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Rispetto alla previsione demografica e la conseguente caratteristica della tipologia di domanda abitativa, l’Istat, in riferimento agli anni 2011-2065 stima per il nostro Paese una crescita demografica moderata nel prossimo decennio, ma che prosegue nei successivi anni, anche se a ritmi sempre più rallentati. Nello specifico, le previsioni (scenario centrale) stimano che la punta massima di popolazione si raggiungerà nel 2041 con 63,9 milioni di residenti, per poi avviarsi un lento declino. La “discesa” demografica evidenzia però importanti differenze territoriale. Al Nord sono previste crescite demografiche fino al 2061; la popolazione nel Centro è stimata in crescita fino al 2051, mentre le aree del Mezzogiorno hanno già iniziato l’impoverimento demografico che continua inesorabilmente per tutto il periodo delle previsioni. Un ulteriore dato che caratterizza la struttura della popolazione è quello relativo all’età. Parecchi studi, negli ultimi anni, si sono soffermati sul preoccupante fenomeno che vede un impoverimento delle classi di popolazione con l’età più bassa e, di conseguenza, un forte squilibrio nel rapporto tra generazioni. La questione generazionale è particolarmente accentuata in Italia e nel corso dei prossimi anni la situazione diverrà ancora più critica. Le previsioni dell’Istat, scenario centrale, indicano che le fasce di popolazione comprese tra 0 e 29 anni diminuiranno lentamente da qui al 2051, si ridurrà drasticamente la fascia da 30 a 44 e, a seguire, quella dai 45 ai 64 anni, mentre in progressivo aumento risulteranno quelle sopra i 65 anni. Il mondo dei giovani e quello degli anziani rappresentano una sfida per la politica. Le stime dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia contenute nel Rapporto biennale 2011-2012 “La famiglia in Italia”, relativamente alle tipologie familiari, indicano per il prossimo futuro un aumento del numero di famiglie, pur con dinamiche diverse a livello regionale, con due tendenze prevalenti: la diminuzione, sia in termini assoluti sia relativi, delle famiglie tradizionali e l’aumento delle soluzioni abitative riconducibili alla popolazione anziana. In particolare, si evidenzia l’ulteriore prolungamento della permanenza dei giovani nella famiglia di origine, un aumento delle coppie senza figli e delle famiglie monopersonali, con età superiore a 65 anni, mentre si ridurranno progressivamente le coppie con figli. I cambiamenti strutturali della popolazione italiana, il perdurare delle gravi difficoltà economiche legate alla crisi stanno evidenziando una domanda abitativa che richiede un rinnovato impegno nella definizione delle politiche dell’abitare. Occorrono, dunque, politiche diversificate, flessibili, articolate sul territorio, in grado di rispondere ai diversi tipi di bisogno e che, come già avviene in molte parti d’Europa, favoriscano all’interno delle città una composizione sociale maggiormente mista, invertendo pericolosi processi di polarizzazione (ricchi -poveri, giovani – vecchi, italiani – stranieri). Ciò si traduce anche in una articolazione dell’offerta abitativa, con alloggi pensati per diverse categorie di utenze e con un forte mix tra proprietà ed affitto. Sostenibilità ambientale ed economica dell’abitare E’ fondamentale il ruolo di ammortizzatore sociale e macroeconomico dell’edilizia abitativa sociale, ruolo sottolineato anche dal Parlamento Europeo che, tra l’altro, raccomanda agli Stati membri di investire nella costruzione e nell’adeguamento di alloggi sociali economicamente accessibili in risposta alla vetustà del patrimonio, ai diversi modelli familiari, all’invecchiamento della popolazione, alle esigenze di mobilità residenziale e professionale e come strumento contro la povertà e l’esclusione sociale. Il mercato immobiliare è chiamato ad affrontare il problema della sostenibilità economica e della riqualificazione urbana in una chiave ben più complessa e importante di quanto non lo sia stato in passato. Questo richiede una formidabile mobilitazione di forze imprenditoriali, di capitali e di volontà politiche, dialoganti sul territorio e capaci di interagire moltiplicando gli effetti e trasformando i luoghi in altro, con nuove funzioni, nuove modalità di vivere e lavorare. Occorre ragionare di nuovo sulle dimensioni del collettivo, sulla necessità, ad esempio, di integrazione tra abitare e servizi e spazio pubblico, ritornando a costruire residenze nella città consolidata e a far riscoprire il senso di comunità. L’urbanistica ha forti, precise responsabilità nell’aggravarsi delle disuguaglianze. Un circuito, quello della trasformazione urbana, che si alimenta della capacità delle città di rileggere il proprio sviluppo, non necessariamente con “maxi interventi”. Il settore delle costruzioni e la sua “lunga” filiera rappresentano un elemento portante del sistema economico italiano, ma è necessario un cambio di rotta rispetto al passato. Anche per uscire dalla crisi è necessario ripartire dalla riqualificazione, da un’edilizia orientata verso la qualità e la sostenibilità. Le principali città europee hanno saputo trovare nuove opportunità di rilancio attraverso buone politiche di rigenerazione. Non così nel nostro paese, dove, a confronto con gli altri paesi dell’Unione Europea, questa capacità di reazione è più lenta, anche per la mancanza di una politica nazionale per le aree urbane e di una visione strategica di assetto del territorio attraverso misure di natura urbanistica, economica e fiscale, nonché in grado di promuovere l’innovazione tecnologica. Misure fiscali, ad esempio, che possano incentivare il recupero e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, sostenendo anche interventi di “sostituzione edilizia”. In futuro la competizione, in assenza di crescita dell’economia, stravolgerà il mercato e solo i migliori potranno sopravvivere e generare valore. E’ iniziata una fase di mercato con una forte domanda di innovazione e qualità dei prodotti. Si prospetta, quindi, un nuovo modo di fare impresa che parte dalla consapevolezza che è necessario crescere e migliorare le proprie performance, anche attraverso una forte innovazione del ciclo produttivo e l’acquisizione di nuove competenze, come quelle legate all’adozione di sistemi di gestione integrata basati sul BIM, “Building Information Modeling”, strumento che permette la gestione informatizzata e il coordinamento delle attività dei diversi operatori che partecipano alla realizzazione e gestione di un’opera edile, dai progettisti alle imprese di costruzione fino ai manutentori. La trasformazione urbana, in questa visione, rappresenta l’opportunità di dare una risposta efficace alle diverse esigenze di miglior vivibilità, sicurezza, sostenibilità ambientale, accessibilità alla casa, spazi più adeguati. Come cambia la domanda abitativa? 2 Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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