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Un cantiere unico per complessità che ha richiesto massima attenzione rispetto alle archeologie preesistenti, con accurata analisi dei reperti e produzione manuale da parte di Terreal SanMarco dei pezzi utilizzati in cantiere Il Teatro Galli di Roma, progettato nel 1841 dall’Architetto Luigi Poletti di Modena, è stato realizzato tra il 1843 ed il 1857 in perfetto stile neoclassico. L’architetto ha introdotto, al posto dei palchi “colombaia” tutti uguali tra di loro, un sistema di arcate su piedritti al primo ordine e un colonnato con ordine gigante a definire il secondo e terzo ordine di palchi. Il teatro ha subito danni importanti nel corso della Seconda Guerra Mondiale cui seguirono saccheggi e devastazioni quando la parte danneggiata venne usata come cava di materiali da costruzione. Il Foyer, comprendente le scale circolari di accesso ed il ridotto, non ha invece subito danni e ciò ha permesso l’uso degli spazi fino al 2011, anno in cui sono iniziati i lavori di restauro conclusi nel 2015. Tra il 2011 e il 1015 si sono svolti i lavori di restauro del teatro Galli di Rimini Il progetto di restauro è stato coordinato dalla Soprintendenza Regionale per i Beni e le Attività Culturali dell’Emilia Romagna, che ha definito gli indirizzi progettuali per “l’intervento di restauro e di restituzione integrale, filologica e tipologica della Sala e del Palcoscenico del Teatro”, con il preciso obiettivo di restaurare e recuperare ogni finitura o decorazione superstite della fabbrica, senza riprodurre una precisa copia del teatro Rimini Amintore Galli prima del bombardamento, ma intervenendo nel rispetto della ricostruzione filologica della sala, e contemporaneamente in maniera conforme alle attuali normative antisismiche, antincendio, impiantistiche, igieniche, con una macchina scenica moderna e tecnologicamente avanzata, con una particolare attenzione alla acustica e tenendo in massima considerazione il contesto storico-archeologico. Il progetto esecutivo è stato quindi il frutto del lavoro coordinato di molteplici figure specialistiche, competenti ciascuna per il proprio ambito: architetti, restauratori, strutturisti, impiantisti, consulenti acustici, consulenti scenotecnici, geologi, archeologi. I lavori di ricostruzione veri e propri sono stati preceduti da varie campagne di scavi archeologici, le prime svoltesi tra il 2012 ed il 2013 hanno interessato sia la zona della sala che del palco, le seconde tra il 2014 ed il 2015 si sono svolte nell’ambito dei lavori di ricostruzione appaltati, necessitando di interventi di ingegneria molto complessi. I lavori di ricostruzione sono stati organizzati in due ambiti – il corpo dell’edificio costituito dalla sala e la parte della torre scenica – ed eseguiti in due differenti fasi, affrontando di volta in volta le difficoltà di cantiere. Nel corpo della torre scenica l’indagine archeologica e di ingegneria ha permesso di superare le difficoltà dovute alla necessità di eseguire le indagini ad una quota inferiore a quella della falda acquifera ed al di sotto delle vecchie murature “polettiane” esistenti e da salvaguardare. Durante le fasi di scavo, tutto quanto rinvenuto nella zona della torre scenica è stato di volta in volta documentato e poi rimosso, con una minuziosa attività archeologica estesa fino alle quote sterili. La ricostruzione della struttura della sala ha richiesto delle modifiche al progetto sia a livello architettonico che strutturale per assicurare l’accesso al pubblico a livello sottoplatea e la conservazione dei reperti. L’architetto Carmine Cefalo del Comune di Rimini, direttore generale dei lavori di restauro del Teatro Galli, spiega che il nuovo disegno strutturale ha previsto la realizzazione in opera di quattro nuclei portanti dell’edificio costituenti i corpi scala di accesso ai vari piani con la preventiva costruzione in officina degli elementi costitutivi la struttura dell’edificio (travi e pilastri in c.a.) per poi essere assemblati e completati in cantiere. In questo modo è stata garantita una riduzione dei tempi di esecuzione e i lavori di completamento della struttura del corpo della sala si sono conclusi nell’estate del 2016. Parallelamente, sono state effettuate tutte le attività di consolidamento dei paramenti murari esistenti ed il successivo ancoraggio degli stessi alle nuove strutture in cemento armato liberandoli di fatto dalla loro funzione strutturale. Per quanto riguarda le porzioni di murature perimetrali da ricostruire ex-novo, il progetto di restauro filologico è stato particolarmente attento, partendo dalla meticolosa analisi delle preesistenze e riproponendo oltre ai paramenti murari nella loro interezza, anche i singoli elementi laterizi che li costituiscono. In particolare Sanmarco Terreal ha realizzato 88 stampi che ripropongono le geometrie originali dei singoli elementi, utilizzati per riprodurre a mano circa 210 mila pezzi posti in opera con una singolare tecnica di “stilatura” dei giunti, studiata appositamente per omogeneizzare la trama muraria delle nuove murature con quelle preesistenti. I laterizi su misura di SanMarco Terreal L’Architetto Franco Favaro di Terreal SanMarco ci racconta che la produzione manuale degli oltre 210mila pezzi utilizzati nel cantiere