Il permesso di costruire dopo la legge 22 maggio

È fortemente avvertita, nel nostro Paese, l’esigenza di semplificazione dell’ordinamento giuridico e, in particolare, del diritto amministrativo, allo scopo di rendere meno complicati e difficili i rapporti tra cittadini e amministrazione e quindi, di ridurre e rendere più semplici le regole che li disciplinano e le procedure che devono essere seguite e, ancora, nella prospettiva di limitare le ipotesi in cui le attività dei privati sono sottoposte a regime amministrativo.
In tale contesto si pongono, oltre gli interventi di riscritturazione in maniera razionale e semplificata delle regole che governano una determinata materia, tutte le operazioni di liberalizzazione, delegificazione e deregolamentazione dirette appunto a conseguire le finalità anzidette.
L’urbanistica e l’edilizia sono materie diffusamente regolate. Molti atti normativi disciplinano, nell’ambito di tali materie, svariate attività amministrative e le attività private che negli stessi ambiti si svolgono sono a loro volta normalmente soggette a regime amministrativo.
Ciò può comprendersi allorché si consideri che le trasformazioni del territorio, che l’urbanistica e l’edilizia governano, sono di regola irreversibili e tanto giustifica sia la regolamentazione minuta degli interventi, sia l’esigenza di controlli attenti, sia ancora l’importanza del momento sanzionatorio in funzione di garanzia dell’effettività della disciplina.
Le leggi affidano perciò all’amministrazione una grande quantità di compiti, da svolgere per lo più mediante l’esercizio di poteri autoritativi: dalla pianificazione di direttive a quella generale ed a quella, sempre più dettagliata, di carattere attuativo attraverso piani ed altri atti a carattere normativo; dalla preventiva autorizzazione al controllo minuto delle trasformazioni edilizie, tendenzialmente anche le più modeste.
Gli elementi di complessità sono particolarmente numerosi e rilevanti, tenuto anche conto della disciplina legislativa concorrente di Stato e Regioni, sulla base di un criterio di riparto alquanto incerto dal momento che i principi statali del “governo del territorio” non risultano ancora definiti dalla legge e che la potestà normativa regionale è condizionata dai rilevanti limiti posti da materie esclusivamente statali quali l’ambiente, il paesaggio ed il suolo.
Proprio per le ragioni dianzi accennate le esigenze di semplificazione sono particolarmente sentite nelle materie in esame, ma la delicatezza dell’oggetto dell’intervento pubblico suggerisce particolare cautela nella deregolamentazione, nella liberalizzazione e nella semplificazione delle attività private nel settore.
Con riferimento precipuo all’edilizia, senza dubbio una importante semplificazione di fonti normative è stata introdotta dal T.U. n. 380 del 2001, pur non rinvenendosi in esso speciali interventi di innovazione sostanziale e ponendosi, nell’applicazione concreta, la necessità di individuare di volta in volta il rango (legislativo o regolamentare) delle norme ivi raccolte.
Le prime operazioni, che potremmo definire di “alleggerimento” del regime amministrativo di attività edilizie di minore rilievo, risalgono agli anni ’80, allorquando si cercò di mitigare il regime assai rigido imposto con la legge n. 10 del 1977, in base alla quale veniva sottoposta a concessione edilizia la quasi totalità delle attività umane di trasformazione del territorio.
Venne così dapprima introdotto il meno gravoso regime dell’autorizzazione edilizia, che fu esteso, poi, ad interventi progressivamente meno modesti e si passò successivamente all’introduzione del silenzio-assenso ed alla liberalizzazione di determinate attività, fino a giungere alla recente formulazione dell’art. 6 del T.U. n. 380/2001, che individua espressamente una serie di attività definite come libere, non soggette cioè a regime amministrativo, sulla scia dell’ormai risalente liberalizzazione delle c.d. “opere interne”, operata per la prima volta con l’art. 26 della legge n. 47/1985.
Proprio l’art. 6 del T.U. del 2001, è stato riscritto dall’art. 5 del D.L. 25 marzo 2010, n. 40 (un decreto legge disciplinante materia completamente diversa, in quanto rivolto a fronteggiare le frodi fiscali internazionali e nazionali e recuperare gettito tributario), convertito con modificazioni nella legge 22 maggio 2010, n. 73.
Ben più approfondita disciplina era da attendersi dopo che – nell’intesa Stato-Regioni ed Enti locali del 31 marzo 2009 – era stata prevista l’emanazione, nei dieci giorni, di un decreto-legge con l’obiettivo precipuo di semplificare le procedure di competenza esclusiva dello Stato per rendere più rapida ed efficace l’attività amministrativa e la disciplina dell’attività edilizia.
La nuova disposizione persegue, almeno formalmente, l’obiettivo di stimolare il mercato dell’edilizia, semplificando determinati interventi di scarso impatto sul territorio e sul tessuto urbanistico, ma non può mancarsi di rilevare la minimalità della sua formulazione definitiva, dovendosi anzitutto osservare che le ipotesi aggiunte all’attività libera in larga parte già potevano essere rinvenute attraverso un esame accurato dell’interpretazione giurisprudenziale.
Non si riscontra, inoltre, una significativa valenza di semplificazione, perché è stato introdotto un onere di preventiva comunicazione all’amministrazione locale per buona parte degli interventi diversi dalla manutenzione ordinaria, potenzialmente in grado di comportare l’insorgere di nuove problematiche e di nuove complicazioni.
Si pone, infine, la questione del necessario raccordo con le attribuzioni regionali, già esercitate con l’approvazione di apposite leggi, che, a questo punto, potrebbero richiedere qualche revisione.
La situazione, in conclusione, non è sostanzialmente migliorata, non riscontrandosi grandi vantaggi per gli amministrati ed essendosi forse aggravata la condizione della pubblica amministrazione.
A fronte delle nuove norme, questo lavoro vuole dare conto del nuovo conseguente assetto del regime del permesso di costruire, s da porsi come non superficiale contributo per orientare meglio l’interprete.
L’auspicio è che tale finalità venga raggiunta, in una materia sicuramente complessa dove evidente è l’opportunità di ogni sforzo ulteriore di illustrazione chiarificatrice.

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