Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
“…il pericolo gravissimo per l’unità del nostro mondo umano, che ha provocato la piaga peggiore che affligge la civiltà e l’edilizia attuale, é quello che si può definire tecnicismo, cioé il prevalere del particolare sul senso unitario della nostra azione” S. Muratori La tesi di dottorato propone un orientamento metodologico innovativo sulla base del quale è possibile impostare una lettura sistematica delle diverse tipologie di intervento, superando l’inerzia legata alla consuetudine di cantiere sia da parte delle imprese che dei progettisti, e l’abitudine al ricorso di soluzioni precostituite, fornite dalla pubblicistica con modalità tipo “catalogo”. La scelta del materiale e della tecnica di messa in opera diviene pertanto più responsabile dal punto di vista prestazionale, si lega, secondo modalità tipiche del costruire degli antichi, alla comprensione delle invarianti che costituiscono il genius loci di un determinato contesto e produce elevati livelli di qualità tecnologica integrata. Premessa I moderni orientamenti normativi in merito alla riqualificazione e conservazione dei contesti costruiti storici e del patrimonio edilizio storico extraurbano a prevalente destinazione rurale sono stati prevalentemente finalizzati alla tutela della configurazione planimetrica e volumetrica del fabbricato, sovente corredata di generiche prescrizioni di carattere costruttivo e materico: le indicazioni in merito ai materiali da utilizzare, ai colori e alle tecniche di messa in opera raramente sono state accompagnate da strumenti in grado di farci comprendere le relazioni tra concezione costruttiva globale, prestazioni del materiale e modalità di messa in opera. L’insieme di conoscenze pragmatiche ed operative che erano state tramandate sino al XIX° secolo mediante la tradizione orale e successivamente codificate nella manualistica ottocentesca, soprattutto di provenienza anglosassone e tedesca, sono state soppiantate dalla diffusione della pubblicistica “moderna”, più legata alle leggi del mercato e a forme pubblicitarie non sempre accompagnate dai necessari contenuti tecnici. Se da un lato i meccanismi innescati dalla rivoluzione industriale hanno permesso la diffusione di nozioni, di conoscenze metodologiche e tecniche e di prodotti, sovente svincolando le scelte progettuali dal problema del reperimento dei materiali, dall’altro hanno prodotto un progressivo diluirsi della cultura del fare e del legame che essa ha da sempre avuto con il luogo. Ad oggi, il settore del recupero edilizio risente innegabilmente della perdita delle capacità manuali e di cantiere delle maestranze nonché delle limitate conoscenze operative e pragmatiche dei progettisti. L’impoverimento del settore dal punto di vista culturale, in realtà della cultura pragmatica, ha prodotto un sempre maggiore rivolgersi ad una progettazione ed esecuzione “a catalogo” basata sul semplice assemblaggio di pezzi offerti al miglior prezzo. Di tale impoverimento ha risentito in larga misura anche la categoria dei committenti, siano essi pubblici o privati, ad oggi spesso incapaci di cogliere il valore aggiunto di scelte progettuali basate sulla unitarietà della concezione architettonica, funzionale e materica della fabbrica. A fronte di questo processo gli organi deputati al controllo delle trasformazioni del patrimonio edilizio, sia urbano che rurale, si sono affidati sempre più a metodologie legate alla cultura dello standard per salvaguardare le esigenze di tipo igienico-sanitario e al vincolo per “custodire” le permanenze di valore. Il protrarsi di tale impostazione ha contribuito, all’interno dei centri storici, alla loro progressiva terziarizzazione a causa della impossibilità di effettuare trasformazioni che adeguassero gli edifici ai moderni stili di vita e in ambito rurale alla perdita di un consistente patrimonio che è stato lasciato deperire lentamente soprattutto a causa della impossibilità di trasformazione delle destinazioni d’uso. Inoltre la pianificazione urbanistica impostata sul concetto di zonizzazione e quindi sulla definizione di una città bidimensionale fondata sulla distribuzione delle funzioni ha generato il degrado dello spazio urbano, la frattura tra centro storico ed aree periferiche e la diffusione di interventi abusivi, sovente recepiti dal succedersi dei condoni edilizi. Oggi sembra diffondersi, anche se a grande fatica, una nuova sensibilità progettuale ed anche normativa, più attenta a capire quali regole possono guidare la trasformazione degli edifici storici, nell’ambito di un processo diacronico di evoluzione sempre attuato nella storia. I nuovi orientamenti espressi da alcune amministrazioni e da alcune Soprintendenze hanno consentito in alcuni casi di procedere al recupero di consistenti patrimoni (2) favorendo il sorgere di un nuovo clima culturale che deve trovare elementi di gestione ai diversi livelli ed in particolare alla scala dei micro interventi edilizi. Sono questi infatti che trasformano progressivamente le nostre città sino a renderle non più riconoscibili ai nostri occhi e forse anche al nostro cuore. Lo sforzo di definire criteri innovativi per gli interventi edilizi di recupero deve spingersi sino alla scala costruttiva e tecnologica proponendo un attento recupero del patrimonio di conoscenze proveniente dalla cultura del fare e dalla manualistica, procedendo tramite una progressiva sostituzione dell’impostazione vincolistica con la diffusione della cultura condivisa. A tal fine la riflessione deve cominciare all’interno delle scuole di architettura e ingegneria che formano i progettisti e all’interno delle scuole edili e delle imprese che costruiscono i “muratori” del domani. Il presente contributo è finalizzato, mediante la proposizione di un nuovo concetto di qualità tecnologica integrata, ad illustrare alcuni criteri di progettazione a scala costruttiva coerenti con il recupero di forme tradizionali e quindi con la riqualificazione a scala ambientale, in una logica di continuità con i caratteri del contesto storico-tipologico. Le procedure d’intervento che scaturiscono da tali valutazioni consentono di integrare il progressivo miglioramento del livello prestazionale degli edifici e i processi innovativi del mercato e della produzione nell’ambito di una evoluzione tecnologica compatibile. A) La conoscenza dell’ambiente e la riconoscibilità del paesaggio La complessità dell’ambiente che ci circonda impone all’atto del progetto una acquisizione di informazioni a scala diversa, da quella territoriale alla più ridotta scala materico-costruttiva, che il progettistica deve essere in grado innanzitutto di governare e quindi di valutare criticamente. Già la collocazione dell’oggetto edilizio nel lotto di pertinenza deve infatti avvenire in funzione del rapporto tra edificio e contesto ambientale, inteso come sistema di elementi fisici ma anche come prodotto di modificazioni culturali, storiche, produttive più difficilmente codificabili e descrivibili. Pertanto, la conoscenza critica delle regole strutturanti la realtà ambientale, nelle loro diverse accezioni, genera una nuova “consapevolezza del costruire” ed è condizione necessaria per la buona riuscita dell’atto progettuale, in quanto permette di collocarlo responsabilmente nell’ambito del processo di evoluzione-trasformazione diacronica del contesto costruito. Risulta a tal fine condivisibile la posizione di Christian Norberg-Schulz (3) secondo il quale gli oggetti dell’ambiente fisico rappresentano la realta’ mediante le categorie dell’ordine o della forma al fine di comprendere similarità e differenze nei diversi contesti. I fenomeni e gli eventi sono quindi dati con una forma propria che li differenzia dal diverso da sé e la conoscenza della realtà diviene un’acquisizione di informazioni su oggetti fisici che traducono fenomeni ed eventi più complessi e quindi superiori difficilmente codificabili e traducibili. La comprensione del sistema di relazioni tra significanti e significati avviene in base alla possibilità di appropriazione degli oggetti e alla conoscenza del loro ordine nell’ambito del sistema realta’ naturale-realta’ costruita. Il progetto di architettura pertanto si configura sempre come espressione di un sistema di simboli rappresentativi degli oggetti fisici, adattati tramite una forma logica comune, il linguaggio, e la similarità strutturale, ovvero la possibilità di rappresentare e quindi conoscere specifiche situazioni mediante realtà confrontabili. Vedremo come dal punto di vista operativo tali realtà possono essere sintetizzate attraverso la definizione di tipologie ambientali intese come ambiti di relazione tra realta’ naturale e costruita. Lo studio individua in particolare alcuni ambienti quali quello culturale, sociale, economico-produttivo e fisico come elementi necessari alla comprensione delle condizioni di antropizzazione di un determinato contesto territoriale, trasformato da ambiente naturale in spazio antropico e quindi della logica dell’intervento di recupero alle diverse scale. L’ambiente culturale La marcata dipendenza delle scelte progettuali dalle condizioni produttive al contorno, con particolare riferimento al settore dei materiali e dei componenti dell’edilizia, che si è diffusa dalla rivoluzione industriale ad oggi, ha prodotto un sempre maggiore distacco degli operatori e della committenza dalle valenze simbolico-culturali dell’architettura e una prassi operativa troppo attenta al significante piuttosto che al significato. In particolare, è oggi necessario recepire le istanze che si manifestano a diversi livelli e in diversi ambiti, di un recupero della dimensione più intima del senso delle cose per superare la visione del progetto come mera risposta ottimizzata ad un sistema di esigenze di tipo esclusivamente fisico ed è parimenti necessario recuperare la relazione tra “fare architettura ed esprimere un gusto” (4). E’ sempre più evidente infatti che il legame tra un oggetto esistente in sé per sé e ciò che noi comprendiamo é costituito da un filtro legato alla configurazione percettiva personale e quindi ad una comprensione relativistica dell’oggetto edilizio. La conoscenza di un organismo territoriale o architettonico è pertanto funzione del concetto di “figurabilità della forma ambientale” ovvero della “ricettività alla identificazione ed alla strutturazione percettiva che nell’atto stesso in cui risponde ad una esigenza di ordine pratico potrà anche divenire fonte di godimento sensuoso, qualificabile come estetico” (5). Nell’ambito della definizione di metodologie progettuali orientate al recupero dell’edificato storico, la dimensione storica e temporale in cui si collocano gli organismi architettonici e la modificazione dinamica delle condizioni al contorno e del livello di antropizzazione costituiscono ulteriori elementi di riferimento. E’ pertanto da sottolineare l’importanza della figurabilità della forma ai fini della comprensione degli oggetti edilizi, che si manifesta sostanzialmente mediante la qualità visiva e la qualità simbolica. La qualità visiva richiede una chiarezza trasparente del linguaggio architettonico e costruttivo, quindi è connessa anche a fatti tecnologici e materici, e si traduce in leggibilità del contesto urbano, ovvero “nella facilità con cui le sue parti sono riconosciute e possono venire organizzate in un sistema coerente”, la qualità simbolica si sviluppa attraverso un linguaggio non direttamente formale o tecnologico ma piuttosto estetico, composto da qualità visiva e da altre componenti anche di tipo sensoriale (fig. 1). La realtà ambientale viene quindi colta attraverso una immagine che l’ambiente suggerisce e che l’osservatore seleziona in funzione dell’obiettivo che vuole perseguire, della sua esperienza e di una immagine urbana condivisa, ovvero dell’idea prevalente di spazio urbano, comune a larghi strati della popolazione e legata ad un sistema di informazioni contestuali. La conoscenza della realtà naturale e costruita oggetto di studio si sviluppa mediante l’individuazione dei suddetti elementi e la valutazione della loro figurabilità, del grado di coerenza e della qualità. L’immagine urbana si compone quindi di aspetti relativi all’Identità degli oggetti, cioé alla loro unicità, alla Struttura, cioé alla relazione oggetto-osservatore e al Significato, ovvero all’interpretazione dell’osservatore, secondo una modalità di lettura che riconosce come oggetti percettibili quelli dotati di consistenza dimensionale e i fenomeni ad essi connessi. La comprensione della realtà ambientale, intesa quindi come luogo culturale prima che fisico si fonda sul concetto di spazio inteso nelle diverse accezioni: da vuoto tra gli oggetti e sensazione indotta dalla percezione di essi “a totale cognizione del nostro condizionamento nella storia e nell’ambiente fisico” (6) (Spengler) secondo un processo di conoscenza possibile solo in riferimento all’esistenza di confini e quindi alla possibilità di misurazione ( concetto di spazio topografico). Così come sostenuto da K. Lynch i caratteri prevalenti del contesto costruito e naturale si concretizzano nell’ambito di immagini indotte dal grado di figurabilità dell’ambiente e dalla capacità dell’osservatore. La lettura si caratterizza quindi come un fatto operativo ed esperienziale, traducibile razionalmente e sistematizzabile (7). La consonanza tra fatto storico-sociale e fisicità dell’oggetto é garanzia di successo in termini funzionali e pertanto deve divenire obiettivo dell’intervento di riqualificazione, nell’ambito di una metodologia progettuale che non può essere finalizzata a fornire una mera sommatoria di risposte prestazionali a determinate esigenze ma piuttosto é orientata ad una valorizzazione dei caratteri originari secondo un’ottica multidisciplinare e intersettoriale. In particolare é di fondamentale importanza l’individuazione e quindi la comprensione degli elementi più propriamente legati alla cultura del fare e alle tradizioni locali, intesi come elementi di differenziazione dei contesti ambientali e quindi aspetti singolari del rapporto oggetto (ambiente)-contesto sociale. L’ambiente simbolico-culturale, in qualità di ambiente superiore, diviene garante dell’ordine degli oggetti e quindi della possibilità di conoscerli secondo regole e logiche sintetizzabili nel concetto di cultura. Essa può essere effettivamente condivisa nella misura in cui si dota di simboli comunicabili attraverso un linguaggio, secondo quanto sostenuto da Parsons: “La cultura consiste di sistemi schematizzati o ordinati di simboli che sono oggetto dell’orientamento dell’azione, componenti interne alla personalità degli individui e schemi istituzionalizzati dei sistemi sociali”. L’ambiente sociale La corretta individuazione di modalità di intervento alle diverse scale di un determinato contesto insediativo si attua mediante la comprensione di molteplici elementi interrelati afferenti a campi disciplinari diversi, anche di ambito molto vasto e complesso. Il progetto tecnologico, per quanto espressione del livello scalare più particolare, misura la compatibilità delle sue scelte anche rispetto a fattori storico-culturali e tipologici. In particolare l’architettura specialistica, ma anche, per certi aspetti, l’edilizia di base sono rappresentazione indiretta dei caratteri dell’ambiente sociale, e gli oggetti fisici, nell’ambito del tessuto urbano, esprimono mediante la forma, la localizzazione ed i caratteri un contesto specifico di comportamenti, di tradizioni e di modi di vita, ovvero divengono segno dell’ambito sociale di riferimento rappresentato dai diversi operatori del processo edile e dagli utenti. La capacità espressiva degli organismi architettonici in relazione alla componente simbolico-culturale e sociale è quindi vincolata e strettamente connessa con le emergenze fisiche e con il contesto ambientale in quanto condiziona in maniera significativa lo sviluppo dell’impianto urbano; ogni organismo edilizio, residenziale e specialistico, esprime una potenzialità sociale che ne definisce il ruolo e la funzione nell’ambito del contesto costruito. Questa relazione biunivoca di comunicazione tra uomo e contesto, espressa tramite caratteri fisici e oggetti architettonici, è sintetizzata da C. Norberg-Schultz nella definizione di ambiente come “effetto psicologico di ciò che ci sta intorno”. Tale influenza si manifesta in maniera attiva stimolando la comunicazione umana e le relazioni con il contesto, creando aspettative, inducendo ad operazioni di verifica del proprio operato e del proprio pensiero e consentendo la crescita e l’espressione delle potenzialità umane. Il sistema ambiente, quindi, a seconda dei suoi caratteri fisico-morfologici, e dei significati culturali ad esso connessi, influisce sulle modalità insediative a scala architettonica e costruttiva, guidandone le linee di trasformazione e finalizzandole ad una “piena corrispondenza rispetto alla gerarchia dei caratteri ambientali” (8). In riferimento ai contesti urbani, la struttura sociale presente nell’ambito di un preciso riferimento temporale e geografico trova espressione nell’edilizia di base come rappresentazione di gerarchie economico-sociali e traduzione oggettiva delle esigenze e dei modi di vita di un determinato gruppo, nell’ambito di specifiche condizioni produttive ed economiche del processo edile. Pertanto, la conoscenza delle tecniche costruttive, dell’uso dei materiali e dei caratteri morfo-tipologici dell’edilizia residenziale di base di un determinato contesto fornisce, mediante la strutturazione dello spazio urbano, informazioni sintetiche in merito all’ambiente sociale. L’ambiente economico-produttivo La definizione di scelte “compatibili” in merito all’uso dei materiali e alle tecnologie utilizzate è funzione non solo degli aspetti correlati agli ambiti storico-culturali ma risente in maniera significativa del modificarsi delle relazioni