Rigenerazione urbana: città post Covid-19 più verdi, resilienti e inclusive

L’emergenza Covid-19 deve aiutare a ripensare le città sotto il segno della resilienza, ma anche della sostenibilità ambientale e sociale. Il parere di Teodoro Georgiadis

Rigenerazione urbana: città post Covid-19 più verdi, resilienti e inclusive
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La rigenerazione urbana è la strada da percorrere non solo per affrontare i cambiamenti climatici, ma anche per far fronte a eventi imprevisti e nefasti come l’emergenza coronavirus.

Teodoro Georgiadis, primo ricercatore all’Istituto di Bioeconomia del CNR, ed esperto di climatologia urbanaLo rileva Teodoro Georgiadis, primo ricercatore all’Istituto di Bioeconomia del CNR, ed esperto di climatologia urbana.

In un recente articolo sull’International Journal of Environmental Research and Public Health, sui potenziali impatti della pandemia sull’ambiente segnala che “questa crisi globale ha dimostrato in modo convincente che la ricerca sui disastri, lo studio dei cambiamenti climatici e i servizi ecosistemici devono riconsiderare il loro sviluppo in modo strategico e integrato, comprendendo anche gli eventi più improbabili. Inoltre, la pandemia Covid19 determinerà profondi cambiamenti sul comportamento sociale ed economico su scala planetaria”.

Ma quali implicazioni ha avuto la crisi Covid-19 sulle città e sugli abitanti? È una domanda che è bene farsi, soprattutto pensando che da qui al 2050 il 66% della popolazione vivrà in grandi contesti urbani.

Resilienza e rigenerazione urbana: cosa ci ha insegnato la pandemia Covid-19

Da una parte l’emergenza coronavirus, dall’altra la più preoccupante emergenza clima: da dove partire o ripartire per città resilienti e vivibili? «C’è una relazione non diretta tra clima e Covid-19 per quanto riguarda i nostri meccanismi di percezione dei cambiamenti – risponde Georgiadis – Se prima si pensava al clima come a una questione a lungo termine, la pandemia ci ha fornito un importante insegnamento a proposito dei meccanismi di cambiamento rapido. E ci ha “dato un paio di lezioni”».

La prima: con l’emergenza sanitaria «ci siamo resi conto che senza risposte e interventi strutturati e ad ampio spettro saremmo andati incontro a uno scenario ancora più devastante. Così dovremmo ragionare in funzione del clima e dei suoi effetti. La seconda lezione ha a che fare con le realtà urbane: va bene lavorare sul concetto di resilienza, ma la pandemia ha messo drammaticamente in luce quanto le città debbano saper fornire assistenza alle fasce più deboli della popolazione. Occorre, quindi, lavorare per garantire l’accessibilità ai servizi primari e l’integrazione sociale, specie nei momenti di crisi».

La città com’è strutturata oggi, non è in grado di affrontare né emergenze improvvise né a lungo termine, secondo l’esperto CNR. «Per questo credo che la struttura delle città debba essere ripensata. Occorre però lavorare fin d’ora con progetti ad ampio respiro».

Città sostenibili: quali sono gli aspetti su cui puntare oggi?

«Occorre puntare sulla rigenerazione urbana, più che sulla riqualificazione, perché quest’ultimo aspetto attiene esclusivamente all’ambito del costruito. La rigenerazione deve essere concepita pensando innanzitutto a ripensare lo spazio pubblico che, inevitabilmente, influisce su quello privato. Occorre ricrearlo in maniera resiliente, puntando a introdurre Nature based solutions, ovvero azioni per proteggere, gestire in modo sostenibile e ripristinare gli ecosistemi naturali o modificati, fornendo contemporaneamente benessere umano e benefici per la biodiversità».

Rigenerazione urbana: città post Covid-19 più verdi, resilienti e inclusive
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«Si deve lavorare principalmente sul verde urbano e sul recupero delle acque piovane, con tecniche green e grey, ovvero su infrastrutture per la corretta gestione e recupero delle risorse idriche. Inoltre, bisogna creare percorsi in grado di permettere di muoversi agevolmente in città fornendo il giusto grado di benessere. Penso, a proposito, alle persone anziane o fragili. Il verde diventa la chiave fondamentale per creare questo tipo di greenway, che garantiscono un’adeguata mitigazione ambientale».

Che ruolo deve avere il climatologo nel creare ambienti urbani sostenibili e resilienti?

«Serve un approccio multidisciplinare. C’è bisogno del climatologo, dell’urbanista, dell’architetto, dell’ingegnere. Anche dell’agronomo, essenziale per selezionare e mettere a dimora una vegetazione funzionale e specifica. Il verde urbano non è più pensabile solo come elemento estetico aggiuntivo ma è parte integrante del progetto, uno strumento indispensabile. Il ruolo del climatologo e del fisico è monitorare il progetto in termini ex ante ed ex post, valutando se il microclima che si va a generare può essere ottimizzato e se la nuova proposta urbanistica può migliorarlo».

L’ecobonus al 110% può essere utile per dare slancio alla riqualificazione energetica e per aiutare l’ambiente?

«Consideriamo, per esempio, un intervento contemplato dal superbonus: il rifacimento delle facciate. È uno strumento importante solo se pensato in maniera organica e con finalità di resilienza. Le proprietà ottiche della facciata sono un elemento fondamentale nel bilancio energetico non solo della casa, ma anche outdoor. Se viene riqualificata con specifici materiali, può migliorare il regime termico della città, agendo sull’albedo, ovvero sul potere riflettente della superficie e sulla quota di energia trasmessa. Così gli interventi edilizi si possono trasformare anche in funzione climatica. Per far sì che si abbia un miglioramento globale serve un intervento ampio, con una regia competente, che conosca questi aspetti e che coordini anche a livello legislativo le modalità di intervento. Un po’ come è accaduto con la Legge 10/2013 per lo sviluppo degli spazi verdi urbani, frutto di un’azione sinergica e capace di aggregare varie competenze per una finalità univoca.


Chi è Teodoro Georgiadis

Laureato in Fisica, in Astronomia e in Ingegneria civile, laurea magistrale in Pianificazione Territoriale, Teodoro Georgiadis è Primo Ricercatore all’Istituto di BioEconomia del CNR di Bologna. Si occupa di bilanci energetici superficiali nell’ambiente urbano e della mitigazione degli effetti delle interazioni tra atmosfera e costruito. È membro del “Capacity Building and Education” Committee IUGG. Invited expert WMO-CAgM, è valutatore Esperto EC dal 4° Programma Quadro nei panel Ambiente e Cambiamento climatico per i progetti small and medium enterprises e Marie Curie. Collabora con diverse amministrazioni pubbliche alle tematiche del PAESC relativamente alla progettazione sostenibile per il capitolo Clima; è stato revisore del Rapporto Speciale IPCC 2018 sul contenimento del riscaldamento a 1,5 °C.

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