Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Il Premio, unico nel suo genere, è promosso da Ala Assoarchitetti e dalla rivista l’Arca, con la sponsorizzazione di Caoduro Lucernari. Premiando opere già realizzate, pone l’attenzione sulla committenza, in molti casi sottovalutata quando si parla d’architettura, dimenticando che il compimento di opere architettoniche di qualità può avere origine solo dall’esemplare connubio tra chi la promuove e chi la progetta. La giuria ha assegnato i 4 riconoscimenti di questa edizione, oltre al Premio d’Onore Decennale che festeggia i 10 anni dalla fondazione. La cerimonia di premiazione ufficiale si terrà il 30 maggio nel suggestivo scenario del Teatro Olimpico di Andrea Palladio a Vicenza. La celebrazione sarà preceduta il 29 maggio dalla tavola rotonda “Aspettando il Dedalo Minosse”, sul tema della committenza, moderata da Oliviero Toscani, alla quale parteciperanno come relatori Cesare Maria Casati – direttore de l’Arca -, Franco Mirenzi – direttore di OFArch -, Mario Botta – Architetto -, l’Ing. Antonio Chiarappa di Risanamento Gruppo Zunino e Adolfo Guzzini, Presidente dell’IN/ARCH. Anche per quest’edizione, che segna il decennale dalla fondazione, tra i committenti spiccano nomi prestigiosi, tra i quali l’Arcidiocesi di Torino, il Santuario di Fatima, Emergency, WWF, SMEG, BMW, Citroën, Porsche, Pirelli, Benetton, Ferrero e Nestlè. Anche tra gli architetti, nomi noti del panorama mondiale come Mario Botta, Richard Meier, Zaha Hadid, Manfredi Nicoletti, accanto a progettisti emergenti. Il punto di forza del Premio Dedalo Minosse risiede, infatti, oltre che nel porsi come punto d’incontro tra la cultura architettonica contemporanea e la società, anche nel consacrare accanto ai grandi progetti nomi ancora poco noti, ponendo in luce il ruolo di arricchimento apportato dal committente nel promuovere l’attività progettuale futuro patrimonio della collettività. L’interessantissimo e complesso panorama di tutte le opere partecipanti tocca ambiti eterogenei, spaziando da edifici per il culto religioso, per l’educazione e per la cultura a quelli che promuovono l’ambiente, i viaggi e la famiglia. Diversificate anche le scale dei progetti: dalle grandi infrastrutture alle sedi aziendali, sino alle abitazioni private. Unico parametro di giudizio in questo vasto scenario, la qualità dell’esito, osservata e valutata relativamente al progetto complessivo che ha portato alla realizzazione finale. Particolare attenzione nel valutare le opere vincitrici, è stata posta a specifici aspetti del progetto, quali l’uso attento delle risorse energetiche, i valori ambientali, il Design for All, la spinta alla ricerca. Oltre ai 4 premi, sono stati assegnati altri 8 Premi Speciali tra i quali spiccano: il Premio Speciale Nievo, dedicato al celebre scrittore ambientalista che, fino alla sua improvvisa scomparsa nel 2006, fu presidente della giuria dalla prima edizione e i Premi Speciali assegnati dagli Sponsor Caoduro Lucernari, GranitiFiandre, Eurotherm e Trend. Altri due Premi Speciali sono stati assegnati dalla rivista internazionale di architettura comunicazione e design l’Arca e dalla Regione del Veneto, promotori della manifestazione insieme ad Ala Assoarchitetti. La mostra dei progetti premiati, allestita nel palladiano Palazzo Valmarana Braga di Vicenza, sarà inaugurata il 30 maggio e resterà aperta al pubblico fino al 24 agosto 2008. Premi della settima edizione Premio d’Onore Decennale Committente: Arcidiocesi di Torino, Cardinale Severino Poletto Progetto: Studio Architetto Mario Botta Opera: Chiesa del Santo Volto Realizzazione: 2006 – Torino, Italia Credit fotografo: Enrico Cano La Chiesa del Santo Volto è il frutto di un programma di riqualificazione urbana che mira a reintegrare le aree industriali dismesse negli anni Settanta, senza perdere la memoria propria della “città del lavoro”. Il nuovo complesso raccoglie tutte le attività di servizio alla Curia, che ha dovuto misurarsi con i rischi e le speranze che una chiesa oggi sollecita nel particolare confronto con la città. La chiesa a pianta centrale é circondata da sette torri alle quali si aggiungono i corpi più bassi delle cappelle. La pianta eptagonale ha permesso di introdurre un asse ingresso-altare verso la città. Il vuoto che si crea all’interno nasce dall’alternarsi di spicchi pieni e vuoti della copertura piramidale. Alle spalle dell’altare è stata ricostruita l’immagine del Santo Volto attraverso una sapiente tessitura della pietra, lavorata con due forme diverse in modo da creare una zona d’ombra e un lato piano per riflettere la luce. L’ex-ciminiera delle acciaierie è stata mantenuta come simbolo del vecchio e del nuovo utilizzo. Da un lato testimonia le origini industriali del luogo, dall’altro è una torre a sostegno della croce. Pur nella diversità dei loro ambiti, architetto e committente sono stati motivati dalla volontà di regalare alla città un’architettura sacra di alto valore artistico ed un luogo che evocasse un forte significato spirituale perché, come sostiene Mario Botta, “la costruzione di un luogo di preghiera è un segno vivo […] di uno spazio deputato a sfuggire la fragilità del quotidiano”. Parole alle quali fa eco la riflessione del Cardinale “Questa struttura, incastonata in una zona della città di Torino che è in piena trasformazione urbanistica, rende ragione […] di come una città, gloriosa come la nostra, possa ora riconoscersi e qualificarsi nel nuovo che viene avanti per dare continuità a una storia ricca di valori cristiani e umani […].” Premio Internazionale Dedalo Minosse alla Committenza di Architettura Committente: Hobag SpA, Peter Reichegger, amministratore delegato Progetto: Richard Meier and Partners Architects LLP Opera: Jesolo Lido Village Realizzazione: 2008 – Jesolo (VE), Italia La Hobag Spa si pone come obiettivo principale, oltre alla tutela dell’ambiente, la ricerca di soluzioni ottimali dal punto di vista qualitativo ed economico in ogni ambito dell’edilizia. Lo Jesolo Lido Project è un complesso destinato e diventare nei prossimi anni non solo un innesco di architettura di qualità per il polo turistico di Jesolo, ma anche un punto di riferimento per l’architettura residenziale in Italia. Il committente ha diretto ogni giorno in maniera coraggiosa un’operazione innovativa per l’Italia, confrontandosi con una realtà immobile rispetto ai nuovi concetti architettonici e ad un modo di abitare diverso. Grazie alla volontà, alla costanza e alla passione per l’architettura moderna, giorno dopo giorno il committente si è lasciato appassionare da un progetto con soluzioni architettoniche a lui ancora ignote e audaci per il mercato italiano, ma in cui ha voluto credere nel rispetto e con piena fiducia del ruolo e del lavoro del progettista. “Luce” e “Natura” sono i temi conduttori del progetto. Arretrato dal mare di 100 mt, il villaggio è composto da edifici a tre piani dotati di piscina, giardino comune e giardini privati: un edificio di ventitre appartamenti con alcuni negozi orientato verso il mare ed affacciato su una piazza e venti fabbricati di tre appartamenti ciascuno posizionati lungo entrambi i lati della piscina. Attualmente in fase di progettazione sono due ulteriori fabbricati posti sul fronte mare, di cui uno residenziale e un hotel. Premio ALA – Assoarchitetti Committente: Smeg SpA, Roberto Bertazzoni, presidente Progetto: Canali Associati Srl, Guido Canali Opera: Nuovi uffici della Smeg Realizzazione: 2006 – San Girolamo di Guastalla (RE), Italia La Smeg SpA opera nel settore degli elettrodomestici. con un marchio di fascia medio alta del mercato, accompagnato dalla differenziazione della produzione, che si è arricchita di prodotti per la ristorazione e per il settore elettromedicale. Oggi Smeg è un’impresa internazionale con filiali commerciali nei principali paesi europei. Sforzo costante e profonda passione hanno permesso di concretizzare l’idea che tecnologia avanzata e design raffinato possono convivere. Dichiara Bertazzoni “Il committente ha un ruolo importante in architettura. Qui siamo nel ducato dei Gonzaga, che hanno fatto il Rinascimento. Gli argini e un po’ di metafisica, l’acqua, la bruma. I nostri uffici sono radicati in questa terra, nascono da infiniti colloqui con Guido, che poi è anche uno del posto e ha saputo cogliere appieno tutte le mie emozioni. Il rapporto dell’edificio con la natura è sempre stato una mia idea fissa. Già due o tre anni prima che iniziasse il cantiere, piantavo degli alberi. Nascondiamo la fabbrica, ci vuole un po’ di sacralità. Aver costruito una palazzina che si sviluppa su un solo piano significa naturalmente aumentare le spese di manutenzione. Io credo nell’impresa che aiuta le famiglie: lavorare in un luogo piacevole, in un ufficio decoroso, contribuisce a migliorare la qualità della vita”. Un cerchio inscrive il quartier generale Smeg nella campagna di Guastalla, entro un argine basso, proprio come quelli del prossimo grande fiume. Il percorso d’ingresso leggermente obliquo rispetto agli assi ortogonali separa i settori a prato dallo specchio d’acqua sul quale si distendono, lievi, il corpo per l’esposizione dei prodotti e quello della sala conferenze. Da nord a sud la figura è poi tagliata da un diametro, che si prolunga nel territorio ed organizza i volumi a un piano degli uffici. Questi sono legati all’interno da un connettivo di luce e chiusi all’esterno da testate cieche di mattoni a vista, e rivelano ottimali condizioni di vivibilità interposti ai patii di bambù che ritagliano nastri di cielo. La storia – qui la tradizione della casa colonica padana, ma anche quella del moderno – è come sedimento vitale, strumento che risponde alle esigenze contemporanee rapportandosi in profondità ai riferimenti propri del territorio. Premio Internazionale Dedalo Minosse alla Committenza di Architettura -OCCAM Under 40 Committente: Holocaust Education Center, Makoto Otsuka Progetto: UID Architects, Keisuke Maeda Opera: Holocaust Education Center Realizzazione: 2007 – Fukuyama (Hiroshima), Japan “Non limitatevi ad esprimere solidarietà e indignazione per il milione e mezzo di bambini assassinati nell’Olocausto, ma fate qualcosa di concreto per creare una cultura di pace.” Makoto Otsuka ricorda bene le parole che gli rivolse Otto Frank, padre di Anne Frank, in occasione del loro primo incontro nel 1971, durante un suo viaggio in Israele. Dall’incontro è nata un’amicizia e lo spunto per creare, nel 1996, il primo Holocaust Education Center (centro dedicato ai bambini vittime dell’olocausto) di Fukuyama. Da allora, Otsuka ha dedicato la propria esistenza a far conoscere cos’è stato l’Olocausto e a educare le nuove generazioni alla pace. Nel corso del tempo, la famiglia Frank ha donato alla fondazione oltre 100 manufatti originali e persone di 60 paesi diversi hanno contribuito con oggetti e documenti vari: è grazie a questi contributi e all’incessante lavoro della fondazione che è stato possibile pensare al progetto di un secondo Holocaust Education Center. Finanziato per intero da donazioni benefiche, il nuovo “centro educativo che crea la pace” oltre a illustrare la storia dell’Olocausto nazista, soprattutto ai giapponesi che conoscono poco l’argomento, punta a indurre i visitatori a riflettere su come fare per contribuire a creare un mondo fondato sulla pace. Il progetto, tutto orientato al futuro, è stato commissionato al giovane Keisuke Maeda, classe 1974. Maeda ha risposto alle esigenze del cliente concependo un’architettura molto equilibrata, al tempo stesso ricca di valenze simboliche e discreta e offrendo una struttura multifunzionale a fronte di un budget esiguo. Il progetto è stato realizzato grazie all’intensa attività di collaborazione tra Maeda, Makoto Otsuka e il suo studio, basata sulla condivisione dell’idea dell’importanza che la luce ha nel plasmare il carattere dello spazio. Luce e pace nutrono le speranze. Il tema della luce ha avuto un ruolo di primo piano nelle discussioni preliminari. È nata così l’idea di far percepire luci e ombre attraverso materiali fatti a mano. Premio ALA – Assoarchitetti Under 40 Committente: Nicola De Risi Progetto: Sergio Bianchi Opera: Casa De Risi Realizzazione: 2007 – Bellegra (Roma), Italia Credit fotografo: Enrico Bianchi Nicola De Risi è appassionato di architettura fin dalla giovinezza quando conosce Zevi, con cui condivide la medesima passione. Zevi confida a De Risi l’intenzione di fondare l’Istituto Nazionale di Architettura e gli chiede di esserne il segretario. Nel 1959 nasce l’Inarch. Per 38 anni, in qualità di segretario, De Risi organizzerà mostre e convegni. Il suo ruolo lo mette in contatto con i protagonisti dell’Architettura, ma anche con generazioni di giovani architetti in cerca di opportunità. Da uomo sensibile e pragmatico sente la necessità di fare qualcosa e nel ’97 matura l’idea di indire un concorso dal tema “Nuovi modi di abitare la campagna” per realizzare la propria casa. Il concorso richiedeva una riflessione sul come riabitare una vecchia casa in disfacimento su un terreno degradante caratterizzato dall’affiorare della roccia basaltica. Viene scelto, dopo un difficile lavoro di giuria, il progetto del trentatreenne Sergio Bianchi. Il contesto ambientale della campagna di Bellegra è molto delicato, gravato da vincoli ambientali, idrogeologici, usi civici di pascolo. Nel corso del progetto e della realizzazione committente e architetto hanno affrontato assieme un difficile percorso burocratico e costruttivo, dovuto specialmente agli aspetti innovativi del progetto. Dalla relazione per il concorso: “L’intervento ricerca il suo significato nell’essere seme, tentativo di costruire dentro l’ecosistema. Luce ed acqua, energie che piovono a terra vengono utilizzate per alimentare e nutrire. La copertura è attivata da pannelli fotovoltaici, pannelli solari e da un macropergolato che filtra la radiazione e crea un ambito protetto a terra per il lavoro all’aperto. Le acque meteoriche raccolte, vengono riutilizzate per l’irrigazione dei campi. Le acque di scarico vengono trattate e rimesse in circolo. L’edificio proposto ricalca le dimensioni e la posizione dell’esistente. La giacitura sul lotto è la medesima, ribaltando la sezione in modo da minimizzare l’ingombro a terra e offrire il massimo dello sviluppo in quota. La residenza proposta si sviluppa su tre livelli. Al livello inferiore un laboratorio, la residenza al livello intermedio e un piccolo studio al livello superiore.” Premio Speciale Caoduro Lucernari Committente: Lumenart, Dean Skira, presidente Progetto: Rusan Arhitektura, Andrija Rusan Opera: House of light office building Realizzazione: 2007 – Pula, Croatia Lumenart è un’importante azienda croata specializzata in progetti illuminotecnici a carattere commerciale, urbanistico e residenziale. La sua attività ha permesso la realizzazione di creazioni particolari, coronate dall’aggiunta del progetto illuminotecnico, a testimonianza di una produttiva interazione con gli architetti e le loro proposte. All’interno dell’edificio della “house of light” il tema principale è il continuo avanzamento delle tecnologie per l’illuminazione, argomento che viene condiviso anche con il pubblico in occasione di seminari divulgativi periodicamente organizzati nel laboratorio illuminotecnico in showroom professionali. L’edificio Lumenart comprende gli uffici di progettazione, di vendita e di promozione dell’azienda. Sopra il basamento si erge un insolito padiglione, di un bianco brillante e a forma di cristallo. Il nucleo centrale è un normale cubo in mattoni e calcestruzzo che rappresenta lo scheletro per la copertura interna e quella esterna, considerate come elementi autonomi. Il progetto è riuscito a portare a termine la realizzazione di una struttura tanto complessa con una disponibilità economica relativamente bassa e con l’uso di semplici tecnologie disponibili sul posto. La grande profondità della terza dimensione della facciata crea ombre che enfatizzano la plasticità dei volumi. Nell’immagine notturna, il volume del padiglione funge da base per una complessa illuminazione che fa sfoggio delle capacità tecniche e creative dell’azienda. Anche la luce naturale che si riflette sulle superfici esterne svolge un ruolo molto importante giocando con quella artificiale, elemento portante del progetto. L’edificio dell’“house of light” è stato progettato come un laboratorio architettonico-illuminotecnico vivente, che ospita la maggior parte delle attuali tecnologie integrandole nella propria struttura. Qui i visitatori possono capire il vero significato dell’ordine e della funzionalità dello spazio, concetti che sono alla base della filosofia e dell’anima dell’azienda. Premio Speciale Stanislao Nievo Committente: Emergency ONLUS – ONG Progetto: Studio Tamassociati Opera: Centro Salam di Cardiochirurgia Realizzazione: 2007 – Soba – Khartoum, Sudan Emergency è un’associazione italiana indipendente e neutrale, nata per offrire assistenza medico-chirurgica gratuita di elevata qualità alle vittime civili di guerre, mine antiuomo e povertà. Promuove una cultura di solidarietà, di pace e di rispetto dei diritti umani. Tutte le strutture di Emergency sono progettate, costruite e gestite da staff internazionale specializzato, impegnato anche nella formazione del personale locale. Parlare di committenza nel caso del progetto del centro Salam allude ad un processo molto articolato rispetto ai consueti rapporti committente-progettista-impresa esecutrice. La coincidenza di visione sulle finalità ideali e pratiche ha generato un processo corale e partecipativo nella progettazione come nella realizzazione. Un processo che ha visto protagonisti “attori” attivi in diversi aspetti della costruzione e della gestione dell’ospedale, come il project manager, il geometra di cantiere, il direttivo Emergency e soprattutto numerosi infermieri e medici tra cui Gino Strada che ha disegnato le linee guida dell’opera e che ha seguito costantemente ed attivamente la costruzione dell’ospedale. Senza l’apporto dalla fase progettuale di tutte queste figure non sarebbe stato pensabile realizzare in soli due anni un’opera di tale complessità in un contesto di guerra e povertà come quello sudanese. Operare in una area in gran parte desertica, reduce da una ventennale e sanguinosa guerra civile ha imposto al gruppo di progettazione l’assunzione di criteri d’azione innovativi sia dal punto di vista tecnico/pratico che teorico/ideale, obbligando ad una riflessione profonda sui princìpi etici che stanno alla base del progetto. Tutto questo ha significato mettere in risonanza l’identità culturale e sociale del territorio con il suo genius loci e le sue problematiche, ma ha significato soprattutto ribadire, attraverso l’architettura, l’idea che i Diritti debbano essere un patrimonio comune. Un processo che ha avuto come baricentro il tentativo di re-inventare un’“architettura solidale”, empatica, etica ma soprattutto “bella” o come la definisce Gino Strada: “scandalosamente bella”! Dove lo scandalo sta nell’essere un’architettura profondamente radicata nella geografia culturale e sociale del Sudan ma anche in quella forma di utopia che è la rivendicazione dei Diritti. Premio Speciale L’Arca Committente: Lilja Pálmadóttir & Baltasar Kormákur Progetto: Studio Granda, Steve Christer and Margrét Hardardóttir Opera: Hof Residence Realizzazione: 2007 – Holdastrond, Iceland Hof è un nuovo complesso residenziale immerso nel verde del fiordo di Skakafjörður, situato a meno di 100 km dal Circolo Polare Artico. La spettacolarità del posto, il suo isolamento e la particolarità del progetto hanno alimentato l’esclusivo rapporto tra i clienti (l’artista Lilja Pálmadóttir e Baltasar Kormákur Baltasarsson, attore e regista), il committente e l’architetto, dando luogo a un risultato palesemente frutto, in ogni suo aspetto, di questa collaborazione. Il gruppo originario di edifici, comprendente l’abitazione, la chiesa, il granaio e la stalla, sorgeva sulle rive di un fiume. Più all’interno sono state recentemente costruite scuderie per i cavalli. L’ampio fiordo ha un margine montuoso solcato da lunghe vallate e comprende al suo interno le rocciose isole di Drangey. Il nuovo complesso si trova leggermente spostato rispetto all’insediamento originario: è posto su un terreno rialzato e ogni spazio, ogni stanza, è orientato in modo da catturare il maestoso panorama circostante. Esternamente la casa si presenta con una serie di muri squadrati in cedro e calcestruzzo, che variano di aspetto e colore a seconda dei capricci degli elementi naturali. L’erba spostata dal terreno è stata trapiantata sul tetto, mentre il prato circostante è stato tagliato e utilizzato per terrapieni di torba e pietra che consentono l’accesso all’ingresso e alle terrazze. Durante la preparazione delle fondamenta, sono stati scavati blocchi esagonali di basalto con cui sono state lastricate le superfici esterne. La stessa pietra è utilizzata all’interno nel soggiorno e nelle zone di passaggio. La maggior parte delle pareti interne è in calcestruzzo grezzo o dipinto, mentre i soffitti, le porte e gli altri elementi in legno sono prevalentemente in listelli di rovere trattato ad olio con particolari in acciaio: una nota rustica contrappuntata da piani semplici uniformante verniciati. Con un tocco di raffinatezza ed esotismi, cucina e bagni sono stati dotati di superfici marmoree che rimandano a latitudini più vivibili, mentre le mattonelle bianche della dispensa e i ripiani in basalto ricordano la necessità di accumulare cibo per il rigido inverno. Sebbene gli interni siano dominati da panorami spettacolari, l’atmosfera è potenziata da un sistema secondario di lucernari e altre aperture del tetto che servono a orchestrare la luce diurna attraverso la casa. Fa eccezione il passaggio tra il soggiorno e la zona notte, dove l’illuminazione è ridotta a pochi spot. Premio Speciale Regione del Veneto Committente: Amministrazione Comunale di Arezzo Progetto: Manfredi Nicoletti Opera: Nuovo Palazzo di Giustizia Realizzazione: 2007 – Arezzo, Italia Il Comune di Arezzo, attraverso un accordo di programma stipulato con l’Azienda USL 8 di Arezzo, ha attuato il Recupero dell’ex Ospedale Garbasso destinandolo a nuova sede degli Uffici giudiziari, che necessitavano di nuovi spazi. Il mantenimento della sede vicino a quella attuale e al centro storico della città ha consentito il mantenimento per uso pubblico del patrimonio immobiliare presente nel territorio comunale e da dismettere, senza incrementare l’edificazione del tessuto cittadino. Vicino alla Fortezza Medicea entro un parco storico, il Nuovo Palazzo di Giustizia ospita le principali aule d’udienza e gli uffici della presidenza del Tribunale ed è collegato all’edificio neoclassico dell’ex ospedale utilizzato per uffici e archivi. Il progetto della nuova ala è una metafora del suo contesto: le meraviglie vegetali del parco e la struttura medioevale della città, anticamente protetta a nord dal tracciato a conca delle mura e aperta sul lato opposto verso le piazze, i giardini e il territorio. Anche il nuovo edificio è racchiuso sul lato nord da un guscio murario concavo in brillante granito nero, con superficie fiammata per ottenere un’elegante tonalità grigio scuro. Sul lato sud una facciata schermante di acciaio inox si conforma come una superficie svergolata, caratteristica del rivestimento della maggior parte degli esseri viventi, incluse le foglie. Queste forme curvilinee complesse possono essere costruite mediante l’utilizzo di soli elementi rettilinei. In tal modo una foglia d’argento bioclimatica protegge l’ambiente interno tramite un’ombra luminosa e dialoga con il parco senza interferire con gli elementi neoclassici adiacenti. Negli spazi interni il riflesso delle pavimentazioni in granito nero lucidato a specchio contrasta con l’involucro vetrato verdeggiante e i pannelli orizzontali in alluminio microforato intercalati da sottili ricorsi orizzontali di legno naturale di acero. L’ingresso a tutta altezza è illuminato dall’alto e dominato dall’involucro dell’ascensore rivestito in pannelli di granito nero. Premio Speciale GranitiFiandre Committente: BMW AG Munich Progetto: Zaha Hadid Architects Opera: BMW Central Building Realizzazione: 2005 – Leipzig, Germany Nel 2004 la BMW si è trasferita nel Central Building di Lipsia. La struttura dell’edificio favorisce una nuova e radicale interpretazione del concetto di “open office”, fornendo un esempio ancor più impegnativo di connettività e trasparenza nel quadro della necessaria funzionalità. Il Central Building è il centro nevralgico di tutto il complesso industriale, il luogo dove convergono e si dipartono tutte le attività dello stabilimento. Questo nodo collega i tre principali reparti produttivi (Body-in-White, Verniciatura e Assemblaggio) e contemporaneamente funge da ingresso allo stabilimento. L’area centrale è concepita come una “piazza” ed è pensata per favorire la comunicazione. L’integrazione degli operai è facilitata dalla generale trasparenza dell’organizzazione interna. Una serie di servizi tecnico-ingegneristici e amministrativi sono dislocati lungo la traiettoria degli spostamenti quotidiani della manodopera operaia. I problemi intrinseci di un grande parcheggio antistante l’edificio sono stati evitati trasformandoli in uno spettacolo dinamico alla destra dello stabilimento. Il dinamismo caratteristico dei veicoli in movimento e l’“animazione” della distesa di telai di automobili traspaiono nella disposizione dei lotti parcheggiati, che muovono tutta la superficie, con traiettorie di colori e scintille che digradano fin dentro l’edificio. Qui le auto scendono in basso, scaricano i visitatori nell’atrio pubblico con vetrate che consentono di vedere l’interno dell’edificio. Premio Speciale Eurotherm Committente: ICE Ontwikkeling, Ron Lubbers, direttore Progetto: Mecanoo Architecten, Francine M.J. Houben, Francesco Veenstra Opera: Business Innovation Center Fifty Two Degrees Realizzazione: 2007 – Nijmegen – Gelderland, The Netherlands La realizzazione del Fifty Two Degrees ha avuto inizio da un’idea di Ron Lubbers, direttore dell’ICE Development. L’ambizioso progetto non vuole soltanto essere un edificio di uffici ma anche una ribalta per la moderna economia creative; una struttura globale dove le persone possano sentirsi a casa, indipendentemente da quel sia il loro paese di origine; una città dentro la città. Su una superficie di 43.500 m2 il nuovo centro riunisce e concilia tecnologia, scienza, cultura, lavoro, tempo libero e favorisce la creazione di nuove reti e unioni aprendo il dialogo tra produttori e consumatori, così da generare nuove idee e nuovi prodotti. Il FTD è frutto della prima fase di un piano regolatore su larga scala per la zona di Neerbosscheweg. La torre alta 86 metri sorge su un declivio ed è assorbita fluidamente, ma in modo interessante, all’interno del circostante Goffert Park. Sotto al tetto ricoperto d’erba c’è spazio per 600 automobili parcheggiate, sono ospitate diverse attività commerciali e una piazza coperta con negozi e ristoranti. In una seconda fase, è in programma l’aggiunta di sale conferenze, di un teatro, un albergo, di impianti sportivi e altri negozi. Per tagliare i costi energetici sono state condotte delle ricerche mirate a stabilire l’equilibrio ottimale tra facciata aperta e chiusa. Ne è risultata una facciata chiusa per il 60%, formata da pannelli di alluminio e per il 40% una facciata in vetro aperta. Il garage non è sotto terra, ma sotto il tetto ammantato d’erba e gode quindi dei vantaggi di un isolamento e una climatizzazione naturali, evitando il ricorso a costosi sistemi di ventilazione che, tra l’altro, consumano molta energia. Il manto erboso del tetto, inoltre, contribuisce a mitigare il deflusso di acqua piovana, rendendo superfluo l’impiego di grosse grondaie. Premio Speciale Trend Committente: World Wide Fund for Nature, Jan Van den Bremer Progetto: RAU, Thomas Rau Opera: Oneplanetarchitecture WWF – Netherlands Realizzazione: 2006 – Zeist, The Netherlands Nel 2006, il WWF ha deciso di rinnovare un complesso di laboratori agrari, risalente al 1954, per trasformarlo in un edificio energeticamente efficiente. Il complesso è autosufficiente e neutrale dal punto di vista delle emissioni di CO2. Si voleva dare una prova tangibile del fatto che è possibile, anche disponendo di semplici mezzi, realizzare un mondo rispettoso della natura e che risparmi energia. La riserva naturale di Schoonoord, confinante con la zona di Driebergseweg (Zeist), ospitava un laboratorio risalente al 1954. Un laboratorio “congelato”: austero, impersonale e cupo. Si è quindi scelto di “rianimarlo”, mantenendo l’ossatura del vecchio edificio, riutilizzandone le macerie e aggiungendogli un cuore caldo e pulsante. Il tutto, restituendo contemporaneamente i terreni alla natura. Gli architetti hanno fornito stimoli al WWF nella realizzazione del nuovo quartier generale olandese e nello sviluppo di un habitat naturale in armonia con gli abitanti. Insieme al cliente sono riusciti a creare un edificio esemplare (neutrale dal punto di vista delle emissioni di carbonio e capace di produrre energia), utile a formare le coscienze sugli effetti e sulle possibilità di un ambiente costruito. L’edificio è concepito non solo come riparo, più o meno comodo, ma anche come “organismo” nel vero senso della parola. È in grado di produrre energia, costituisce un rifugio per la natura (uccelli e pipistrelli hanno i loro nidi nei muri), stimola e incoraggia. Premio Speciale IIDD Committente: Primetime child development, Christine Bruder, direttore Progetto: Studio MK 27, Marcio Kogan, Lair Reis and Diana Radomysler Opera: Primetime child development nursery Realizzazione: 2007 – Saõ Paulo, Brazil Il Primetime Child Development è un progetto pionieristico nella cultura brasiliana perchè ha un programma educativo molto innovativo fondato sulle relazioni umane e affettive tra gli educatori e i bambini, di età compresa tra gli zero e i tre anni. Stimolare attraverso l’emozione le capacità personali e di interazione dei bambini in un ambiente sicuro è stato lo scopo del lavoro. L’uso di materiali naturali e divertenti, come il pavimento soffice, l’applicazione dell’ergonomia, l’uso di rampe per la circolazione, il controllo della qualità dell’aria, dell’acqua, della luce e dei colori sono stati calibrati per offrire una ricchezza di contesto entro cui adulti e bambini possano dialogare secondo diversificati codici di linguaggio in libertà senza barriere fisiche o psicologiche. Giuria della 7ª edizione del Premio Internazionale Dedalo Minosse – Richard Haslam, storico d’architettura, presidente – Paolo Caoduro, sponsor principale del Premio – Cesare Maria Casati, direttore de l’ARCA – Mario Cucinella, architetto – Bruno Gabbiani, presidente di ALA – Assoarchitetti – John M. Johansen, architetto – Franco Miracco, portavoce del Presidente della Regione del Veneto – Giuseppe Nardini, committente premiato nel 2006 – Satoshi Okada, architetto del committente premiato nel 2006 – Adriano Rasi Caldogno, segretario generale per la programmazione della Regione del Veneto – Oliviero Toscani, fotografo – Roberto Tretti, presidente del Centro Studi per le Libere Professioni – Stefano Battaglia, architetto ALA – Marcella Gabbiani, architetto ALA Per ulteriori informazioni www.dedalominosse.org Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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