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Mentre l’Italia dichiara lo stato di emergenza per siccità e si moltiplicano le iniziative di water saving, la dissalazione, che potrebbe essere un’ottima risposta, non è tra le soluzioni favorite dal quadro normativo. L’Italia sta facendo i conti con l’allarme siccità e il Governo ha decretato lo stato di emergenza per le prime cinque Regioni che lo hanno richiesto. Fontane spente, limitazioni all’uso dell’acqua potabile e regole finalizzate alla riduzione degli sprechi sono sempre più diffuse in tutto lo Stivale. In questo contesto, un paper di Althesys e Acciona dal titolo “La desalinizzazione, una risposta alla crisi idrica” porta l’attenzione su una soluzione poco considerata in Italia: la dissalazione. Con il 97% dell’acqua disponibile sulla Terra di origine marina, potrebbe giocare un ruolo di primo piano nella lotta alla siccità. Dissalazione, in cosa consiste La dissalazione è il processo attraverso il quale viene resa potabile l’acqua di mare. Non è una novità: si tratta di una tecnologia industrialmente matura, economicamente competitiva e che dal punto di vista ambientale risulterebbe sostenibile, se abbinata alle energie rinnovabili. La dissalazione potrebbe aiutare a “produrre” acqua e mitigare la sete dei territori, ma è necessaria una maggior attenzione da parte delle istituzioni e degli enti locali per predisporre un quadro normativo adeguato. Althesys e Acciona analizzano le opportunità di questo tipo di soluzione. Secondo il paper, il potenziale della dissalazione in Italia è enorme, anche perché i prezzi stanno calando. Scesi nel 2019 per la prima volta sotto i 3 dollari, nel 2021 si sono attestati a 1,5 dollari al metro cubo. Calcolando che il costo di un metro cubo di acqua trasportata via nave si aggira su 13-14 euro, desalinizzare risulta essere conveniente, per esempio nelle isole. Un’opportunità persa per contrastare la siccità? Sempre più diffusa in tutto il mondo (nel 2020 era impiegata in 183 Paesi), la dissalazione è fortemente utilizzata in Medio Oriente e sta prendendo piede anche in Europa. In Spagna, per esempio, nel 2021 erano in funzione circa 765 impianti. In Italia, però, non è adottata in quanto il quadro normativo risulta sfavorevole. In particolare, nella recente Legge “Salvamare” pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 10 giugno 2022 contenente «Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell’economia circolare» non solo non viene promossa, ma sembra addirittura essere penalizzata. La legge prevede che gli impianti di desalinizzazione destinati alla produzione di acqua per il consumo umano vengano ammessi solo in casi eccezionali. E cioè, in situazioni di comprovata carenza idrica e in mancanza di fonti idricopotabili alternative economicamente sostenibili. A seguito degli interventi per ridurre le perdite della rete degli acquedotti. E nei casi in cui gli impianti siano previsti nei piani di settore in materia di acque e in particolare nel piano d’ambito anche sulla base di un’analisi costi benefici. Infine, questa tecnologia favorisce anche sinergie con le rinnovabili: le zone aride, dove i dissalatori sono più usati, sono generalmente anche quelle più soleggiate e adatte al fotovoltaico. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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