è stata complessa, si è trattato infatti di un lavoro fatto su misura, piccoli elementi di architettura prodotti come un tailor made cucito su una preesistenza che da decenni aspettava di ritornare all’originario splendore, una risposta artigianale con la forza di un’industria. Processo di essicazione dei laterizi Gli elementi in laterizio sono stati prodotti presso la sede SanMarco-Terreal Italia di Noale, in provincia di Venezia. Lo sviluppo degli elementi necessari per la ricostruzione del Teatro di Rimini si è svolto in due fasi. Nella prima i tecnici della fornace hanno affiancato la progettazione e l’impresa di costruzione nella campionatura dei vari pezzi in cantiere e nella stesura di un abaco di prodotti. Un’attività svolta in circa otto mesi. Nella seconda fase, sono stati campionati i mattoni da produrre ed è stato realizzato un mock up in scala 1:1 per l’approvazione da parte dell’architetto Vincenzo Napoli della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini. Grazie all’esperienza dell’azienda è stato possibile riprodurre in maniera pressoché perfetta ogni pezzo storico, individuando i tipi di argilla più adatta a garantire una riproduzione con qualità chimiche, fisiche e cromatiche il più possibile simile all’originale. Le argille scelte per la produzione dei pezzi sono di due tipi, una più chiara e una più scura, per creare degli effetti stonalizzati sulle pareti di nuova realizzazione, rispettando la qualità e le cromie delle preesistenze. Il laterizio SanMarco negli interventi di restauro di edifici storici Approcci analitici e sistemi produttivi SanMarco-Terreal ha seguito molti importanti interventi di restauro del patrimonio storico e monumentale, collaborando con architetti restauratori e progettisti, in cui si è resa necessaria una produzione “su misura”, successiva all’analisi dei reperti originari da sostituire. Tra questi, solo per citarne qualcuno, nell’area romana le Terme di Caracalla, la Domus Tiberiana, l’Acquedotto Neroniano, e Villa d’Este a Tivoli. L’Arch. Davide Desiderio Corporate Image & Communication Manager dell’azienda, spiega che pur essendo ogni intervento di restauro un “progetto” e quindi un caso a sé stante, tuttavia è possibile ritrovare un filo conduttore nelle procedure analitiche e produttive, che ci hanno coinvolto nei casi di restauro o conservazione dei manufatti antichi in laterizio, ove fosse previsto una anastilosi o una sostituzione e ripristino. Il laterizio porta in sé una caratteristica di Tradizione che va rispettata e che – continua l’Arch. Desiderio, è sinonimo di continuità, dal latino tradêre, cioè trasmettere il peso delle cose del passato giunte al presente e proiettate nel futuro. Ed è anche questo il senso del nostro lavoro nell’affiancare i più importanti lavori di restauro e recupero: produrre oggi manufatti laterizi che si debbono relazionare, interfacciare con i lacerti e le partiture laterizie preesistenti di monumenti di secoli fa, del passato per darne continuità funzionale, formale e di immagine per il futuro. Tradizione e Innovazione sono due concetti che hanno sempre sostanziato gli sviluppi produttivi e applicativi dei laterizi. La produzione dei laterizi a pasta molle, su cui si basa ancora oggi tutta la produzione faccia a vista della SanMarco-Terreal, che possiamo considerare a buon diritto un ritorno alla produzione antica ed una sorta di “nobilitazione” dei comuni mattoni di laterizi per murature, è antichissima: appartengono infatti al 4000 a.C. le grandissime costruzioni di “ziggurat” in Mesopotamia. Se analizziamo ogni singola fase dell’attuale processo produttivo possiamo osservare come la meccanizzazione introdotta per alcuni formati standard, in realtà, non abbia fatto altro che modernizzare la produzione senza alterare le fasi che restano immutate dall’antichità ai giorni nostri. Il processo produttivo ha ovviamente subito delle modifiche in termini di miglior ergonomicità della lavorazione, di movimentazione dei pezzi, ma il momento formativo, quello rimane rigorosamente a mano. Terreal SanMarco: il processo produttivo del laterizio Infatti per gli elementi da utilizzare negli interventi di restauro permane tutt’oggi la produzione manuale, così come nell’antichità. Questo è motivato dalla particolarità del progetto di restauro e dalla necessità di adattarsi a condizioni originarie di forma e dimensione. Entrando più nello specifico del tema del restauro possiamo dire che preliminarmente alla fase produttiva si sviluppano procedure analitiche sui reperti originari. Si tratta di un processo molto importante che prevede diverse fasi, dall’analisi visivo-dimensionale del reperto, all’analisi chimico –fisica dell’argilla, dal raffronto del campione riprodotto con il campione originario, considerando la verosimiglianza con il prodotto originario in termini di tonalità, il colore, la percentuale di ritiro, la resistenza meccanica, la porosità, l’assorbimento, la resistenza al gelo, fino alla produzione finale dei laterizi per cui, attraverso stampi di legno, gesso o metallo, l’argilla prende forma. Le procedure ora come allora sono eseguite a mano. Ovviamente la fase conclusiva è quella del confronto col campione originario. A cura di Raffaella Capritti Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento