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La Camera dei deputati ha approvato definitivamente il 23 ottobre scorso la legge comunitaria 2003. Il provvedimento, che è il principale strumento per la trasposizione delle direttive europee nell’ordinamento italiano, conta 25 articoli e recepisce complessivamente 50 direttive europee. Per il settore dell’edilizia segnaliamo due norme: l’art. 23 in materia di riutilizzo di terre e rocce derivanti da scavo, e l’art. 15 relativo alla valutazione di impatto ambientale (VIA). In particolare: L’art. 15 recepisce direttamente l’art. 2, comma 3, della direttiva 85/337/CEE, che prevede in casi eccezionali la possibilità di esentare taluni progetti dalla procedura di VIA. L’esenzione riguarda singoli interventi disposti in via d’urgenza in presenza di calamità naturali per le quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza. In questi casi, al fine di garantire la sicurezza di immobili e persone da situazioni di immediato pericolo, i soggetti competenti al rilascio dell’autorizzazione per la realizzazione delle opere necessarie, vale a dire, in base alla L.225/1992 sull’istituzione del servizio nazionale di protezione civile, il Presidente del Consiglio, o per sua delega il Capo del Dipartimento della protezione civile, possono esentare dalla valutazione di impatto ambientale i relativi progetti. La deroga è in ogni caso legata ad una serie di adempimenti preventivi e successivi poiché i soggetti competenti al rilascio dell’autorizzazione devono: – valutare l`opportunita` di sottoporre il progetto ad un’altra forma di valutazione e di mettere a disposizione del pubblico le informazioni raccolte; – mettere a disposizione del pubblico le informazioni relative all’esenzione e le ragioni per cui è stata concessa; – prima del rilascio dell’autorizzazione, informare la Commissione europea dei motivi che giustificano l’esenzione e fornirle tutte relative informazioni; – trasmettere agli organi del Ministero dei beni culturali competenti per territorio copia dell’autorizzazione rilasciata e della documentazione da cui risultano le ragioni dell’esenzione. L’art. 23 prevede alcune innovazioni normative in materia di rifiuti; vengono infatti novellate alcune disposizioni normative relative alle terre e alle rocce di scavo. L’obiettivo consiste nel definire alcune condizioni ulteriori, in assenza delle quali le terre e le rocce di scavo tornano a essere ricomprese nell’ambito di applicazione del “decreto Ronchi”. In particolare, fra le nuove condizioni viene introdotto l’obbligo di sottoporre il riutilizzo dei materiali da scavo a valutazione di compatibilità ambientale preventiva (quindi sin dalla fase della progettazione dell’opera di scavo stessa). Ulteriori condizioni, necessarie ai fini dell’esclusione delle terre e delle rocce di scavo dall’applicazione del “decreto Ronchi”, prevedono: – che i materiali derivanti dallo scavo siano utilizzati senza trasformazioni preliminari; – che le modalità di riutilizzo siano quelle previste sin dalla fase della progettazione. Il rispetto dei limiti previsti, deve essere verificato mediante accertamenti sui siti di destinazione dei materiali da scavo. La riutilizzazione di tali materiali, deve essere prevista sin dalla fase progettuale. Per quanto concerne la possibilità della ricollocazione delle terre e delle rocce da scavo in altro sito, essa deve essere autorizzata dall’autorità amministrativa competente, ed è soggetta anche al parere dell’ARPA (Agenzia Regionale Prevenzione Ambiente), ove il relativo progetto non sia sottoposto a VIA. E’ previsto un ulteriore controllo, nel caso in cui le terre e le rocce da scavo vengano riutilizzate in cicli di produzione industriale. In tal caso, le autorità amministrative competenti ad esercitare le funzioni di vigilanza e controllo sui cicli stessi, sono tenute a verificare l’effettiva destinazione all’uso per cui tali materiali sono stati autorizzati. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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