Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Il paesaggio mutante della strada di Fabrizio Zanni La strada, intesa come supporto dei flussi di interconnessione, oscilla tra un immaginario letterario e filmico di notevole spessore e una condizione drammatica della quotidianità, mediata dalla accumulazione di pratiche settoriali conflittuali che condizionano la trasformazione della rete infrastrutturale italiana. Nella attuale condizione di frammentarietà della forma urbana possiamo distinguere, “from the road”, alcune articolazioni formali particolarmente interessanti, risultante della stratificazione secolare dell’opera dell’uomo su quella della natura, di cui il paesaggio urbano è una parte significativa. Esso si mostra alla vista del contemporaneo viandante in modo discontinuo, diacronico, frattale. Koolhaas afferma che “le autostrade sono divenute una versione evoluta dei viali e delle piazze” e “il loro progetto, apparentemente mirato all’efficienza del movimento delle auto, in realtà è sorprendentemente sensuale, un’istanza funzionale che entra nella sfera dello spazio uniforme”. Il paesaggio autostradale è multiplo, come sanno i frequentatori degli autogrill “a ponte”; costituito dal mutevole eppure sempre eguale spettacolo del nastro d’asfalto, reso dinamico dal flusso dei veicoli; ma è anche il paesaggio antropogeografico che scivola ai lati del finestrino di chi viaggia; infine è l’insieme dei due paesaggi precedenti visti dall’autogrill. Il tema architettonico di questo particolare tipo edilizio è stato trattato ampiamente, nella saggistica disciplinare e nella letteratura italiana. L’autostrada è entrata nell’immaginario letterario ed in quella serie di “figure topiche” che popolano l’immaginario architettonico; questo vuole anche dire che essa ha perso il ruolo di struttura di servizio eterotopica ed i suoi edifici, caselli, stazioni, autogrill, pompe di benzina, e quant’altro, compreso il manufatto stradale, i cavalcavia, i piani inclinati erbosi, sono entrati nel novero degli spazi architettonici. Il progetto urbano può rovesciare quella che potrebbe esser interpretata come una maledizione tecnologica, in una condizione positiva, in cui gli spazi dei flussi e quelli della quiete possano convivere attraverso apparati architettonicamente definiti. Per far questo la cultura progettuale deve combattere due altre figure di paesaggio che distruggono la struttura dei luoghi: il paesaggio come “sfondo da consumare velocemente” ed il paesaggio stereotipato del turismo di massa. Se la “view from the road” è positiva dobbiamo però guardarci dal “learning from Las Vegas”, dal considerare la forma visiva di una città come prevalente sulla forma strutturale. Nella città diffusa lo spazio urbano è caratterizzato dalla polverizzazione dello spazio edificato alla quale corrisponde una preminenza del reticolo di relazione. Proprio quest’ultimo può costituire il volano della trasformazione urbana. Le infrastrutture infatti costruiscono un nuovo “paesaggio” complesso fatto di ferrovie, autostrade, stazioni, aeroporti. La strada potrebbe nuovamente, attraverso i suoi nodi scambiatori, dare ordine al territorio, riqualificando intere porzioni di città diffusa. NUOVI APPRODI ALLA CITTÀ LODI di Massimo Tadi (Foto 1 e 2) Il preciso rapporto tra la struttura urbana e il sistema agricolo espresso, un tempo, dalla traccia muraria di separazione e da filamenti di connessione è, oggi, trasformato nella parte est della città in un disarticolato bordo di confronto, tra città e campagna, nel quale un avanzante edificato a bassa densità sta gradualmente erodendo il reticolo agricolo, ormai, separato dalla struttura territoriale dalla traccia della nuova tangenziale Est. Il progetto, intendendo investire gli elementi infrastrutturali di un più coerente ruolo strutturale per lo spazio urbano, ridefinisce l’ingresso est alla città assumendo come elementi generatori le nuove reti infrastrutturali. Piani erbosi inclinati, giardini, percorsi pedonali, si dispongono in rapporto alla tangenziale per delimitare ambiti differenziati dello spazio e per trasformare gli attuali gli spazi residuali, in un sistema integrato di spazi pubblici urbani. La traccia della rotatoria stradale di connessione tra la tangenziale est e il Quartiere Selvagreca è interpretata dal progetto come fuoco dell’intero impianto, con essa la traccia costituita da un bastione erboso inclinato costituisce il nuovo limite urbano. Il bastione che richiama, la memoria delle antiche cinte bastionate urbane, contiene al suo interno le strutture di un vasto impianto sportivo (il nuovo stadio cittadino, un centro tennis, gli spogliatoi, due palestre, le sue dotazioni costituite da bar, servizi, un ristorante e le biglietterie) e assume il ruolo di elemento di definizione del fronte urbano rispetto alla percorrenza e all’approdo dalla tangenziale est. Progetto di ricerca commissionato dal Comune di Lodi al Politecnico di Milano. Responsabili scientifici: Prof. Fabrizio Zanni, Prof. Massimo Tadi RETI DELLA PERCORRENZA E NODI INFRASTRUTTURALI BERGAMO di Massimo Tadi (Foto dalla 3 alla 7) La struttura insediativa di Bergamo può considerarsi un caso dimostrativo della progressiva atopia che, sempre più, connota le infrastrutture per la mobilità nei sistemi urbani contemporanei, dove le reti sembrano aver, ormai, rinunciato ad ogni possibilità di organizzare lo spazio fisico locale. Al contrario, il progetto qui presentato intende dimostrare la possibilità che le stesse infrastrutture, possano assumere un nuovo ruolo strutturante per la città estesa, e a tale scopo individua come campo applicativo il sistema formato dall’asta autostradale della Milano–Venezia, nel tratto urbano compreso tra i caselli di Dalmine e Bergamo centro. Il punto d’interferenza in cui si verifica il massimo livello di compresenza dei flussi e di artificializzazione dei luoghi rappresentato dall’incrocio tra l’autostrada Milano/Venezia, la tangenziale sud, la linea ferroviaria Bergamo–Treviglio, la SS 45 per Dalmine e la via d’accesso alla nuova cittadella ospedaliera, è trasformato dal progetto da coacervo di spazi frammisti, a impianto architettonico complesso. Qui il progetto dispone i nuovi terminali delle infrastrutture di trasporto (una nuova stazione ferroviaria, la nuova stazione degli autobus, i parcheggi multipiano di approdo alla città) le nuove attrezzature collettive (centro commerciale, cinema multisala, centro congressi), le dotazioni pubbliche alla scala vasta (un centro ricerche posto in rapporto con gli spazi agricoli circostanti) attrezzature di servizio (uffici, spazi amministrativi) e nuovi spazi pubblici (una galleria commerciale, una piazza). L’impianto architettonico ricerca il massimo livello di coincidenza tra l’assetto morfologico, l’articolazione tipologica (propria di un nuovo tipo innovativo complesso che rimanda ai nuovi usi dello spazio pubblico contemporaneo e degli spazi infrastrutturali) e, infine, lo schema di funzionamento tecnico (rappresentato dai flussi, dai collegamenti, gli approdi e lo scambio intermodale). Tesi di Laurea di S.Giavazzi, N.Meroni; Relatori: Prof. Fabrizio Zanni, Prof. Massimo Tadi, a.a. 2002 ARCHITETTURA DELLE CONNESSIONI URBANE: ASSAGO (Foto 8 e 9) Le reti infrastrutturali hanno assunto il ruolo di elementi decisivi nel favorire la “connessione” delle componenti urbane disperse. Un ruolo strategico rivestono i “nodi”, ossia i punti di confluenza, di gravitazione reale e potenziale delle reti, in quanto potenzialmente capaci di dare un nuovo e diverso ordine formale al discontinuità che caratterizzano il paesaggi suburbani. In queste ambito di riflessioni si inserisce il progetto qui illustrato che affronta il contesto del territorio nord-orientale di Assago, a sud di Milano, compromesso dalle sovrapposizioni delle reti della mobilità, collocate sul territorio al di fuori di ogni riscontro spaziale con le forme insediate consolidate. Il prolungamento della linea metropolitana M2 da Famagosta fino a Milanofiori, con la costruzione di una nuova stazione, diventa l’occasione per la “ri-strutturazione” di un ambito territoriale molto più vasto, compreso tra il terziario di Milanofiori, l’abitato di Assago, il plesso sportivo del Forum e il sistema delle cascine del Parco Sud. Un campo progettuale ampio ed eterogeneo intersecato dall’Autostrada A7, dalla nuova tangenziale e da un dedalo di strade extraurbane ed urbane di non secondaria importanza. Nelle aree intercluse nelle ramificazioni della mobilità vengono disposte attrezzature pubbliche che ne annullano le condizioni di marginalità ed isolamento. Si sviluppano una rete di percorsi e di correlazioni che ripropongono la “centralità” di due grandi spazi di relazione interni rispetto alle componenti disperse del sistema territoriale. Le attrezzature e gli spazi di relazione previsti sono organizzati in un complesso impianto architettonico che occupa una superficie di circa 130.000 metri quadrati, strutturato interpretando le trame e le giaciture dei tessuti urbani e delle aree rurali, con l’ambizione di connotare i luoghi non solo come nodo funzionale, ma anche come insediamento dotato di una forte identità formale. Tesi di laurea di L. Ruggeri. Relatore Prof. Fabrizio Zanni, Co-relatore Prof. Carlo Ezechieli , a.a. 2002/03 NODI INFRASTRUTTURALI E CITTÀ BRESCIA di Massimo Tadi (Foto 10 e 11) Le linee fissate dalle reti infrastrutturali, lungo le quali recentemente si sono disposti importanti impianti tecnologici (il termoutilizzatore), grandi recinti monofunzionali (la nuova Fiera) e vasti spazi commerciali, costituiscono il labile confine del frammentato margine urbano bresciano. Si tratta di tracce lineari formate dall’accostamento di diverse infrastrutture (A4 e tangenziale, a sud) o dal loro avvicinamento ad elementi naturali (torrente Mella e tangenziale, ad ovest). A ridosso di questi tracciati emergono estesi sistemi di spazi aperti, “terrain vague” sottratti ai reticoli agricoli territoriali ed insieme estranei al disegno urbano. Si tratta di spazi della “sospensione” insediativa, in cui convivono manufatti infrastrutturali (terrapieni, sottopassi, sovrappassi), le presenze che sempre più spesso connotano gli omologati paesaggi della “percorrenza viabilistica”(centri commerciali, fiera, cinema multisala) e i grandi svincoli che costituiscono gli unici punti di contatto tra le reti e i luoghi. Il progetto, lavorando su questi spazi di limite, applica al sistema lineare sud di Brescia (definito dall’accostamento tra l’A4 e la tangenziale urbana) una strategia tesa a trasformare questi spazi della “sospensione” in un nuovo sistema in grado di regolare i rapporti tra interno urbano ed esterno territoriale, di istituire nuove polarità insediative e di disporre i nuovi approdi urbani. In particolare, il progetto fissa l’attenzione sul nodo in cui si incontrano un asse storico di penetrazione alla città, le grandi reti infrastrutturali (l’A4, la tangenziale sud), l’attuale casello autostradale, gli svincoli di connessione tra le due reti. Qui l’intervento definisce un articolato e complesso impianto architettonico che lega i recapiti delle reti (nuovo casello, strutture ricettive, servizi agli autotrasportatori, stazione del metrobus) con gli “spazi dell’interferenza” (rotonde e svincoli autostradali) e gli “spazi dell’approdo” (motel, parcheggi multipiano, centro commerciale). Tesi di laurea di R. Facchetti, L.Pasinetti. Relatori: Prof. Fabrizio Zanni, Prof. Massimo Tadi, a.a. 2001 Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista Recuperare l’Edilizia nº 41, novembre 2004 Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento