’amianto, incapsulamento o confinamento. Come dice il termine stesso, la rimozione consiste nell’esportare interamente tutti i manufatti e i componenti che contengono amianto. È chiaro che procedendo in questo modo, prestando particolare attenzione alle operazioni di rimozione, si elimina qualsiasi potenziale fonte di rischio. Da considerare, però, la produzione di rifiuti pericolosi e tossici da smaltire. Generalmente si procede alla contestuale sostituzione con altro componente o struttura, priva di amianto, come nel caso delle coperture. L’incapsulamento, invece, prevede di rivestire l’amianto con apposite sostanze di trattamento ricoprenti, come specifiche vernici, che modificano le caratteristiche del manufatto e creano pellicole protettive, così da evitare la dispersione di fibre d’amianto. Si tratta di un intervento che ha i vantaggi di non produrre rifiuti pericolosi e non richiede la sostituzione di alcun manufatto. Ovviamente è una strada percorribile solo in caso di elementi non friabili e in buone condizioni di conservazione. Inoltre, è necessario attuare un programma di controllo e manutenzione, verificando periodicamente l’efficacia dell’intervento attuato. Infine, il confinamento prevede di realizzare una vera e propria barriera fisica, che ha lo scopo di separare il materiale dall’ambiente in cui è collocato. Si opta per questo soluzione, eventualmente associata anche a un incapsulamento, nei casi in cui un manufatto contenente amianto sia facilmente accessibile. Anche in questo caso è necessario un programma di controllo e manutenzione. Gestione degli interventi di bonifica e dei rifiuti di amianto La rimozione dell’amianto causa la produzione di rifiuti pericolosi, che devono essere gestiti secondo la normativa di riferimento, tra cui il D.Lgs 152/06 Testo Unico dell’Ambiente. Innanzitutto, è necessario rivolgersi ad aziende specializzate nella bonifica, che siano autorizzate al trasporto del materiale presso centri di smaltimento autorizzati. I rifiuti generati dall’attività di rimozione dell’amianto, infatti, non possono essere gestiti in alcun altro modo, tanto che sono vietati espressamente attività quali l’incenerimento o l’interramento. L’azienda incaricata delle attività di smaltimento, che si occuperà della rimozione e del trasporto dell’amianto deve essere iscritta all’Albo Gestori Ambientali, con specifico riferimento alla Categoria 10A o 10B. Prima di eseguire l’intervento si redige un Piano di Lavoro, che mira anche ad assicurare la SSL dei lavoratori coinvolti, inviato prima dell’avvio dei lavori all’organo di vigilanza. La normativa relativa all’amianto Oggi la produzione e commercializzazione dell’asbesto non è più consentita nel nostro Paese. La Comunità Europea nel tempo ha emanato alcune normative in materia, accolte in Italia con il D.Lgs n.277 dell’agosto del 1991, seguito dalla Legge del 27 marzo 1992 n.257 contenente “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”. Nella L.257 vengono vietate “…l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, prodotti di amianto, o di prodotti contenenti amianto e dettate direttive per “…la dismissione dell’uso e del commercio … per la realizzazione di misure di decontaminazione e di bonifica delle aree interessate dall’inquinamento di amianto…” La Legge definisce inoltre i limiti delle procedure e dei metodi di analisi per la misurazione dei valori di inquinamento da amianto. Nonostante la legge dia chiare indicazioni e nonostante risalga ormai a parecchi anni fa, tuttavia i materiali contenenti asbesto sono ancora numerosissimi. Alla normativa 257 seguì il DM 06/06/1994 che definì le modalità di valutazione del rischio, la tipologia di controlli e gli interventi di manutenzione e bonifica da effettuare. È con questa normativa che si è introdotto anche l’obbligo di comunicazione della presenza di amianto agli enti preposti, con la previsione di una sanzione pecuniaria per il mancato avviso. Con queste prime normative sono state date indicazioni anche in merito ai requisiti delle imprese incaricate della bonifica, alla necessità di redigere notifica preliminare agli enti competenti territoriali, all’attestazione di conformità dell’esecuzione dei lavori. La pubblicazione del terzo Decreto del Ministero della Sanità del 14 maggio 1996 sulla bonifica dell’asbesto, correda il panorama legislativo in materia di ulteriori e specifici disciplinari. Al Decreto sono uniti cinque allegati riguardanti: norme e metodologie tecniche per la valutazione del rischio, il controllo e il rischio dei siti industriali dismessi analizzando, in particolare, le problematiche inerenti il degrado delle strutture edilizie e le forme inquinanti derivanti da contaminazione del terreno; principi per la manutenzione e l’uso di prefabbricati contenenti amianto; principi per la manutenzione e l’uso di cassoni e tubazioni utilizzati per il trasporto e deposito di acque potabili e non; criteri sulla classificazione delle pietre verdi destinate all’uso ornamentale; requisiti per i laboratori per svolgere attività di analisi sull’amianto. In presenza di prodotti contenenti amianto e di lastre di copertura in cemento amianto l’operatore potrà osservare un iter procedurale che lo agevoli nel lavoro. La prima operazione prevede il riconoscimento del materiale attraverso una ispezione preventiva che contempli, oltre alla ricerca di eventuali elaborati tecnici circa l’erezione dell’edificio oggetto di intervento, la visione diretta dei materiali per una prima distinzione tra quelli friabili e quelli a potenziale tenore di amianto. Altra tappa importante dell’operazione di bonifica prevede la verifica dello stato di conservazione dei materiali friabili per l’identificazione del potenziale di rilascio delle fibre aereodispersive. Nel tempo, poi, si sono aggiunti diversi aggiornamenti normativi, anche a livello regionale, e il tema amianto e sua rimozione è stato ripreso anche nel D.Lgs 81/08 Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro. Tra gli aggiornamenti più recenti c’è la norma UNI 11903:2023, che “definisce i requisiti relativi all’attività professionale dell’addetto al censimento dei materiali contenenti amianto (MCA), ossia del soggetto che esegue le attività di cui alla UNI 11870”. Si affrontano le abilità richieste all’addetto al censimento; le responsabilità, anche in relazione alla sorveglianza delle attività in ambito lavorativo; le conoscenze da possedere, in relazione alla storia e alla legislazione dell’amianto. 10/10/2000 Pericolo amianto: normativa e modalità di rimozione L’amianto, materiale identificato come tossico per l’ambiente, è oggetto di una attenta rilettura per quanto riguarda le problematiche, gli aspetti legislativi e le tecniche di bonifica. Indice: La rimozione dell’asbesto: tecniche utilizzate Come si incapsula l’amianto Un’altra alternativa per trattare l’amianto: il confinamento La tecnica del glove-bag L’amianto, noto anche come asbesto, è un materiale fibroso presente in natura e proveniente dalla trasformazione chimica di rocce eruttive. Il Crisotilo o amianto bianco è, dei sei tipi comunemente usati, quello che ha trovato maggiori applicazioni, soprattutto in edilizia; è costituito da un unico filamento che racchiude fibre forti ma flessibili che consentono un’agevole tessitura. Nel nostro paese, l’amianto ha conosciuto un largo impiego negli anni dello sviluppo economico e produttivo tra il 1950 e la fine degli anni ‘70. E’ stato utilizzato soprattutto in edilizia (al 70,80% della produzione) per la realizzazione di tegole, lastre, tubazioni, rivestimenti per soffitti e pareti: è possibile individuare quattro categorie principali di prodotti contenenti amianto: materiali da rivestimento applicabili a spatola o a spruzzo; rivestimenti isolanti per tubi e caldaie; pannelli ad alta densità tipo lastre di cemento-amianto (comunemente noti come “eternit” dalla principale azienda produttrice); pannelli a bassa densità. Anche nell’industria tessile (per la trasformazione di filati e tessuti), in quella siderurgica, nel settore dei trasporti, nella realizzazione di condutture e filtri industriali, nella fabbricazione di tubazioni e cisterne per l’acqua l’amianto veniva largamente utilizzato. E’ evidente come la diffusione del materiale sia stata capillare sia in edifici di privata abitazione, sia nell’edilizia pubblica (scuole, palestre, piscine, cinematografi, uffici, ecc.). L’origine della pericolosità dell’asbesto risiede nel naturale processo di disgregazione delle fibre, e nel conseguente rilascio di polveri tossiche che lo contraddistingue. Questa caratteristica negativa è conosciuta sin dal 1927, in seguito all’identificazione dell’asbestosi (una patologia professionale) come malattia polmonare cronica. Negli anni ’50 è stata attribuita con certezza alla presenza dell’amianto l’insorgenza di forme tumorali, oltre alle conseguenze sull’inquinamento ambientale ed atmosferico. La nocività dell’amianto è anche dovuta ad una delle caratteristiche principali della sua struttura fisica: la capacità di suddividersi longitudinalmente in fibre di sezione sempre minore che si disperdono in maniera direttamente proporzionale alla sollecitazione meccanica provocata. Gli sbalzi termici, lo smog e le piogge acide. Le infiltrazioni d’acqua, la mancanza di manutenzione e l’usura accelerano notevolmente questo fenomeno; inoltre le fibre d’amianto, invisibili e leggere, una volta depositate vengono facilmente rimesse in movimento da qualsiasi spostamento d’aria e, a causa delle notevoli capacità aerodinamiche di cui sono dotate, possono spostarsi anche per grandi distanze dal luogo d’origine. Appare evidente come il problema amianto non possa essere approcciato solo in termini di bonifica radicale; risulta necessario individuare altre forme di intervento che ne riducano comunque la pericolosità. Sono diverse sono le metodologie di intervento in caso di bonifica da amianto tra cui: tecniche di rimozione; tecniche di incapsulamento; tecniche di confinamento; tecniche di glove-bag, L’impresa appaltatrice dei lavori di bonifica decve procedere,prima dell’inizio delle operazioni di demolizione e rimozione del materiale, alla stesura di un piano di lavoro da presentare all’organo preposto di vigilanza e controllo; decorsi 90 giorni dalla presentazione del piano è possibile iniziare i lavori. La rimozione dell’asbesto: tecniche utilizzate Sono complesse le problematiche relative alla rimozione dell’amianto. Viene considerata obbligatoria la completa rimozione dei materiali contenenti amianto quando i valori di dispersione delle fibre, nell’ambiente circostante, sono superiori a 100 mg/kg. Attraverso getti diffusi a bassa pressione, si procede all’imbibizione in situ del materiale, utilizzando saturanti solitamente di tipo vinil acrilico simili a quelli utilizzati per l’incapsulamento, che consentono il fissaggio delle fibre in fase di distacco. L’operazione, ripetuta per due volte, porta alla completa saturazione del materiale e precede la fase di rimozione del materiale che, ancora umido, deve essere immediatamente insaccato e confezionato. I residui di fibre vanno eliminati attraverso ulteriori interventi a umido spazzolato o spatolato, sulle zone trattate. Talvolta, al termine della rimozione, per migliorare i risultati del monitoraggio dell’aria all’interno del locale, si procede alla nebulizzazione nell’aria ed allo spruzzo sulle superfici, di speciali prodotti che abbattono e trattengono le fibre ancora eventualmente presenti. Ai termine del lavoro di bonifica si pone il problema dello stoccaggio e dello smaltimento del materiale tossico rimosso vero e proprio e dei filtri delle maschere utilizzate dagli operatori oltre che l’acqua utilizzata per l’operazione. Come si incapsula l’amianto Una efficace alternativa alla rimozione è rappresentata dall’incapsulamento. L’incapsulamento è attuabile quando il materiale non è deteriorato, non è stato danneggiato dall’acqua, appare ben ancorato alla superficie sottostante ed è spesso meno di 3,8 cm. Questa procedura riduce i costi dell’operazione, si distingue per la sua velocità di esecuzione, per la riduzione del rischio nei confronti degli operatori e per il minor livello di inquinamento ambientale. Il prodotto incapsulante che può essere scelto – emulsioni polimeriche, pellicolanti vinilici, membrane bituminose ecc. – dipende dalle caratteristiche del materiale da trattare. Durante l’operazione di incapsulamento la superficie viene trattata con dei sigillanti o di tipo penetrante, che saturano ed induriscono il materiale contenente amianto, o di tipo superficiale che, formando una membrana superficiale, impediscono il rilascio delle fibre. Nel caso di lastre in cemento-amianto il prodotto deve essere impiegato su entrambe le facce ed è necessario prevedere una preliminare pulitura ad umido per eliminare eventuali polveri o muschi. L’evidente svantaggio di questa tecnica risiede nel permanere nell’edificio del materiale inquinante e la conseguente necessità di procedere a controlli periodici sull’efficacia del trattamento e sul livello di conservazione delle strutture. Un’altra alternativa per trattare l’amianto: il confinamento La tecnica di confinamento è una procedura applicabile solo nei casi in cui la superficie da bonificare sia particolarmente ristretta. Prevede la costruzione di muri o soffitti intorno al materiale oppure alla posa in opera di elementi prefabbricati o diaframmi in polietilene armato costituenti barriere artificiali fissate meccanicamente o applicate a spruzzo. Volendo trattare lastre in cemento-amianto è possibile applicare una sovracopertura alle stesse con appositi materiali isolanti, che permettono un mantenimento in opera del tetto per una durata di 20-30 anni. Più di recente si è diffuso il ricorso a lastre sigillanti (fibrocemento, polietilene, acciaio, vetroresina ecc.) aventi passo uguale a quello degli elementi in opera che quindi ne risultano perfettamente ricoperti. L’ulteriore vantaggio in questo caso è un valido potenziamento degli standard di isolamento acustico e termico della struttura. La tecnica del glove-bag La tecnica del glove-bag o sacco-incubatrice è stata sviluppata per le tubazioni isolate con materiale contenente amianto, difficilmente raggiungibili o isolabili. Si tratta di prodotti in PVC o polietilene disponibili in diversi formati a seconda delle specifiche esigenze, adeguati per la rimozione di materiale inquinante in maniera rapida e sicura sia per l’operatore che per gli utenti. Gli elementi da rimuovere vengono spruzzati con formulati bagnanti per la loro totale imbibizione; al termine del processo di incapsulamento, la cella viene posta in depressione, pressata e sigillata con del nastro adesivo per renderla idonea al trasporto nelle discariche autorizzate. Articolo aggiornato – Prima pubblicazione 10/10/2000 Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento