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Nel corso dell’Audizione dell’Ance, lo scorso 4 maggio, presso le Commissioni riunite Ambiente e Industria del Senato sul Decreto Siccità, l’Associazione dei Costruttori, a partire dagli ultimi dati Istat, ha evidenziato che prima di tutto è necessario mettere mano alla rete idrica considerando che le perdite degli impianti di distribuzione arrivano al 42,2%, il che significa che quotidianamente si disperdono nella rete 157 litri di acqua per abitante. Si tratta di un dato molto allarmante, secondo le stime fatte partendo dal consumo medio pro capite, nel 2020 il volume di acqua disperso avrebbe potuto soddisfare il “fabbisogno idrico di più di 43 milioni di persone per un anno”. La situazione più grave è nel sud Italia, con le perdite maggiori della rete idrica in in Basilicata (62,1%), Abruzzo (59,8%) e Sicilia (52,5%). Va meglio al Nord dove i valori sono più bassi della media nazionale, con l’unica eccezione del Veneto (43,2%) e del Friuli-Venezia Giulia (42%). Male anche i dati relativi all’adeguamento dei sistemi di fognatura e depurazione per i quali l’Italia ha ricevuto procedure di infrazione europee, anche il questo caso per la maggior parte nel mezzogiorno. Nel 2021 a causa della siccità in diversi Comuni e città metropolitane sono state introdotte misure di razionamento dell’acqua . Servono investimenti nelle infrastrutture e nelle reti idriche L’Ance sottolinea l’inadeguatezza degli investimenti nelle reti infrastrutturali da parte dei gestori industriali che nel 2021, secondo quanto emerge dal Blue Book 2023, sono stati di 56 euro per abitante, decisamente inferiori rispetto alla media europea degli ultimi 5 anni, pari a 82 euro per abitante. Investimenti decisamente più bassi quando gestiti dai Comuni localizzati per lo più nel Mezzogiorno, che si attestano su circa 8 euro per abitante. Sono allarmanti anche i dati Eurostat che riguardano gli investimenti fissi lordi in costruzioni nel settore idrico, relativi a infrastrutture per la fornitura di acqua, trattamento delle acque reflue, gestione di tutti rifiuti solidi e non (raccolta, trattamento e smaltimento). Dopo un periodo di crisi, superato dalla crescita degli investimenti nel periodo 2015-2017, grazie anche all’intervento della Struttura di Missione #ItaliaSicura – istituita nel 2014 con l’obiettivo di fare un’analisi delle infrastrutture presenti nel nostro Paese, programmando gli interventi – dal 2018 c’è stato un nuovo rallentamento degli investimenti, cui si sono aggiunte le criticità legate agli impatti del cambiamento climatico sulla disponibilità e sulla distribuzione dell’acqua. Aumentano le zone a rischio siccità estrema A causa del cambiamento climatico, della diminuzione delle precipitazione e dell’aumento del caldo, negli ultimi 70 anni sono aumentate in Italia le zone colpite da siccità estrema, a rischio desertificazione. Si torna dunque all’obbligo per il nostro paese di fare investimenti sostanziosi nelle manutenzione delle infrastrutture idriche, nella realizzazione di sistemi di monitoraggio e nello sviluppo delle reti e degli impianti. Si parla di un fabbisogno di circa 13,3 miliardi a cui corrispondono risorse programmate di 5,1 miliardi, il gap attualmente è quindi pari a circa 8,2 miliardi di euro, ma si tratta di una cifra destinata ad aumentare, considerando per esempio i rincari delle materie prime e la riforma prevista nel PNRR volta a semplificare la normativa e a potenziare le infrastrutture idriche attraverso un un Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico. Ricordiamo che il PNRR ha previsto risorse pari a 4,4 miliardi di euro, suddivisi in 4 linee di intervento: nuove infrastrutture idriche; riparazione, digitalizzazione e monitoraggio integrato delle reti idriche; potenziamento e ammodernamento del sistema irriguo nel settore agricolo; depurazione delle acque reflue da riutilizzarsi in agricoltura e manifattura. A tali risorse vanno aggiunti i 482 milioni da spendere entro il 2023, legati alla programmazione “REACT-EU”. L’Ing. Petrucco dell’ANCE ha evidenziato l’apprezzamento dell’associazione su alcune parti del Decreto Siccità, tra cui la nascita di una Cabina di regia per la crisi idrica che individui gli interventi da attuare con priorità nelle infrastrutture idriche. Una critica è invece legata all’applicazione di ampie deroghe, nonostante sia comprensibile l’obiettivo di velocizzare gli interventi, ma il rischio è “di inficiare il principio di concorrenza e la garanzia di una corretta esecuzione”. Secondo l’Ance si dovrebbe seguire il modello dell’Appalto classico e “la fase di affidamento e di realizzazione delle opere dovrebbe avvenire nel pieno rispetto delle procedure previste dal Codice dei contratti e dalla legislazione ad esso connessa”. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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