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Un’antica tecnica giapponese che brucia il legno per proteggerlo. Shou Sugi Ban o Yakisugi è un trattamento ecologico e facile da realizzare, che permette di prolungare la longevità dei manufatti lignei Indice degli argomenti: Le origini della tecnica L’effetto protettivo della carbonizzazione Effetto drammatico (estetica dark) Come si realizza Terunobu Fujimori: la lezione di un maestro Giapponese Distruggere il materiale per renderlo più resistente, suona un po’ paradossale. Ma questo è esattamente ciò che accade nell’antica tecnica giapponese dello “shou sugi ban” (焼杉板), o “yakisugi”. Il termine si traduce letteralmente come “tavola di cedro bruciato”: la superficie del legno viene carbonizzata bruciandola con una fiamma e poi sigillata con olio. Era usata in origine sulle assi di cedro (in giapponese Sugi), una specie legnosa molto diffusa in Giappone, da cui il nome. È un’alternativa ecologica ai tanti prodotti sintetici presenti oggi sul mercato: resine, plastiche, vernici, lacche, impregnanti, conservanti chimici. Inoltre, è duratura perché forte di un’esperienza millenaria. E produce analoghi effetti protettivi sul legno: aumenta la resistenza al fuoco, all’acqua e agli attacchi biologici (funghi, insetti). Ferma restando l’importanza di un’accurata progettazione, dei dettagli costruttivi e la giusta scelta delle specie legnose, anche il trattamento superficiale è la chiave per una casa in legno durevole. La tecnica dello yakisugi è consigliata in quelle situazioni di esposizione rischiosa per la durabilità naturale del legno: in ambienti esterni a contatto con acqua ed esposti ai raggi del sole. Per rivestimenti e non per elementi portanti in quanto, la bruciatura rende il legno meno flessibile, più duro e rigido, fragile. Può essere usata su qualsiasi specie legnosa, dalle conifere alle latifoglie. Anche se i migliori risultati nella distribuzione uniforme della bruciatura sono stati notati sulle specie europee resinose come abete, larice, cipresso. Le origini della tecnica Le suggestioni dello “shou sugi ban” sono profondamente radicate nella cultura giapponese. La distruzione genera forza e resilienza. Una nozione che si collega alla filosofia di vita orientale del wabi-sabi: “La scoperta della bellezza nell’imperfetto, l’accettazione del ciclo della vita e della morte“. I carpentieri in Giappone usavano questa tecnica da tempi molto remoti. Via via si è andata affinando, arrivando a maturità intorno al 700. Nell’ultimo secolo, tuttavia, è andata persa rimpiazzata da prodotti moderni: plastiche, vernici, polimeri, tinture. Che di ecologico hanno ben poco. Gli aborigeni chiamati Tiwi che vivono sull’isola di Melville, in Australia, contrassegnano le loro tombe con pali dipinti a colori vivaci. Prima della pittura, il legno viene carbonizzato e ricoperto di cera d’api, linfa di orchidea o bianco d’uovo di tartaruga. Forse era una tecnica primitiva per conservare il legno, o semplicemente uno sfondo per la pittura. Al tempo di Vasco de Gama (1469-1524) i portoghesi erano soliti carbonizzare l’esterno delle loro navi come protezione dai molluschi marini (Teredini). Nel 1720 la Royal Navy, la marina militare britannica, costruì una nave: la Royal William, interamente con legno carbonizzato. La protezione delle strutture in legno è stata ottenuta nell’ultimo secolo con sistemi conservanti tossici, come i fungicidi, ma le preoccupazioni per l’ambiente e la salute ne hanno limitato l’uso. Di conseguenza, è aumentata l’attenzione su alternative non tossiche come la modifica chimica (trattamento termico e acetilazione, in primis). Negli ultimi anni, la tecnica del yakisugi è stata riscoperta e rivalutata. Portata in auge da importanti architetti, che ne hanno apprezzato le preziose proprietà protettive ed estetiche, con il pregio della sostenibilità ambientale. L’effetto protettivo della carbonizzazione Le strutture in legno per applicazioni esterne richiedono operazioni di manutenzione ripetitive per proteggere le superfici dagli effetti degli agenti atmosferici. La modifica della superficie dei pannelli col processo di carbonizzazione (shou sugi ban) ha il potenziale di aumentare la durabilità naturale dei rivestimenti in legno. Il vantaggio nell’uso dello yakisugi è che il fuoco genera una superficie carbonizzata protettiva. Lo strato di carbone che si forma ha un effetto ignifugo che riduce la conducibilità termica, e ne impedisce ulteriori bruciature. Inoltre, rende il legno meno appetibile a insetti e funghi e lo protegge dall’umidità, rendendolo idrofobo. Jazz House, progettata dall’architetto Willie Dean. 2018, Portland, OR È un trattamento sostenibile ed ecologico, nonché facile da eseguire ed economico: basta infatti bruciare il legno per mezzo di una fiamma. Poi spazzolarlo e rifinire la superficie con olio naturale. L’epidermide di carbone migliora le performance e le prestazioni del materiale, rispetto a: Resistenza al fuoco Bruciare il legno per renderlo ignifugo? Esattamente così. La fiamma assorbe l’umidità contenuta tra le fibre, chiude i pori e rende dura e compatta la superficie. Un naturale rivestimento che aumenta la capacità ulteriore di resistere al fuoco. Resistenza all’acqua Il legno è un materiale poroso e permeabile, igroscopico. Ha perciò la capacità di rilasciare o assorbire umidità, fino a raggiungere l’equilibrio igrometrico con l’ambiente circostante. Se è a contatto prolungato con l’acqua e in presenza di ristagni, può essere un terreno fertile per la crescita di funghi che causano la marcescenza del materiale. La bruciatura rende la superficie del legno idrorepellente impedendo di assorbire l’umidità necessaria alla proliferazione dei funghi (oltre il 20%). Ciò perché la fiamma fa evaporare l’umidità contenuta nel legno e ne chiude i pori, impedendo così all’acqua di entrare. Resistenza agli attacchi biologici (funghi, insetti e termiti) Il legno è un materiale naturale e organico. È perciò soggetto a degrado biologico, funghi e attacchi daparte di insetti xilofagi. Gli insetti vanno particolarmente ghiotti degli zuccheri presenti sottoforma di cellulosa (polisaccaride). Durante la pirolisi, l’emicellulosa e la cellulosa amorfa, si degradano preferenzialmente La loro combustione, lo rende inappetibile agli insetti. Effetto drammatico La carbonizzazione annerisce il legno. Qualunque sia la specie e la tonalità di partenza, il risultato sarà un colore scuro, con tonalità dal bruno al nero, da intenso a vivo, in funzione del grado di bruciatura e del tipo di olio/resina applicata come finitura finale. Finiture, pavimenti in parquet, elementi d’arredo. La tecnica del bruciare il legno, con le sue peculiari valenze estetiche, si sposa ad essere utilizzato in una vasta gamma di applicazioni, dagli arredi ai rivestimenti esterni. Il legno, una volta trattato con la tecnica dello yakisugi, assume una lucentezza nero-argenteo e la sua superficie è più o meno solcata a seconda del grado di carbonizzazione. Un aspetto drammatico che sta diventando sempre più popolare tra architetti e produttori di mobili. Estetica a parte, questo antico metodo di lavorazione, offre una serie di vantaggi indiscutibili. Come si realizza Tradizionalmente veniva usato il legno di Sugi (cryptomeria japonica o cedro giapponese), da cui ha preso il nome. Il processo prevede l’annerimento del legno con la fiamma, e successivamente il raffreddamento con l’acqua, pulizia, e finitura con olio naturale. Premesso che per una perfetta riuscita dell’operazione, il legno deve prima essiccare naturalmente, fino a un contenuto di umidità pari a circa 10-15%, lo “Shou Sugi Ban” – come ho avuto modo di provare – prevede le seguenti azioni: Bruciare: Pochi secondi bastano a creare una patina di qualche millimetro. Più tempo equivale a un maggior profondità di penetrazione del fuoco e quindi una crosta più spessa. Raffreddare: Dirigere un getto d’acqua sul legno per raffreddarne la superficie e bloccare la combustione. Pulire: Asciugare la superficie con un panno e spazzolare per rimuovere polvere e residui di bruciatura. Infine, pulire con cura la parte trattata. Rifinire: Quando il legno è asciutto, dare una passata di olio naturale, che garantisce una maggior resistenza e ne esalta le venature. I migliori – per affinità biologica, resa estetica, assorbimento – sono gli oli di origine naturale (olio di lino, tung). La tavola va sottoposta alla fiamma per pochi istanti, così da interessare solo la parte superficiale e penetrare pochi millimetri in profondità. Il legno, trattato attraverso questo processo termico – carbonizzazione – dà luogo a delle reazioni chimicofisiche: il risultato è una patina superficiale dura e di colore scuro. Questa “crosta” bruciata, preserverà il legno rendendolo più resistente dall’attacco dei parassiti e agli agenti atmosferici. Terunobu Fujimori: la lezione di un maestro Giapponese Terunobu Fujimori, architetto e storico dell’architettura giapponese, è esperto nelle tecniche costruttive tradizionali nipponiche. Egli ha riscoperto la carbonizzazione del legno per la protezione dei manufatti lignei. Le sue opere architettoniche esibiscono la tecnica yakisugi, applicata in modo innovativo, tra estetica e pragmatismo. “Coal House”: la casa carbone realizzata da Terunobu Fujimori Chi meglio di lui può essere da esempio per comprendere appieno questa tecnica? Qui sotto, sono illustrate le varie fasi della tecnica dello Shou Sugi Ban, sperimentate e illustrate dall’architetto in persona. Le fasi dello Shou Sugi Ban, illustrate da Terunobu Fujimori (fonte: Dwell.com) “Per primo prendi legname di cedro o pino non troppo sottile e fai un camino triangolare che leghi con filo d’acciaio. Quando ci metti un pezzo di giornale con il fuoco dal basso, il fuoco sale rapidamente per via dell’effetto camino. I legni sono sorprendentemente sempre bruciati allo stesso modo sul fondo e sulla parte superiore. Dopo aver visto il fuoco dall’alto, aspetti un pò, quindi lo sposti e lo apri. È tutto”. Lo shou sugi ban o yakisugi è, come abbiamo visto, un processo di modifica termica che può essere utilizzato per creare una superficie idrofobica, ignifuga e durevole per i rivestimenti esterni. Aumentare la durata delle strutture in legno senza aumentare contemporaneamente i costi di manutenzione e il carico ambientale, aiuterebbe a mitigare il cambiamento climatico e fornirebbe succulenti alternative ecologiche per il settore edile. Bibliografia • ASTORE A., Al di là di ciò che vedi. Le strutture in legno ad incastro in Cina e Giappone, 2018 • BROWN Azby, The genius of Japanese carpentry, Honk Kong, Tuttle, 2013 • NISHIOKA T., KOHARA J., The building of Horyu-ji, Japan, NHK Publishing, 2016. • LANER F., Il legno. Materiale e tecnologia per progettare e costruire, Utet, 2012 • PIAZZA M., TOMASI, Strutture in legno. Materiale, calcolo e progetto, Milano, Hoepli, 2005 • BULIAN F., Verniciare il legno. 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