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Definizione di politiche per la rigenerazione urbana strategiche del nostro Paese. Gabriele Buia, Presidente Ance, all’audizione istituita alla Camera dei Deputati, ha sottolineato, in premessa, come il tema del rinnovamento delle città abbia assunto negli ultimi anni un rilievo sempre maggiore a causa della situazione di degrado, non solo fisico, in cui versano a cui le politiche finora perseguite non sono state in grado di dare risposte efficaci. Il patrimonio immobiliare italiano necessita di una profonda e radicale opera di ammodernamento, in termini di sicurezza, efficienza e qualità. Al riguardo, ha ricordato che lo stock abitativo costituito da 12,2 milioni di edifici (31,2 milioni di abitazioni), dei quali quasi il 70% è stato costruito prima del 1974, anno di entrata in vigore della normativa antisismica per nuove costruzioni. Si tratta di edifici che necessitano non tanto di una semplice manutenzione, ma di un radicale “aggiornamento” in rapporto a tutto ciò che negli ultimi anni è cambiato sul piano prestazionale, normativo, del consumo energetico, della sicurezza statica. E proprio sull’aspetto culturale l’Ance ritiene prioritario accrescere il livello di conoscenza e consapevolezza da parte della popolazione sulle problematiche di rischio del patrimonio immobiliare esistente che non è solo quello sismico ma può essere anche idrogeologico o molto più semplicemente quello energetico. A ciò si aggiunge il problema delle industrie dismesse e degli immobili pubblici non più funzionali al loro uso. Frutto di un’epoca di grande industrializzazione ed espansione spesso convulsa e disorganica, queste aree rappresentano dei buchi neri che nel tempo sono divenuti parte integrante ed essenziale delle città ed è anche a loro che bisogna prestare particolare attenzione se si vuole realizzare una nuova urbanità. Se uniamo la obiettiva complessità delle problematiche da risolvere ai ritardi con cui gli interventi finanziati vengono poi davvero cantierati, alla frammentarietà delle azioni svolte, ci si rende conto che uno dei primi ostacoli da superare non è tanto quello economico ma innanzitutto culturale e procedurale. E proprio sull’aspetto culturale l’Ance ritiene prioritario accrescere il livello di conoscenza e consapevolezza da parte della popolazione sulle problematiche di rischio del patrimonio immobiliare esistente che non è solo quello sismico ma può essere anche idrogeologico o molto più semplicemente quello energetico. Bisogna creare convenienze non solo economiche affinché i privati decidano di investire sui propri immobili. L’aspetto non è di poco conto perché mentre può essere più semplice evidenziare il risparmio economico per alcuni tipi di intervento, per quanto riguarda i lavori di riduzione del rischio sismico i vantaggi si avranno, in termini di sicurezza, nel momento in cui ci dovesse essere un nuovo evento calamitoso. Il sisma-bonus fino all’85% previsto dall’ultima legge di Bilancio è un ottimo incentivo ma occorre semplificarel’attuazione, sia in termini normativi condominiali, sia in termini di cedibilità del credito da parte dell’esecutore. Un ulteriore passo potrà essere l’individuazione dei meccanismi che rendano in qualche modo cogente gli interventi. Senza contare che intervenendo su edifici condominiali dove appunto la proprietà è frazionata i passaggi da fare si moltiplicano e non è sempre detto che poi si arrivi a deliberare di fare i lavori. Il prodotto immobiliare, considerate le sue finalità sociali, deve essere inserito in un progetto di qualità globale correlato all’evoluzione delle esigenze dei consumatori e dell’ambiente e di requisiti da cui non si può più prescindere: affidabilità; compatibilità ambientale; sicurezza e durata dei prodotti; qualità delle materie prime. Non solo innovazione tecnologica e dei materiali occorre rivedere anche il modo stesso di progettare gli alloggi. Infatti nel 1977 vi erano poco meno di 17 milioni di famiglie composte in media da 3,3 componenti, nel 2015 il loro numero è salito a quasi 26 milioni e la dimensione media è diminuita a 2,5 persone. In più vi è stato un significativo mutamento delle tipologie familiari: si è dimezzata l’incidenza delle coppie con figli (dal 63 al 34 %) è triplicata quella delle famiglie mono componente (dal 9 al 30%) e è raddoppiata la quota di famiglie con un solo genitore (da 5 al 9 %). Per il futuro sono attesi altri importanti cambiamenti. La popolazione con oltre 65 anni passerà dall’attuale 21,7% a circa il 33% della popolazione nel 2051; la componente più giovane (20-34 anni), che ora rappresenta il 16,4% della popolazione, si ridurrà ancora nei prossimi anni. In questo scenario il settore delle costruzioni può e deve avere il ruolo di osservatore privilegiato che opera sul territorio immettendo sul mercato il “bene più amato dagli italiani”. Il Presidente ha, quindi, rilevato l’importanza di affrontare il problema del recupero delle città con un nuovo approccio ed una nuova consapevolezza, avviando una forma di intervento che consenta di operare a regime proprio con l’obiettivo di rigenerare quelle parti di città caratterizzate da degrado, scarsa qualità, immobili insicuri dal punto di vista strutturale e magari obsoleti e privi di qualità architettonica, destinazioni d’uso incongrue. Occorrono prima di tutto meccanismi urbanistici che rendano possibili, anche da un punto di vista economico, le operazioni di riqualificazione urbana, gli interventi di demolizione e ricostruzione e di sostituzione. Vanno favoriti i cambi di destinazione d’uso e rivista la normativa sugli standard poichè la domanda di servizi oggi è notevolmente cambiata. Occorre, altresì, cominciare a diffondere una cultura della demolizione e ricostruzione nella consapevolezza che tale strumento favorisce la rigenerazione dei tessuti urbani migliorando la qualità della vita e la sicurezza dei cittadini. La salvaguardia dei caratteri storico-culturali dovrà conciliarsi con la necessità del riuso inteso quest’ultimo come processo di innovamento tecnologico e rivitalizzazione di quelle parti inadeguate alle esigenze contemporanee. Deve, infine, essere assicurato un maggior raccordo tra urbanistica e normative di settore: ambientale, paesaggistico-culturale, antisismica etc., predisponendo iter amministrativi che agevolino il processo di recupero e non lo complichino ulteriormente. Le proposte ANCE Il Presidente Buia ha, quindi, individuato alcune direttrici fondamentali al fine di consentire l’accelerazione delle attività di risanamento del territorio e quindi il suo recupero: chiarire che la riqualificazione e la rigenerazione del territorio rappresentano una priorità per l’intera collettività e sono azioni alle quali riconoscere l’interesse pubblico; obbligare gli enti locali ad individuare periodicamente gli ambiti di rigenerazione urbana sui quali formulare le proposte anche per sub ambiti; invitare gli operatori a presentare proposte di rigenerazione coerenti con gli indirizzi locali basate sull’equilibrio del piano economico finanziario; raccordare la pianificazione urbanistica con le altre normative di settore, prima fra tutte quella ambientale, con particolare riguardo alla disciplina delle bonifiche; predisporre un quadro di norme e procedure in grado di evitare le lungaggini procedurali e l’incertezza nei tempi di realizzazione delle opere; definire istituti e meccanismi attraverso i quali, superare l’immobilismo della proprietà ed il frazionamento della proprietà; creare un sistema di convenienze per tutti i soggetti coinvolti: dall’intera collettività ricadente nell’ambito ai singoli proprietari, agli operatori privati. Per favorire il miglioramento delle condizioni di sicurezza e del degrado delle città e delle loro periferie appare inoltre determinante l’utilizzo della leva fiscale, quale strumento estremamente efficace per il sostegno e la promozione dei processi di rigenerazione e sviluppo delle aree urbane, in grado di incentivare gli investimenti e ridare slancio al settore delle costruzioni. Al riguardo, occorre, in particolare: incentivare la “rottamazione dei vecchi fabbricati” e la loro sostituzione con edifici di “nuova generazione”, attraverso la riduzione al minimo delle imposte a carico delle imprese acquirenti i fabbricati “usati”; estendere la detrazione IRPEF del 50% per le ristrutturazioni edilizie agli interventi di demolizione e ricostruzione con incrementi volumetrici, ammessi come premialità da leggi o regolamenti edilizi locali, e che comportino un miglioramento in termini di efficienza energetica. Lo stesso dovrebbe valere per gli interventi antisismici dell’edificio (es. miglioramento di due classi sismiche definite dall’emanando Decreto del MIT). Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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