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Tutti conoscono il marmo di Carrara, l’ardesia ligure, il Travertino laziale, per citarne solo alcuni. Lo stesso dicasi per i marmi del veronese che si possono considerare tutti “tipici”, in quanto estratti da un sottosuolo stratiforme in cui si trovano rappresentate, l’una sull’altra, tutte le varietà finora conosciute. Varietà che a seconda delle zone e delle diverse tonalità di colore, vengono identificate con i nomi più diversi. Se in passato le caratteristiche geologiche del territorio italiano si riflettevano anche nella scelta dei materiali da costruzione, oggi molte pietre locali hanno conosciuto maggiore diffusione. Una diffusione non sempre accompagnata dalla consapevolezza della loro tipicità geografica. E non mancano i casi dei produttori – riuniti in consorzi – impegnati nel promuovere l’utilizzo e la cultura di una specifica pietra. La riscoperta dei materiali locali apre nuovi orizzonti di scelta a progettisti e imprese; essa rappresenta un’alternativa alla tendenza omologante dei processi costruttivi, senza dimenticare che le nuove lavorazioni e trattamenti hanno ampliato le applicazioni dei materiali lapidei. La scelta di una pietra è oggi influenzata da considerazioni funzionali, di costo, ma soprattutto di gusto e cultura progettuale, visto che vi sono prodotti certamente più economici e meno impegnativi. Alcune pietre tipiche del territorio italiano Presentiamo di seguito una selezione – senza pretesa di completezza – di pietre tipiche del territorio italiano, alcune delle quali poco note ma non meno interessanti. Serpentino Il serpentino è una roccia metamorfica di colore verde scuro, di grana fine, che tende a schiarire col tempo. Appartiene ad un gruppo di “rocce verdi”, che affiora nelle Alpi lombarde, in Valmalenco. Le cave sono ubicate sui due versanti della valle: a Chiareggio si cava una pietra scistosa, a Torre S. Maria una pietra massiccia con cui si realizzano rivestimenti e pavimenti. Il serpentino è un materiale resistente all’usura, agli agenti atmosferici, al gelo e all’inibizione. Non a caso nella tradizione locale il serpentino “tegolare” veniva impiegato per il rivestimento dei tetti con tegole a spacco di cava (piode). Esistono testimonianze di questo uso già a partire dal ‘300. Ancora oggi questa tecnica di costruzione viene ampiamente utilizzata nella vicina Svizzera, nella zona di St. Moritz. Il serpentino può sopportare qualsiasi lavorazione e pertanto si addice a tutti gli impieghi in interno ed esterno. La lucidatura ne esalta l’intensa cromia verde scuro, mentre allo stato grezzo, sabbiato o bocciardato è di colore chiaro. Oltre all’impiego in edilizia e come rivestimento, il serpentino si utilizza per una particolare produzione di stufe, poiché è un materiale altamente termoriflettente. La tradizione mineralogica della Valmalenco è documentata fin dal Medioevo e comprende, oltre al serpentino, la nota pietra “ollare”, tenera alla lavorazione e impiegata soprattutto per attrezzi e piastre da cucina. Pietra di Barge, quarzite e Luserna Il Piemonte possiede una ricca varietà di “gneiss lamellari” largamente impiegati per i lavori stradali. Dalle cave di Barge si estraggono l’omonima pietra e la quarzite, detta anche Bargiolina, una roccia micacea scistosa, di colore grigio, giallo, oliva, resistentissima, indicata anche per pavimentazioni e rivestimenti esterni. Di particolare interesse è la pietra di Luserna, uno gneiss molto lamellare, ampiamente escavato nell’omonimo comune, tra la Val Pellice e la Val Po’. Si tratta di una roccia metamorfica composta da stratificazioni di quarzo, feldspato e mica a struttura grossolana e cristallina. Di color grigio, a volte bluastro, brillante, la Luserna è un materiale inalterabile allo sfregamento e alle intemperie. Per la struttura lamellare le lastre riescono di impareggiabile resistenza, anche se di spessore ridottissimo. Nato come materiale povero, da sempre indicato per marciapiedi, mensole, gradini, stipiti e zoccoli, ha acquisito nuovo pregio in tempi recenti grazie alle nuove tecniche di lavorazione che ne consentono ottima applicazione nei rivestimenti per interni. Il Granitello Valpellice è una particolare qualità di Luserna che si distingue per la grana finissima e per l’intensa colorazione verde chiaro, unitamente ad ancora maggiore durezza e perfetta planarità. Le diverse lavorazioni di questo materiale ottengono eleganti sfumature di tono e di texture. Piasentina La Piasentina è una pietra tradizionale del Friuli che si cava a Torreano di Cividale, nella zona pedemontana delle prealpi Giulie. Si tratta di una roccia sedimentaria calcare, di origine secondaria, sostanzialmente derivante dalla compattazione e ricementazione di rocce calcaree preesistenti. La pietra Piasentina presenta un fondo grigio scuro con piccole mandorline di colore giallognolo nei tipi a grana grossa; il fondo è uniforme nei tipi a grana fine. Resistente al gelo, viene usata da secoli per rivestimenti esterni e lavori a massello o in lastra. In epoca romana fu impiegata per scopi ornamentali, anche se ebbe maggiore sviluppo negli edifici del Rinascimento; lo stesso Palladio ne interpretò il carattere “rustico” nella costruzione di palazzi. Attualmente è molto apprezzata nella progettazione degli interni per la neutralità del fondo grigio-nocciola e per l’eleganza della venatura bianca ramificata. Non presenta limiti d’impiego: pavimenti, rivestimenti, scale, soglie e davanzali, elementi ornamentali e pezzi speciali a misura. Il Consorzio Produttori Pietra Piasentina è stato costituito nel 1965 con la finalità di promuoverne la conoscenza e l’impiego. La pietra Piasentina si è di recente dotata di un marchio comunitario che ne certifica l’autenticità, garantendo la provenienza, le caratteristiche di costituzione, le proprietà fisico-meccaniche e la composizione chimica.. Pietra di Finale A Finale Ligure, in provincia di Savona, si cava la famosa e antica pietra di Finale, detta anche travertino del Finale, le cui caratteristiche la fanno somigliare ai noti travertini. Si adatta a tutti gli impieghi, dall’edilizia ai lavori di scultura e architettonici. È impiegata da millenni come materiale da costruzione; ponti realizzati in massello dai costruttori romani sulla via delle Gallie sono ancora agibili nel Finalese. Si tratta di un calcare cristallino granuloso, di formazione marina, duro e resistente; ha colorazione giallo rossastra, arabescata da conchiglie e spine di pesce fossilizzate. Le cave della zona ne forniscono di varie qualità: La pietra di Finale Chiara è di colore bianco avorio o rosato su cui spiccano i fossili più chiari contornati da vacuoli ed inclusioni. Il materiale è particolarmente adatto per lavorazioni in massello; in lastra lo spessore minimo è di 2 cm. La segagione è parallela al piano di sedimentazione, la cosiddetta ”pioda”. La pietra di Castelgavone è di colore rosa corallo tenue con inclusioni calcitiche bianche ad aspetto macrocristallino, duro, compatto, può ricevere una perfetta lucidatura. È impiegata da molti secoli nel genovese. Nel Cinquecento l’architetto Galeazzo Alessi la rese nota facendone chiese e grandi palazzi nobiliari. La pietra Mascia è di colore rosa tenue con puntinatura gialla o rossa e aspetto molto simile al marmo pur essendo un macroagglomerato; può ricevere bene la lucidatura assumendo un bellissimo colore rosa. Presenta sporadicamente il fenomeno della razzatura, cioè delle fessurizzazioni ricalcificate. La pietra di Verezzi (detta Pietra Lara) è un materiale che per doti di durezza, compattezza e resistenza è particolarmente adatto per lavorazioni in lastra a partire da 1 cm e spessori superiori con finitura grezza o lucidata finemente. Peperino e pietra Basaltina Il territorio dell’Alto Lazio è costituito prevalentemente da materiale vulcanico che, ricoprendo rocce e sedimenti di origine marina di età più antica, ha dato origine diverse pietre. Tra queste il Peperino e la Basaltina sono le più tipiche della provincia di Viterbo. Il Peperino ha costituito per molti secoli il materiale da costruzione per fabbricati di rilievo, palazzi signorili, rocche e cinte murarie, gioielli dell’archeologia, come gli stupendi sarcofagi e altari etruschi o il Teatro romano di Ferento. L’uso della Basaltina definisce invece il carattere dell’architettura di città come Orvieto e Bagnoregio. Il “Peperino” di Viterbo proviene da una formazione geologica denominata “Peperino tipico” prodotto dell’attività del vulcano Cimino. Il colore della roccia è prevalentemente grigio, ma ne esiste anche una varietà rosata. Si tratta di un materiale che deriva dalla cementazione di materiali di lancio delle bocche vulcaniche (lava, cenere e lapilli), di colore grigio scuro con miche nere come granelli di pepe da cui trae il nome. Nel corso dei secoli il tutto si è consolidato sia per effetto di azioni fisiche connesse ai movimenti orogenetici, sia per la presenza di cemento formatosi con la decomposizione di particelle vetrose o per l’azione di ossidi di calcio di provenienza estranea. Questo processo attribuisce al Peperino caratteristiche di resistenza al tempo e agli agenti atmosferici (non è gelivo), unitamente alla facilità di lavorazione. Con il termine Lavagrigia si indica una qualità di Peperino proveniente dalle cave più profonde, la cui durezza (3 volte più resistente al carico di rottura) è indicata per le pavimentazioni e i rivestimenti di facciata con posa tradizionale o ventilata, anche in lastre di grandi dimensioni. La Basaltina di Bagnoregio è una pietra locale di natura basaltica, già lavorata in epoca romana. Nel ‘500 veniva trasportata a Roma su grosse chiatte lungo il corso del Tevere; qui venne impiegata per lastricare piazza S. Pietro e la scalinata del Campidoglio. Recentemente la Basaltina è stata utilizzata dallo studio +Arch per la sede e gli show room degli stilisti Dolce e Gabbana, una scelta che combina sensazioni mediterranee con un linguaggio sofisticato ed elegante. Il desiderio degli stilisti di esprimere le proprie origini si è tradotto nella scelta di un materiale dal forte valore comunicativo, molto simile alla pietra lavica. In questi interni la Basaltina è stata posata in lastre di grande formato a poro aperto, levigate e trattate con prodotti antimacchia che ne accentuano leggermente il colore scuro, senza tuttavia alterarne l’aspetto naturale. Le ottime caratteristiche del Peperino e della Basaltina ne favoriscono l’impiego in esterni, anche per la realizzazione di grandi superfici come la pavimentazione di strade, piazze e rivestimenti degli edifici. Anche il campo dell’arredo urbano si presta all’impiego di questi materiali, soprattutto per quegli elementi che non possono essere standardizzati. Pietra di Lecce In Puglia lo sfruttamento dei materiali lapidei ha origini antichissime. Il più noto è certamente la “pietra di Trani”, un calcare chiaro e compatto, ben lucidabile e di facile lavorazione. Localmente sono molto sfruttati anche i tufi e la “pietra leccese”, che è reperibile in quasi tutta la provincia e che ha dato vita a numerosi laboratori attrezzati esclusivamente per la lavorazione di questo caratteristico materiale. La pietra di Lecce è una roccia calcarea che risale al Miocene (periodo dell’era del Terziario durato da 23 a 17 milioni di anni fa). Si caratterizza per la presenza di numerosi frammenti di fossili, rappresentati soprattutto da specie planctoniche, a volte conservati quasi integralmente. All’esame petrografico appare composta da un impasto granulare (microfossili, frammenti di fossili) inglobato nel cemento calcitico. Il carbonato di calcio ne rappresenta il principale costituente, anche se sono presenti, in percentuale minore, granuli di glauconite, quarzo, feldspati, muscovite, fosfati e materiali argillosi che ne arricchiscono il contenuto e ne determinano sfaccettature di carattere, ora duro e resistente, ora tenero e duttile. Gialliccia e facilmente lavorabile, è il materiale da costruzione dei famosi monumenti barocchi leccesi. La duttilità ha permesso di plasmare fregi, volute, capitelli e cornici finemente decorati. Ancora oggi la vocazione plastica del materiale viene sfruttata per la realizzazione di elementi decorativi, oltre ad essere indicata per pavimentazioni e rivestimenti per interni ed esterni. Pietra lavica La fama dei materiali lapidei siciliani si è costruita con il Perlato di Sicilia, il più classico e richiesto marmo dell’isola. Nella zona orientale (Erice, Marettimo, S. Vito lo Capo, Alcamo) si estraggono i più noti e pregiati marmi siciliani, bianchi e colorati, paragonabili per bellezza e varietà di colori ai fastosi marmi africani di cui sono in parte una derivazione geologica. La produzione dei tufi è notevole a Marsala, Mazara del Vallo e nell’isola di Favignana, unitamente alla pietra pomice dell’isola di Lipari, dalle particolari doti abrasive. Catania è caratteristica per la produzione della “pietra lavica”, detta anche basalto, un materiale compatto, di colore grigio scuro e dalla porosità più o meno accentuata. Si tratta di una roccia effusiva, ovvero che proviene dal raffreddamento del magma eruttato all’esterno. Disponibile in quantità, come prodotto naturale dell’Etna, è poco soggetta all’usura del tempo e viene utilizzata da secoli. La possiamo ancora oggi osservare nei resti delle antiche strade romane. Le qualità estetiche e la caratteristica durezza (è difficile alla lavorazione con attrezzi comuni) rendono la pietra lavica adatta per interni ed esterni. Di aspetto cupo viene, secondo la tradizione locale, sottoposta a processi di smaltatura che aggiungono un forte apporto decorativo alla superficie omogenea della pietra Pietra di Modica e Pietra Pece In provincia di Ragusa si estrae la famosa “pietra di Modica” che ha dato vita numerose attività industriali. Si tratta di un calcare duro molto resistente, in gergo detto Timpa, una pietra color avorio-crema, dalla grana omogenea e compatta, facile da lavorare sia con attrezzi manuali che meccanici. Nel Settecento i massi più teneri di pietra di Modica venivano lavorati a scalpello per realizzare le decorazioni che ornano le ricche facciate dei palazzi e delle chiese delle cittadine barocche della zona. Con la qualità più dura e resistente venivano realizzati i rivestimenti di facciata. La Pietra di Modica è un materiale adatto per pavimenti e rivestimenti interni ed esterni, scale, piani per cucine e bagni, elementi architettonici e opere di arredo urbano. Le tradizionali tecniche locali di lavorazione sono oggi affiancate da strumenti a controllo numerico, per realizzare rivestimenti interni ed esterni, piatti doccia, lavabi ed elementi di arredo. La Pietra di Modica si presta alle lavorazioni a macchina che permettono inciderne la superficie con segni, trame e texture, ispirandosi ai decori tatuati sui corpi nell’antichità o a grafismi contemporanei. La colorazione beige presenta minime diversità cromatiche, in funzione delle quali si distinguono due tonalità: bianca con fondo beige chiaro e abbastanza uniforme; avorio con fondo beige e presenza di puntini di colore marrone. Benché molto simile, la Pietra di Modica non è da confondere con la Pietra di Comiso, proveniente dalla stessa zona, che presenta striature e punti più scuri. Anche la “pietra pece” è un materiale calcare tipico delle province di Modica e Ragusa. Deriva il nome dal color cioccolato, dovuto all’impregnamento, milioni di anni fa, del petrolio di risalita dai sottostanti giacimenti. E’ una roccia asfaltica, impermeabile e può essere tenera o durissima a seconda della temperatura e della percentuale di impregnamento del bitume. Per questo viene impiegata da secoli come materia prima di capitelli, colonne, chiese e palazzi, ma anche condotte fognarie. La particolarità e l’unicità del colore della Pietra Pece si leggono nelle sfumature che variano gradualmente dal grigio al marrone scuro e nelle striature più chiare dovute alla presenza di fossili. La Pietra Pece è un materiale che provoca piacevoli sensazioni tattili ed olfattive oltre che visive. Trova ideale applicazione nei pavimenti e nei rivestimenti interni, cui conferisce un fascino sobrio ed elegante. Come la Timpa, anche la Pietra Pece è un materiale importante del patrimonio artistico e architettonico del barocco ibleo. I centri storici di Ragusa e Ibla, Modica e Scicli, con i loro ricercati palazzi nobiliari e le maestose chiese, costituiscono l’esempio più riuscito dell’uso di questi materiali che mostrano il massimo delle loro potenzialità nelle volute dei mascheroni e nelle estrose decorazioni dei balconi settecenteschi. L’arch. Alessandro Villa è libero professionista specializzato nella progettazione di architettura degli interni, svolge attività di ricerca e consulenza nel settore dei materiali e delle finiture (www.alessandrovilla.it). Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento