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Il documento è stato inviato agli Stati membri. Si è deciso per un compromesso dell’Unione europea messo a punto per non scontentare né la Francia né la Germania. Le due tecnologie possono avere “un ruolo come mezzi per facilitare la transizione verso un futuro prevalentemente basato sulle energie rinnovabili” di Tommaso Tetro Il gas e il nucleare entrano nella tassonomia Ue, cioè la lista delle tecnologie ritenute sostenibili e quindi finanziabili dall’Europa. Alla fine di un lungo processo di analisi il documento è stato inviato agli Stati membri. Arrivare alla conclusione non è stata cosa semplice. Ma poi si è deciso per un compromesso. Infatti la mediazione dell’Unione europea – messa a punto per non scontentare né la Francia sul nucleare né la Germania sul gas, oltre ai blocchi delle economie che intorno a questi Paesi si sono costituiti – si ritrova tutta nella dichiarazione finale con cui si fa presente di aver tenuto “conto dei pareri scientifici e dei progressi tecnologici, nonché delle diverse sfide” legate alla “transizione tra gli Stati membri”. In sostanza, il compromesso della commissione Europea viene esplicitato quando spiega come “gas e nucleare abbiano un ruolo come mezzi per facilitare la transizione verso un futuro prevalentemente basato sulle energie rinnovabili”. Con l’invio agli Stati Ue, il documento sulla tassonomia è entrato nella fase di consultazione. Gli esperti del governo, nel nostro caso quelli del ministero dell’Economia, potranno formulare delle osservazioni; in seguito la proposta passerà al Consiglio Ue e al Parlamento europeo. Per il vicepresidente del Kyoto club Francesco Ferrante la proposta di tassonomia Ue è un passo in avanti. Ma al netto della discussione su nucleare e gas, l’Italia dovrebbe pensare a spingere sulle rinnovabili. Secondo Ferrante quello fatto sulla tassonomia è frutto di un lavoro lungo e complesso, iniziato nel 2020. Anche se guardando esclusivamente al ‘principio’ – avverte – l’inclusione di gas e nucleare è un errore che rischia di creare una sorta di “precedente negativo”. Al netto degli interessi francesi per il nucleare e di quelli tedeschi per il gas – è il ragionamento di Ferrante – l’Italia farebbe meglio a pensare alle rinnovabili. Anche perché da un lato il nucleare nel nostro Paese non è proprio possibile farlo, con una discussione che nei fatti si riduce più o meno a uno scambio “controverso se non nostalgico di battute”; dall’altro il gas avrebbe al limite una sua funzione nella transizione se si pensa in un’ottica di “impianti necessari a mantenere la rete in sicurezza, quindi al capacity market”. La proposta di tassonomia sul gas prevede che gli investimenti per le nuove centrali – che dovranno ricevere il via libera alle autorizzazioni entro dicembre 2030 – debbano obbligatoriamente sostituire impianti più inquinanti, con una produzione di emissioni inferiori a 270 grammi di CO2 equivalenti per kWh (kilowattora). Inoltre la capacità produttiva non deve superare di oltre il 15% quella sostituita. Quanto al nucleare invece gli investimenti nelle centrali, i progetti devono avere un Piano di sviluppo definito, così come le risorse per la messa in pratica e un sito di stoccaggio per i rifiuti radioattivi pronto. Poi, devono aver ricevuto l’ok alla costruzione entro il 2045. In questa categoria rientrano anche gli impianti già esistenti, sia pure con un incremento della sicurezza. “C’è un’enfasi eccessiva su un’eventuale inserimento in tassonomia del nucleare e del gas – osserva Ferrante – forse perché non si è capito fino in fondo che cos’è la tassonomia. Si tratta in realtà di un passo in avanti importante, sia per quello che è specificatamente finanziabile sia per il più ampio percorso di transizione ecologica”. E’ stato un “lavoro molto lungo e complesso”, rileva il vicepresidente del Kyoto club; tanto che la proposta della commissione Ue arriva a conclusione di un processo di valutazione avviato nel 2020. L’inserimento di nucleare e gas è però ritenuto da Ferrante “un precedente negativo”, anche in vista delle scelte future che la commissione sarà chiamata a compiere. Tra l’altro – continua il vicepresidente del Kyoto club – “nella tensione che si è creata su nucleare e gas, le ricadute per l’Italia sono praticamente nulle: il primo, pur avendo delle ragioni obiettive oltralpe, semplicemente non si può fare nel nostro Paese; il secondo, al limite potrà esser utile per un piccolo numero di impianti legati al capacity market, cioè quelli necessari a tenere in sicurezza la rete”. Così come “irrilevanti” sulle bollette sarebbero gli effetti di un incremento delle estrazioni nazionali di gas. “Per tanto tempo siamo stati un hub del gas e del petrolio per tutta Europa – conclude Ferrante – oggi, se l’Italia volesse fare gli interessi del Paese dovrebbe pensare alle energie pulite e spingere sulle rinnovabili, oltre che per il vantaggio legato alla nostra posizione geografica, per motivi squisitamente climatici e politici”. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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