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Indice degli argomenti Toggle Ristrutturazione edilizia, cosa è cambiato dal 1978 a oggiCosa cambia con il DPR 380/01: ricostruzione fedele e demolizione rientrano nel concetto di “ristrutturazione”Cosa prevede la sentenza n. 1669 del 06/10/2022 della Corte di cassazione Nel gergo comune spesso i termini ristrutturazione, nuova costruzione e demolizione vengono usati indistintamente. In realtà sono diversi e stabilire i loro confini è molto importante dal punto di vista legale per capire come e quando si possono applicare detrazioni e bonus previsti dalle normative in vigore (si pensi al bonus Ristrutturazioni e al Superbonus). Con il termine “ristrutturazione edilizia” si intendono le opere di riparazione, sostituzione e rinnovamento delle finiture di un edificio, ad esempio il rifacimento dell’intonaco. La ristrutturazione edilizia, in pratica, serve ad integrare o ammodernare gli impianti e l’assetto esistente. Il concetto di ristrutturazione edilizia è stato ampliato più volte negli anni, fino ad arrivare alla definizione attuale prevista all’art 3, comma 1 lett. d, DPR 380/01, successivamente modificato dall’articolo 10 DL 76/2020. Nonostante il dettato normativo, spesso è difficile tracciare i confini della ristrutturazione edilizia quando si parla di interventi di nuova costruzione e ristrutturazione edilizia c.d. “demolitoria”, soprattutto se gli interventi riguardano edifici non soggetti a vincoli storico-architettonici. Ecco le ultime definizioni della Corte di cassazione. Ristrutturazione edilizia, cosa è cambiato dal 1978 a oggi Come anticipato, il concetto di ristrutturazione edilizia ha avuto un’evoluzione nel tempo, partendo dalla definizione del 1978 fino al DPR 380/01, il Testo Unico edilizia Bosetti e Gatti. Secondo la normativa del ‘78, ogni tipologia di intervento demolitorio rientrava nella definizione di “nuova costruzione” dato che il concetto di “preesistenza” si basava sull’esistenza dell’edificio. L’effetto di questa definizione era quello di favorire la pratica di conservare alcune parti del manufatto per evitare di rientrare nella “totale demolizione”. C’è da aggiungere poi che durante la vigenza della normativa spesso vi era una differenza di vedute tra giustizia amministrativa e giustizia penale, la prima meno “restrittiva” ammetteva le aggiunte volumetriche all’interno del concetto di ristrutturazione; la seconda – più rigorosa – negava la possibilità di far ricadere le aggiunte nella ristrutturazione edilizia. Cosa cambia con il DPR 380/01: ricostruzione fedele e demolizione rientrano nel concetto di “ristrutturazione” All’interno del DPR 380/01 è previsto che la demolizione e la ricostruzione “fedele” sono da considerare nel concetto di ristrutturazione edilizia. Vuol dire che chi esegue gli interventi, alle condizioni che vedremo, può conservare i diritti acquisiti in ambito di posizione, distanze e volumetrie. La ricostruzione, tuttavia, doveva rispettare le condizioni seguenti: che i nuovi interventi fossero identici alle strutture preesistenti (quindi che fosse rispettato il criterio dell’assoluta fedeltà); che gli interventi di demolizione e di ricostruzione fossero contestuali. “Assoluta fedeltà”, come è cambiato questo requisito In seguito la giurisprudenza ha pensato fosse opportuno “ammorbidire” il requisito dell’assoluta fedeltà al manufatto preesistente prevedendo il principio della conservazione della sagoma e del volume nel d.lgs. n. 301/2002. Questi i due requisiti previsti dalla legge dopo l’intervento del 2002: la conservazione della stessa sagoma e dello stesso volume la contestualità dei lavori di demolizione e ricostruzione In quali casi non è obbligatorio mantenere la stessa volumetria Alla regola del mantenimento della stessa volumetria esistono alcune eccezioni, ovvero i casi espressamente previsti all’articolo 3, comma 1 lett d, DPR 380/01. In tali casi la volumetria può essere aumentata rispetto alla situazione preesistente. La norma, alla lettera d dell’articolo 1, definisce la ristrutturazione edilizia come: “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.” Gli interventi di ristrutturazione, quindi, possono comprendere il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. La volumetria può essere ampliata nei casi seguenti: nel caso di interventi di ristrutturazione edilizia necessari ad adeguare un edificio alla normativa antisismica per installare elementi necessari all’adeguamento alle norme sull’accessibilità per l’installazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico per promuovere interventi di rigenerazione urbana Cosa prevede la sentenza n. 1669 del 06/10/2022 della Corte di cassazione Una recente sentenza della Corte di cassazione è intervenuta sul tema della ricostruzione edilizia, stavolta in merito al reato di “lottizzazione abusiva” conseguente alla costruzione di 10 villette residenziali realizzate sullo scheletro di un edificio colonico. La Corte ha evidenziato le ingenti differenze tra la struttura originaria e quella ripristinata e ha fissato il principio secondo cui l’immobile costruito e quello originario devono avere una “correlazione materiale e funzionale”. Dunque, in conclusione, la Corte di cassazione stabilisce che si possa parlare di “ristrutturazione edilizia” solo se viene rispettato il requisito del recupero dell’edificio preesistente. La sentenza stabilisce che, nel caso di specie, non si possa parlare di ristrutturazione edilizia poiché vi è stata la “moltiplicazione, da un unico edificio, di più distinte ed autonome strutture edilizie.” Anche se la norma ammette, in casi specifici, l’ampliamento volumetrico, questo deve riguardare l’intero edificio e non andare a favore della creazione di nuove unità abitative. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento