Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Il trullo pugliese, di origini antichissime, è uno straordinario esempio di architettura vernacolare italiana. Prodotto della cultura contadina, con pietra locale a basso costo, è la soluzione tecnica ed estetica alle esigenze climatiche tipiche del luogoIndice degli argomenti: Un’architettura spontanea, espressione della cultura contadina Storia dei trulli ed evoluzione La valle d’Itria o Murgia dei Trulli L’arte della tecnica costruttiva a secco Pseudocupola (cupola a sbalzo o falsa cupola) Principi di bioclimatica del trullo Pinnacoli e simbologia dei trulli Normative e prospettive di tutela dei trulli pugliesi Dopo aver visto un esempio di architettura vernacolare italiana (i Trabucchi o Trabocchi) icona delle coste abruzzesi e garganiche, oggi ci addentriamo nel cuore della Puglia per un viaggio alla scoperta dei celebri Trulli, fiabesche casupole in pietra dai tetti a forma di cono, che evocano tempi lontani, tinti di magia e mistero. Espressione della cultura contadina, di una civiltà remota basata sulla complicità atavica tra uomo e ambiente naturale in una simbiosi fatta d’istinto ed empatia, quando le leggi della natura erano le sole regole a cui obbedire. Patrimonio Unesco fin dal 1996, il trullo (in pugliese truddu, dal greco “tholos”, cupola) è una costruzione in pietra calcarea tipica della zona centrale della puglia (in dialetto casedda), realizzata con la stessa tecnica dei muri a secco (in dialetto parieti), senza ausilio di malta o cemento. Portati al centro del dibattito architettonico da Giuseppe Pagano e Daniel Guarniero, che hanno condotto una scrupolosa ricerca sul tema dell’abitare – confluita in una mostra fotografica esposta alla Triennale di Milano del 1936 e depositata nel libro-catalogo “Architettura rurale italiana” – attraverso un coinvolgimento diretto che li ha condotti tra paesi, città e campagne di tutta Italia. Essi indagano l’evoluzione della casa rurale italiana fin dalle primitive origini “non soltanto per il contributo spirituale ed estetico che ci può fornire una indagine sulla funzionalità della casa rurale, ma anche per affrontare con conoscenza più approfondita il problema pratico delle nuove costruzioni rurali che il Governo fascista sta progettando in tutta Italia. […] per dedurre da questa analisi la via logica per determinare la forma della casa colonica adatta ai nostri tempi, alle esigenze moderne, alla cultura storica del nostro Paese”. Trent’anni dopo, nel 1964, l’architetto austriaco Bernard Rudofsky, porterà all’attenzione globale il tema dell’architettura vernacolare con una mostra fotografica organizzata al Moma di New York, dal titolo “Primitive Architecture“ confluita poi nel catalogo Architecture without architects. Accanto alle numerose testimonianze di architettura spontanea sparse per il mondo (Stonehenge, capanne primitive in Asia e Africa, edifici in terra cruda, villaggi fortificati, case-palafitta, magazzini-fortezze, casegrotta della Cappadocia in Turchia, i Trabucchi del Gargano), fecero la loro comparsa anche i caratteristici Trulli di Alberobello. Un’architettura spontanea, espressione della cultura contadina Il trullo, da una parte rappresenta la memoria storica di un popolo, portatrice di valori, cultura e tradizioni; dall’altra è un modello che cela i segreti costruttivi più autentici, sapiente risultato del felice incontro tra uomo e natura attraverso 3 ingredienti espressione del genius loci: clima, materiale edilizio locale, ed economia agricola. Questo perché il vernacolo “non segue capricci né mode … si commisura alle dimensioni umane e ai bisogni umani, senza fronzoli, senza l’isteria del progettista…il semplice affidarsi a materiali edilizi locali garantisce il persistere di metodi costruttivi nobilitati nel tempo”. (B. Rudofsky) I trulli di Alberobello Costruzioni analoghe per forma, tecnica e materiali esistono in molte parti del globo, dai Pinnettas sardi, alle Pagliare molisane, ai Tucul africani, alle Tholoi micenee ma è specialmente in Puglia che si sono manifestate le condizioni ideali affinché il linguaggio architettonico sia evoluto dalla ruralità funzionale, verso un’estetica più raffinata e singolare, tale da essere considerata Patrimonio dell’Umanità. Storia dei trulli ed evoluzione Definiti dallo storico francese Emile Bertaux “costruzioni senza tempo”, i Trulli sono la manifestazione formale di un abitare intimamente legato al territorio, alla terra quale fonte di sostentamento, l’archetipo della cultura rurale pugliese dipendente dalla cura del podere, dall’agricoltura e dall’allevamento. Le fasi evolutive dell’architettura a trullo Il Trullo è la mirabile soluzione di un problema di economia agraria, rurale. Come ogni architettura, trae origine dalla primitiva necessità dell’uomo di ripararsi dalle intemperie, di avere un rifugio sicuro, basato sulla massima economia di spesa, fatica e tempo, offrendo al contadino una dimora che consente di rimanere a vivere con la famiglia sul terreno di lavoro. Anche se non mancano in Puglia, esemplari di architetture megalitiche come dolmen e menhir o resti di antiche civiltà Neolitiche, l’origine del trullo (casella in dialetto) può farsi risalire all’archetipo della capanna primitiva in legno e paglia poi evoluta nei tipici pajari in pietra pugliesi. Il più antico manufatto superstite di cui si conosce la data (1559: incisa sull’architrave) è il Trullo Marziolla in Valle d’Itria, poco distante da Locorotondo. Usato dai contadini che coltivavano i vigneti antistanti, è costruito in pietra a secco, di pianta circolare e si erge in altezza per 5,15 metri. Trullo Marziolla, Valle d’Itria, 1559. (contrada Marziolla, Locorotondo) Nonostante le variazioni formali più o meno decisive, esistono dei caratteri dominanti che identificano la tipologia architettonica o archetipo. Ad esempio, si possono rintracciare due tipologie di copertura: a tumulo (con terra) con lastre di pietra (“chiancarelle”). Il tumulo generalmente prevede all’intradosso della volta a sbalzo, l’uso di lastre per la parte portante, mentre all’esterno è ricoperta con terra e ghiaia. Al contrario la versione del trullo più rifinita usa lastre di pietra spesse pochi cm (chiancarelle) all’estradosso della volta mentre, internamente, la funzione portante è assegnata a conci più grossolani. A sinistra: trullo coperto a tumulo. A destra: trullo con copertura in lastre di pietra calcarea locale (chiancarelle). Questa differenziazione è stata letta (Miosi Marco, 2012) come il risultato di due caratteri sociali. La scelta di una delle due tipologie era determinata principalmente da: grado di specializzazione delle maestranze economia di spesa Se il trullo era costruito dal contadino stesso o dai suoi familiari, senza particolari abilità tecniche, per imitazione, e con l’intenzione di limitare al minimo gli sforzi sia economici che di tempo e fatica, la scelta ricadeva sul tumulo. Se, al contrario, le maestranze atte alla costruzione erano professionali e si disponeva di pietra a sufficienza, ne scaturiva un trullo più rifinito nella forma e nei materiali: pietra in blocchi per la struttura interna portante e in lastre per l’impermeabilizzazione esterna. L’uso delle chiancarelle era condizionato dalla disponibilità in loco della pietra (a volte dovevano essere acquistate) e da un maggior numero di ore lavorative, rispetto alle più economiche costruzioni rivestite in terra (a tumulo). Evoluzione tipologica e compositiva dei trulli (da Simoncini G., 1960) Il trullo ha subito nel tempo una serie di evoluzioni tecniche e morfologiche per adattarsi alle nuove esigenze funzionali, da pagliaio e ricovero per gli attrezzi da lavoro, a residenza abitativa. Da un uso temporaneo e limitato nel tempo ad uno continuativo e permanente. Costruzioni più solide e grandi si rendevano quindi necessarie per ospitare anche famiglie più numerose. La pietra, abbondante ovunque sul territorio tra Bari e Taranto, va a sostituire materiali più fragili come legno e paglia della capanna primordiale. Le pietre poste ad anelli concentrici e sfalsati in altezza generano la falsa volta a tholos che non ha bisogno di sostegni interni: via quindi il palo centrale che sorreggeva la copertura della capanna originaria. All’esterno la forma passa da una conformazione a uno o più gradoni esterni, all’attuale e tipico cappello conico, che meglio si presta a far scivolare via le piogge senza lasciar danni. Dall’originaria forma circolare, poi, si passa a quella squadrata, più consona alle incrementate esigenze spaziali. Infine, cambia anche la composizione architettonica: i trulli da forma isolata e sparsi per la campagna, possono ora trovarsi aggregati in composizioni più complesse. La masseria, ad esempio, può essere costituita da strutture con tipologia a trullo, aggregati in complessi pluricellulare: trulli accostati tra loro con la variante dell’aggiunta di strutture squadrate coperte a pignon (profilo spiovente a capanna). Evoluzione tipologica e morfologica del trullo pugliese Battaglia, 1952 Il trullo di Alberobello, come conferma l’antropologo e paletnologo Raffaello Battaglia, è “la forma ultima, definitiva: l’espressione architettonica più aulica e complessa mai raggiunta dal tipo a tholos pugliese.” La valle d’Itria o Murgia dei Trulli La Puglia (anticamente, Apulia) è una regione posta in una posizione strategica nel mar Mediterraneo. Ciò ha permesso lo svilupparsi di una vivace attività umana fin da tempi molto remoti, crocevia di popoli e culture diverse. Le più antiche tracce del passaggio dell’uomo, rinvenute nella zona, appartengono al Neolitico, oltre 5 mila anni fa. Fin da quando cioè l’essere umano ha cominciato a stanziarsi sul territorio in maniera fissa, radicata, abbandonando il primordiale nomadismo a favore di una vita dedita all’agricoltura e all’allevamento. La Valle d’Itria o Murgia dei Trulli (fonte: PTPR Regione Puglia) I trulli sono concentrati nella regione compresa tra Bari, Brindisi e Taranto, denominata Valle d’Itria o Murgia dei Trulli. Il territorio è caratterizzato da rocce calcaree affioranti che formano delle colline disposte a terrazze degradanti. Si tratta di una morfologia particolare chiamata, appunto, Murgia. Il termine deriva dalla radice linguistica pre-indoeuropea mur che significa “roccia ripida”, da cui è derivato il latino murex che significa “pietra aguzza”. Mappa della Puglia con la divisione territoriale indicata dal PTPR (elaborazione dell’autore) Il territorio della Murgia è caratterizzato dalle piante tipiche della macchia mediterranea, prevalentemente ulivi e viti, insieme a mandorli e altri alberi da frutto. E qui, immersi tra il verde intenso della natura e il rosso sanguigno della terra, spiccano col candore dei coni fiabeschi, i trulli. I trulli nella campagna della valle d’Itria (o Murgia dei Trulli) “Ancora intatta, gremita, quasi un albero piegato di frutti, sfoggia le insegne d’una maternità inesauribile, come il simulacro di Diana d’Efeso, o il ventre di una cagna che allatta. […] e qui la terra fa tutto da sé, miracolosamente androgina e materna, emette gemme, poppe, latte e sangue. Di sangue sembrano intrise le zolle quasi paonazze, come in Provenza, e latte denso, bianchissimo, accecante, s’accaglia sulle cime delle cupolette puntute dei trulli; mentre il verde più acidulo e accanito delle viti, e quello denso, da tagliarsi a fette, come un sanguinaccio nero, dei carrubi, o la giada opaca dei fichi, sbucano ovunque, a rinzaffo, a contrasto, quasi a sterminio dei trulli. […] Nessuna campagna è più festosa di questa, che è come un girotondo di bimbi“. (Cesare Brandi, Pellegrino di puglia, 1960). Sebbene i trulli siano sparsi per tutta la Valle d’Itria (che comprende i territori di Putignano, Noci, Alberobello, Locorotondo, Selva di Fasano, Martina Franca, Cisternino, Ceglie Messapica e Carovigno), la maggiore concentrazione di esemplari si trova nella cittadina di Alberobello (cui l’intero centro storico è stato dichiarato dall’ UNESCO “patrimonio mondiale dell’umanità”) che, con più di 1.500 edifici – concentrati tra i rioni di Monti e Aja Piccola – è considerata, non a caso, la Capitale dei Trulli. Esiste un antico aneddoto legato alla larga diffusione dei trulli nel territorio. Pare infatti che, per aggirare una legge del 1600 da parte del Re di Spagna che imponeva esose tasse per ogni nuova costruzione – i cittadini presero l’abitudine di edificare a forma di trullo. Questo escamotage del costruire a secco consentiva per l’appunto di poter facilmente smantellare l’edificio in caso dei controlli da parte degli ispettori incaricati, evitando così onerosi contributi. L’arte della tecnica costruttiva a secco L’illustre mastro Trullaro Giuseppe Miccolis, ci svela i segreti per la realizzazione di un Trullo a regola d’arte: “per costruire un trullo ci vogliono gli stessi strumenti che servono per fare un muro a secco: il martello normale e il martello a sei denti che servono per squadrare e rifinire le pietre che occorrono. In primo luogo, bisogna scavare per trovare un terreno più solido, dove collocare le fondamenta. Successivamente, si alzano i muri di pietra di forma rotonda o cubica. Infine, si costruisce il cono del trullo sistemando le pietre una sull’altra e restringendo sempre più gli anelli del cerchio. Al termine, il cono si ricopre con le chiancarelle, cioè lastre di pietra calcarea che vengono sistemate con una pendenza verso l’esterno. Grazie a questa inclinazione l’acqua della pioggia non entra nei trulli ma scorre giù. Conclusa la costruzione del trullo bisogna intonacarlo all’interno (e se si vuole all’esterno) con la calce che è igienica. Alla cima del cono in genere si mette una decorazione di pietra imbiancata: il pinnacolo, che serve per abbellire il trullo. Ci sono vari tipi di pinnacoli: a stella, a forma di corna, di croce, di uccello. Ma sono pinnacoli moderni, la forma che si usava nei tempi antichi era la sfera con un disco sottostante. Questi si costruivano con gli attrezzi adatti modellando la pietra.” I patrimoni Unesco della Puglia, a confronto: Trulli e muretti a secco in pietra Una quanto mai ispirata descrizione ce la dà Giuseppe Notarnicola “Il trullo alberobellese ha oggi una pianta quadrata, con muri perimetrali alti 3 m circa, sui quali si aprono l’ingresso e le finestre, ed è impostata la volta conica, che si regge per prodigi di statica e perizia di «casellari», muratori specialisti locali. La parte superiore, conica, è rivestita esteriormente di chianche, lastre calcaree di circa 5 cm. di spessore, sovrapposte a guisa di squame come tegole atte ad assicurare l’impermeabilità interna della volta. Sul vertice è piantato un pinnacolo decorativo, scolpito in forme diverse”. La materia di cui son fatti è quella disponibile in loco: la pietra calcarea, onnipresente in tutta la Murgia, che la terra restituisce al sole. Nel lavorare il terreno predisponendolo alla semina, veniva agevolmente recuperata dai contadini che così potevano disporre di materia robusta, solida e a costo zero per le loro costruzioni. Ovunque sul territorio fanno capolino, tra ulivi, vigneti e boschi di fragno, strutture in pietra calcarea. Muretti di recinzione, abitazioni, magazzini, ricoveri per le bestie, cassedde, jazzi, trulli, sono elementi caratterizzanti del paesaggio rurale murgese. Semplificando, dal punto di vista compositivo, la struttura del trullo può essere scissa in due elementi principali: 1. la base, un doppio muro in pietra a secco, con intercapedine riempita di pietrisco e ghiaia (“a sacco”), che poggia direttamente sul terreno 2. la cupola, una volta a sbalzo che ne copre lo spazio librandosi come cono impresso nel cielo infinito. Sezione e assonometria di un trullo (elaborazione dell’autore) La tecnica costruttiva a secco permette di ridurre al minimo i tempi e le fatiche, cosicché le necessità di un riparo siano rapidamente soddisfatte. I muri di campagna a secco – o in dialetto parièti o parèti – segnano i confini di terreni, terrazzamenti, parchi, boschi, ulivi, vigneti solcando il terreno per migliaia di chilometri in tutte le direzioni. Assistono il contadino nel trattenere le terre e le acque meteoriche, nel cingere orti e animali domestici entro giardini e corti per il pascolo. Ormai parte integrata del paesaggio agrario, in un disegno organico di natura e uomo che vivono in armonia. Il paretaro, grazie alla sua opera di dissodare i terreni pietrosi, ne ha promosso da tempi immemori l’uso della pietra in tutta la regione. Approfittando della recente promozione a bene UNESCO, avvenuta nel 2018, prendiamo in prestito dalla Commissione, alcune delle parole di merito per descrivere al meglio il fenomeno dei muretti a secco ed i valori di cui sono custodi a nome della collettività. “L’arte dei muretti a secco riguarda il know-how relativo alla realizzazione di costruzioni in pietra impilando le pietre l’una sull’altra, senza utilizzare altri materiali se non il terreno a volte asciutto. La stabilità delle strutture è garantita dall’attenta selezione e posizionamento delle pietre, e le strutture in pietra a secco hanno modellato numerosi e diversi paesaggi, formando vari modi di abitazione, agricoltura e allevamento. Tali strutture testimoniano i metodi e le pratiche utilizzate dalle persone dalla preistoria ad oggi per organizzare il proprio spazio di vita e di lavoro ottimizzando le risorse naturali e umane locali. La pratica viene tramandata principalmente attraverso l’applicazione pratica adattata alle condizioni particolari di ogni luogo. Le strutture in pietra a secco sono sempre realizzate in perfetta armonia con l’ambiente e la tecnica esemplifica un rapporto armonioso tra l’uomo e la natura. Svolgono un ruolo fondamentale nella prevenzione di frane, inondazioni e valanghe, e nella lotta all’erosione e desertificazione del suolo, migliorando la biodiversità e creando adeguate condizioni microclimatiche per l’agricoltura”. ttura e tecnica costruttiva di un trullo di Alberobello; si può notare l’intercapedine nella muratura foto di Marcok In un muro a secco, l’attrito tra i conci di pietra ha la stessa funzione della malta in una costruzione in muratura. Ogni singolo pezzo deve essere scelto con accuratezza, perché è indispensabile all’energia vitale di tutto l’insieme. La stabilità e resistenza di un muro a secco è infatti data dalla somma delle tensioni che si vengono a generare tra le pietre: l’attrito è la forza risultante che quieta i massi e dona equilibrio all’intera composizione. L’unità trae la forza dai frammenti che la compongono. Pseudocupola (cupola a sbalzo o falsa cupola) Le caratteristiche coperture a cono dei trulli celano una struttura portante a pseudocupola o tholos. Anche dette strutture a mensola (o a sbalzo) sono molto diffuse in tutta la regione mediterranea e altrove. Gli archeologi sono ancora incerti sulle relazioni del suo sviluppo, se attraverso influenze tra epoche e regioni diverse o se il magistero pugliese abbia una propria, autonoma, elaborazione formale. Quel che è certo, è che il più antico manufatto con copertura a tholos scoperto fino ad oggi, ancora perfettamente integro, è il Tesoro di Atreo, Tholoi miceneo costruito durante la tarda età del bronzo (XIV secolo a.C.), qualche migliaio d’anni prima dell’avvento del Trullo, nel Peloponneso. Tesoro di Atreo, Micene (XIV secolo a.C.): pianta e sezione La tecnica costruttiva di una copertura a tholos prevede la disposizione delle pietre (grezze o appena sbozzate) in una serie di cerchi concentrici sovrapposti e sfalsati a sbalzo verso il centro, man mano che si salve verso l’alto. Copertura a Tholos, Pseudocupola o falsa cupola: principi del sistema costruttivo (elaborazione dell’autore) La falsa cupola viene terminata giustapponendo una grossa pietra alla sommità che ne chiude definitivamente lo spazio. Gli artigiani pugliesi hanno l’attitudine ad andare ancora più in alto, attraverso esili e pallide antenne (dette pinnacoli) poste sulla cima della volta. Pseudocupola o falsa cupola: proporzioni e ritmi costruttivi (elaborazione dell’autore) Dal punto di vista statico, la differenza con l’arco classico è poderosa. Gli pseudo archi o pseudo volte o false cupole, formalmente simili agli archi, alle volte e alle cupole, possiedono in realtà un comportamento strutturale assimilabile al sistema trilitico. Questo è dovuto alla posizione dei conci di pietra che, mentre nell’arco sono disposti radialmente, uno fianco all’altro secondo la curvatura, e generano delle tensioni di compressione trasferite per mutuo contrasto tra gli elementi fino ai piedritti alla base, nelle strutture a falso arco, i conci sono disposti a sbalzo secondo file orizzontali sovrapposte e generano solo forze verticali. Differenze tra arco e falso arco, alla base del funzionamento strutturale della cupola e pseudocupola Mentre nell’arco tradizionale le forze vengono assorbite dai piedritti laterali sul quale poggia, nello pseudo arco l’equilibrio alla rotazione di ogni elemento può considerarsi soddisfatto grazie alle forze di attrito che si generano tra i conci ma, la stabilità della struttura, viene in genere assicurata dal peso della massa (terra o pietra) posta all’estradosso. Anche la costruzione presenta significative differenze. Mentre l’arco e la volta hanno bisogno di un accurato lavoro di preparazione (finitura dei conci e una centina in legno sul quale poggiarsi), i falsi archi e le pseudo volte non necessitano né di una struttura temporanea né di una lavorazione delle pietre – se non una leggera sbozzatura – e possono vantare una più rapida esecuzione, con risparmi di tempo e costi. La cupola a tholos (come nei nuraghi sardi o nelle tholoi micenee) non deriva dunque dalla concezione dell’arco verticale ma piuttosto dalla sovrapposizione per parti, tipica del sistema trilitico. I tetti conici dei trulli sono rivestiti esternamente da lastre di pietra calcarea locale chianche o chiancarelle-, dello spessore tra 5 e 7 cm, allo stato grezzo o appena sbozzate, messe in leggera pendenza di modo da non far scivolare l’acqua verso l’esterno impedendole di penetrare all’interno. Le case sono fresche d’estate e calde d’inverno. Ciò è dovuto, oltre allo spessore della muratura e alla volta, al materiale costruttivo (la pietra) e alla camera d’aria che si crea tra i due paramenti murari. Principi di bioclimatica del trullo Il Trullo possiede tutta una serie di caratteristiche e accorgimenti tecnici che gli permettono di inserirsi perfettamente nell’ambiente di origine. Straordinario esempio di architettura bioclimatica, prodotto di un bisogno immediato e contingente della cultura rurale contadina, che conosce e rispetta l’ambiente nel quale vive secondo i principi del risparmio (economico, di tempo e di fatica). Con pochi mezzi e materiali locali, il contadino doveva essere in grado di autocostruirsi una dimora per soddisfare le necessità di riparo e allo stesso tempo confortevole, sicura, e rapida da realizzare senza grossi sforzi fisici. Ancora una volta, l’uomo del passato insegna a quello del futuro, per mezzo dell’architettura vernacolare. Veduta dall’alto di Alberobello La Puglia ha diverse specificità climatiche, va dalla montagna fino al mare. L’area collinare della Murgia è caratterizzata dall’avere inverni brevi e perlopiù miti (di rado la temperatura scende sotto lo zero) e lunghe estati piuttosto calde e afose. Anziché difendersi dal freddo, l’edifico pugliese deve perciò badare a proteggersi dalla calura estiva. Le murature del trullo sono del tipo a sacco: un doppio involucro di pietra che racchiude un’anima friabile di riempimento con materiali di risulta e scarti. Questa stratificazione, unita al possente spessore murario (superiore al metro), dona alla struttura elevate proprietà isolanti e una rilevante inerzia termica che le consente di accumulare il calore di giorno per rilasciarlo lentamente durante le fresche notti invernali. Per lo stesso motivo, in estate l’onda termica sfalsata fa sì che all’interno dell’edificio la percezione della calura esterna sia molto attenuata (almeno 6-8 gradi inferiore). Rilievo di un trullo ad Alberobello: pianta e sezione (da: Moramarco V., 2013) Un ulteriore accorgimento tecnico è l’inclinazione delle lastre di copertura. Questa, oltre a permettere il corretto deflusso delle acque meteoriche, riflette i raggi solari estivi fortemente obliqui, permettendo invece il passaggio di quelli invernali quasi orizzontali, quando il sole è particolarmente basso. Anche l’intonaco bianco in malta di calce e la pianta compatta e quadrata rispondono a specifiche esigenze di riparo dal caldo estivo. Sezione bioclimatica del trullo (elaborazione dell’autore) L’utilizzo delle volte consente la ventilazione naturale secondo l’effetto combinato Bernoulli-Venturi: l’aria scorre su una superficie curva, la sua velocità aumenta e la pressione diminuisce verso l’apice, che induce l’aria calda all’interno a fuga dalle aperture situate in alto. Sovente inoltre, il trullo possiede una piccola apertura sulla sommità che permette all’aria calda di fuoriuscire. Nel periodo invernale il calore accumulato nella cupola durante il giorno viene rilasciato durante la notte. Un altro elemento, spesso ricorrente, era una cisterna d’acqua posta al di sotto del pavimento. Nonostante sia dal punto di vista bioclimatico un efficace sistema naturale di regolazione della temperatura, era in passato, sfruttata piuttosto come approvvigionamento idrico della famiglia, che poteva così disporre di un bene prezioso e vitale. La cisterna faceva parte di un sofisticato “impianto” di raccolta delle acque meteoriche, o per meglio dire ne era l’antenato: alla base delle cupole, un sistema di canali in pietra ne convogliava l’acqua all’interno, per averla disponibile all’occorrenza. Il risultato è un livello di confort abitativo ottimale: condizioni interne confortevoli senza l’ausilio di costosi sistemi di condizionamento, sia durante la stagione fredda che in estate. Si può quindi concludere che i massicci involucri della tradizione mediterranea, come le strutture dei “Trulli” e dei “Sassi”, sono esemplari regolatori naturali del microclima interno. Pinnacoli e simbologia dei trulli Sovente, i trulli esibiscono impressi sulla sommità delle calotte coniche, dei tetti, degli strani segni che sembra vogliano comunicare qualcosa. Per comprendere la natura dei simboli ed i significati annessi, dobbiamo nelle antiche credenze degli uomini primitivi che li ha generati, parte di un forte immaginario spirituale, magico. Le vestigia dei popoli sono permeate da un forte sentimento religioso, di rispetto ma anche di reverenza mistica nei confronti della natura e della vita. Così i simboli condensano in sé le ansie, le paure, le aspettative delle genti ergendosi a paladini capaci di proteggere la casa e difendere la famiglia da malattie, carestie, fulmini e altri mali. I simboli impressi sui tetti a cono dei trulli sono ben visibili ad Alberobello I simboli dei trulli consistono in segni o figure allegoriche: monogrammi, emblemi, sigle che vanno dai più semplici a quelli complicati, secondo le preferenze delle singole famiglie o le tendenze dei muratori, che li hanno ideati. Questi simboli sono tracciati con latte di calce sul dorso conico dei tetti, o sono composti di quadrelli di pietre bianche, incastrati nelle “chiancarelle” che coprono la casetta. Alcuni sono comprensibili, altri enigmatici, alcuni sono comuni, altri eccentrici, alcuni sono l’espressione di formule magiche, altri di segni cabalistici. I simboli più ricorrenti impressi sulla cupola dei trulli pugliesi: primitivi, cristiani, magici I più antichi sono sigle e disegni che presentano caratteri preistorici. I più misteriosi sono reminiscenze di riti druidici, che erano celebrati dai popoli primitivi nelle selve. Alcuni segni sono allegorie di natura vegetale (foglie, fiori, gruppi floreali), altri sono segni grotteschi di animali. Siano essi di origine cristiana o d’indole astrologica o allegoria pagana, resta sempre impresso in essi il significato magico. I simboli, nonostante siano tutti di natura esoterica, per una razionale interpretazione scientifica possono essere classificati in primitivi, magici, pagani, cristiani e ornamentali (tra cui s’includono i grotteschi). Il simbolo deve proteggere la casa e tutte le funzioni che vi hanno luogo con le credenze, i riti, le superstizioni, deve allontanare il male e propiziare il bene. Esso è al tempo stesso voto di augurio, preghiera e implorazione, allegoria e scongiuri. Le varie forme che possono assumere i pinnacoli dei trulli Anche i pinnacoli posti alla sommità della calotta conica di copertura possono avere diverse morfologie, che richiamano simboli di carattere esoterico: magia, religione e antiche credenze popolari accompagnano l’uomo fin dentro le mura domestiche, proteggendo la famiglia da tempi immemori. Normative e prospettive di tutela dei trulli pugliesi La regione Puglia è attenta al proprio patrimonio culturale. È merito suo se già dal 1996, i Trulli fanno parte dei Siti Unesco, con privilegi e tutele molto restrittive. La regione, con il coordinamento dell’INBAR – Istituto nazionale di bioarchitettura – Brindisi e la consulenza di CNR – IBAM di Lecce – ENEA, ha adottato nel 2015 le “Linee Guida per il recupero, la manutenzione ed il riuso dell’edilizia e dei beni rurali pugliesi” per sostenere la valorizzazione del complesso e prezioso patrimonio dell’edilizia rurale regionale e indirizzare le operazioni di recupero edilizio, restauro e ristrutturazione, attraverso la conoscenza, conservazione, fruizione e promozione del Patrimonio Architettonico Tradizionale Pugliese. Il patrimonio diffuso delle aree rurali pugliesi, espressione del lavoro contadino e della trasformazione della terra a fini produttivi (agricoltura, allevamento), è caratterizzato da costruzioni quali trulli, masserie, lamie, torri, pajare, chiese, anche rupestri, castelli, borghi rurali, palazzi e dai luoghi in cui si svolgevano attività, mestieri e manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale, quali fabbricati rurali, manifatture tabacchi, neviere, granai, tratturi, jazzi, antichi acquari, cappelle, ed in generale, le più varie testimonianze del patrimonio culturale “minore”. La Regione, in linea con gli obiettivi del PTPR, è convinta che un approccio progettuale nel recupero orientato propedeuticamente alla conoscenza dell’oggetto consenta di intervenire con metodi e strumenti idonei, in quanto “l’atto di conoscenza dell’esistente è il momento significativo dell’atto di recupero; è ciò che conferisce identità all’operazione di progetto” (V. Gangemi). Alberobello: veduta sui Trulli (Franco Cappellari) Concludiamo il nostro viaggio con un’ode di Cesare Brandi (Pellegrino di Puglia, 1960), per non dimenticare il valore estetico e storico dell’architettura vernacolare, feconda di memoria e identità dei popoli ed evitare che alcuni scempi del passato non si ripetano. Sessant’anni fa egli aveva osservato con preoccupazione l’avanzare della modernità (sottoforma di cemento armato) in aperto contrasto con il patrimonio storico e l’identità dei luoghi, schierandosi a difesa dei valori della tradizione costruttiva: “Anche Alberobello ha voluto modernizzarsi […] in bella mostra, anzi in vetrina, e cioè al sommo del paese ha collocato i suoi casermoni di cemento, cosiddetti moderni perché tetragoni e insensibili a tutto quanto li circonda: trulli, campagna, cielo. Moderni, dunque, perché recenti, e che nessuna civiltà può rivendicare. Alberobello, checché ne dicano gli accomodanti, è rovinata senza scampo. I trulli non ammettono comparazioni con qualcosa che sia veramente costruito e non sia nato al modo del bozzolo o dell’alveare. Il loro incanto quando si vedono così in fila indiana, di qua e di là da una strada, a formare paese, è quello di declinare un legame diretto, quasi intestino, certo rudimentale e autentico, con la terra; figurarsi accanto alla tettonica utilitaria, terminale di una civiltà come è quella del cemento armato. All’inizio e alla fine si trovano trulli e cemento armato, e a vederli accostati senza transizione, si accusa una sconvenienza logica, storica, figurativa: un incontro più calamitoso e irrefrenabile di quella che, per accostamenti diversi, produce la corrente elettrica. Il cemento armato schiaccia, stritola letteralmente i poveri trulli, facendoli tornare degli umili trogloditici ammassi di chianche, indegni di accogliere l’eletta razza umana. Mentre nel casermone di ferro-cemento le persone, nell’estate pugliese, cuoceranno al gran fuoco, come porcellana, e, dentro i trulli, i trogloditi godranno d’un fresco queto e senile di mille anni addietro. […] Ma lo scostante blocco fuso del cemento armato arretra la bucolica superstite civiltà del trullo, e come ha distrutto il focolare, sostituisce la scatoletta. Tornare nel trullo, nell’oscuro immemore utero materno. Puglia, dolcissima retrocessione all’infanzia. Fermati, fermati, Alberobello!” Bibliografia Ambrosi A., Panella R., Radicchio G., Storia e destino dei trulli di Alberobello. Prontuario per il restauro, a cura di Degano E., Schena, Fasano 1997 Allen E., Stone Shelters, Massachusetts Institute of Technology, Cambridge 1969. Trad. it. Pietre di Puglia, Adda, Bari 1979 Bertacchi C., Nella Puglia pietrosa. I monumenti megalitici e la sopravvivenza della casa primeva in Provincia di Bari (Alberobello), in Japigia, Taranto, vol. 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