Il mercato delle costruzioni

CI SIAMO, È ARRIVATA LA RECESSIONE
Inversione di ciclo
Per il settore delle costruzioni il più lungo ciclo positivo dagli anni cinquanta volge al termine.
L’importante fase di crescita iniziata nel 1995 è destinata ad interrompersi. Come per tutti cicli vi sono fasi espansive e vi sono fasi di flessione: gli elementi che emergono dall’analisi congiunturale di quest’anno, portano a concludere che ci siamo: nel 2002 la crescita delle costruzioni si riduce all’1,5%, nel 2003 si entrerà in una fase recessiva, con un calo dello 0,5%, una fase destinata ad aggravarsi ulteriormente nel 2004.

Prevalgono incertezza e insicurezza
Nel 2001 il valore delle costruzioni è stato di 150 miliardi di euro, in valori correnti il 2002 dovrebbe chiudersi con 157,3 miliardi di euro. La crescita del settore delle costruzioni nel 2002 sarà dell’1,4%, con una revisione al ribasso rispetto alle previsioni dello scorso anno (+1,9% a settembre 2001) e del giugno 2001 (+2,2%).
La ricostruzione che il CRESME fa della situazione appare complessa, articolata su diversi cicli di produzione che si vanno in questa fase congiunturale ridefinendo nei contenuti e nelle indicazioni per chi deve operare sul mercato. I diversi cicli produttivi e dei principali fattori economici che si intersecano con quelli del settore delle costruzioni manifestano comportamenti diversi che generano in chi opera sui mercati soprattutto incertezza.
Incertezza e insicurezza che è tipica delle fasi di trasformazione ma che, se gli scorsi anni era dovuta alla esasperazione della competizione tra gli attori dell’offerta, al modificarsi delle strategie e al ridefinirsi dei modelli di business, oggi è legata proprio all’andamento della domanda, all’andamento del mercato.
La competizione esasperata resta, ma le disponibilità della domanda tendono ad essere molto meno generose rispetto a quanto successo negli scorsi anni.

La crisi della manutenzione
I dati a consuntivo dei sistemi informativi del CRESME hanno infatti evidenziato una crescita degli investimenti in nuove costruzioni maggiore del previsto; allo stesso tempo gli ultimi dati sul mercato immobiliare hanno evidenziato come la crescita delle compravendite proprio negli ultimi mesi del 2001 si sia arrestata. Il 2001 registra un calo del 2% degli scambi, ridiscendendo sotto le 900.000 abitazioni compravendute, nel 2002 diminuiranno del 5,0%, scendendo sotto le 850.000 abitazioni.
I prezzi tengono ancora per il 2002, ma è iniziata una fase che sarà prima morbida, poi più violenta di inversione del ciclo del mercato immobiliare.
Allo stesso tempo i consumi delle famiglie iniziano una fase di rallentamento importante: nel quarto trimestre del 2001 crescono solo dello 0,2%, nel primo trimestre 2001 diminuiscono rispetto allo stesso periodo del 2001 del –0,5% e nel secondo trimestre 2002 diminuiscono ancora del –0,5%. La spesa delle famiglie residenti nel nostro paese si riduce: nei primi sei mesi del 2002 si è speso meno che nei primi sei mesi del 2001.
L’effetto congiunto della riduzione delle compravendite con quello della riduzione dei consumi delle famiglie ha una vittima: il mercato della manutenzione residenziale. Nel 2001 la crescita degli investimenti in manutenzione straordinaria residenziale si è ridotta a un modesto + 0,3% e dal 2002 entreremo in una fase recessiva più intensa: -1,5% nel 2002, -3,1% nel 2003 e –0,4% nel 2004. E’ una situazione di crisi assolutamnete inedita per un comparto che ha rivoluzionato e trainato il mercato delle costruzioni negli anni ’90.
La conferma di una situazione mutata emerge dai diversi ritmi di crescita delle imprese di costruzioni e delle società di general contracting e di ingegneria – oltre il 10% – rispetto al mondo della produzione dei materiali che registra sempre nel 2001 solo un +4,7% (sempre in valori correnti).
L’osservatorio CRESME-ANGAISA sui potenziali di mercato idrotermosanitari, definisce un andamento del mercato speculare con quello espresso dai bilanci delle industrie produttrici di materiali nel loro complesso, evidenzia il boom del biennio 1999-2000, con tassi di crescita superiori al 10%, e il dimezzamento del tasso di crescita nel 2001, al +5,0%. Nel preconsuntivo del 2002 l’osservatorio della distribuzione dei materiali idrostermosanitari mostra a fine anno, nei primi risultati della rilevazione di settembre-ottobre, una crescita ancor più contenuta di quella del 2001: +3,5%. La dinamica di mercato è in linea con la stima dell’andamento, in valori correnti, dell’attività di manutenzione residenziale stimata dal CRESME, mentre si evidenzia la diversità con l’andamento del valore della produzione complessivo del settore delle costruzioni, che nel 2001 cresce del 7,3%.
La comprensione di quello che è successo e che sta succedendo nella differenza tra la crescita complessiva del settore e l’andamento del mercato della manutenzione si ha sempre attraverso l’analisi dei bilanci dei principali produttori di materiali. E’ una analisi, sintetizzata nella Tabella che prende in esame per il 2001 i bilanci delle principali industrie produttrici di materiali suddividendoli per settore merceologico di attività, per macrotipologie di prodotti.
Risulta evidente come il mercato sia stato trainato dal 2001 dai “materiali pesanti”, più che dai “materiali leggeri”: tirano prefabbricati, tondino per cemento armato, cemento e calcestruzzo, laterizi: tirano le nuove costruzioni, tira l’edilizia residenziale e l’edilizia non residenziale, tirano le opere pubbliche. Frenano invece i materiali di finitura e impianti che, come molte analisi hanno ormai messo in evidenza, trovano sbocco principale nel mercato della manutenzione e in particolare nella manutenzione residenziale. E’ nella cantieristica e nelle nuove costruzioni che sta la crescita del 2001, che si prolunga ancora nel 2002 e poi, come tutti i cicli di investimento pesante, dovrà tornare indietro, con dinamiche di flessioni ben maggiori rispetto a quelli della manutenzione.

Il boom dell’edilizia residenziale
Nel 2001 sono stati ultimati in Italia 86 milioni di mc, con una crescita del 7,9% rispetto al 2000; nel 2002 arriveranno sul mercato altri 99 milioni di mc, con una crescita del 14,6% rispetto al 2001. Gli investimenti in nuova costruzione residenziale in valori costanti registrano una crescita del 6,2% nel 2000, dell’8,5% nel 2001 e del 4,0% nel 2002.
La crescita registrata nel 2002 è la più significativa degli ultimi dieci, con una velocizzazione in particolare del numero di abitazioni (+16,6%), rispetto alle volumetrie ultimate (+14,6%) e ai fabbricati realizzati (+12,6%), che segue quella già positiva realizzata lo scorso anno (rispettivamente +10% le abitazioni, +7,9% il volume, +5,7% i fabbricati). Osservando la dinamica di lungo periodo e quella recente, come già evidenziato lo scorso anno, si può osservare come il ciclo produttivo edilizio residenziale sia contrassegnato: dal ripetersi di cicli positivi e negativi della durata di circa quattro anni; da fasi di stagnazione e rallentamento, seguenti alle dinamiche di crescita, ancora di circa quattro/cinque anni; da una flessione complessiva delle quantità nel lungo periodo, ma con una decisa accelerazione recente che riporta la produzione ai livelli del 1988-87, picco più basso del ciclo precedente.
Il mercato dell’edilizia residenziale di nuova produzione presenta nel 2002, in estrema sintesi, i seguenti tratti caratteristici:
– un mercato ancora in forte espansione;
– trainato dalle realizzazioni di media e grande dimensione delle imprese e delle cooperative;
– frammentato e decentrato sul territorio, ma con un certo protagonismo di alcune aree metropolitane;
– dove il ruolo dello Stato e degli Enti pubblici è ormai più marginale;
– e nel quale nuove e dinamiche realtà territoriali competono con i mercati più consolidati: Bergamo, Brescia, Vicenza e Treviso al nord e Bari al sud con Milano, Roma, Napoli e Torino.

I rischi del mercato immobiliare
L’analisi qualitativa della nuova produzione residenziale mette in evidenza come sia una attività promossa prevalentemente da promotori immobiliari e da cooperative, che rilancia l’offerta in una situazione che ha visto il ‘mattone’ tornare ad essere un importante bene
rifugio, nel determinarsi di condizioni che vedono dinamiche delle quotazioni dei titoli di borsa, tassi di interesse, domanda di qualità, capacità di spesa, interagire su piani diversi e determinare caratteri di convenienza e opportunità che trovano riscontro nella attuale situazione di mercato.
Ma questo trend espansivo è una fase di un ciclo, ha una durata. I primi segnali di inversione cominciano ad arrivare con la riduzione delle compravendite immobiliari, con la maggiore incertezza economica, con la borsa che scende sempre più sino a quando questa discesa, prima o poi, si arresterà e l’investimento in titoli azionari ricomincerà, magari con maggiore prudenza del passato, a restituire rendimenti interessanti. Allo stesso tempo un ruolo importante viene giocato dalle dinamiche inflative, molti osservatori temono per il prossimo anno una leggera ripresa dell’inflazione che potrebbe incidere sui tassi di interesse che oggi, giocano un ruolo importante nell’ambito del mercato immobiliare.
Insomma lo scenario ragionevole per il 2003-2004 è sufficientemente chiaro:
– scenario economico più debole;
– compravendite in calo;
– consistente offerta nuova da collocare e in arrivo (avvio del ciclo di offerta negli anni espansivi);
– alternative all’investimento immobiliare crescenti;
– primi segni di difficoltà del rapporto tra offerta e domanda (il nuovo non si può fermare)
– prezzi in calo;
– riduzione degli investimenti in attività di nuova costruzione.
La crisi arriverà prima al nord e poi al centro sud.

Il boom dell’edilizia non residenziale
La nuova produzione non residenziale vive una fase di crescita della nuova offerta particolarmente importante: nel 2001 sono stati ultimati 127 milioni di mc, con una crescita del 28,2% rispetto al 2000; nel 2002 sono attese ultimazioni per ca. 133 milioni di mc, con una ulteriore crescita dell’8,3. Non è casuale, certo che i produttori di prefabbricati in calcestruzzo abbiamo registrato incrementi di valore della produzione del 16,3%. Anche perché nel 2001 i volumi destinati all’edilizia industriale sono cresciuti del 37,7%, raggiungendo i 79 milioni di mc. Nel 2002 le ultimazioni attese si stimano in 83,3 milioni di
mc. Solo nel 1999 la produzione era stata di “soli” 56 milioni di mc.
L’analisi qualitativa della nuova produzione non residenziale nel 2002 presenta i seguenti caratteri distintivi:
– un mercato ancora in crescita;
– nel quale aumentano le volumetrie medie dei fabbricati, al nord come specialmente al sud;
– dove il settore industriale-artigianale rappresenta il 60% delle volumetrie;
– nel quale prosegue il ritorno del protagonismo del settore direzionale;
– e nel quale c’è una consistente crescita del mercato alberghiero;
– con un interessante protagonismo del sud;
– e dove l’intervento pubblico dimostra di essere un fattore di potenziale attivazione delle dinamiche locali, in grado di affiancarsi ai fenomeni crescenti di promozione privata anche nelle aree meno sviluppate e in particolare al sud.
Lo scenario che abbiamo di fronte per il 2002-2004 non differisce molto da quello del comparto residenziale. Gli investimenti in costruzioni non residenziali, dopo essere cresciuti dell’8,1% nel 2001, e del 3,0% nel 2002, entreranno in recessione morbida nel 2003, e più forte nel 2004. Poi, se si dovesse registrare una ripresa dell’economia nella seconda parte del 2003, si potrebbero avere degli effetti di ripresa a partire dal 2005.

Opere pubbliche: il compito anticongiunturale negli anni 2003-2005
Nello scenario che abbiamo tracciato il comparto delle opere pubbliche gioca un ruolo decisivo per la salute del settore delle costruzioni, e forse anche sproporzionato per le proprie possibilità. Le aspettative sono alte, le intenzioni altrettanto, ma il quadro previsionale deve tenere conto della realtà e di quanto sta già succedendo. Inoltre deve tenere conto della capacità di spesa della macchina pubblica, già spinta a ritmi vivaci rispetto al passato. Occorre quindi dedicare un po’ di attenzione puntuale a questo settore che viene approfondito, comunque, in altre parti di questo rapporto.
Le stime per il 2002 prevedono una spesa destinata alle opere pubbliche di 35 miliardi, pari ad una crescita del 6,9% rispetto al 2001, che si riduce al 3,5% in valori costanti. Come abbiamo visto nel 2001 la crescita rispetto al 2000 era stata più evidente (10,7% in valori correnti e 7,6% in valori costanti), e le prime stime per il prossimo anno parlano di un ulteriore contenimento della dinamica di crescita. Insomma il comparto delle opere pubbliche continuerà a crescere nel triennio 2003-2005 con incrementi minori rispetto al passato, cambiando però, man mano la composizione della spesa: dalle piccole alle grandi opere.

Crescono soprattutto le grandi opere
E’ un trend già in atto: nel 2000, rispetto al 2001 i badi di gara per lavori superiori ai 5,16 milioni di euro sono cresciuti del 22%, mentre quelli inferiori erano diminuiti del 20%; nel 2001 i grandi crescono dell’11,7%, i piccoli 1,8%; nei primi sei mesi del 2002 la crescita dell’importo dei lavori messi in gara vede allineati nella crescita le diverse tipologie dimensionali dei bandi. Oggi i grandi lavori rappresentano in termini di importo poco meno del 50% del mercato, solo nel 1999 ne rappresentavano solo il 34%.frutto di verifiche anche recenti con l’ISTAT.
Nel 2001 si sono spesi 32,8 miliardi di euro: 9,2 miliardi in edilizia non residenziale pubblica e 13,6 miliardi nelle opere del Genio Civile. La spesa attuale nelle opere del genio civile in Italia, secondo i dati di Euroconstruct, è maggiore di quella della Francia e del Regno Unito.
E’ evidente che si tratta di una questione di non poco conto che apre riflessioni sulle reali dimensioni della spesa in opere pubbliche nel nostro paese, sull’entità della spesa ordinaria e sul ruolo che le nuove grandi opere possono giocare in questo contesto.
Un altro elemento di riflessione riguarda il trend. Il settore delle opere pubbliche, dopo la radicale caduta successiva al ’92, si è ripreso a partire dal ’96 ed è ripreso in maniera molto forte tra il ’97 e il ’99 con una crescita media annua in valori costanti del 7%. Si è, poi, rallentato nella crescita nel 2000 per riprendere, come abbiamo visto nel 2001 e nel 2002. Tanto che, secondo le stime del CRESME, oggi siamo di fronte, restando ai dati 2001 a consuntivo, ad una stima di spesa nel settore delle opere pubbliche che è più alta di quella del picco raggiunto nella seconda metà degli anni Ottanta o, meglio, tra il ’90 e il ’91.

La segmentazione in tre mercati
Fissati alcuni elementi base dello scenario quantitativo, è possibile cominciare a tracciare alcuni elementi innovativi del quadro operativo di riferimento del comparto delle opere pubbliche. Possiamo dire che il mercato delle opere pubbliche in Italia sia ormai avviato a dividersi in tre diversi segmenti:un primo segmento caratterizzato dalla presenza di grandi opere che vedono come referente principale un numero ristretto di general contractor (50, 100, 200 imprese); un secondo segmento caratterizzato dalle opere “soprasoglia” comunitaria, all’interno del quale giocano la partita le imprese che si sono certificate attraverso le SOA. Va tenuto presente che all’Albo Nazionale dei Costruttori erano iscritte circa 50 mila imprese, oggi possiamo dire che le imprese che si certificheranno con le Soa arriveranno a essere 20mila. Abbiamo, poi, un terzo segmento, è quello delle imprese che giocano la partita del “sottosoglia” e che, quindi, hanno scelto di non giocare la partita delle opere pubbliche attraverso il mercato maggiore, quello che richiede il sistema della qualificazione Soa. Le impese di costruzioni in Italia iscritte alle Camere di Commercio sono ca. 650.000 mila.
Questi tre mercati si confrontano con due scenari normativi di riferimento: quelli che emergono dalla normativa nazionale che vede oggi prevalere la frammentazione di carattere regionale e le indicazioni che stanno arrivando a livello europeo. Così il quadro legislativo vede da una parte una normativa di carattere europeo che tende ad unificare i comportamenti dei diversi Paesi e dall’altra una normativa di carattere nazionale che, in seguito al Titolo V°, tende a privilegiare la possibilità del territorio di giocare partite particolari. Legislazioni ‘locali’ che fissano regole di mercato e nelle quali la competizione di mercato può giocarsi con regole del gioco diverse tra le varie regioni.

Il nodo resta la capacità di spesa
In questo quadro sempre più complesso, dobbiamo tenere presente come funziona il modello di spesa e i ruoli che i diversi attori istituzionali giocano all’interno del comparto delle opere pubbliche nel nostro Paese. Gli enti di spesa sono decine di migliaia (più vicini ai ventimila che ai quindicimila). Negli ultimi 20 anni abbiamo avuto delle oscillazioni che vanno dal 36% al 40% del peso che hanno gli Enti e le amministrazioni locali nella spesa per le opere pubbliche. Si può quindi dire tranquillamente che la quota di gran lunga più rilevante delle opere pubbliche è in mano agli Enti locali, alle piccole Amministrazioni locali, che giocano partite caratterizzate da lavori di medio-piccola dimensione. Non solo, le analisi sui flussi e sulla distribuzione delle risorse hanno messo in evidenza problemi legati alla capacità di spesa del sistema amministrativo con il quale ci confrontiamo. Le analisi del Cresme e di altri osservatori hanno verificato che tutti gli anni nei quali si superano certe dimensioni nella disponibilità della spesa – che, chiaramente, varia a seconda delle fasi storiche – la “macchina si imballa”, la capacità di spesa si blocca, aumentano i residui passivi.
Risulta insomma evidente che uno dei problemi di fondo sta nella capacità di spesa del settore pubblico rispetto alle risorse che sono disponibili.

Per ulteriori informazioni:
cresme@cresme

oppure telefonare al numero
06 8543623

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