Proptech in Italia: un comparto in grado di migliorare edilizia e real estate

Edilizia e immobiliare stanno vivendo importanti trasformazioni che potranno essere coadiuvate da una più forte sinergia col mondo proptech, che può garantire vantaggi a entrambi. Sul tema ne parla Andrea Ciaramella, docente e co-founder dell’Italian PropTech Network

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Proptech in Italia: un comparto in grado di migliorare edilizia e real estate

Il proptech in Italia e nel mondo si sta affermando nel settore delle costruzioni e del real estate molto di più di quanto si possa pensare. Seppure l’edilizia e il settore immobiliare siano settori molto conservativi, l’adozione di soluzioni tecnologiche per concepire, costruire o gestire il costruito sta prendendo progressivamente piede. Il proptech assume, quindi, un elemento di grande interesse, in quanto rappresenta il processo di innovazione dell’industria del real estate.

Secondo un report di KPMG, gli investimenti nel Proptech sono più che triplicati, passando da 4,1 miliardi di dollari a 13,4 miliardi di dollari tra il 2022 e il 2023. In Italia le startup attive sono passate da 43 del 2018 a quasi 400 oggi: nel giro di pochi anni, quindi, sono decuplicate.

Proptech in Italia: il valore reale

Andrea Ciaramella, professore associato di tecnologia dell’architettura al Politecnico di Milano, e co-fondatore dell’Italian Proptech NetworkNumeri a parte, quali sono le tendenze più significative del settore? Innanzitutto, varrebbe la pena pensare che ci sono evoluzioni in atto, nel settore delle costruzioni e del real estate, molto più profonde e impattanti di quanto si pensi: «si tende sempre a pensare che il settore delle costruzioni sia trainante per la nostra economia. Ma se andiamo a vedere il contributo sul prodotto interno lordo nazionale del sistema delle costruzioni e del sistema immobiliare, scopriamo che esso vale il 5% circa, mentre lo sviluppo immobiliare il 2-2,5% circa; i servizi immobiliari di altro tipo (compravendita, consulenza, valutazione ecc.) valgono l’11-12%. Ciò vuol dire che la componente service pesa sul Pil tre volte il settore delle costruzioni. Se si va a vedere il campo di azione delle proptech, la maggior parte di esse offre servizi e soluzioni che impattano proprio sulla componente del servizio». A parlare è Andrea Ciaramella, professore associato di tecnologia dell’architettura al Politecnico di Milano, nonché co-fondatore dell’Italian Proptech Network, realtà nata per mettere a sistema le realtà emergenti e consolidate che partecipano alla digitalizzazione del settore immobiliare. Tra le sue attività, promuove la necessità di “fare rete”, creando occasioni di crescita e di innovazione.

Professor Ciaramella, qual è la situazione che vive il mondo proptech in Italia oggi?

«Ci sono tre aspetti rilevanti. Il primo riguarda il fatto che una quota rilevante delle startup del settore dichiara di aver dovuto modificare il suo business plan dopo il primo anno di avviamento dell’attività. Ciò accade perché, molto spesso, le iniziative proptech nascono con competenze prettamente ICT e legate al mondo tech, ma poi si scontrano con le esigenze pratiche del real estate. Se non si conoscono, quindi, in dettaglio le caratteristiche e le necessità del mercato, il rischio evidente è che la tecnologia non dia le risposte che servono, che sia un po’ fine a se stessa.

Il secondo tema emergente è che manca una prossimità, una relazione forte tra gli operatori del mercato e il mondo di chi sviluppa le tecnologie. Questo comporta, da una parte, il rischio che si generi il fenomeno di scollamento precedentemente descritto; dall’altra, la velocità con cui la tecnologia si trasforma è notevolmente più elevata rispetto alla filiera real estate e delle costruzioni, che si muovono con tutt’altra velocità e faticano anche a far proprie le opportunità offerte da determinate tecnologie.

C’è poi un terzo aspetto: le tecnologie utilizzate e prevalenti sono sempre più riferite al mondo dell’intelligenza artificiale, che ha potenzialità oggi imprescindibili. Penso proprio che vedremo crescere anche in quella direzione app e soluzioni tecnologiche specifiche di notevole importanza».

L’intelligenza artificiale che ruolo avrà e come lo manifesterà nel proptech?

«Le forme in cui opera l’intelligenza artificiale sono molto diverse. Penso, per esempio, alla possibilità offerta dall’AI di generare soluzioni progettuali che, una volta definiti i vincoli di un determinato lotto, consentono di generare in termini di output tutte le combinazioni possibili relative alla morfologia, riducendo i tempi di lavoro dei progettisti.

L’intelligenza artificiale che ruolo avrà e come lo manifesterà nel proptech?

Oppure l’artificial intelligence può aiutare a simulare scenari prospettici legati all’impatto dei cambiamenti climatici in diverse zone del Paese e in relazione alle caratteristiche degli asset fisici. Laddove si ha bisogno di fare delle simulazioni che richiedono l’elaborazione e l’utilizzo di una gran mole di dati, l’AI aiuta sensibilmente, riuscendo a svolgere in pochissimo tempo ciò che altrimenti richiederebbe tempi decisamente più lunghi».

Su quali ambiti, in particolare, si stanno dirigendo e imprese proptech?

«Le aree prevalenti riguardano la gestione, sotto forma di facility, property asset management. Si tratta di un ambito della filiera real estate su cui si concentra l’attenzione delle proptech che sviluppano soluzioni sulla gestione degli edifici. È un ambito che offre molte opportunità, perché ritenuto particolarmente scoperto e su cui c’è da fare ancora molto. Sulla gestione degli edifici, credo ci sia davvero tanto da fare, anche perché i provider tradizionali sono rimasti ancorati a logiche imperanti già trent’anni fa.

Oggi la tecnologia consente di svolgere molte attività: penso alla possibilità di raccogliere dati importanti ai fini della manutenzione predittiva mediante sensori IoT. Ma ci sono delle potenzialità considerevoli».

Può fare un esempio?

«Solo sulla gestione ottimizzata e intelligente degli edifici, si potrebbero ottenere risparmi in bolletta tra il 15 e il 25%. Questi risparmi si possono ottenere senza la necessità di investimenti sostanziosi o interventi importanti, ma unicamente gestendo in modo oculato gli impianti HVAC in relazione alla stagione termica, al comportamento degli occupanti, al tasso di utilizzo degli immobili.

Quindi, il proptech può recitare un ruolo di grande valore in termini di efficienza energetica, di ottimizzazione dei consumi, di monitoraggio degli edifici».

C’è il rischio che il proptech, in Italia e non solo, si scontri e non riesca ad attecchire in una realtà, come quella delle costruzioni e immobiliare, ancorata a vecchi schemi e poco propensa al cambiamento?

«Da una parte è probabile. Quest’anno, in occasione della presentazione dei dati Italian Proptech Network inseriremo come novità la presentazione dei dati riguardanti il tasso di mortalità delle aziende proptech che non sono riuscite a imporsi sul mercato per varie ragioni. 

Tuttavia, oggi la tecnologia consente di fare praticamente tutto. Ciò che manca è la competenza per usarla in maniera appropriata. Soprattutto manca una relazione, un dialogo costante tra chi gestisce gli edifici o i proprietari e i soggetti che producono e propongono le soluzioni tecnologiche. Spesso, nel gran numero di realtà attive, non si riesce a individuare quella capace di offrire le risposte più adatte.

C’è anche un altro aspetto che, secondo me, va considerato. Sul mercato dell’edilizia, che pure si sta innovando quanto a concezioni costruttive, aumenta la quota della componente servizio a supporto dei real estate. Quanto detto all’inizio sulle percentuali di Pil tra costruzioni e servizi fa ben capire quale importanza abbiano realmente entrambi e quanto oggi, il settore dei servizi abbia un peso specifico maggiore».

Come Italian Proptech Network organizzerete a settembre, al Politecnico di Milano, il primo corso executive dedicato. Quale importanza riveste quindi la formazione sul proptech?

«Riteniamo importante, per sfruttare appieno le potenzialità del comparto, che gli operatori del real estate conoscano le potenzialità di alcune soluzioni tecnologiche. Per fare questo è necessario un percorso di accompagnamento, di affiancamento e di formazione, pensato proprio per fornire un inquadramento del settore e per raccontare, attraverso testimonianze concrete, come funzionino le soluzioni applicative. È un momento formativo specialistico, ma rivolto ai non addetti ai lavori. Il nostro auspicio è che ciò possa avvicinare i due mondi (prop e tech), intercettando le esigenze dell’uno e le risposte dell’altro.

L’Agenzia Spaziale Europea intende utilizzare la tecnologia spaziale per rivoluzionare il settore immobiliare, estendendo le applicazioni delle innovazioni aerospaziali per migliorare la pianificazione urbana, la gestione delle infrastrutture e la sostenibilità ambientale. Cosa testimonia questa strategia e cosa implica per il futuro del proptech?

«Questa notizia aiuta a mettere a fuoco un concetto fondamentale: l’innovazione nasce spesso da altri mondi rispetto a quello di cui ci si occupa. Quindi, se vogliamo innovare la filiera del real estate, è bene andare a vedere cosa si sta sviluppando in altri contesti. Per esempio, utilizzando dati satellitari che leggono i fenomeni della Terra, è possibile ricavare dati a scala vasta che, opportunamente impiegati, possono fornire indicazioni utili alla programmazione e alla pianificazione territoriale. Al Politecnico di Milano stiamo sviluppando un sistema che intende incrociare i dati satellitari legati ai rischi naturali (siccità, alluvioni, terremoti, incendi…), cercando di ricavare indicazioni sulle condizioni di rischio relativi ai singoli siti, guardando i dati storici e facendo una proiezione futura. Così è possibile fare innovazione, ottenendo risultati tangibili specie per edilizia e real estate, comparti che hanno particolarmente bisogno di idee e soluzioni nuove».

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