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Internazionalizzazione, ricerca e sviluppo, prodotti “sostenibili”, economia e finanza sono stati i temi che hanno animato la tavola rotonda dal titolo: “L’industria delle vernici: innovazione e visione globale” che Verinlegno SPA ha organizzato per celebrare i primi 40 anni di attività. Protagonisti del dibattito, svoltosi lo scorso 20 Febbraio 2015, insieme al CDA di Verinlegno, Vittorio Maglia, analisi economiche e internazionalizzazione di Federchimica, Matteo Aglio, direttore AVISA Federchimica, Federica Landucci, Presidente dell’Associazione Industriali di Pistoia, il Professor Mauro Marchetti, Direttore dell’Istituto di Chimica Biomolecolare del CNR di Sassari, l’Onorevole Edoardo Fanucci, della Camera dei Deputati. Coordinava la tavola rotonda il giornalista Andrea Biondi de IL Sole 24Ore. Quaranta anni di cura artigianale dei prodotti, di ricerca per l’innovazione, di adattamento ai mutati parametri dell’economia e della società. Dal 1975 Verinlegno continua a portare la sua eccellenza in Italia e nel mondo e oggi guarda con fiducia e rinnovato impegno alle sfide future dei mercati. Con la tavola rotonda l’azienda ha voluto aprirsi al contesto nel quale opera e renderne pienamente consapevoli le oltre 300 persone: dipendenti, clienti, fornitori, collaboratori italiani e internazionali che, insieme alle autorità locali e agli amministratori, hanno partecipato all’iniziativa. IL CONTESTO Cita John Donne Vittorio Maglia, economista di Federchimica, per dire che: “ Se nessun uomo è un’isola completa in sé , ma un pezzo del continente, una parte del tutto, come scrive il celebre poeta inglese, figuriamoci le imprese”. Ogni azienda fa parte dello scenario in cui opera. Un contesto che trova il suo migliore interprete nel più alto rappresentante di un’ Istituzione viva da oltre 2000 anni:“Stiamo vivendo non tanto un’epoca di cambiamenti ma un cambiamento d’epoca” ha affermato recentemente Papa Francesco, richiamando in tutti la consapevolezza che siamo dentro cambiamenti dai quali non si torna più indietro. E’ necessario allora, dal punto di vista delle imprese, superare il concetto geografico di globalizzazione (il mondo come mercato) e comprendere fino in fondo che: “La globalizzazione è diventata un fenomeno esplosivo da quando il tempo del trasferimento delle informazioni si è accorciato. Un’impresa cinese può avere oggi i capitali, le informazioni, le tecnologie, la qualità della manodopera che abbiamo noi”. Ciò rende necessario, sostiene l’economista, passare dall’imitazione all’innovazione: “Perché se il ciclo di vita dei prodotti diventa brevissimo, bisogna andare sempre più veloci, anche solo per rimanere fermi”. In questa situazione, come ha scritto Michael Porter (“The competitive advantage of nations”), la concorrenza non è più solo tra imprese, ma tra Nazioni. Perché: “Se un’impresa cinese ed una tedesca hanno le stesse capacità quello che rende diverso lavorare in Cina, in Germania o in Italia lo fa il sistema paese, il costo dell’energia, le infrastrutture, le normative” a livello europeo, nazionale, regionale”…e chi ha orecchi da intendere intenda. LA CONGIUNTURA E’ ancora Maglia a precisare l’analisi: “Oggi, dopo la crisi epocale del 2009, il saldo primario tra entrate e uscite dello Stato Italiano è in attivo e siamo il secondo paese in Europa con il saldo attivo della bilancia pubblica. Purtroppo abbiamo l’onere degli interessi. Lo sforzo per ottenere la fiducia delle istituzioni internazionali è stato enorme e quindi, fatti i compiti, possiamo subire meno restrizioni. Siamo in una situazione piuttosto buona. Condizioni favorevoli derivano anche dalla politica monetaria della Banca Centrale Europea che ha immesso molta moneta nel sistema e ha fatto diminuire il valore dell’Euro. A questo si aggiunge la situazione favorevole derivante dal crollo del prezzo del petrolio. Ci sono quindi le condizioni per la crescita”. Come testimonia il saldo della bilancia commerciale, in attivo di 83 miliardi, escluso il costo dell’energia. Dopo la Germania ci siamo noi. Analisi puntuali dicono anche che i nostri prodotti esportati sono di qualità, innovativi grazie allo sforzo enorme sull’innovazione, che non è più “day by day” ma sempre più, basata sulla ricerca. Perciò, conclude Maglia: “Siamo in grado di poter cogliere la crescita”. In questa sfida enorme vince chi ha la piena consapevolezza del cambiamento radicale dei consumi e dei consumatori: “Bisogna andare oltre per anticipare le esigenze del cliente. E la chimica è il turbo del made in Italy”: cita una frase di Giorgio Squinzi, attuale presidente di Confindustria, Vittorio Maglia per concludere la sua analisi. Se l’innovazione di processo è a disposizione di tutti, i distretti industriali possono continuare a crescere solo con l’innovazione di prodotto che viene dalla chimica: vernici, plastiche, prodotti ausiliari, ecco perché la chimica è il turbo del made in Italy. RICERCA E INNOVAZIONE DI PRODOTTO Se l’innovazione di prodotto è la chiave principale per il futuro, chi meglio del direttore dell’Istituto di Chimica Biomolecolare del CNR di Sassari poteva illustrare lo stato dell’arte: “A che serve la ricerca pubblica -si domanda in premessa il professor Mauro Marchetti– se non collabora con il sostrato produttivo?” E risponde “Non serve poi a granché e purtroppo, questa collaborazione non è idilliaca e spesso si parlano linguaggi diversi”. E’ necessario invece entrare in una logica nuova e imparare a sfruttare la disponibilità delle competenze elevate, quelle del CNR, come quelle dell’Università, testimoniate da alti riconoscimenti in tutto il mondo e da pubblicazioni internazionali: “ Abbiamo, come CNR, competenze scientifiche, una dotazione strumentale importante; abbiamo sedi in tutta Italia e circa 20.000 ricercatori (10mila dei quali in formazione)”. Risorse a disposizione del paese e delle attività produttive. Fondamentale è secondo Marchetti, superare una logica che tende a copiare il know-how che altri studiano e realizzano: “Se dobbiamo correre due volte più veloci, il know how dobbiamo farlo in casa e applicarlo, per crescere in competitività. Ed è’ necessario farlo soprattutto andando verso la chimica sostenibile”. In questa direzione: “E’ sempre più il tempo nelle vernici -prosegue Marchetti- delle cosiddette scatole chimiche, capaci di contenere sostanze che si aprano a comando, dosando nel tempo il loro rilascio per migliorare le prestazioni dei prodotti, dal punto di vista delle capacità anti-corrosive ma non solo. Alcune vernici di questo tipo, anche basate sulle nanotecnologie sono già note e in uso, ma tante altre non aspettano altro che qualcuno decida di realizzarle”. IL RUOLO DI AVISA Matteo Aglio ha identificato quale possa essere, nel contesto attuale, il contributo di AVISA, l’associazione del sistema di imprese delle vernici da lui diretta. Partiamo da un presupposto assodato dice Aglio: “ Gestire un’impresa chimica non è semplice. Bisogna saper affrontare oltre 2000 norme e poi direttive, regolamenti, delibere, circolari. Bisogna essere capaci a comprendere indicazioni legislative non sempre chiare, spesso contraddittorie, che cambiano da regione, a regione, da nazione a nazione”. Tutto questo accade in contesti territoriali nei quali: “ Vigono pregiudizi negativi. Si vede ancora frequentemente lo stabilimento chimico come luogo misterioso, non si capisce esattamente cosa si produce”. Si danno identificazioni negative al chimico e invece, testimonia Aglio: “l’industria chimica è quella che ha meno incidenti durante l’anno sia per il 2014 che per 2013…da anni è ormai l’industria più sicura”. Federchimica con le 1400 imprese rappresentate, per circa 90 mila addetti, con le sue 17 associazioni di settore tra le quali anche AVISA : “E’ e vuole essere, in primo luogo, una squadra che tutela gli interessi comuni di tutti gli associati, ma anche un luogo dove si possono trovare risposte immediate. Significa capacità di individuazione delle criticità condivisibili anche con i concorrenti perché si è di fronte alla stessa difficoltà”. E’ così che AVISA diventa, secondo Aglio, riferimento capace di offrire anche idee innovative e opportunità adeguate ai tempi. VERINLEGNO Stimoli, analisi e soluzioni proposti nella tavola rotonda tornano nella storia di Verinlegno testimonianza di una volontà di innovazione impostata, di fatto, fin dalle origini, come ha detto il presidente e cofondatore dell’azienda Antonio Bartoli: “ Verinlegno non ha mai seguito la strada del grosso tonnellaggio, ma una strategia di nicchia, con vendite non sostitutive ma propositive, tese alla soluzione dei problemi dei clienti, nella verniciatura del legno”. “Una scelta -ha proseguito Piero Marchetti– premiata dal fatto che le vernici noi si conoscevano e si conoscono bene, anzi, siamo nati sporchi di vernici e su questo la concorrenza ci ha guardato da subito con rispetto, nonostante le dimensioni. Non ci potevamo mettere sul piano delle multinazionali, ci avrebbero mangiato in tre giorni e quindi ci siamo sempre mossi verso prodotti innovativi al massimo e vernici su misura per il cliente. Perché ogni cliente lavora in modo diverso dagli altri”. Per niente scontata l’evoluzione di fronte a norme sempre più stringenti. La qualità sperimentale, nata e praticata sul campo, diventa negli anni, con il contributo di tanti giovani collaboratori, chimici analisti, ricercatori, contributi esterni l’eccellenza contemporanea che si apre al mondo. “Nel 2000 -ha detto Sante Zandò– la Verinlegno ha cominciato a studiare e a realizzare prodotti innovativi a base acqua e prodotti ecologicamente avanzati. La decisione di andare all’estero nasce dall’evoluzione dei mercati e dalla consapevolezza che la ricerca fatta qui in Italia creava valore aggiunto che noi potevamo esportare, prima nei paesi dell’area mediterranea, poi dell’est Europa etc…oggi siamo presenti in oltre 40 paesi portando le nostre innovazioni, frutto del laboratorio in sinergia con il commerciale. Un circuito virtuoso reso possibile anche dal fatto che le nostre vernici vestono il mobile, l’arredamento primo nel mondo, eccellenza d’Italia. Questo ci ha permesso di affrontare tutti i mercati con prodotti di qualità e di grande valore”. Scende nella fondamentale quotidianità Claudio Lelli:“La realtà di tutti i giorni -dice Lelli, membro del CDA- testimonia che abbiamo perso una forma di pagamento, sono venuti meno gli assegni. Le varie Basilea, le disposizioni in nome dell’antiriciclaggio e della tracciabilità, sia pure condivisibili, hanno purtroppo privato l’economia reale dei consueti mezzi di pagamento, senza fornirne di nuovi. Nel 2008, attraverso gli assegni, per la quasi totalità postdatati, circolava il 46-47% del PIL” (Fonte: Sole24Ore). Era un modo di finanziamento. I nostri clienti oggi hanno bisogno, tutta l’economia sente il bisogno di nuovi titoli di pagamento, una via di mezzo fra la antidiluviana cambiale e l’assegno”. Tra innovazione e congiuntura, ha proseguito Lelli: “Si può davvero dire che i nostri governanti non abbiano proprio avuto, almeno fino ad oggi, una visione globale”. “La visione globale di Verinlegno– ha concluso Lelli- sta nell’aver prima sognato poi voluto un’azienda produttrice e poi un’ industria e poi sempre sempre più grandi. Si sono coagulate decisioni forze strategie energie in un costante lavoro di squadra, con una logica da formica, e tutto questo è riuscito. Speriamo, sono convinto che il futuro che abbiamo davanti sia quello indicato in questa tavola rotonda e noi siamo pronti alle sfide che ci aspettano, ma anche il contesto Istituzionale, amministrativo e legislativo deve fare la sua parte”. Consiglia questo comunicato ai tuoi amici
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