economiche, soprattutto in rapporto alla espansione e alla contrazione dei mercati, quest’ultima fortemente legata allo sviluppo delle vie di comunicazione. La presenza di particolari condizioni del territorio favorisce l’utilizzo di elementi naturali, quali il fiume, per esempio, come direttrici di sviluppo e di scambio e la progressivo affinarsi delle tecniche di trasporto impone radicali trasformazioni alle realtà urbane e agricole dei diversi contesti, trasformazioni che sovente divengono incontrollabili a causa di eventi tragici quali guerre, calamità e altri. Lo sfruttamento del suolo a fini produttivi ha come conseguenza la trasformazione dello spazio naturale in spazio antropico, caratterizzato dalla presenza di fabbricati, manufatti e materiali ben riconoscibili (fig. 4). Questi elementi afferiscono alla categoria dell’ambiente economico-produttivo e incidono significativamente sulle componenti culturali, sociali e fisiche, secondo modalità complesse delle quali il presente studio evidenzia i tratti più caratteristici. Lo sviluppo dei traffici e dei commerci e le vicende storiche ad essi connesse tendono ad incentivare queste interazioni contribuendo a vagliare la consistenza della cultura locale e la sua capacità di assorbire elementi nuovi mantenendo le proprie specificità. L’incontro di culture diverse avviene pertanto secondo modalita’ che dipendono dal livello di antropizzazione del contesto e soprattutto dal sistema dei percorsi. Le connessioni tra struttura dell’insediamento ed attività produttiva divengono particolarmente evidenti in quelle situazioni nelle quali il lavoro é strettamente finalizzato alla sussistenza piuttosto che alla creazione di un’economia di scambio. Si intende che nella società prevalentemente agricola, fondata sul principio dell’autosussistenza a livello del singolo, della famiglia o del gruppo, le regole insediative, ed in particolare la localizzazione dei centri in relazione al contesto ambientale e il sistema dei percorsi sono finalizzati ad ottimizzare l’uso del territorio in senso produttivo. L’adattamento delle tecniche agricole alle caratteristiche del luogo induce conseguenze relative a molteplici aspetti dell’organismo insediativo che influenzano l’ambiente naturale in base all’uso antropico, riconducibile alla dimensione del lotto, al suo orientamento, alla irregimentazione del sistema idrico di servizio, alle pendenze, alla collocazione degli edifici e in ultima analisi all’uso di determinati materiali. La conoscenza dello sviluppo storico delle attività agricole, commerciali e artigianali e quindi dell’ambiente economico-produttivo in relazione alle caratteristiche ambientali del territorio costituisce un elemento fondamentale per lo studio del sistema insediativo dei piccoli centri urbani, con specifico riferimento alla morfologia urbana, ai tipi edilizi prevalenti e ai caratteri materico-costruttivi. Gli aspetti economico-produttivi, unitamente a quelli già evidenziati di tipo simbolico-culturale, vengono a costituire una base conoscitiva indispensabile per la comprensione delle invarianti del territorio e delle regole strutturanti lo spazio antropico, nell’ambito di una totalità individuabile come sistema ambiente. L’ambiente fisico e il compito edilizio La componente oggettiva del sistema ambiente, soggetta a trasformazioni dirette in relazione all’uso antropico, è costituita dall’ambiente fisico. Ogni contesto territoriale, in base ai suoi caratteri fisico-morfologici e alle relazioni tra le diverse componenti, possiede una determinata vocazione all’uso antropico evidenziata tramite l’analisi della predisposizione dell’ambiente fisico alla presenza umana, ai fini della definizione di invarianti alle diverse scale, necessarie per comprendere la trasformazione dello spazio fisico in funzione dell’ambiente costruito e quindi dell’attività edile. Lo studio delle componenti del processo edile sottolinea la necessita’ di recuperare il legame, tipico dell’edilizia storica, tra luogo e architettura, tra contesto fisico-culturale e concezione costruttiva, tra forma e cultura del fare. Nell’attività di progettazione dell’intervento tecnologico nell’architettura premoderna, l’incidenza dell’ambiente fisico non si risolveva soltanto nella costruzione di “vincoli” oggettivi dovuti a fattori geografici e naturali, legati ad esempio alla reperibilità di un materiale, ma si esplicava anche in rapporto da un lato alla tradizione costruttiva locale e dall’altro alle esigenze di rappresentazione di un contesto sociale ben determinato. Ancora oggi, ai fini della definizione di nuovi criteri di compatibilità dell’intervento a scala tecnologica, si ritiene necessario, in sintesi, acquisire una metodologia scientifica e una strumentazione organizzata criticamente, orientata alla sistematizzazione dei caratteri fisici che compongono il contesto ambientale di riferimento e all’individuazione di invarianti, anche di tipo materico-costruttivo. Conoscere la modalità con cui uno spazio fisico diventa spazio antropico, ovvero un ambiente naturale si correla ad uno costruito, significa in ultima analisi conoscere e relazionare le componenti fisiche del contesto naturale e costruito e le corrispondenti valenze culturali, al fine di cogliere le conseguenze modificative della realtà sociale ed economico-produttiva in termini di rapporto tra individui o gruppi di individui. Inoltre, ogni elemento costruttivo e i materiali che tramite il rilievo troviamo presenti negli edifici storici da riqualificare corrisponde un preciso compito edilizio, la cui sostanza era forse più chiara agli antichi che all’attuale mondo professionale; si tratta cioè, mediante un faticoso processo di conoscenza delle prestazioni e delle caratteristiche del materiale, in rapporto al contesto tipologico nel quale è inserito, di recuperare in maniera esplicita la relazione tra materia e uso rifuggendo da soluzioni ipertecnologiche che alterano tale rapporto. Si ritiene necessario quindi recuperare il concetto di totalità architettonica, come risultato complesso di un’azione progettuale, descrivibile attraverso gli aspetti del compito edilizio, della forma e della tecnica, orientata alla trasformazione del contesto al fine di adeguarlo alle esigenze dell’utenza. Lo studio della concezione costruttiva dell’edificio ci consente di riacquisire almeno in parte la grande capacità degli antichi di trovare, in maniera per loro spontanea e per noi critica, l’espressione architettonica più corretta ed appropriata per un determinato compito edilizio, in funzione dello specifico contesto ambientale e al fine di riappropriarci delle modalità di relazione tra realtà naturale e costruita che costituiscono tuttora il valore e il patrimonio della città storica. E’ da fare nostra la consapevolezza del carattere unitario dell’architettura e quindi dei suoi prodotti; anche nelle situazioni fortemente degradate, che sembrano aver perso ogni riferimento ai caratteri tradizionali del contesto costruito e al rapporto con il territorio, é necessario far riemergere o comunque applicare quei codici comuni che rendono l’architettura un patrimonio condivisibile e strettamente connesso con il contesto ambientale, non solo in senso strettamente funzionale. In particolare, l’attuale attività di progettazione dovrà basarsi su precisi riferimenti al processo storico-tipologico e al contesto ambientale, inteso come: ” ciò che dà consistenza al linguaggio, ciò che fonde in unità armonica, coerente, concreta e reale le parole e le strutture del linguaggio e che gli permette di vivere in uno scambio necessario” (9) . L’acquisizione di conoscenze relative al patrimonio edilizio e la definizione di regole progettuali applicabili su porzioni del territorio urbano normalmente destrutturate e casuali pone come obiettivo strategico il recupero della unitarietà del tessuto urbano e del processo edile. La sistematizzazione di tali conoscenze, opportunamente strutturate in un ambito normativo a carattere tipologico e morfologico, consentirebbe di superare le attuali politiche vincolistiche o le mere questioni di rispondenza a standard di tipo prestazionale e quindi di definire principi teorici ed operativi che indichino soluzioni progettuali finalizzate alla riqualificazione del contesto, ricucendo la città rispetto a sè stessa e al territorio circostante. B) Il superamento del concetto tradizionale di compatibilità Il modello normativo sino ad oggi attuato sia a scala urbanistica che edilizia ha perseguito l’obiettivo della riqualificazione dei nuclei urbani storicizzati mediante strumenti a prevalente carattere vincolistico, finalizzati a recuperare la configurazione geometrica e l’aspetto formale degli organismi edilizi. L’imposizione relativa all’uso di materiali tradizionali, in particolare, è orientata alla conservazione dell’aspetto formale e percettivo e raramente si fonda sulla comprensione della concezione tecnologica ad esso inscindibilmente legata. Inoltre, i criteri normativi di valorizzazione del patrimonio edilizio si fondano sovente su una conoscenza limitata e superficiale delle invarianti e delle condizioni al contorno dal punto di vista tipologico e costruttivo, nonchè su una troppo generica valutazione del rapporto sistema insediativo- sistema ambientale. Gli strumenti tradizionali approntati per la riqualificazione dei centri storici sono infine generalmente inadeguati a recepire le dinamiche di trasformazione del tessuto urbano e dei tipi edilizi e a valorizzare i caratteri architettonico-costruttivi legati alla cultura del fare locale, trovando fondamento sul ben più rassicurante concetto di “vincolo”. Se da un lato l’esperienza fatta ha prodotto un corpus di indicazioni a scala architettonica e di quartiere ( si pensi ai vincoli di conservazione delle volumetrie, delle superfici, degli apparati decorativi esterni, delle soluzioni delle aperture sui fronti) dall’altro non si è stati capaci di approfondire la connessione che lega le scelte dei materiali alla concezione tecnologica della fabbrica. Sovente, i materiali “moderni” quali il ferro e il calcestruzzo sono stati utilizzati impropriamente per riproporre forme geometriche e configurazioni costruttive legate ad altri materiali: si pensi ad esempio al caso della realizzazione di rampe scale a voltini, originariamente in mattoni ora in calcestruzzo armato, inducendo modificazioni talvolta pesanti nel comportamento strutturale globale e privilegiando in ogni caso soluzioni di finzione rispetto alla evidente rispondenza tra materiali ed uso. Il lento recupero della cultura del fare, per quanto possibile solo in parte, e la diffusione di nuove sensibilità anche tra i committenti, legate sempre più a concezioni più eco-compatibili dell’abitare, stanno portando ad un riutilizzo dei materiali tradizionali secondo le loro vocazioni d’uso, recuperando modalità costruttive più vere e quindi forse più riconoscibili. Il problema della qualità urbana, anche a scala di elemento costruttivo, é aperto e non può essere risolto in toto con gli strumenti vincolistici attualmente disponibili; è necessario, attraverso l’uso di strumenti didattici e la diffusione delle conoscenza, riproporre una cultura materica ormai dispersa, oggi legata anche agli aspetti bio-ecologici. E’ possibile quindi proporre la sperimentazione di linee metodologiche finalizzate alla definizione di criteri di compatibilità delle soluzioni tecnologiche per il recupero di edifici di valore storico-testimoniale, con particolare attenzione al processo storico-tipologico e ai caratteri fisici del luogo, con l’obiettivo di ricreare un contesto ambientale coerente ed unitario. La formulazione di criteri quanto più possibile oggettivi porta i progettisti e tutti gli operatori del processo edile, in ultima analisi, ad una presa di coscienza in merito alla realtà edilizia, architettonica e costruttiva sulla quale si apprestano ad operare recuperando nel processo progettuale e di gestione le conoscenze afferenti alla memoria storica, intesa come riformulazione di tradizioni costruttive e modi di operare locali, attenti al contesto ambientale e paesaggistico. Il riferimento di scala prevalente é quindi quello edilizio in quanto consente di individuare i caratteri e le invarianti fondamentali dell’organismo urbano e architettonico in relazione alle specificita’ della cultura storico-tecnica e delle tradizioni costruttive locali. Nonostante ciò il processo di definizione delle scelte tecnologiche deve essere collocato nell’ambito del più vasto problema della compatibilità ambientale del tessuto urbano e degli organismi che lo compongono in rapporto alla vocazione naturale del costruito, ovvero alla rispondenza rispetto alla struttura ambientale consolidata e ai caratteri del territorio, nella piena interrelazione tra attività antropiche e morfologia. Tale rispondenza, che può trovare elemento di sintesi e di rappresentazione nel concetto di rendimento ambientale si misura in termini di compatibilità integrata rispetto ai caratteri strutturali e alle invarianti della realtà naturale e costruita storica; è necessario quindi definire criteri di valutazione che comprendano elementi afferenti al campo ecologico e ambientale, al processo tipologico di trasformazione della morfologia urbana, allo sviluppo della cultura tecnologica e al crescere di bisogni e requisiti legati al comfort e al benessere ambientale. La valutazione della compatibilità delle soluzioni tecnologiche finalizzate al recupero di un edificio storico deve essere supportata da una necessaria evoluzione normativa che, a livello operativo, permetta di distinguere tra norme a carattere prescrittivo, caratterizzate dalle indicazioni minime da rispettare al fine di mantenere un adeguato livello di compatibilita’ integrata, e norme di tipo orientativo contenenti le prescrizioni che ottimizzano il rapporto tra uso del materiale, tradizioni costruttive locali ed innovazione tecnologica. Ciò consente ai progettisti di sistematizzare in maniera sintetica le conoscenze afferenti alle invarianti tipologiche alle diverse scale che in altro modo rimarrebbero di carattere generale ed intuitivo, alla pubblica amministrazione di delineare criteri di valutazione certi e comprensibili degli interventi e delle trasformazioni del patrimonio edilizio e naturale e ai produttori di valorizzare il recupero delle tradizioni costruttive locali, delle tecnologie e dei materiali tradizionali rifuggendo dall’utilizzare soluzioni improprie rispetto al contesto culturale, tecnologico e produttivo di riferimento. L’integrazione tra la riacquisita conoscenza delle tecniche premoderne e lo sviluppo tecnologico, in rapporto al contesto storico-tipologico di riferimento, genera un sistema di regole finalizzato a riproporre la qualita’ diffusa dello spazio urbano storicizzato, mediante una maggiore quanto più complessa integrazione tra i diversi livelli di progettazione e la fase esecutiva (fig. 7). Gli orientamenti progettuali che possono nascere da tali considerazioni si fondano su un innovativo rapporto tradizione-innovazione e sono finalizzati a proporre tipologie di intervento che, dalla scala edilizia a quella costruttivo-materica, rifuggano dall’introduzione di tecnologie futuribili decontestualizzate e da una mera riproposizione della prassi costruttiva pre-moderna. C) Le nuove compatibilità e la qualità tecnologica integrata Il presente contributo propone alcuni criteri metodologici per la progettazione del sistema tecnologico in rapporto alla attuale produzione di componenti dell’edilizia e al prevalente orientamento normativo, fondato sulla definizione delle relazioni tra esigenze, requisiti e prestazioni, con l’obiettivo di ricercare quelle condizioni normative e operative che consentono la sistematizzazione di un quadro di regole orientate alla qualità del prodotto tecnologico, inteso come componente correlato nell’organismo architettonico. Nello specifico la perdurante consuetudine di sviluppare il processo progettuale per livelli e fasi successive investendo operatori sempre più specializzati ha sovente determinato una situazione di frattura e di incomunicabilità tra i contenuti della progettazione a scala ambientale ed edilizia e la definizione degli elementi costruttivi che compongono l’organismo architettonico. Nell’ambito della progettazione del sistema tecnologico, la normativa prestazionale permette di strutturare il problema progettuale e realizzativo in funzione dell’individuazione di un preciso sistema di requisiti ed ancora prima di esigenze mentre il riferimento allo sviluppo diacronico e sincronico delle tipologie edilizie e delle invarianti consente di correlare tale sistema di esigenze, rappresentativo del sistema di attività che si svolgono all’interno dell’organismo architettonico, con i caratteri tipologici, distributivi e materico-costruttivi dell’edificio e del contesto costruito locale. L’obiettivo dei criteri individuati diviene quindi quello di definire in maniera operativa, anche attraverso la elaborazione e l’utilizzo di strumenti quali Codici di Pratica, Abachi e Repertori, le modalità di intervento sui diversi elementi di fabbrica, codificati dalla normativa Uni con il termine di elementi tecnici, secondo criteri di compatibilità rispetto alle invarianti dedotte dall’analisi storico-tipologica, correlando l’uso dei materiali con la scelta delle tecniche costruttive e delle modalità di messa in opera. Mediante il concetto di compatibilità integrata, quindi, si recupera la cesura tra progettazione preliminare e momento esecutivo, tra concezione del progetto e cantiere, superando inoltre la logica talvolta contrappositiva tra il corpus normativo vigente e la scelta di materiali e tecnologie, e finalizzando l’uso di entrambi gli elementi al raggiungimento di sempre più elevati standard di qualità del progetto e dell’opera realizzata. Lo studio delle diverse compatibilità degli interventi di recupero degli elementi tecnici che compongono l’organismo architettonico è propedeutico alla costruzione di strumenti operativi quali i Manuali di Recupero o i Codici di Pratica utili per supportare la scelta dell’intervento, a condizione che essi si rapportino al contesto locale e alle sue diverse componenti (sociale, economica, fisica, culturale). L’obiettivo che è possibile perseguire è quello di fornire utili indicazioni sia ai progettisti nella scelta degli interventi da eseguire sia ai tecnici preposti al controllo al fine di fondare il concetto di qualità del progetto su elementi più strettamente attinenti alle invarianti del contesto costruito storico da un lato e dall’altro alle sempre più complesse esigenze funzionali. Rispetto alla pubblicistica di settore, che ha tendenzialmente sviluppato un concetto di compatibilità fortemente riduttivo, fondato su problematiche inerenti la configurazione chimico-fisica dei materiali, appare oggi necessario recuperare una visione più complessa al fine di ottenere un quadro descrittivo dell’eventuale intervento di recupero il più completo possibile. Lo stesso atteggiamento professionale che si propone di risolvere la crisi prestazionale di un determinato elemento di fabbrica in maniera localizzata, senza evidenziare le relazioni rispetto alle parti limitrofe e alla concezione costruttiva globale può essere fuorviante e deve essere abbandonato. E’ possibile, pertanto, individuare in forma sintetica i diversi aspetti della compatibilità dell’intervento secondo i sottoindicati componenti: – compatibilità funzionale – compatibilità dimensionale – compatibilità chimico-fisica – compatibilità tecnologica – compatibilità formale – compatibilità tipologica – compatibilità normativa Compatibilità funzionale: esprime la capacità di una determinata soluzione tecnica di soddisfare, normalmente in via migliorativa piuttosto che meramente sostitutiva, i requisiti funzionali dell’elemento sostituito o riparato. Ad esempio il rimaneggiamento di una copertura in coppi garantisce tramite la sostituzione degli elementi ammalorati lo smaltimento delle acque mentre l’introduzione di un elemento supplementare quale la guaina di impermeabilizzazione può sensibilmente migliorarne le capacità di isolamento. Compatibilità dimensionale: esprime la capacità da parte dei nuovi elementi di rispettare l’ingombro e la conformazione geometrica dell’esistente. Da questo punto di vista, ad esempio, la posa di strati di isolante di spessore significativo nella copertura pone problemi di adeguamento delle gronde e di innalzamento del pacchetto, modificando quindi anche la visione prospettica della copertura stessa. Tale problema è rilevante ad esempio, nel caso di sostituzione di orditi lignei sottodimensionati: per le nuove travi si potrebbero rilevare problemi di messa in opera dovuti ad esempio alla ridotta distanza rispetto agli architravi di porte e finestre. Compatibilità chimico-fisica: è generalmente la più nota ed anche la più analizzata dai tecnici. Si riferisce espressamente alla possibilità che tramite contatto possano avvenire modificazioni sostanziali della costituzione chimica o fisica dei materiali determinando effetti negativi o comunque non prevedibili sul comportamento delle strutture. Compatibilità tecnologica: rappresenta la capacità dell’intervento di adeguamento di rispondere al contesto tecnologico nel quale l’elemento è inserito. In particolare è necessario valutare le conseguenze ad esempio, dell’introduzione di elementi di collegamento troppo rigidi nell’ambito di un comportamento elastico, cosa che avviene con la realizzazione delle caldane in c.a. collaboranti nei solai ad ordito ligneo, oppure l’introduzione di elementi tecnologici che necessitano di continua manutenzione e monitoraggio in ambiti spaziali difficilmente raggiungibili. Compatibilità formale: identifica il rispetto della configurazione spaziale ed architettonico-decorativa originaria in termini geometrico-dimensionali, cromatici e, più in generale, percettivi. La conservazione della configurazione formale originaria dipende in maniera significativa dalle relazioni che vengono a svilupparsi tra le parti di fabbrica e diviene quindi fondamentale comprendere la concezione costruttiva globale dell’edificio nell’ambito del processo tipologico di trasformazione. Compatibilità tipologica: rappresenta un concetto di compatibilità più ampio dei precedenti in quanto relaziona l’elemento di fabbrica o lo spazio sul quale si interviene non più rispetto al contesto immediato dell’edificio quanto piuttosto alle tradizioni costruttive locali e alla cultura del fare predisponendo meccanismi di valutazione che derivano dal confronto con edifici tipologicamente simili, con il contesto urbano di riferimento e con la manualistica storica. Esprime il rapporto tra la configurazione finale dell’oggetto edilizio specifico e le regole di trasformazione nel tempo e nello spazio di edifici simili o confrontabili con esso per caratteristiche funzionali, dimensionali, formali e materico-costruttive. L’attento studio del contesto costruito nel quale l’edificio si situa, fondato sul concetto di tipo edilizio inteso come sistema di regole costitutive a priori, all’interno delle quali è possibile individuare percorsi coerenti di evoluzione della fabbrica, consente di individuare tra le diverse modalità di trasformazione quelle che risultano coerenti con le invarianti del processo tipologico, ovvero con quegli elementi alle diverse scale che caratterizzano come unico e particolare quella determinata realtà architettonica. Compatibilità normativa: esprime la coerenza della scelta progettuale relativa all’organismo architettonico o ad uno specifico elemento di fabbrica in rapporto al contesto normativo, imponendo il rispetto della componente prescrittiva della norma e valutando il grado di soddisfacimento della componente orientativa. La valutazione della compatibilità normativa è particolarmente utile anche come momento di verifica degli orientamenti legislativi e della loro effettiva applicabilità. In base a tale orientamento metodologico è possibile impostare una lettura sistematica delle diverse tipologie di intervento, superando l’inerzia legata alla consuetudine di cantiere sia da parte delle imprese che dei progettisti, e l’abitudine al ricorso di soluzioni precostituite, fornite dalla pubblicistica con modalità tipo “catalogo”. La scelta del materiale e della tecnica di messa in opera diviene pertanto più responsabile dal punto di vista prestazionale, si lega, secondo modalità tipiche del costruire degli antichi, alla comprensione delle invarianti che costituiscono il genius loci di un determinato contesto e produce un livello di qualità tecnologica integrata indubbiamente maggiore. L’analisi del grado di correlazione tra livello di compatibilità e tecnica di intervento può così essere applicato al singolo elemento tecnico ma anche all’insieme degli interventi su un organismo architettonico, completando in tal modo le scelte progettuali elaborate nelle fasi preliminare e definitiva con la loro giustificazione materico-costruttiva. Dal punto di vista strettamente operativo è possibile evidenziare, tramite schede di riferimento e check list, le conseguenze che la scelta di un intervento determina sia rispetto all’elemento di fabbrica sia rispetto alla configurazione globale dell’edificio. In sintesi, l’analisi integrata dei diversi tipi di compatibilità permette di superare il tradizionale quanto limitativo riferimento alla struttura chimico-fisica dei materiali in giuoco e di relazionare le componenti più eminentemente tecniche dell’intervento con i caratteri geometrico-spaziali e architettonici recuperando, mediante la visione unitaria dell’edificio, la sua concezione costruttiva. Bibliografia – K. Linch, “L’immagine della città”, Marsilio Editore, Venezia 1974 – P. Maretto, “Realtà naturale e realtà costruita”, ALINEA Editrice, Firenze 1980 – C. Sitte, “L’arte di costruire le città”, Jaka Book, Milano 1981 – AA.VV., “L’angelo del paesaggio”, Touring Club Italiano – A cura di F. Selva, “Le architetture nei contesti minori”, CUEC, Cagliari, 1990 – Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia Romagna, “I confini perduti. Inventario dei centri storici: analisi e metodo” – Fabio Selva-Emanuele Gozzi, «Riqualificazione ambientale e strategie normative», in Atti del Convegno «I centri storici minori. Recupero e valorizzazione», Università degli Studi dell’Aquila, L’Aquila, 15-16 novembre 1996. – Emanuele Gozzi, «La conoscenza del contesto costruito e il recupero delle sue componenti interscalari: dall’organismo territoriale all’elemento costruttivo» nell’ambito della Dispensa del Laboratorio di Costruzione dell’Architettura, docente Prof. Aldo Norsa, Facoltà di Architettura di Milano-Bovisa, A.A. 1997/98, AA.VV. (pp. 21-60). – Emanuele Gozzi, «Criteri normativi e procedurali per la riqualificazione ambientale dei contesti costruiti» nel Preprint del Convegno Internazionale «Il progetto di Architettura», Roma, 25-27 Maggio 1998 (pp. 224-231). – Emanuele Gozzi, “La riqualificazione dei tessuti urbani: linee evolutive e nuovi ambiti di intervento”, in Recuperare l’edilizia, num. 8/1999, (pagg. 54-58). – Aldo Norsa, Emanuele Gozzi, “Evoluzione normativa e qualità urbana nei centri storici minori” in Rivista del Consulente tecnico, Maggioli Editore, 2000 (pagg. 469-486). Note (1) Dottore di Ricerca, professore a contratto presso la Facoltà di Ingegneria di Bologna e presso la Facoltà di Architettura di Milano – Bovisa, ingegnere libero professionista dal 1993. (2) Si pensi a titolo esemplificativo al caso di Venaria Reale a Torino o al progetto per l’ingresso della galleria degli Uffizi a Firenze. (3) Si veda in particolare “Intenzioni in architettura”, Officina Edizioni, Roma 1977. (4) C. Norberg-Shulz, ” Intenzioni in Architettura”, Officina Edizioni, Roma 1977, K. Lynch, “L’immagine della città”, Marsilio Editore, Venezia 1974 (5) K. Lynch, “L’immagine della Città”, op. cit. Per K. Lynch la lettura dei contesti costruiti diviene quindi un’analisi del livello di figurabilità della forma come elemento disvelante la realtà ambientale mediante alcuni elementi-base. Questi ultimi sono definiti come canali lungo i quali l’osservatore si muove abitualmente, occasionalmente o potenzialmente (il percorso), elementi lineari che non vengono usati come percorsi (i riferimenti), zone di città riconoscibili tramite qualche caratteristica individuante (il margine), luoghi strategici o fuochi intensivi della città (il nodo), ed elementi puntiformi che rimangono esterni all’osservatore (il quartiere). (6) Secondo questa impostazione che rivela la complessità spaziale della realtà fisica risultano metodologicamente carenti, per non dire errati, i criteri della pianificazione attuali ancora fondati su una interpretazione bidimensionale dello spazio fortemente monotematica, in quanto orientata, tramite la destinazione d’uso, a cogliere esclusivamente la relazione oggetto-attività ed a tradurla in parametri dimensionali codificati (indici e standard). E’ forse necessario impostare la ricerca di una nuova ipotesi normativa, finalizzata a recuperare la “totalità” dell’ambiente naturale e costruito sistematizzando le relazioni tra diverse componenti di carattere fisico, funzionale, storico-culturale, economico e produttivo. (7) In merito alle considerazioni suddette, si fa riferimento in particolare alle teorie del transazionismo, alla psicologia della forma di D. Katz e alle affermazioni di Webber: “una forma fisica che rispecchia strettamente i processi del sistema sociale che ospita ha buone probabilità di essere bella, giacché la bellezza é una qualità inerente ad ogni sistema concepito con cura”.(8) C. Norberg-Schultz, “Intenzioni in Architettura”, op. cit. (9) S. Muratori, “Studi per una operante storia urbana di Venezia”, op. cit. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento