La segnaletica di sicurezza sui luoghi di lavoro dopo cinque anni di applicazione del D.Lgs 493/96

La pubblicazione del D.Lgs 493/96 (recepimento della direttiva europea 92/58/CEE) ha risollevato ancora una volta il problema della gestione e della apposizione della segnaletica di sicurezza nei luoghi di lavoro. Risollevato in quanto questo argomento ritorna periodicamente alla ribalta e, come tutte le volte, dopo un periodo iniziale durante il quale si cerca di capire quali possano essere le sue ripercussioni e le eventuali nuove problematiche per l’attuazione, viene riposto regolarmente nel dimenticatoio senza una soluzione precisa.
Ripercorrendo la storia, è opportuno ricordare che la problematica ha avuto il suo impatto principale nell’agosto del 1982 in occasione della pubblicazione del D.P.R. 524 (abrogato dal nuovo decreto legislativo) che ha rappresentato il primo recepimento di un’altra specifica direttiva europea in materia.
Oltre al rispetto degli accordi europei in materia di armonizzazione legislativa tra gli Stati membri, il vecchio decreto si riprometteva lo scopo, da una parte, di mettere ordine in una giungla policroma di informazioni e messaggi realizzati a fronte delle più disparate fantasie e, dall’altra, di promuovere e diffondere uno strumento indispensabile allo sviluppo culturale in materia di tutela della salute e della sicurezza.
Trattandosi di un decreto che limitava il suo campo di applicazione ai cartelli, al punto di vista del mero aspetto legislativo, avremmo dovuto provvedere, in tempi ristrettissimi, alla verifica e alla sostituzione di tutta la cartellonistica esistente in quanto, a livello di pittogrammi e di grafica, erano stati introdotti sistemi nuovi e completamente diversi da quelli in essere.
Tempi brevi erano previsti anche per coloro che, alla data di pubblicazione del decreto, non avevano ancora provveduto a installare la necessaria segnaletica di sicurezza.
Il numero di segnali da sostituire o da installare ex novo si è rivelato talmente alto da rappresentare un grosso affare per le ditte produttrici e un altrettanto grosso problema economico e logistico per coloro che dovevano provvedere alla attuazione della legislazione (utilizzatori).
Effettivi problemi logistici, scarsa sensibilità, dimenticanza e altro, hanno fatto in modo che, alla data di entrata in vigore del nuovo D.Lgs 493/96 (il D.P.R. 524/82 concedeva 6 mesi di tempo per procedere all’adeguamento della segnaletica non conforme) non tutta la segnaletica in essere risultava ancora adeguata.
Le problematiche relative alla segnaletica di sicurezza e ai criteri per una sua corretta applicazione risalgono a parecchi anni fa e hanno avuto, come precursori, i grossi complessi industriali che, per primi, potendosi permettere adeguate strutture dedicate alla sicurezza, hanno interpretato le imposizioni informative contenute nel D.P.R. 547/55.
Man mano che crescevano le singole iniziative, si è manifestata la necessità di giungere ad una unificazione di questi sistemi.
Infatti, molto tempo prima della pubblicazione del D.P.R. 524/82, l’UNI, con grosso dispendio economico e di energie, aveva elaborato e pubblicato una nutrita serie di norme relative alla segnaletica di sicurezza preoccupandosi di definire sia le caratteristiche generali e cromatiche dei segnali e sia tutta una serie di pittogrammi da apporre nelle specifiche forme geometriche che caratterizzano il tipo di segnale stesso.
Il sistema grafico impiegato per la realizzazione di questi segnali (rette ed archi di cerchio) concordava con quello definito nelle norme ISO, allora in elaborazione.
Le norme (la numerazione delle quali è tuttora valida) sono così suddivise:
– UNI 7543 parte 1 Colori e segnali di sicurezza. – Prescrizioni generali
– UNI 7543 parte 2 Colori e segnali di sicurezza. – Proprietà colorimetriche e fotometriche dei materiali
– UNI 7543 parte 3 Colori e segnali di sicurezza. – Avvisi (pubblicata dopo il D.P.R. 524/82)
– UNI serie 7544 relative a Segni grafici per segnali di DIVIETO;
– UNI serie 7545 relative a Segni grafici per segnali di AVVERTIMENTO o PERICOLO;
– UNI serie 7546 relative a Segni grafici per segnali di SICUREZZA e ANTINCENDIO e
– UNI serie 7547 relative a Segni grafici per segnali di PRESCRIZIONE o OBBLIGO
Nella fase di definizione e di elaborazione dei contenuti della direttiva europea, che avrebbe avuto il compito di procedere alla unificazione dei segnali per tutti gli Stati membri della UE, il membro italiano, designato dal ministero competente a rappresentarci nella commissione, totalmente ignaro dell’esistenza delle sopra citate norme nazionali (oltre tutto già in uso nel nostro paese), approvava la pubblicazione di pittogrammi decisamente diversi da quelli italiani e ISO (prevalentemente segnaletica tedesca).
I membri del gruppo di lavoro nazionale hanno reagito negativamente e, al fine di non gettare a mare tutto il lavoro fatto, l’UNI ha fatto pervenire al ministero competente tutta la raccolta delle norme esistenti in materia con l’auspicio che le stesse venissero trasposte nel recepimento italiano.
Sfruttando un passaggio, contenuto nella direttiva stessa, che ammette la leggera diversità dei pittogrammi a condizione che risultino di pari significato, è stato possibile riportare nel D.P.R. 524/82 il sistema grafico italiano.
Questo non significa che l’impiego di pittogrammi secondo lo stile della vecchia direttiva debba ritenersi non conforme alla legge ma la stessa è da considerarsi rispettata in entrambi i casi (simboli della direttiva europea oppure simboli UNI).
Come era prevedibile, anche in occasione del recepimento della direttiva 92/58/CEE, la situazione si è ripetuta più o meno con le stesse modalità.
Con la pubblicazione del D.Lgs 493/96, che, limitatamente alla parte concernente la cartellonistica non comporta modifiche sostanziali rispetto al precedente decreto, sono sorti molti problemi in più di carattere interpretativo.
Quello più significativo, la cui soluzione ha poi permesso di sbloccare la situazione, è consistito nella possibilità o meno di impiegare il tipo di segnale (volgarmente chiamato “chiocciolina”) per indicare l’ubicazione della lancia antincendio.
Tale segnale è presente nelle norme UNI ma non è presente negli allegati del decreto.
Esaminando i tipi di segnali contenuti negli allegati del decreto e della stessa direttiva, risulta evidente che gli stessi non possono essere ritenuti esaustivi di tutta le segnaletica richiesta dalla vigente legislazione in materia di sicurezza sul lavoro (D.P.R. 547/55; D.Lgs 277/91; ecc.).
Infatti parecchi di questi segnali, previsti nella legislazione citata (quali ad esempio il “Divieto di oliare organi in movimento” e “Pericolo rumore”) non si trovano negli allegati stessi.
Si era pensato di sopperire a questa mancanza sfruttando, forse impropriamente, l’articolo comma 2 del D.Lgs 493/96 che permetterebbe al datore di lavoro, in mancanza di segnali specifici previsti negli allegati (allegato II punto 3), di ricorrere all’uso di simboli o pittogrammi con relativi cartelli disponibili nella raccolta della normativa tecnica nazionale (UNI).
Non era passato molto tempo dalla data di pubblicazione del decreto che, da parte di alcuni fabbricanti, veniva diffusa l’informazione che l’allora “Lancia antincendio” UNI 7546/8 (oggi modificata in “Idrante a muro”) doveva essere considerata “fuori legge” e il cartello doveva essere rimosso per non incorrere in sanzioni.
Probabilmente la motivazione di questo tipo di interpretazione era imputabile più ad aspetti commerciali che tecnici (la “chiocciolina è il segnale più diffuso su tutto il territorio nazionale).
Tra i vari tentativi di giustificare questa posizione emergeva una sorta di interpretazione, probabilmente non errata, del testo dell’articolo stesso che recita: ” Qualora sia necessario fornire indicazioni relative a situazioni di rischio non considerate negli allegati al presente decreto ….”.
Risulta evidente che, vincolando l’applicazione alla sola parola rischio, l’unica possibilità di far rientrare in legge tutti i segnali previsti da UNI e/o, se del caso, dai fabbricanti stessi e mancanti nel decreto si sarebbe limitata solamente a quelli di pericolo (forma triangolare, fondo giallo e pittogramma nero) e, forse a quelli di divieto (forma rotonda, bordo e fascia rossa, fondo bianco e pittogramma nero), rendendo, di conseguenza, esaustivi i soli segnali indicati negli allegati del decreto per tutte le altre situazioni (obbligo, salvataggio e antincendio).
Dopo un lungo periodo determinato da innumerevoli discussioni che non sono riuscite a fare chiarezza sulla situazione, finalmente la soluzione è stata fornita dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale attraverso la pubblicazione della circolare 4/2001 del 08.01.2001.
Con questo documento il Ministero, quale giustificazione dei contenuti della circolare stessa, pone in risalto la filosofia di tutte le direttive europee del nuovo approccio (ivi compresa quella della segnaletica di sicurezza) che consiste nello stabilire prescrizioni minime comuni a tutti che devono essere obbligatoriamente riprese dagli Stati membri i quali hanno comunque la facoltà di renderle più cogenti oppure di mantenere, per i casi non regolamentati, le disposizioni interne, ovvero di aggiungerne altre.
Di conseguenza, per quanto riguarda il caso specifico della segnaletica da utilizzare per indicare l’ubicazione delle attrezzature antincendio per la quale il decreto riporta solo quattro simboli (lancia antincendio, scala, estintore portatile e telefono) viene ritenuto corretto l’impiego anche del segnale definito nella UNI 7546/8 (Chiocciolina) e di tutti gli altri che potrebbero rendersi indispensabili (es.: estintori carrellati o pulsanti di segnalazione incendio).
E’ ovvio che la stessa filosofia può essere estesa a tutte le altre tipologie di segnali quali i divieti, gli obblighi, le informazioni, ecc.
La circolare conclude con un richiamo al datore di lavoro al fine di completare o precisare il significato ed il contenuto delle indicazioni fornite mediante il tipo di segnaletica effettivamente adottato nella propria azienda, ricorrendo anche ad una appropriata azione di informazione-formazione.
Effettivamente non si può pensare di raggiungere obiettivi concreti in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori senza una giusta e mirata politica informativa e formativa per altro pretesa e ricordata in tutta la nuova legislazione concernente la sicurezza.
In questo pacchetto legislativo, di cui è madre la D.E. 89/391/CEE (nostro D.Lgs 626/94), è stata inserita, quale direttiva particolare ai sensi della direttiva madre, anche la D. E. 92/58/CEE (nostro D.Lgs 493/96) la cui corretta applicazione necessita sicuramente di momenti informativi e formativi in particolare modo per i nuovi campi di applicazione che sono:
– segnali luminosi;
– segnali sonori;
– comunicazione verbale
– segnali gestuali.
Basta guardarsi attorno per riscontrare che la pratica della informativa e formativa sia ancora oggi sconosciuta a molti.
Di segnaletica di sicurezza si parla e si scrive molto poco e, quando lo si fa, l’argomento viene confinato a livello della sola cartellonistica. La disinformazione diventa palpabile anche attraverso le immagini che ci vengono fornite dai mass-media, in occasione di telegiornali o programmi dedicati.
Nel settore industriale la situazione è meno problematica ma evidenzia comunque una carenza di sensibilità e di attenzione. Spesso si ricorre all’impiego di cartelli quale alibi per il preposto che non è in grado o non vuole svolgere correttamente il proprio lavoro.
Non è assolutamente raro, ad esempio, trovare affisso ripetutamente un cartello il cui fantasioso pittogramma impone il divieto di “… usare le scale rotte”. Una corretta applicazione del D.Lgs 626/94 non deve assolutamente permettere che, scale di questo tipo, possano essere disponibili sul luogo di lavoro e il preposto deve vigilare affinché tale situazione non si verifichi (questo tipo di cartello non potrà mai sostituire l’azione informativa e formativa dovuta dal datore di lavoro).
Continuando con questa tipologia di esempi che sotto intendono chiaramente un tentativo di malleva di responsabilità da parte dei preposti, non risulta altrettanto raro trovare affisso, in prossimità delle uscite di sicurezza, un divieto il cui pittogramma dovrebbe indicare “Vietato depositare materiali davanti alle uscite di emergenza”. Anche in questo caso, se l’addetto alla sicurezza svolgesse correttamente la sua mansione, farebbe in modo, con gli strumenti della informazione, formazione e della vigilanza, che le uscite di sicurezza risultino comunque sgombre senza ricorrere ad un inutile cartello che probabilmente non sarà osservato.
Che dire poi dell’uso indiscriminato dei messaggi forniti attraverso quella magnifica appendice, peraltro prevista dalle norme e dalla legge, che è stata definita “cartelli supplementare”.
Con questo strumento si è intravista la possibilità di dare sfogo alla fantasia. Non mi meraviglierei di trovare scritto (ma non sono certo che non succeda) su un cartello posizionato sotto quello di divieto generico (sperando che non inventino anche il simbolo) la frase “Vietato parlare alla signora Rosa perché questa mattina ha questionato con il marito”.
Il cartello supplementare, meglio definito come “segnale supplementare”, ha la sua ragione di esistere perché deve fornire informazioni di “sicurezza” necessarie e aggiuntive a quelle che vengono trasmesse attraverso il solo simbolo specifico (e non altro).
Tra le attenuanti a favore del datore di lavoro (poche, per dire il vero) si può annoverare il ruolo determinante del fabbricante di cartelli che, in modo ignaro o volutamente, mette a disposizione delle stesso cataloghi sempre più corposi.
Per una realtà industriale come quella presente nel nostro paese, il catalogo rappresenta il principale strumento indispensabile al datore di lavoro ai fini della scelta della segnaletica adeguata. Il proliferare delle informazioni che impiegano un testo scritto si scontra con la tendenza evolutiva del mondo del lavoro che vede sempre di più la necessità di aprire le porte a lavoratori stranieri o extracomunitari nei confronti dei quali questi messaggi, se non in lingua appropriata, risultano inutili e, in qualche caso, anche pericolosi.
Mi ritorna alla mente il caso, segnalatomi qualche tempo fa, di un lavoratore straniero e non padrone della lingua italiana che, dovendo svolgere dei lavori all’interno di reparto chimico, si è trovato alle prese con un cartello supplementare sul quale c’era scritto, naturalmente nella sola lingua italiana, “In questo impianto non sono presenti sostanze R49” e, ritenendosi non adeguatamente protetto, si è rifiutato di operare. Adeguatamente informato e formato presso la sua abituale sede di lavoro, era stato colpito dalla sigla R 49, che conosceva benissimo come indicazione di pericolo per la propria salute, ma non era in grado di decifrare il resto del messaggio.
Un altro elemento distintivo del modo di impiegare in modo poco corretto lo strumento informativo e formativo della segnaletica di sicurezza è riscontrabile molto spesso nell’eccessivo numero di cartelli posizionati sullo stesso supporto, spesso con dimensioni e colorazioni diverse, e non più ripetuti, poi, nelle specifiche aree di rischio. Vedendo questi cartelli (i cantieri edili ne sono l’esempio più concreto) verrebbe spontanea la considerazione che ci si è preoccupati solamente di rispettare gli obblighi di legge.
Un’ultima riflessione deve essere dedicata all’aspetto relativo alla manutenzione. La segnaletica di sicurezza, per essere ritenuta efficace, deve risultare sempre in perfetto stato e mantenere, nel tempo, le proprie caratteristiche. L’immediato riconoscimento e l’acquisizione del messaggio che deve essere trasmesso dalla segnaletica è strettamente legato alle caratteristiche cromatiche, se si tratta di segnaletica permanente, o a quelle funzionali, se segnali acustici o luminosi, che non devono risultare alterate. E’ opportuno, quindi, identificare e programmare i necessari interventi di manutenzione e predisporre specifici piani di verifica con periodicità definite.

Cosa si intende per segnaletica di sicurezza.
E’ lo strumento più immediato e, se impiegato correttamente, più efficace per attuare le misure di tutela e di sicurezza per i lavoratori e di fare informazione e formazione direttamente sul posto di lavoro.
Come la segnaletica stradale e con lo stesso stile, si realizza per mezzo di forme geometriche, colori, simboli e/o messaggi destinati ad essere percepiti attraverso il senso della vista e, con il nuovo decreto, anche attraverso il senso dell’udito (segnali sonori). Per rispettare il requisito della percezione immediata, deve essere la più semplice possibile e tale da essere compresa senza equivoci con lo scopo di attirare l’attenzione sulle situazioni che possono rappresentare un pericolo.
Qualsiasi lavoratore o individuo, sia esso analfabeta o non padrone della lingua del posto, deve essere messo in grado di interpretare il messaggio a lui dedicato. Per questo motivo, contrariamente alle situazioni precedentemente descritte, si suggerisce di utilizzare esclusivamente simboli o pittogrammi, ricorrendo agli eventuali testi solamente nei casi in cui il solo simbolo non è ritenuto sufficientemente esplicativo per il tipo di messaggio da fornire.
Naturalmente i testi dovranno considerare le diverse provenienze linguistiche dei lavoratori presenti e, nel caso di impossibilità tecniche di soddisfare questa esigenza, dovrà essere attuata una particolare informazione e formazione per le maestranze impossibilitate ad essere raggiunte dal messaggio scritto.

Le caratteristiche principali della cartellonistica sono:
– La forma geometrica
– I colori intesi come: Colore di sicurezza, Colore di contrasto e Colore del simbolo
– La dimensione che deve essere in rapporto alla distanza di percezione
– I materiali che costituiscono il segnale che devono tenere conto delle condizioni degli ambienti in cui verranno installati.
I simboli da impiegare sono quelli contenuti prioritariamente nel D.Lgs 493/96 e, qualora non contemplati nello stesso, quelli previsti dalle relative norme UNI. Qualora non fosse disponibile un simbolo adeguato al messaggio da fornire è opportuno impiegare un segnale di tipo generico integrato da un segnale supplementare contenente l’informazione ritenuta necessaria.
Anche se ritenuto un caso raro, potrebbe comunque verificarsi l’esigenza di comunicare uno specifico messaggio attraverso il solo simbolo. Il datore di lavoro dovrà preoccuparsi di studiare un simbolo la cui interpretazione risulti inequivocabile e consona con il messaggio necessario e di realizzarlo, nel limite del possibile, facendo ricorso ad una grafica dello stesso stile di quella UNI.
Sarebbe auspicabile che tutte le esigenze particolari venissero segnalate all’organo competente dell’UNI affinché lo stesso possa definire, se ritenuto di interesse generale, un simbolo comune a tutti.
Il ruolo di UNI, attraverso la Commissione Sicurezza e il GdL “Segnaletica di sicurezza”, è quello di camminare di pari passo con lo sviluppo legislativo e di fornire il necessario supporto tecnico ai Ministeri competenti in materia. Nei confronti dell’utenza, sia essa il fabbricante di segnaletica o l’utilizzatore finale, l’UNI ha il compito di fornire gli elementi indispensabili per la realizzazione dei segnali.
In questo momento si sta procedendo alla verifica e al relativo aggiornamento delle norme finora pubblicate che vengono di seguito riassunte oltre, naturalmente alle serie di norme per i segnali specifici (avvertimento, divieto, obbligo, ecc.), già elencate nel presente testo e il cui aggiornamento è previsto ogni volta che necessiti un nuovo segnale.
La norma UNI 7543 parte 1 “Colori e segnali di sicurezza – Prescrizioni generali” stabilisce le caratteristiche generali dei cartelli e dei segnali quali:
– le forme;
– le colorazioni;
– le dimensioni suggerite per diverse distanze di visibilità definite;
– la tipologia dei cartelli supplementari;
– le caratteristiche di base dei segnali specifici trattati poi nelle relative norme.
La norma UNI 7543 parte 2 “Colori e segnali di sicurezza – Proprietà colorimetriche e fotometriche dei materiali” definisce, come dice il titolo stesso, le caratteristiche dei materiali e dei colori impiegati per la realizzazione dei segnali.
La norma UNI 7543 parte 3 “Colori e segnali di sicurezza – Avvisi” è nata dalla necessità di mettere ordine tra i segnali di informazione previsti dal D.P.R. 524/82 (fondo blu con scritta bianca) che, secondo una interpretazione ancora attuale presso alcune ASL, comprendevano anche questo tipo di cartelli.
Secondo UNI, per avviso si intende un messaggio di sicurezza trasmesso tramite un testo scritto eventualmente integrato da figure e può contenere:
– stralci di norme di legge, tecniche o aziendali;
– codici di segnali di comunicazione;
– istruzioni operative;
– tabelle delle colorazioni distintive.
Sono cartelli di dimensioni nettamente superiori alla cartellonistica tradizionale e richiesti specificatamente dalla legislazione vigente (D.P.R. 547/55, ecc.) per posizionarli bene in vista nei luoghi di lavoro.
Considerando le dimensioni del cartello stesso e la quantità di testo, nella maggior parte dei casi notevole che deve contenere, impiegando scritte in negativo bianche su fondo blu, si riscontrava una certa difficoltà di lettura specialmente quando, per questione di spazio, i caratteri dovevano essere molto piccoli.
Dopo varie ricerche e approfondimenti, il gruppo di lavoro preposto ha stabilito che la migliore leggibilità si ottiene utilizzando caratteri di colore nero con fondo di contrasto e, in questo senso ha definito la norma prevedendo, inoltre, anche la dimensione minima del carattere stesso al di sotto della quale non risulterebbe più leggibile.
É intenzione del gruppo di lavoro arrivare a definire anche tutta la serie di segnali di informazione (forma quadrata o rettangolare, fondo azzurro e scritta in bianco) che, pur previsti in modo specifico nel D.P.R. 524/82 e in modo generico dal D.Lgs 493/96 non sono mai stati definiti dall’UNI stessa. L’esigenza nasce dagli specifici richiami contenuti nel D.P.R. 547/55 (cartelli relativi alle mole, targhe delle gru, carico massimo dei solai, ecc.).

di Virginio Galimberti,
Coordinatore del Gruppo di lavoro “Segnaletica”
della Commissione Sicurezza dell’UNI

(Fonte “Ambiente & Sicurezza” n. 5 del 12/03/2002 edita da “Il Sole 24 Ore”)

Per informazioni:
UNI,Comparto Meccanica
fax 02 70106106
e-mail: meccanica@uni.com”

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