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Per affrontare la crisi energetica e il rialzo dei prezzi del gas si può pensare all’acquisto di una stufa a pellet o a legna. Ma come scegliere l’impianto più adatto, in villa o in condominio? Indice degli argomenti: Quali accorgimenti tecnici e burocratici vanno considerati per la sua installazione in condominio? Qual è il locale ideale dove posizionare la stufa? Rottamare una stufa a pellet o a legna è una possibilità concreta Quali sono gli incentivi per chi acquista una stufa? Riscaldare con la stufa è economicamente conveniente? L’autunno è il periodo in cui di solito si riscopre il piacevole tepore della stufa a legna o a pellet. Quest’anno la crisi energetica e il rialzo dei prezzi del gas hanno reso molto interessante l’idea di acquistare un impianto di questo tipo, in vista dell’inverno. Ma quali sono gli aspetti da considerare per valutare l’acquisto di un termoprodotto? Di seguito troverete diverse risposte a quesiti di vario tipo, utili per farsi un’idea quanto più concreta, realizzate avvalendoci del parere esperto di AIEL – Associazione Italiana Energie Agroforestali. Quali accorgimenti tecnici e burocratici vanno considerati per la sua installazione in condominio? Installare una stufa in condominio è possibile, ma occorre considerare alcuni aspetti fondamentali. Il primo è legato all’installazione possibile del camino. La stufa – è sempre bene ricordarlo – deve essere dotata di un sistema fumario a esclusivo utilizzo dell’impianto e deve arrivare a uscire dal tetto rispettando una certa altezza che assicuri il corretto deflusso dei fumi. L’installazione di una stufa deve essere segnalata all’amministratore di condominio e autorizzata dall’assemblea. Se è già stata predisposta un’asola tecnica, ciò facilita i conseguenti lavori di installazione. Se l’asola ha una dimensione tale da rispettare i requisiti della norma UNI 10683 allora è possibile collegare anche un secondo impianto di un altro condomino. In ogni caso occorre verificare la fattibilità attraverso il parere di un installatore abilitato ed esperto. Se invece mancasse un’apertura occorre crearla perforando il muro, praticando un foro da 100 mm (indicativamente) in caso di stufa a pellet e 120-150 mm per la stufa a legna. La parte burocratica si focalizza unicamente sulla necessità di far installare la stufa da un tecnico abilitato dalla Camera di Commercio. In qualità di intervento di manutenzione straordinaria non serve un titolo autorizzativo da fornire al Comune. Servirà solo effettuare una comunicazione previa ai lavori. In ogni caso, è fondamentale che l’intervento venga svolto da un installatore abilitato ed esperto, l’unico che può assicurare un lavoro a norma oltre che ben fatto e sicuro. Gli aspetti cui fare attenzione sono diversi. Pensiamo, per esempio, all’installazione del camino che prevede l’attraversamento di un tetto in legno. Ogni anno, a causa di installazioni non conformi di stufe a legna e pellet, si verificano circa 10mila incendi del tetto. Si tratta di interventi illeciti fai-da-te. Una volta svolto il lavoro, infatti, il proprietario deve farsi rilasciare dal tecnico la dichiarazione di conformità che attesta la corretta installazione e il libretto d’impianto. Inoltre, l’impianto ha l’obbligo di accatastamento al Catasto informatico regionale degli impianti termici. Qual è il locale ideale dove posizionare la stufa? Innanzitutto va detto che ci sono due tipi di apparecchi di riscaldamento ambiente: ad aria (stufe a legna o a pellet) che riscalda l’ambiente attraverso l’irraggiamento e l’immissione di aria calda nell’ambiente, riscaldando il locale in cui sono contenute e in parte anche quelli attigui; idrostufe: sono quegli impianti che hanno uno scambiatore contenente acqua e che si possono utilizzare per riscaldare l’acqua dell’impianto, che siano termosifoni o impianto a pavimento. La stanza prescelta deve avere una superficie minima in funzione della potenza termica dell’apparecchio. Anche in questo caso, è prioritario l’intervento di un installatore che verifica e consiglia il potenziale proprietario circa l’ubicazione più corretta della stufa a legna o a pellet. Per avere un’idea: una stufa a pellet da 12 kW va posta in un ambiente da circa 40 metri quadri. Per fare un calcolo occorre dividere per tre la potenza termica nominale e moltiplicarla poi per 10 così da conoscere la metratura ideale dove collocare l’apparecchio. Nel caso di stufa a legna da 12 kW, invece, si divide per 2 la potenza nominale, quindi è necessaria una stanza più grande, ovvero 60 metri quadri. Nel caso la scelta cada in una stanza più piccola, occorrerà giocoforza ridurre la potenza della stufa. Il calcolo cambia nel caso di stufa idro: per una stufa a pellet da 23 kW bastano 30 metri quadri. Il diverso calcolo si deve al fatto che la potenza termica è trasferita all’ambiente da riscaldare attraverso l’acqua. A chi rivolgersi nella ricerca di un installatore? Innanzitutto AIEL conta su un Gruppo Installatori e Manutentori di Impianti a Biomasse (GIMIB) con una lista di operatori attivi in tutta Italia, come pure il Gruppo Apparecchi Domestici (GAD). Altri riferimenti sono le associazioni di categoria o tecnici fumisti accreditati. C’è poi la possibilità di contattare l’azienda specifica che poi potrà mettere in contatto l’interessato con il rivenditore di zona che a sua volta è in contatto con diversi installatori locali. La stufa può sostituire l’impianto a gas? Se sì, quali sono gli aspetti da considerare? In appartamento la stufa ad aria non può sostituire totalmente un impianto di riscaldamento a gas, autonomo o centralizzato. Può integrare quanto già c’è, potendo soddisfare anche il 50-60% il fabbisogno. Si può pensare di integrare il termoprodotto con un impianto solare termico o fotovoltaico in modo da provvedere all’acqua calda sanitaria riscaldamento, raffrescamento. Un’integrazione tra fonti rinnovabili potrebbe permettere di annullare, laddove possibile, la dipendenza da un impianto a gas. Rottamare una stufa a pellet o a legna è una possibilità concreta. Quali regioni hanno aderito e cosa prevede la misura? Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto hanno attivato una serie di bandi di finanziamento locali a sostegno del turn-over tecnologico cumulabili con l’incentivo nazionale Conto Termico, con l’obiettivo di promuovere e rafforzare il processo di rottamazione degli impianti più vecchi e inefficienti e la loro sostituzione con sistemi di riscaldamento più efficienti e sostenibili, migliorando l’efficienza energetica del parco installato e riducendo le emissioni di polveri in atmosfera. I beneficiari possono quindi sfruttare un contributo aggiuntivo rispetto a quello assegnato dal Conto termico, abbattendo così l’investimento sul nuovo apparecchio. Il bando a sportello della Regione Piemonte garantirà una maggiore efficienza energetica del parco installato, attraverso la concessione di un contributo economico a fondo perduto che verrà riconosciuto in aggiunta al finanziamento assegnato dal GSE e conseguito con il “Conto termico” nell’ambito della linea di intervento 2.B, non oltrepassando la quota massima di copertura dell’investimento. Il contributo regionale di Regione Lombardia è concesso a fondo perduto ad integrazione del contributo previsto dal Conto termico per lo stesso intervento riconoscendo un contributo complessivo che, per gli apparecchi con le minori emissioni, arriva fino al 95% delle spese per i cittadini e per gli enti del terzo settore, fino al 65% per le micro e piccole imprese e fino al 55% per le medie imprese. La condizione necessaria per la partecipazione al bando della Regione Emilia-Romagna è che il richiedente risulti assegnatario dal GSE del contributo Conto Termico 2.0. Sono ammissibili al contributo gli interventi che prevedono la rottamazione di un generatore di calore a biomassa legnosa e contestuale acquisto e installazione di un nuovo generatore di calore di Classe 5 Stelle. Il nuovo Bando Stufe 2022 della Regione Veneto incentiva la sostituzione di vecchi generatori a legna e pellet con nuovi sistemi di riscaldamento a biomassa moderni e a basse emissioni cumulabile con il Conto Termico. L’impianto da sostituire deve necessariamente essere un generatore alimentato a biomasse (legna, pellet o cippato), con classificazione ambientale inferiore alle 3 stelle o privo di classificazione. I potenziali beneficiari dovranno primariamente presentare al GSE la richiesta dell’incentivo per la misura 2B del Conto Termico, risultando idonei a svolgere l’intervento di sostituzione di generatore a biomasse. Quali sono gli incentivi per chi acquista una stufa? Gli incentivi attualmente adisposizione degli impianti di riscaldamento a biomassa legnosa sono quattro: Conto termico, Superbonus 110%., Detrazioni fiscali e Certificati bianchi. Il conto termico è il sistema di incentivazione degli interventi per l’incremento dell’efficienza energetica e la produzione di energia termica da fonti rinnovabili. I beneficiari sono Pubbliche Amministrazioni, Imprese e Privati che possono arrivare a coprire il 65% della spesa per un nuovo apparecchio certificato secondo la norma D.lgs 186/2017. Consente la sostituzione di generatori alimentati a gasolio, olio combustibile, carbone o biomassa, con generatori a biomassa; la sostituzione di generatori alimentati a GPL, con generatori a biomassa, limitatamente alle aziende agricole e forestali, in area non metanizzata e con bonus emissioni Ce pari a 1,5 e la nuova installazione di generatori a biomassa, limitatamente alle sole aziende agricole e forestali. Il Conto Termico può essere applicato a un intervento svolto in tutti gli edifici esistenti sia pubblici sia privati, nei fabbricati rurali esistenti e nelle serre. Per quanto riguarda il Superbonus 110%, rientra la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale delle unità immobiliari unifamiliari o plurifamiliari con ingressi indipendenti con impianti per il riscaldamento il raffrescamento e la fornitura di acqua calda sanitaria dotati di caldaie a biomasse a 5 stelle se installate in aree non metanizzate in Comuni non sottoposti alla procedura di infrazione per il superamento dei limiti di emissione. Inoltre, tutti gli interventi di efficientamento energetico già agevolati dall’ecobonus, possono accedere al Superbonus del 110% se eseguiti congiuntamente ad almeno uno degli interventi trainanti (elencati all’art. 119, comma 1, del Dl Rilancio). Tra questi interventi sono inclusi caldaie e apparecchi domestici a biomasse, nei limiti di spesa già vigenti per ciascun intervento, che devono rispondere a requisiti specifici. Le detrazioni fiscali permettono di rientrare di una percentuale dell’investimento effettuato per determinati interventi, tramite la dichiarazione dei redditi. Infine, i certificati bianchi, anche noti come Titoli di Efficienza Energetica(TEE, sono titoli negoziabili che certificano il conseguimento di risparmi energetici negli usi finali di energia attraverso interventi e progetti di incremento dell’efficienza energetica. Sono rivolti ai distributori di energia elettrica che hanno connessi alla propria rete di distribuzione più di 50.000 clienti. Riscaldare con la stufa è economicamente conveniente? Il pellet è ancora il combustibile più conveniente, con un risparmio del 30% sui costi finali dell’energia rispetto al metano, il combustibile che ha registrato gli aumenti più importanti in termini di costo della materia prima (gas naturale). Anche la legna da ardere resta una scelta molto conveniente, consentendo un risparmio del 59% rispetto al gas naturale e del 72% rispetto al gasolio da riscaldamento. Riguardo al prezzo del pellet, AIEL rileva il prezzo medio di vendita del pellet certificato in classe ENplus® A1 dichiarato dai produttori e distributori certificati in Italia. Dall’analisi effettuata, mantenendo lo stesso metodo di confronto già utilizzato per metano ed energia elettrica, il prezzo medio del pellet (classe ENplus® A1, Iva esclusa) al consumatore è passato da 4,35 euro al sacchetto nel 2020 fino a circa 10 euro ad agosto 2022, con prezzi più che raddoppiati nel biennio di riferimento. In base ai calcoli effettuati, il pellet rimane ancora il combustibile più conveniente tra quelli analizzati con un risparmio di oltre 30% rispetto al gas naturale. Cosa si può dire sul prezzo della legna? La legna da ardere rimane uno dei combustibili più economici con cui riscaldare casa, ancor più dopo l’aumento generale dei costi delle materie prime e dell’energia. Infatti, la legna registra incrementi di costo (da aprile 2021 ad aprile 2022) particolarmente contenuti in confronto alle fonti fossili tradizionali, quali metano, gpl e il gasolio. Dato che le caratteristiche e le modalità di commercializzazione dei diversi combustibili, fossili e rinnovabili, variano fortemente tra loro, il confronto tra il costo di acquisto a parità di energia prodotta è l’unico modo valido per paragonare la convenienza delle diverse soluzioni di riscaldamento. Nello specifico, il confronto viene effettuato considerando la quantità di combustibile necessaria a produrre 1 MWh di energia primaria: nel caso della legna da ardere, questa quantità corrisponde a circa 270 kg di legna secca. Ipotizzando un appartamento di medie dimensioni, il costo annuale per riscaldarlo (10 MWh) con la legna da ardere può essere stimato in circa 510 euro, con un risparmio del 59% rispetto al gas naturale, del 72% rispetto al gasolio da riscaldamento e ancora di più rispetto al gpl, di cui però bisogna verificare il prezzo (molto variabile) sul territorio. Quali sono i criteri per scegliere la legna? Il parametro che maggiormente influenza il potere calorifico della legna da ardere è il contenuto idrico (M), espresso in % di acqua rispetto al peso fresco del legno, in quanto durante la combustione deve essere spesa dell’energia per far evaporare l’acqua contenuta nel legno. La legna appena tagliata contiene circa il 50% di acqua (contenuto idrico M50) e per questa ragione non è adatta all’immediato impiego in stufa o caldaia. La legna da ardere è venduta a peso o a volume. Per quanto riguarda la vendita a peso, è necessario che il venditore attesti il peso della legna consegnata esibendo lo scontrino della pesata e comunichi anche il contenuto idrico della legna che vende. Senza un’affidabile determinazione del contenuto idrico è preferibile la vendita della legna a volume, sia sfusa sia accatastata. In questo caso il venditore deve specificare: specie legnosa, dimensioni dei ciocchi e contenuto idrico. Nel caso di raccolta fai-da-te quali sono i consigli utili per una sua ideale stagionatura e scelta? Un elevato contenuto idrico riduce il potere calorifico della legna e il rendimento del generatore, aumentando le emissioni. Per le specie a legno duro (faggio, quercia, carpino, frassino, castagno) è raccomandabile che la stagionatura all’aria aperta duri uno o due anni, a seconda delle condizioni climatiche e l’ubicazione della catasta. Per le specie a legno tenero (abete, pino, larice, robinia, betulla) possono bastare 9-12 mesi. Va tagliato solo legno vergine non contaminato e della pezzatura idonea all’uso finale. Bisogna inoltre tagliare e accatastare la legna nel giusto periodo (ceduo: taglio in inverno, accatastamento prima dell’estate; alto fusto: taglio in estate, accatastamento in estate) e posizionare la catasta in un luogo esposto alla luce del sole per il maggior numero di ore giornaliere possibili, aerato e non all’interno di locali ed edifici, preferibilmente con una copertura sul lato superiore a protezione da pioggia o neve ma non sui lati per consentire la circolazione dell’aria. Infine, è importante accatastare la legna in modo che non tocchi direttamente il terreno (10-20 cm dal suolo) e sia distante almeno 10 cm dal muro per evitare la formazione di muffe e marciumi. Tutte le specie di legno vanno bene? Altrimenti, quale è bene scegliere? A parità di peso e di contenuto idrico, le diverse specie legnose hanno potere calorifico, cioè la quantità massima di calore producibile da un combustibile, quasi identico. L’importante è scegliere materiale vergine non contaminato, che può provenire sia da specie a legno duro (faggio, quercia, carpino, frassino, castagno) che specie a legno tenero (abete, pino, larice, robinia, betulla). Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento