Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Indice degli argomenti: Il percorso di decarbonizzazione dell’industria del cemento 3 sfide da vincere per la decarbonizzazione La decarbonizzazione dell’industria del cemento è fondamentale se si vogliono raggiungere gli obiettivi climatici fissati dal Green Deal europeo: riduzione del 55% delle emissioni di CO2 al 2030 e la neutralità climatica al 2050. Sì, ma come fare considerando che stiamo parlando di un settore particolarmente energivoro? E’ partita da qui la conferenza stampa di Confindustria-Federbeton (Federazione che rappresenta il comparto italiano del cemento e del calcestruzzo) durante la quale è stato presentato il percorso di decarbonizzazione della filiera elaborato da Federbeton in collaborazione con KPMG, Advisory sui temi della sostenibilità, con l’obiettivo di raggiungere la carbon neutrality nel 2050. All’apertura dei lavori il Viceministro dello Sviluppo Economico Pichetto Fratin ha sottolineato che quello della transizione ecologica è un obiettivo da valutare nel lungo periodo e che vanno messe in atto azioni concrete in grado di conciliare la decarbonizzazione con la produzione delle imprese, che vanno salvaguardate. Dobbiamo inoltre avere uno sguardo globale, oltre il nostro paese o l’Europa. Il settore del cemento rappresenta il 5% delle emissioni di CO2 rilasciate nel nostro paese, emissioni generate per circa due terzi dalla materia prima che compone il semilavorato clinker. Nel PNRR ci sono dei fondi dedicati a questo ambito che prevedono l’utilizzo dell’idrogeno e risorse per l’efficientamento energetico degli edifici. Il percorso di decarbonizzazione dell’industria del cemento A livello europeo le strategie della filiera del cemento tendono alla neutralità carbonica al 2050, in Italia ci sono alcune leve, ma siamo molto indietro. E’ necessario investire e potenziare l’economia circolare, utilizzare combustibili alternativi, come gli scarti contenuti nella biomassa e tecnologie di transizione a ridotto impatto CO2, sostituire i clinker con altri materiali e sviluppare tecnologie per la cattura delle emissioni di CO2 che non si possono evitare. La produzione del cemento utilizza molta energia elettrica e termica perché i forni raggiungono temperature superiori ai 1.450 gradi centigradi. Per la loro alimentazione è necessario prevedere l’utilizzo di combustibili a ridotto impatto carbonico alternativi ai fossili (attualmente in Italia il più utilizzato è il pet-coke, di derivazione petrolifera, che viene importato con costi significativi anche di trasporto dal Golfo del Messico). L’industria dei combustibili derivanti dai rifiuti che non si possono riciclare né riutilizzare è pronta, ma ci sono enormi complessità autorizzative. L’utilizzo di tali combustibili porterebbe a una diminuzione del 12% delle emissioni CO2. La transizione al gas naturale – ovvero il combustibile fossile a minor impatto carbonico e all’idrogeno verde, che deve provenire da processi green, garantirà una diminuzione del 3% delle emissioni di CO2. E’ poi necessario aumentare l’uso di energia proveniente da fonti rinnovabili ed efficientare gli impianti esistenti (-5% emissioni CO2). Sviluppare cementi innovativi che contengano meno clinker, senza rinunciare alla qualità e sicurezza del prodotto finito, incide su un ulteriore -10% emissioni di CO2. Fondamentale per la decarbonizzazione della filiera del calcestruzzo è poi lo sviluppo di sistemi di cattura della CO2 (Carbon Capture), che da una parte richiedono importanti investimenti e lo sviluppo di infrastrutture di trasporto e stoccaggio, ma potrebbero garantire una riduzione del 43% di emissioni di CO2 Da un sistema di traporto delle materie prime più efficiente deriva una diminuzione del -16% emissioni CO2. Infine scegliere calcestruzzo di qualità permette di ridurne le quantità senza rinunciare alla sicurezza e risparmiando il 5% di emissioni CO2. 3 le sfide da vincere per la decarbonizzazione Durante la tavola rotonda cui hanno partecipato Roberto Callieri, Presidente di Federbeton e il Vicepresidente Antonio Buzzi, Edo Ronchi, Presidente Fondazione Sviluppo Sostenibile, e i rappresentati di Mise, Mite e Enea, è emersa l’importanza della collaborazione tra tutti gli attori della filiera e il necessario supporto delle istituzioni. Perché ci possa essere la decarbonizzazione dell’industria del cemento sono tre le sfide che il settore deve vincere: i processi autorizzativi devono essere semplificati per facilitare l’utilizzo dei combustibili alternativi bisogna realizzare le infrastrutture necessarie per la transizione verso la rete gas, l’utilizzo di idrogeno, il trasporto e lo stoccaggio di CO2 bisogna considerare che i costi per la decarbonizzazione del cemento sono molto alti. Nel 2019 ci sono stati 16,4 milioni di tonnellate di CO2 legate al settore, senza fare nulla entro il 2050 si arriverà a 19,8 milioni, grazie al percorso di decarbonizzazione si può viceversa raggiungere lo 0. Ma saranno necessari 4,2 miliardi di euro di investimenti entro il 2050 e 1,4 milioni di extra-costi operativi annuali, ha spiegato Roberto Callieri, Presidente di Federbeton. Ogni soluzione possibile richiede importanti investimenti con un notevole aumento dei costi e dunque sono indispensabili adeguati strumenti di supporto. “In questo caso il ritorno dell’investimento va ragionato in termini ambientali e non economici”. La Federazione auspica che ci sia un supporto alle imprese per lo sviluppo e l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia e che il settore del cemento sia inserito fra quelli energivori elencati nelle nuove Linee guida per gli aiuti di Stato per il clima, l’ambiente e l’energia, in modo da beneficiare delle agevolazioni per gli oneri indiretti della CO2 legati ai costi dell’energia. Infine è necessario preservare a livello normativo la competitività dell’industria nazionale, se questo non accadrà molti stabilimenti potrebbero scegliere di delocalizzare in paesi extra UE con norme ambientali meno rigide, con il conseguente aumento di importazioni e un forte impatto sull’ambiente. E’ dunque necessaria la rapida introduzione del meccanismo di tassazione del carbonio CBAM – Carbon Border Adjustment, in modo da combattere ad armi pari con tutti i paesi, proteggendo la competitività delle nostre imprese. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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