Mario Botta grande ospite di Cersaie

Sotto l’egida della Conferenza Mario Botta: Architettura e memoria, la XXV edizione del Salone Internazionale della Ceramica per l’Architettura e dell’Arredobagno ha confermato ancora una volta la particolare attenzione che da sempre l’industria italiana delle piastrelle di ceramica riserva alle esigenze in continuo mutamento del mondo dell’architettura e del design. La conferenza si è svolta oggi, giovedì 4 ottobre, terza giornata di kermesse, nella Sala Italia del Palazzo dei Congressi a Bologna.

L'iniziativa, che ha raccolto il successo dei presenti in sala, ampio il pubblico giovanile, è stata promossa da Confindustria Ceramica e organizzata da Edi.Cer. Spa in collaborazione con Cersaie e Bologna Fiere.
Ospite d’onore dell’incontro è stato Mario Botta, il celebre architetto svizzero autore di numerose opere nei cinque continenti.

A fare gli onori di casa il presidente di Confindustria Ceramica Alfonso Panzani, che ha rimarcato il significato dell’appuntamento culturale di alto livello già da alcuni anni organizzato all’interno di Cersaie per sottolineare la stretta correlazione che sempre più lega l’architettura all’universo delle piastrelle di ceramica:
“E’ nella tradizione di Cersaie ospitare il convegno con un protagonista dell’architettura contemporanea, e Mario Botta rientra a pieno titolo tra questi. Con lui in particolare abbiamo avuto l’onore di collaborare nella realizzazione della mostra “Il Guscio” alla Triennale di Milano.
Alla base di questi incontri, che registrano una grande partecipazioni di giovani, c’è l’idea di ascoltare dalla viva voce di chi li ha pensati e progettati alcuni di quei progetti universalmente riconosciuti come capolavori”.
Nel suo discorso Panzani ha poi sottolineato l'importanza di Cersaie che con oltre 1.000 espositori, provenienti da 32 Paesi, rappresenta la più importante manifestazione al mondo per i materiali ceramici e l’arredobagno. “Crediamo che il prodotto ceramico, per la sua versatilità e le caratteristiche certificate della maggior parte dei nostri produttori, possa considerarsi come vero e proprio complemento di arredo, utilizzato facilmente anche in architettura.
E’ questo il messaggio che sempre più intendiamo comunicare, soprattutto ai giovani. Avvicinare il mondo dell’industria a quello dei futuri architetti credo costituisca un argomento di estremo interesse per entrambi. Credo che dall’osmosi tra ciò che di più innovativo c’è in fiera e la creatività espressa dal progettista, possa scaturire quella scintilla che crea il bello degli spazi”.

Aldo Colonnetti, moderatore dell’incontro, ha introdotto il titolo della Conferenza “Architettura e Memoria” scelto assieme a Mario Botta, spiegando il legame esistente tra queste due dimensioni: l’architettura lavora nella memoria perché lavora nel tessuto di un territorio e nella città, e quotidianamente si trova a fare i conti con la memoria.

Mario Botta ha sottolineato e spiegato nella sua “lectio magistralis” il senso del rapporto che lega l’architettura al concetto di memoria, intesa non come espressione di un accademico storicismo, ma in quanto condizione della conoscenza e, soprattutto, di una architettura in grado di produrre significati.
Architettura e memoria come binomio inscindibile poiché le trasformazioni attuate all’architettura diventano parti del paesaggio umano.

“Il passato come un amico”. Da questa significativa frase di Louis I. Kahn, uno dei suoi maestri, parte la riflessione di Botta: “Il passato non da ricordare con nostalgia, ma come radice, struttura, identità capace di trasmettere valori, matrice di ogni intervento umano”.
In tal senso la memoria, secondo Botta, è “la condizione del moderno nell’architettura, se si ritiene l’architettura non solo espressione del presente, ma in quanto risultato di un dialogo con le nostre radici e insieme con le nostre visioni”.
Fare architettura per Botta significa dialogare con il proprio presente, inteso come sedimentazione di esperienze e linguaggi che costituiscono il contesto, il riferimento del progetto.
Storia, memoria, tradizione, sono da intendere come il contesto nel quale operiamo anche quando pensiamo di rinunciarvi.
“L’architettura non va considerata come oggetto posato all’interno di un contesto, bensì come entità che si radica ad un luogo sempre unico. Per questo il territorio è parte integrante del progetto e mai elemento accessorio”. L’architettura, quindi, come disciplina che costruisce quel contesto, geografico, culturale, storico: “la relazione con il sito si materializza soprattutto come un rapporto con la memoria del luogo che deve essere sempre interpretato con l’atto architettonico”.
E’ questo secondo il celebre architetto l’aspetto che più di tutti qualifica il tessuto europeo rispetto agli altri modelli. L’Europa, dove le città rimangono riferimenti insostituibili perché impossibile è fare a meno della nostra storia, della nostra memoria selettiva.
“L’uomo non ha bisogno solo di risposte tecniche e funzionali, ci sono componenti di storia, simboliche e metaforiche, forse più importanti della facilità con cui possiamo avere un servizio. Nel confronto tra globale e locale vince sicuramente il secondo, ma questo non deve farci cadere nella nostalgia perché la memoria non ci lascia soli”.

L’opera di Botta, la cui cifra stilistica è sempre molto riconoscibile per il forte carattere materico che emerge dalle sue costruzioni, prende il via dai maestri Le Corbusier, Louis I. Kahn e Carlo Scarpa.
Il suo lavoro ha affrontato diverse e numerose tipologie edilizie: chiese, scuole, banche, edifici amministrativi, biblioteche e musei tra i quali il MoMA di San Francisco e il MART di Rovereto nonché, tra gli ultimi, la cattedrale di Evry e una Sinagoga a Tel Aviv. L’importanza della luce quale generatrice dello spazio e le forme geometriche primarie costituiscono i segni distintivi della sua ricerca.

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