Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Svolgere attività lavorative in smart working nei borghi è un’opportunità che va sostenuta e incentivata. Da qui nasce il disegno di legge che intende ridare vita ai piccoli centri d’Italia Indice degli argomenti: Il volano dei borghi italiani: su cosa punta la proposta di legge Smart working nei borghi: le potenzialità economiche, sociali e occupazionali L’iter del disegno di legge e i prossimi passi Fare smart working nei borghi potrebbe essere l’occasione per l’Italia di innescare una vera e propria rinascita del territorio. Se si pensa che nel solo 2020, complice la pandemia e le restrizioni conseguenti, 6,58 milioni dei lavoratori dipendenti italiani hanno svolto lavoro agile, si può comprendere quali opportunità si possano attuare nei piccoli centri italiani. Tuttavia, occorre creare condizioni adatte perché si possa pensare a incentivare il passaggio stabile dalla città alle piccole realtà. Per questo l’Associazione de I Borghi più Belli d’Italia ha promosso una proposta di legge ad hoc intitolata “Delega al Governo per la promozione del lavoro agile nei piccoli comuni”. I suoi obiettivi sono quattro: ripopolare i borghi italiani; creare le basi per una nuova e più versatile definizione di smart working; garantire i servizi essenziali in grado di incentivare la migrazione verso i piccoli Comuni; valorizzare il territorio e le attività locali e artigianali. Le potenzialità che tale proposta di legge potrebbe generare sono enormi se si pensa che già oggi in Italia sono circa 10 milioni le persone che vivono nei quasi 5500 Comuni con meno di cinquemila abitanti. La maggior parte di essi ha una popolazione compresa tra mille e tremila abitanti, mentre un terzo conta meno di mille abitanti. Non solo: potrebbe rigenerare piccole realtà urbane che da tempo soffrono un progressivo spopolamento. Il volano dei borghi italiani: su cosa punta la proposta di legge Negli anni si sono fatte molte proposte per stimolare il ripopolamento dei borghi. Oggi c’è un riferimento legislativo costituito dalla legge sui piccoli Comuni. Lo stesso Piano Nazionale Borghi, previsto dal PNRR, prevede incentivi specifici. La proposta di legge vuole fare di più: intende creare le condizioni più opportune perché si possa passare dalla teoria alla pratica. «Questo ddl nasce come conseguenza della pandemia e dalla evidenza che per più di 12 mesi quasi 90mila lavoratori hanno scelto di svolgere attività di smart working nei borghi, sia perché erano i propri paesi d’origine sia perché scelti quali luoghi d’elezione dove svolgere al meglio la loro attività lavorativa. In molti casi l’intenzione di molti smart worker è di restare anche dopo la fine dell’evento pandemico. Da qui l’idea di sostenere politiche mirate a favorire questa permanenza, cercando così di ripopolare i piccoli borghi e provvedendo così a colmare una lacuna che nessuna legge negli ultimi 50 anni è mai riuscita a fare: ridare vita a queste piccole realtà che hanno vissuto uno spopolamento a volte completo». A dirlo è Francesco Maria Spanò, avvocato e dirigente dell’università LUISS nonché membro del Comitato tecnico scientifico dell’Associazione. L’idea è permettere a chi il lavoro ce l’ha di poterlo svolgere in modalità agile in un contesto urbanistico “a misura d’uomo”. In questo modo si creano le condizioni per riattivare condizioni economiche e sociali. Quali sono le leve su cui fa forza questa proposta di legge? «Garantire chi decide di andare a vivere in un piccolo borgo di poter contare sulla possibilità di fare smart working per cinque anni – specifica Spanò Per l’azienda o l’ente in cui lavora si possono configurare vantaggi fiscali o contributivi, che devono essere però sostenuti dal Governo. I Comuni, invece, devono poter assicurare servizi minimi a livello scolastico, sanitario o di trasporti. A livello, invece, architettonico ed edilizio si possono creare degli hub sul territorio ristrutturando edifici oggi abbandonati in cui professionisti di varie attività possono svolgere la propria attività in uno spazio comune, pur con ambiti personali, creando così opportunità di disseminazione e di incontro culturale, professionale e umano». Smart working nei borghi: le potenzialità economiche, sociali e occupazionali Le potenzialità perché questo ddl sugli smart working nei borghi possa funzionare ci sono, come evidenzia Fiorello Primi, presidente de I Borghi più Belli d’Italia. «Nei piccoli borghi si potrebbero avviare opportunità in tutti i settori: penso, per esempio, alla possibilità di creare centri di ricerca, che definirei “piccoli borghi della scienza”, mettendo a disposizione edifici pubblici oggi in disuso debitamente ristrutturati, prevedendo infrastrutture tecnologiche di comunicazione adeguate. Potrebbero essere insediate piccole postazioni di co-working a disposizione di giovani che possano fare ricerca, in accordo con le università. Sono tutte condizioni possibili da avviare per favorire la rinascita dei borghi. Ma il borgo ha un senso se c’è una comunità». Proprio da qui occorre partire, dal vero senso del borgo: «è un elemento focale – come lo è stato nei secoli – di un territorio dove sono vive e presenti connessioni, relazioni, attività. Occorre recuperare questo senso di comunità che si prende cura della propria storia e tradizione e cerca di tramandarla». Incentivare i borghi significa quindi porre le basi per creare opportunità economiche e occupazionali: creare le giuste condizioni per stimolare connessioni tra borghi e territori significa favorire le potenzialità per creare centinaia di migliaia di posti di lavoro. Interessati a questa misura non sono solo i giovani, ma anche famiglie, dipendenti pubblici e lavoratori privati. Smart working nei borghi: un’occasione per l’edilizia e gli ostacoli da superare Che volano economico potrebbe rappresentare questo disegno di legge per l’edilizia? «Incalcolabile, direi risponde Primi –. Tuttavia vanno superati alcuni ostacoli di natura legislativa». Pensiamo oggi al superbonus e al bonus facciate: nei borghi è complicatissimo contare su questi incentivi. «Serve semplificare le procedure, ma occorre anche contare su un maggior numero di persone attive nelle sovrintendenze, che si occupano poi di definire la modalità di intervento in ambiti di pregio storico-artistico, in cui spesso si trovano i borghi». Non solo: in essi si contano circa 600mila edifici di cui non si conosce la proprietà e 3 milioni di edifici da recuperare. «Su questi occorre comprendere cosa possano farne i Comuni per provvedere alla loro gestione in sicurezza». L’iter del disegno di legge e i prossimi passi Parlare della “questione borghi” significa porre al centro un tema assai complesso in cui entrano in gioco e si compenetrano diversi aspetti e fattori ed è necessaria una visione a lungo termine, da qui ai prossimi 30 anni e che richiede investimenti importanti, nazionali ed europei. Ma la forza propulsiva che potrebbe innescare una futura legge che stimoli lo smart working nei borghi è notevole a più livelli: edilizia, sanità, trasporti, scuola, commercio. Ora però è necessario creare le condizioni perché il disegno di legge trovi una larga condivisione. Il ddl, oggi depositato in Senato, ha avuto come primo firmatario senatore Bruno Astorre, cui hanno già fatto seguito altri 35 senatori. Promossa da I Borghi più Belli d’Italia, ha trovato anche il sostegno di ANCI Lazio. «Per ora i punti cardine del ddl sono quattro, ma l’idea è di implementarli ulteriormente anche nel confronto con altri parlamentari per arrivare quanto prima a una presentazione ufficiale in conferenza stampa con tutti i firmatari. La speranza è che venga incardinata quanto prima nell’iter parlamentare», specifica Primi. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento