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Assieme alle opere coeve presenti nell’area di Mondovì, nate nella seconda metà del XV secolo in ambiente domenicano, gli affreschi della Cappella di San Nicola di Bari si inseriscono a pieno titolo nel processo di evoluzione della cultura figurativa piemontese durante il periodo tardo-gotico. Ubicata sopra il centro abitato di Farigliano, in mezzo alle vigne, la piccola fabbrica racchiude un episodio pittorico particolarmente interessante per comprendere la storia della rappresentazione artistica di origine popolare. L’opera adorna le pareti e la volta del presbiterio dell’edificio estendendosi, con decorazioni vegetali, all’arco trionfale che introduce l’abside. Al centro della rappresentazione è raffigurato un Cristo Pantocratore benedicente, attorniato da sei teste di cherubini alati disposte simmetricamente; la parte superiore della volta è completata dai simboli degli Evangelisti. Sotto il Salvatore, in una nicchia dipinta, è ritratto San Nicola e, ai suoi lati, altre figure di santi domenicani oltre a quelle dell’Arcangelo Michele, di Teobaldo Roggeri da Vicoforte – il cui culto, fervente nel monregalese, sarà ufficializzato dalla Chiesa solo nel 1841 – e di un uomo inginocchiato ai suoi piedi, presumibilmente il committente dell’affresco. Gli accesi cromatismi, il segno forte e fresco e l’espressività dei volti sono caratteri comuni al linguaggio figurativo piemontese-ligure-nizzardo dell’epoca: la più probabile attribuzione dell’opera è riferita alla persona di Frater Henricus, attivo in quei tempi nella vicina Piozzo. Fra la scarna documentazione iconografica relativa all’affresco, spiccano una serie di fotografie scattate nei primi anni del Novecento che testimoniano uno stato di conservazione decisamente migliore rispetto a quello che possiamo osservare un secolo dopo. L’intervento di restauro, condotto a partire dal 2002 in stretta collaborazione con le competenti Soprintendenze, ha inteso risanare l’organismo architettonico e consolidarne le strutture murarie in elevazione, allo scopo principale di garantire all’affresco un supporto idoneo alla sua migliore conservazione. Costituita in origine dalla sola parte absidale risalente al XII Secolo, la Cappella è stata ampliata con la costruzione della navatella e del portico d’ingresso, fra il ‘600 e il ‘700. Durante l’Ottocento la cappella fu oggetto di un insieme di lavori comprendenti la ricostruzione di parte del portico e la realizzazione, una volta eliminata la preesistente copertura lignea, di un voltino ribassato. Con ogni probabilità, proprio quest’ultimo intervento accelerò il processo di dissesto strutturale, già documentato nel ‘700, e di penetrazione dell’acqua dal tetto e, per risalita, dalle murature. Il colpo di grazia, però, è datato 1984: in quell’occasione, un intervento non autorizzato appose incautamente un pesante rinforzo in cemento armato al voltino ottocentesco, utilizzando lo stesso come cassaforma. Come conseguenza, il quadro fessurativo dell’edificio fu pregiudicato causando il netto peggioramento dei già rilevanti fenomeni di fessurazione e di cedimento delle fondazioni. Il progetto di restauro conservativo, affidato agli arch. Cesare Renzo Romeo e Mauro Dadone, si articola in tre lotti successivi e fra loro coerenti, preceduti da una fase di sondaggio archeologico del perimetro murario e da indagini diagnostiche stratigrafiche. Il primo lotto interessa il pre-consolidamento delle superfici dipinte, che presentavano fenomeni di decoesione, fessurazioni, cadute e distacchi della pellicola pittorica e dell’intonaco. Obiettivo di questo intervento era interrompere il processo di distacco dello strato pittorico dal paramento murario e di renderlo coeso a quest’ultimo, in modo da poter intraprendere il secondo e più impegnativo lotto di opere di consolidamento statico dell’intero edificio. L’ultimo capitolo del complesso percorso di recupero della Cappella consiste nel restauro conservativo dell’intonaco interno affrescato. Nella prima fase, previa protezione e puntellamento della superficie a vista, l’asportazione delle risarciture effettuate in passato con malte cementizie ha preceduto la sigillatura delle crepe e la micro-iniezione di malta di calce idraulica, premiscelata a inerti dalla finissima granulometria ed esenti da sali. Per le aree soggette a sollevamenti macroscopici del film pittorico e alla presenza di scaglie d’intonaco pittorico superficiale si è proceduto con la velinatura prima dell’iniezione di malta. Nei casi di distacco dell’intonaco dal supporto murario, le iniezioni sono continuate fino al completo riempimento delle lacune, mantenendo sempre l’integrazione sotto squadro. Il consolidamento statico dell’edificio – la cui parte più antica è composta da una muratura in blocchi sbozzati di Pietra di Langa posati a corsi alternati su spessi strati di malta – è stato condotto procedendo dapprima all’indispensabile rimozione della copertura della navata compreso il voltino ottocentesco, utilizzato come cassero a perdere e solidarizzatosi alla gettata durante l’esecuzione della soletta e del cordolo in cemento armato. Per ricomporre la coerenza strutturale dei paramenti murari sono state dapprima inserite barre d’acciaio zincato ad aderenza migliorata, passando poi alla ricostruzione del cordolo sommitale della navata con l’impiego di materiali coerenti – funzionale alla successiva realizzazione della struttura lignea di copertura – e al definitivo riempimento di giunti e fessure mediante iniezioni di malta di calce idraulica naturale – la stessa malta è stata poi utilizzata per la ricomposizione del manto di rivestimento sui prospetti esterni – utilizzando dove necessario la tecnica dello scuci-cuci per sostituire gli elementi lapidei ammalorati non più in grado di collaborare alla stabilità dell’insieme. Tutti i prodotti impiegati, in particolare le malte marchiate Tassullo, si caratterizzano per la loro elevata stabilità e compatibilità con i materiali originari. Infine, lungo il perimetro esterno, è stato scavato uno scannafosso preposto a ventilare la base della muratura ed è stata realizzata una barriera alla risalita dell’umidità da contatto col terreno, fenomeno particolarmente presente proprio in corrispondenza dell’abside. Prodotti naturali Tassullo per il restauro conservativo Durante il restauro della Cappella di San Nicola in Farigliano, i progettisti hanno individuato alcuni dei prodotti naturali Tassullo a base di calce idraulica come i più adatti alle varie tipologie di intervento. In particolare, le malte pronte T30V e T20V e il legante per iniezioni FEN-X/B sono costituite da calce idraulica naturale Tassullo FEN-X/A e inerti selezionati. Nel rispetto di una tradizione produttiva secolare e a garanzia della naturalità del materiale, l’assoluta assenza di cemento, il basso tenore di calce libera e il minimo contenuto di sali solubili rendono FEN-X/A un composto mineralogicamente puro, dotato di alta traspirabilità, facile lavorabilità e durabilità nel tempo. Secondo le specifiche UNI-EN 459-1, FEN-X rientra nella classe delle calci idrauliche naturali NHL5 e NHL3,5. Malta pronta T30V – È una malta a resistenza medio-alta con inerti selezionati del diametro massimo di 4 mm, a basso contenuto di sali idrosolubili e a ritiro controllato; conforme alle norme UNI 998-1 e soggetta a marcatura CE secondo la normativa vigente, è stata utilizzata per la realizzazione degli intonaci sulle murature eterogenee e il ripristino dei giunti fra gli elementi lapidei nelle murature in pietra a vista. Malta pronta T20V – Questa malta per l’allettamento e la risarcitura dei giunti nelle murature in mattone pieno contiene inerti selezionati con granulometria massima di 4 mm, è conforme alle norme UNI 998-2 e dispone di marcatura CE: è stata impiegata per il restauro della parte superiore del portico, ricostruito nell’Ottocento impiegando mattoni pieni in luogo della Pietra di Langa utilizzata nelle altre murature che compongono la cappella. Legante FEN-X/B – Si tratta di una miscela ad alta fluidità e a ritiro compensato, prodotta con l’uso esclusivo di calce FEN-X/A e pronta all’uso, utilizzata per iniezioni di consolidamento in murature in pietra e mattoni perché in grado di riprodurre, dal punto di vista fisico, chimico e mineralogico, le malte di allettamento originarie; le sue caratteristiche di fluidità, adesione ed elasticità permettono di restituire continuità strutturale alle murature che presentano vuoti e fessure, senza generare porzioni locali rigide né sviluppare gradienti termici in fase di maturazione. Consiglia questo comunicato ai tuoi amici
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