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Le imprese che producono piastrelle di ceramica consumano circa 1,5 miliardi di gas all’anno ed hanno un’elevata incidenza dell’energia sui costi di fabbricazione. Per loro la lievitazione del costo del metano e dell’energia elettrica hanno ormai effetti diretti sulla redditività. L’allarme per questa situazione, e la preoccupazione per gli scenari che si profilano per il prossimo anno, sono state al centro del seminario Cara Energia, organizzato da Assopiastrelle e tenutosi a Sassuolo il 14 settembre. Era presente anche il prof. Alberto Clò che ha delineato le cause e le dimensioni di quella che non ha esitato a definire «una crisi energetica», con un linguaggio che rievoca i foschi scenari di trent’anni fa. I prezzi del petrolio, ha rilevato il professore che è anche membro del CdA di Eni, sono sempre più svincolati da fattori reali e guidati dalle aspettative e dagli interessi dei grandi investitori finanziari, come ha dimostrato il rapido rientro dei prezzi dopo il disastro di Katrina che non è coerente con i danni effettivi. Anche le prospettive del prezzo del metano per il breve periodo sono improntate al pessimismo. Per un grande consumatore industriale il secondo semestre del 2005 dovrebbe chiudersi con un prezzo medio di 25,3 centesimi per metro cubo, per arrivare a 28,6 nel primo semestre 2006. Nel convegno parlando ai colleghi imprenditori Giuseppe Pozzi (Ceramiche Gambarelli) ha rilevato come la mancata crescita delle quantità, che da alcuni anni ha segnato il settore, ha spinto le aziende ad incamminarsi lungo un percorso di creazione del valore diverso rispetto al passato. La scelta fatta, in modo pressoché unanime, è stata quella di puntare su prodotti di fascia più elevata, convertendo la monocottura in porcellanato, trasformando prodotti poveri in materiali sempre più ricchi. Una strategia che ha innalzato il prodotto italiano rispetto alla concorrenza basata esclusivamente sul prezzo, ma che ha anche portato a realizzare materiali aventi una maggiore domanda di energia con dirette conseguenze sui costi unitari e sui margini aziendali. Nell’incontro è stata anche presentata una sintetica analisi quantitativa sull’andamento dei consumi energetici del settore e dei relativi costi unitari. Il costo energetico ha superato la metà di quelli relativi alla commercializzazione ed ha raggiunto, alla fine del 2004, il valore medio di 1,07 euro al m2, prossimo al 21% dei costi industriali ed al 14% dei costi totali. Se la dinamica di crescita dei costi energetici non si modificherà la capacità competitiva delle imprese italiane subirà un pesante arresto. La preoccupazione è quindi tangibile a Sassuolo, ma gli stessi problemi attanagliano tutta l’industria energivora italiana: le aziende che producono laterizi, carta, metalli non ferrosi, vetro, calce, acciaio, ghisa e ceramica. Questi comparti hanno un ruolo decisivo per l’economia nazionale, si collocano a monte della filiera produttiva e realizzano un fatturato di 55 miliardi di Euro occupando oltre 235.000 addetti. Le associazioni che li rappresentano hanno firmato insieme un appello pubblicato su Il Sole 24 Ore del 14 settembre dal titolo emblematico “l’industria gas intensive non può competere: il governo intervenga”. Vengono richiamati le dimensioni del “rischio” energia per queste imprese che hanno nel gas una voce fondamentale di costo: aumenti del 25% nel 2005 di prezzi del gas che sono già più alti del 20% rispetto ai concorrenti europei; prospettive di ulteriori incrementi, fino al 40%, nel 2006. Oltre 230 imprese di questi settori hanno dato vita al Consorzio Gas-Intensive che però fatica ad operare in un mercato nazionale del gas ancora incompleto e ripetutamente censurato da Antitrust e Autorità per l’Energia. Questa aggregazione esprime il 50% della domanda industriale di gas e paga una bolletta valutabile in oltre 950 milioni di Euro. Gli extra-costi attesi per il prossimo anno potranno superare i 300 milioni di Euro con inevitabili ripercussioni sull’equilibrio economico e finanziario delle singole imprese aderenti. Le aziende gas intensive chiedono a Governo ed Autorità competenti di adottare subito misure per fronteggiare quella che viene considerata una vera e propria emergenza per una fetta significativa dell’industria nazionale. Concretamente vengono indicate come prioritarie una riduzione strutturale del carico fiscale sul gas industriale, e l’introduzione di formule atte a calmierare l’indicizzazione dei prezzi. Le attuali formule infatti, con gli andamenti registrati delle quotazioni internazionali, da un lato fanno volare i prezzi per gli utilizzatori e dall’altro generano extra-profitti nell’ambito della filiera gas. Le imprese gas intensive sottolineano l’urgenza di garantire che nelle procedure di aggiudicazione di capacità aggiuntiva di importazione di gas già previste (i cosiddetti “sbottigliamenti”) vengano massimizzati i vantaggi possibili per i clienti finali. Chiedono infine che siano sviluppate effettive opzioni di interrompibilità ed incentivati e accelerate le realizzazioni di nuovi terminali di rigassificazione. Per ulteriori informazioni www.assopiastrelle.it Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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