Manovra, quante critiche dalle associazioni: dall’edilizia all’ambiente, il fronte dei contrari 15/11/2024
Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Realizzare un nuovo tetto o ristrutturare quello esistente: materiali, tecnologie e detrazioni fiscali 18/11/2024
I rifiuti da demolizione e costruzione (C&D) rappresentano oltre un terzo di tutti i rifiuti prodotti in Europa. Migliorarne la gestione ed il recupero è la chiave sostenibile per un’edilizia circolare Indice degli argomenti: I rifiuti del settore edilizio in Europa I rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) La soluzione è l’edilizia circolare La demolizione selettiva Cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste Reimpiego dei rifiuti: gli aggregati riciclati I rifiuti speciali e l’amianto Rifiuti C&D: lo stato dell’arte e prospettive La costruzione e la demolizione sono tra i settori che generano in Europa i maggiori volumi di rifiuti: ogni anno se ne produce una tonnellata pro capite, oltre un terzo di tutti i rifiuti prodotti in Europa, pari a circa 500 milioni di tonnellate. Un problema di dimensioni ciclopiche che ha un impatto significativo dal punto di vista ambientale e di costi per la collettività in termini di salute e spese per smaltimenti e bonifiche. Migliorare la gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione (C&D), puntando su alternative sostenibili quali il recupero (riciclo e riuso), può incidere significativamente sull’economia circolare “from cradle to cradle” (dalla culla alla culla) del settore edilizio. Questi obiettivi sono in linea con quelli di sviluppo sostenibile assunti dall’Unione Europea con l’Agenda 2030, e raggiungibili anche attraverso la transizione verso un’economia circolare, stabilita fin dal 2015 con il “Piano d’azione per l’economia circolare”. Si prevede che la popolazione mondiale crescerà fino a 9,7 miliardi nel 2050. Il conseguente aumento del consumo globale avrà ripercussioni sull’ambiente insostenibili: cambiamento climatico, inquinamento, uso del suolo. Senza un cambio di rotta, entro il 2050, il livello di consumo mondiale richiederebbe le risorse di 3 pianeti terrestri. Si stima che, ai ritmi attuali, la produzione annuale di rifiuti crescerà del 70% entro il 2050. Un futuro sostenibile deve essere basato su un nuovo modello di consumo, libero da rifiuti e inquinamento, privo di costi ambientali e sociali: l’edilizia circolare. I rifiuti del settore edilizio in Europa Nel settore edilizio, le attività di costruzione e demolizione (di edifici e infrastrutture, nonché dalla pianificazione e manutenzione stradale), sono la causa di oltre un terzo di tutti i rifiuti prodotti in Europa. Comprendono un’ampia varietà di materiali come cemento, mattoni, legno, vetro, metalli e plastica. In termini di volume, i rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) sono tra le fonti maggiori di rifiuti in Europa. Sebbene molti materiali siano riciclabili o riutilizzabili, i tassi di riutilizzo e riciclaggio variano notevolmente tra i Paesi membri all’interno dell’Unione. Il settore edile è inoltre importante per le prestazioni ambientali degli edifici e delle infrastrutture nel loro intero ciclo di vita. Data la lunga durata di vita degli edifici, è indispensabile incoraggiare una migliore progettazione allo scopo di ridurre il loro impatto ambientale e migliorare la durabilità e la riciclabilità dei loro componenti. Rifiuti strutturali nell’ambiente costruito fonte: Ellen MacArthur Foundation, 2015 Secondo un’indagine datata 2015 della Ellen MacArthur Foundation, un’autorità nel campo dell’economia circolare, il 10-15% del materiale viene sprecato durante la fase di costruzione, mentre tra i materiali di scarto della demolizione, ben il 54% finisce in discarica: c’è ancora molto da fare affinché il recupero, inteso come riuso e riciclo, diventi parte del sistema dell’edilizia circolare. L’unione Europea si è data degli obiettivi ambiziosi. Con la Direttiva 2008/98/CE si è prefissa di raggiungere un tasso di recupero dei rifiuti C&D pari ad almeno il 70% entro il 2020 in tutti gli Stati membri. E, stando alle statistiche ufficiali, pare che molti vi siano riusciti. I rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) I rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) sono i materiali di scarto provenienti da attività di costruzione o demolizione, prevalentemente costituiti da laterizi, murature, frammenti di conglomerati cementizi anche armati, rivestimenti e prodotti ceramici, scarti dell’industria di prefabbricazione di manufatti in calcestruzzo anche armato, frammenti di sovrastrutture stradali o ferroviarie, conglomerati bituminosi fresati a freddo, intonaci, allettamenti. Sebbene la definizione di «rifiuti da costruzione e demolizione» si riferisca ai rifiuti risultanti da attività di costruzione e demolizione in senso generale, essa comprende anche i rifiuti derivanti da attività secondarie di costruzione e demolizione fai da te effettuate nell’ambito del nucleo familiare. I rifiuti C&D dovrebbero essere corrispondenti ai tipi di rifiuti di cui al capitolo 17 dell’elenco di rifiuti stabilito dalla decisione 2014/955/UE nella versione in vigore il 4 luglio 2018. Scarica l’elenco dei rifiuti delle attività di costruzione e demolizione La gestione dei rifiuti è un elemento chiave dell’edilizia circolare perché permette di chiudere il cerchio e, recuperando, riciclando, riutilizzando quei materiali di scarto del processo edilizio dovuti alle fasi di costruzione e demolizione (C&D), li reimmette nel circuito, evitando così di estrarre nuove risorse vergini. La soluzione è l’edilizia circolare L’edilizia circolare inizia nelle primissime fasi del ciclo di vita di un edificio. Sia la fase di progettazione sia i processi di produzione incidono sull’approvvigionamento delle risorse, sul loro uso e sulla generazione di rifiuti. Confronto tra edilizia lineare e circolare In uno studio condotto per l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA), Ramboll ed i suoi partner (Fraunhofer ISI e l’Istituto ecologico) analizzano la relazione tra economia circolare e mitigazione dei cambiamenti climatici sviluppando una metodo per quantificare i benefici di decarbonizzazione delle azioni di economia circolare. L’approccio, testato per il settore edile, ha rilevato che, dalla combinazione di 8 azioni selezionate di economia circolare, è possibile evitare nell’UE fino al 60% delle emissioni di CO2 relative ai materiali da costruzione rispetto a uno scenario di base, ovvero una riduzione assoluta di 130 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2050. Elementi di un edificio: la loro durata tipica prima che sia necessaria la sostituzione (fonte: Ramboll, 2020) L’analisi del ciclo di vita (LCA) di un edificio deve prendere in considerazione non solo le qualità ambientali dei materiali, ma anche la loro durata in servizio e di conseguenza la loro sostituzione nel tempo. L’economia circolare mira infatti a promuovere un’economia che conservi il valore dei materiali, il più a lungo possibile (EEA, 2016). Ciò significa che la quantità di riciclaggio o riutilizzo non è più l’unico obiettivo: il tipo di riciclaggio e la prevenzione del downcycling sono fondamentali. Per passare a un’economia circolare, è necessaria un’azione che vada oltre la gestione dei rifiuti e un migliore riciclaggio, poiché devono essere coinvolte tutte le fasi del ciclo di vita dei prodotti. la prevenzione della generazione di C&DW – la prevenzione è al vertice della gerarchia dei rifiuti, come descritto nella Direttiva quadro sui rifiuti (WFD) dell’UE; la riduzione delle sostanze pericolose nei C&DW – questo deriva dalla definizione di prevenzione dei rifiuti nell’articolo 3 della WFD il recupero di almeno il 70 per cento dei C&DW generati entro il 2020 – questo compare anche nella WFD; la riduzione delle emissioni di gas serra derivanti dalla gestione di C&DW – un ampio obiettivo di politica ambientale. La demolizione selettiva Il modo più efficace per poter avviare un processo eccellente di economia circolare applicata ai rifiuti prodotti dalle lavorazioni edilizie è quello della demolizione selettiva. Esso consiste nella separazione, in fase di demolizione dell’edificio, dei diversi materiali (plastica, legno, metallo, parti in muratura). Le varie componenti di una struttura intelaiata in legno (Platform Frame) con parete ventilata Ad esempio, nel caso di edifici in legno realizzati con struttura intelaiata Platform frame (a intelaiatura in legno e pannelli isolanti) e parete ventilata, la demolizione selettiva prevede che le pareti vengano smantellate secondo fasi successive, cominciando dall’esterno verso l’interno (o viceversa): parete ventilata – si tolgono prima i listelli o doghe di rivestimento, poi si staccano i montanti di supporto e la guaina adesiva telaio in legno si toglie il pannello OSB esterno e il cartongesso interno, poi si smonta il telaio separando accuratamente i travetti dai montanti Ogni diverso materiale va poi accatastato separatamente e quindi avviato ad un processo di recupero, che può essere riciclo o riuso. Cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste) Il concetto di end of waste (EoW) nasce in ambito comunitario con la direttiva 2008/98/CE del 19 novembre 2008, direttiva quadro in materia di rifiuti, modificata successivamente dalla nuova Direttiva (UE) 2018/851. Un rifiuto cessa di essere tale (End of Waste), quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni (art. 184-ter del D.Lgs152/06): 1. la sostanza o l’oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici; 2. esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; 3. la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; 4. l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana Nel caso della produzione di aggregati per le costruzioni (inclusi quelli dedicati a usi non strutturali come riempimenti e colmate) le prime tre condizioni sono soddisfatte in modo inequivocabile al momento in cui il produttore effettua la marcatura CE sulla base delle norme tecniche europee armonizzate (CEN). L’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri adottati caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto. I criteri dettagliati includono: materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero; processi e tecniche di trattamento consentiti; criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario; requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso; un requisito relativo alla dichiarazione di conformità. In mancanza di criteri specifici, continuano ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, e ai regolamenti dei decreti del Ministro dell’ambiente 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n.269. La Legge 128 del 02 novembre 2019, ha modificato l’art. 184ter del Dlgs 152/06 che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto. Il comma 3 ter, introdotto dalla L. 128/2019 istituisce un sistema di controlli delle autorizzazioni la cui competenza è in capo al Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente. L’ISPRA o le ARPA regionali hanno il compito di controllare a campione, “la conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti, ivi compresi i rifiuti in ingresso, i processi di recupero e le sostanze o oggetti in uscita, agli atti autorizzatori rilasciati nonché alle condizioni previste per la cessazione della qualifica di rifiuto, redigendo, in caso di non conformità, apposita relazione”. Il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), con Delibera n. 67 del 6 febbraio 2020, ha approvato le Linee Guida n. 23/2020 per l’applicazione della disciplina “End of Waste” di cui all’art. 184 ter comma 3 ter del D. Lgs. n.152/2006 (Codice dell’Ambiente) e permettere ad ISPRA ed alle ARPA Regionali di operare le verifiche sugli impianti in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, definendo dei “Criteri condivisi per l’attività di controllo”, quali: La metodologia per la scelta del campione degli impianti da sottoporre a controllo La preparazione dell’ispezione L’esecuzione dell’ispezione I controlli sui rifiuti in ingresso I controlli sul processo di recupero I controlli sui prodotti in uscita In accordo al Regolamento UE 305/2011 detto CPR, che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione, anche gli aggregati di riciclo, come quelli naturali, devono essere marcati CE rispettando le caratteristiche minime fissate in funzione della destinazione d’uso. Reimpiego dei rifiuti: gli aggregati riciclati Per aggregati riciclati s’intende quei prodotti che usano i materiali provenienti da attività di recupero e lavorazione di rifiuti speciali non pericolosi inerti derivanti dalle operazioni di costruzione e demolizione (C&D) o costituiti da materiali di scarto derivanti da processi artigianali/industriali e trasformati in materia prima secondaria mediante idonea operazione di recupero eseguita presso appositi impianti (autorizzati ai sensi del Capo IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152). Qualunque rifiuto inerte, indipendentemente dalla sua origine (quindi dal suo codice CER), può costituire un aggregato riciclato o artificiale, se correttamente sottoposto ad un processo di recupero. Principali codici CER di rifiuti recuperati per farne aggregati riciclati e artificiali L’utilizzo di aggregati riciclati, in alternativa a quelli naturali, comporta una serie di vantaggi: riduce il consumo di suolo (minore attività di cava e materiali prelevati dall’ambiente); consente il recupero dei rifiuti inerti (materiali da demolizione) che costituiscono in Europa e in Italia un terzo di tutti i rifiuti prodotti, evitando così la formazione di discariche o peggio il fenomeno dell’abbandono dei rifiuti nell’ambiente con i relativi costi sociali che la cosa comporta; caratteristiche tecniche equiparabili, se non superiori, agli aggregati naturali -la presenza di polvere di cemento nell’aggregato di recupero determina un miglioramento delle prestazioni nel tempo per fenomeni di presa; costi più bassi degli aggregati naturali. Sono materie prime secondarie ecologiche rivolte all’architettura sostenibile o bioedilizia o per soddisfare ad esempio i requisiti previsti dagli appalti pubblici verdi rispondenti ai CAM, in alternativa agli aggregati naturali prodotti con i metodi tradizionali utilizzando materie prime di cava. I rifiuti speciali e l’amianto Quando si gestiscono Rifiuti Contenenti Amianto (RCA) è sempre necessario procedere ad una corretta identificazione e classificazione di tali rifiuti. Nel Dlgs. 152/2006 (Codice dell’Ambiente), all’allegato D parte IV, vengono identificate ed inserite nel Catalogo Europeo dei Rifiuti otto tipologie di RCA, tutte classificate come rifiuti pericolosi e contrassegnate C.E.R. (rifiuti pericolosi), identificati con apposito asterisco. I metodi di bonifica dei rifiuti contenenti amianto (RCA) prevedono due possibilità di gestione. Possono essere: smaltiti in discariche (secondo le modalità indicate dai D.Lgs. 36/2003 (Allegato I), D.M. 13/3/2003, D.M. 3/8/2005, D.M. 27/9/2010 (Allegato II) avviati a recupero (secondo le modalità indicate dal D.M. 248/2004 (Allegato III). La normativa prevede che i rifiuti di amianto o contenenti amianto possono essere conferiti direttamente a smaltimento definitivo in discarica (dedicata o dotata di cella dedicata): 1. per rifiuti pericolosi 2. per rifiuti non pericolosi: per i materiali da costruzione contenenti amianto (MCA) individuati dal codice 17.06.05*; per le altre tipologie di rifiuti contenenti amianto, purché sottoposti a processi di trattamento ai sensi di quanto previsto dal D.M. n. 248 del 29 luglio 2004 e con valori conformi alla Tabella 1, verificati con periodicità stabilita dall’autorità competente presso l’impianto di trattamento. Nonostante l’amianto sia considerato una sostanza pericolosa, la normativa prevede che per i materiali da costruzione contenenti amianto (MCA) individuati dal codice 17.06.05* – un trattamento analogo ai rifiuti non pericolosi. Possono pertanto essere destinati a smaltimento in una comune discarica, purché dotata di apposita cella dedicata. Altrimenti (ed è la via preferibile), possono essere avviati a recupero, per mezzo di specifici trattamenti che rendono innocuo il materiale, annullandone la pericolosità. Rifiuti C&D: lo stato dell’arte e prospettive Stando all’ultima indagine ISPRA (Rapporto rifiuti speciali 2021), la produzione totale di rifiuti da operazioni di costruzione e demolizione, escluse le terre e rocce e i fanghi di dragaggio, si attesta a circa 52,1 milioni di tonnellate, mentre il recupero complessivo di materia raggiunge 40,7 milioni di tonnellate. Il tasso di recupero, calcolato sulla base dei dati di produzione e gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione, si attesta, nel 2019, al 78,1%, al di sopra dell’obiettivo del 70% fissato dalla Direttiva 2008/98/CE per il 2020. Figura 1 – Andamento della percentuale di preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e delle altre forme di recupero di materia, escluso il backfilling, dei rifiuti da operazioni di costruzione e demolizione, anni 2016 – 2019 (fonte: ISPRA) Secondo Legambiente però i dati sono gonfiati, perché le statistiche ufficiali si basano sul Modello unico di dichiarazione ambientale (Mud), dalla cui compilazione sono esonerate, oltre ai costruttori, le aziende con meno di 10 dipendenti. E aggiunge che “larga parte dei rifiuti da demolizione e ricostruzione oggi finisce in discarica e siamo ben lontani dall’obiettivo del 70% di recupero fissato al 2020 dall’UE”. Il rapporto Cave 2021 di Legambiente, fotografa una situazione piuttosto allarmante: sono 4.168 le cave autorizzate (da cui ogni anno vengono estratti 29,2 milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia per le costruzioni, 26,8 milioni di metri cubi di calcare e oltre 6,2 milioni di metri cubi di pietre ornamentali) e 14.141 le cave dismesse o abbandonate. È noto come l’attività estrattiva di cava abbia in termini ambientali, un impatto estremamente elevato, a volte devastante, soprattutto in contesti ambientali dall’alto valore paesaggistico come l’isola d’Elba, le Alpi o i parchi naturali. La soluzione, che spesso non viene applicata a causa dei maggiori costi e tempi, esiste ed è semplice: basterebbe applicare la pratica della demolizione selettiva all’intero settore delle costruzioni. Così facendo, si può arrivare a recuperare il 99% di materiali, da riutilizzare e trasformare creando nuove imprese nei territori. Trasformando i rifiuti provenienti dalla siderurgia e dall’agricoltura in materiali da usare nei sottofondi stradali e nella creazione di mattoni. Si possono creare intere filiere di materiali e isolanti ad impatto zero, come avviene in Sardegna, o rifare centinaia di km di superfici stradali, piste ciclabili, aeree aeroportuali, con materiali riciclati al 100%. Perché il settore edile sia effettivamente sostenibile, occorre che il sistema arrivi ad un completo e totale sistema di recupero dei rifiuti, chiudendo così finalmente il ciclo di vita degli edifici secondo i principi dell’economia circolare. Strumenti digitali quali il BIM, insieme ai Criteri Ambientali Minimi degli appalti pubblici verdi (GPP), ed un sistema costruttivo a secco (magari in legno), sono sicuramente un’ottima base per lo sviluppo dell’edilizia circolare, ma perché la sostenibilità sia totale, occorre uno sforzo in più. Per approfondire: Commissione Europea, Nuovo piano d’azione per l’economia circolare, 2020 Commissione Europea, Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare, 2015 Commissione Europea, decisione 2014/955/UE, 2018 Dlgs 152/06 e s.m.i., Codice dell’Ambiente (TUA), 2021 Ceruti F., Luciano A., Luprano V., Ottimizzare la filiera della costruzione e demolizione, ENEA, 2019 Ispra, Rapporto rifiuti speciali, 2021 Legambiente, Rapporto Cave, 2021 Parlamento europeo e del Consiglio, Direttiva 2008/98/CE, 2008 Parlamento europeo e del Consiglio , Direttiva (UE) 2018/851, 2018 Parlamento europeo e del Consiglio , Regolamento UE 305/2011 (CPR), 2011 Ramboll et al., The decarbonisation benefits of sectoral circular economy actions, EEA, 2020 SNPA, Linee Guida per l’applicazione della disciplina dell’end of waste (EoW), 2020 Articolo aggiornato Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento