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Indice degli argomenti Toggle Siamo di fronte a un’emergenza climaticaLa paura del cambiamentoCome possiamo finanziare questi interventi?Le dimore storiche italiane, un patrimonio da valorizzareCase History: intervento sulle Procuratie Vecchie in Piazza San Marco a Venezia Si possono riqualificare gli edifici storici? La risposta è sì, ma si tratta di un obiettivo che richiede una grande attenzione alla situazione di partenza per definire la strategia di efficientamento nel rispetto del quadro normativo. Il tema molto attuale, considerando i numeri da una parte e gli obblighi di riqualificazione dall’altra, è stato oggetto di un interessante convegno a REbuild, moderato dall’Architetto Francesco Trovò, ricercatore presso l’Università IUAV di Venezia. Partiamo dai numeri: in Italia ci sono più di 3 milioni di edifici storici realizzati prima del 1945, si tratta del 25% circa dell’intero stock nazionale. “Questi edifici storici dovranno avere un loro ruolo nella transizione ecologica, un percorso proprio visto che, a differenza dei beni culturali che sono oggetto di deroghe, molti di questi non rientrano nelle logiche di protezione, pur essendo identitari; bisogna dunque trovare il modo di tutelarli garantendo la transizione energetica, perché non possono essere equiparati alle periferie”, ha sottolineato Francesco Trovò. Negli ultimi anni abbiamo vissuto un progresso tecnologico importante, spinto anche dallo sviluppo delle fonti energetiche, ma contemporaneamente c’è stato un aumento dei consumi pro capite e di conseguenza delle emissioni. Oggi tutti i settori dell’economia sono chiamati a collaborare per limitare l’inquinamento e l’aumento dei gas serra: è il tempo di agire. E, naturalmente, la transizione ecologica interessa anche gli edifici storici. Siamo di fronte a un’emergenza climatica Mauro Roglieri, Amministratore unico Mr. Energy Systems, ha tracciato un quadro a dir poco preoccupante dello scenario che ci attende a causa del cambiamento climatico. A partire dall’aumento delle migrazioni: si parla di 1-3 miliardi di migranti che dovranno spostarsi perché non potranno più vivere nelle zone di origine a causa dell’aumento della temperatura globale. Gli impatti sull’economia saranno altissimi, il costo è valutato intorno al 10% del PIL di ogni Paese, costi insostenibili. Ci sono inoltre dei “tipping point” ovvero eventi estremi, come la scomparsa della foresta amazzonica o lo scioglimento dei ghiacci dell’Antartide che possono avvenire in tempi molto più rapidi del previsto. Per queste ragioni bisogna agire con estrema rapidità. Alcune azioni sono attuabili in tempi molto rapidi. Un esempio tra tutti: lo scoppio della guerra in Ucraina che ha portato all’emergenza legata al rischio di non avere gas per far funzionare gli impianti di riscaldamento, ha evidenziato un pericolo che ha spinto la Comunità europea a muoversi velocemente e in maniera compatta anche ponendo restrizioni (alla fine anche abbastanza lievi) all’utilizzo del gas naturale. “E’ bastato abbassare di un grado il set point dei nostri impianti, posticiparne di una settimana l’accensione e anticiparne di una settimana lo spegnimento per ottenere dei risultati straordinari – ha spiegato Roglieri. Certo ci ha aiutati anche il meteo, ma parliamo di 20% di risparmio di gas naturale a livello europeo“. La paura del cambiamento In questo scenario parliamo dell’importanza di riqualificare ed efficientare gli edifici storici prevedendo l’uso di fonti energetiche non fossili per il riscaldamento e il raffrescamento. Non solo si può ma si deve intervenire su questo patrimonio prevedendo però un approccio specifico e senza farsi spaventare dai target previsti a livello europeo. Esistono molti esempi virtuosi, ha spiegato Roglieri, anche in edifici di grande pregio in cui sono stati installati sistemi edificio/impianto molto efficienti. Un esempio è quello dell’Isola Certosa a Venezia, in cui gli edifici sono stati efficientati, prevedendo l’uso di pompe di calore alimentate in buona parte da un impianto fotovoltaico perfettamente integrato. O anche il progetto di riqualificazione della Galleria Borghese a Roma realizzato in accordo al protocollo GBC Historic Building®. A livello normativo oggi, inoltre, abbiamo a disposizione un modello di decarbonizzazione che può essere applicato agli edifici storici: “per la prima volta finalmente è possibile pensare a modelli delocalizzati di consumo dell’energia”. La delibera del dicembre del 2022 dell’AREA che ha pubblicato il nuovo TIAD (testo integrato sull’autoconsumo diffuso) prevede infatti che sia possibile produrre energia rinnovabile in un luogo e consumarla per esempio nei centri storici, anche a una certa distanza dal luogo di produzione. La transizione energetica degli edifici storici si può realizzare su diversi fronti. Ci sono per esempio i sistemi di illuminazione che devono essere efficientati: gran parte del patrimonio pubblico e storico è ancora dotato di sistemi di illuminazione al neon, il relamping a led porta risparmi del 50%-60% dell’energia elettrica per illuminazione che è una parte molto rilevante dei consumi elettrici di un edificio. “La transizione ecologica non è legata solo alla coibentazione, ha continuato Roglieri. Gli edifici storici sono complessi e ci sono procedure e regole che devono essere differenziate a seconda dei singoli casi, prevedendo uno schema strutturato di gestione dell’energia o la valorizzazione del percorso attraverso certificazioni”. Come possiamo finanziare questi interventi? “Esistono diversi strumenti a disposizione che possono aiutare a far partire un intervento di riqualificazione di un edificio storico – ci spiega Roglieri. In particolar modo per le Amministrazioni Pubbliche è possibile attivare il Conto Termico 2.0, un incentivo che è possibile richiedere anche in anticipo, e che copre una parte degli investimenti in conto capitale. Nel caso non si disponga di capitali da investire, o non si voglia aumentare il proprio indice di indebitamento, si può attivare un contratto EPC con una ESCO certificata, che si ripagherà gli interventi mediante i risparmi generati: ovviamente in questo caso occorrerà condividere una parte dei margini dell’intervento con la ESCo. Certamente per gli edifici storici sarebbe bene che questi strumenti prevedessero un premium in quanto molto spesso le tecnologie da utilizzare in base ai vincoli architettonici, sono più costose di quelle utilizzabili in edifici non a valenza storica. Però già con gli strumenti esistenti i tempi di ritorno di molte misure di efficienza sono in molti casi spesso più che interessanti”. Le dimore storiche italiane, un patrimonio da valorizzare In Italia il patrimonio storico culturale privato, ritenuto di interesse nazionale da parte dello Stato, vanta numeri importanti. Secondo l’ultimo censimento del Ministero della Cultura le dimore storiche private sono circa 38.000 (si tratta di beni privati vincolati), circa il 2×1000 del patrimonio immobiliare italiano costituito da circa 74milioni di unità. Il 17% di questo patrimonio è di proprietà privata. A tutela della sua conservazione e valorizzazione è nata l’Associazione Dimore Storiche, che – come ci ha spiegato il suo Presidente, Arch. Giacomo di Thiene – conta poco meno di 5000 soci e circa 3000 dimore storiche associate, è un ente morale, vanta una rappresentanza in ogni regione della Penisola ed è l’associazione di maggior peso all’interno dell’EHH – European Historic House, rappresentativa di 27 associazioni europee. Nel 2019 questi immobili hanno ospitato 45milioni di visitatori, in 8200 dimore private aperte al pubblico, contro i 49 milioni del sistema dei musei pubblici. “Il potenziale di crescita calcolato è di 3 volte e mezzo. Il giro d’affari che si riversa sulle dimore e l’indotto che si genera è di 800 milioni oggi e potrebbe arrivare a 2 miliardi e mezzo“. Il valore di tali dimore è indipendente dal fatto che questi beni siano aperti o chiusi al pubblico “perché qualunque bene culturale definisce la qualità dell’ambiente in cui è collocato”. Si tratta di beni non delocalizzabili e di un patrimonio distribuito principalmente (54%) nei comuni sotto gli 20.000 abitanti: l’11% si trova nei comuni sotto i 2000 abitanti e il 17% in quello compreso tra 2 e 5000 abitanti; oltre il 31% rientra nelle aree periurbane al di fuori dei centri abitati. Il 34% delle aziende vitivinicole afferisce a una dimora storica. E’ un patrimonio importante i cui costi di manutenzione sono significativi: “nel 2021 i privati hanno investito oltre 1.3 miliardi di euro“. Naturalmente è necessario che gli interventi di ristrutturazione siano realizzati da maestranze e artigiani con altissime competenze. Ma l’Arch. di Thiene ha ricordato che il dato degli occupati attuali – circa 280.000 – è in calo del 36% rispetto alla precedente rilevazione del 2017 e che “tra il 2014 e il 2019 ha chiuso il 34% delle aziende di restauro afferenti a Confartigianato Restauri. Vi trasmetto un grido d’allarme perché stiamo perdendo tutta quella filiera che potrebbe mantenere i beni“. Come possiamo gestire le necessità generate da questi beni rispetto al tema del miglioramento energetico? E fondamentale che la politica sia consapevole di cosa questi beni significhino per la nostra economia: nel 2021 la loro manutenzione ha mosso 1,3 mld di euro destinati ad artigiani, restauratori…”L’Italia può diventare un laboratorio di ricerca nel mondo per la salvaguardia dei beni culturali e la loro transizione digitale. La diffusione del patrimonio è la nostra ricchezza”. Sono diversi i temi da affrontare, a partire dal reperimento delle risorse in modo da definire le soluzioni da attuare per la transizione efficiente di questo ricco patrimonio. “Dobbiamo investire nel patrimonio culturale italiano – ha proseguito l’Arch. di Thiene – “sono le nostre terre rare”. Bisogna immaginare una progettualità a medio e lungo termine, che guardi agli immobili e a sistemi di produzione di energia a basso costo, come sono per esempio le comunità energetiche. Io sono terrorizzato dalla direttiva europea Case Green di cui condivido i principi ma non i modi. C’è soprattutto un problema di “educazione”. Educheremo la cittadinanza ad acquistare solo immobili in classe energetica A, con il rischio che gli edifici che non rispettino certi standard vengano abbandonati e che si perda tutto il nostro patrimonio culturale diffuso che spesso si trova in borghi che vivono di quel patrimonio“. Bisogna dunque immaginare precisi modelli per affrontare l’efficientamento energetico dell’edilizia storica, non si può infatti prescindere dal valore, culturale, sociale ed economico, di questo patrimonio diffuso. Case History: intervento sulle Procuratie Vecchie in Piazza San Marco a Venezia Alberto Torsello, Amministratore Unico TA, e Anna Regioni, Engineer-Senior Designer ARTELIA Italia, hanno raccontato il virtuoso esempio di recupero, riuso, restauro conservativo e ristrutturazione del complesso delle Procuratie Vecchie in Piazza San Marco, in gran parte di proprietà della Generali Real Estate, realizzato su un progetto architettonico di David Chipperfield Architects. Si tratta di un edificio di 12.400 mq di superficie e con un’estensione di circa 152 mt. Originariamente la fabbrica, realizzata a partire dal XII secolo ospitava i Magistrati della Serenissima. Il complesso è stato poi ricostruito nel XVI secolo in seguito a un incendio, ospitando da allora gli uffici delle Generali e cambiando nel tempo la struttura interna a seconda delle esigenze funzionali. Il recente intervento di riqualificazione è stato “un grande lavoro multidisciplinare, anche complesso, che ha portato a un risultato importante e all’ottenimento della certificazione Leed grazie alla collaborazione tra tutti gli attori coinvolti”, attraverso la definizione del protocollo da seguire considerando l’obiettivo da raggiungere, i costi e gli eventuali extra costi per un possibile upgrade, la strategia da attuare. Un lavoro di squadra che permesso di raggiungere un livello di certificazione superiore a quanto inizialmente previsto. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento