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Proprio Confindustria, grazie al sostegno di Alessandro Vardanega (presidente Unindustria di Treviso) ha sostenuto la validità del progetto e ha favorito il dialogo tra le aziende, conclusosi con la formazione della sezione Industrie Travi Reticolari Autoportanti. Primo presidente della sezione è stato designato Franco Daniele. Come mai – chiediamo a Franco Daniele – la necessità di questa nuova associazione? Le travi autoportanti non costituiscono certamente un’innovazione in campo edilizio data la loro quarantennale presenza nel settore… Dopo anni in cui ogni azienda operava seguendo logiche individuali – risponde il Presidente della sezione – si è sentita la necessità di confluire nell’Associazione fra i Costruttori in Acciaio Italiani, per avviare un processo di coordinamento nello sviluppo culturale–ingegneristico, per una sempre più ampia e corretta utilizzazione di questa particolare tipologia costruttiva. I motivi sono diversi: innanzitutto è una tecnologia che è ancora sotto-utilizzata, nonostante siano trascorsi più di quarant’anni dal deposito del primo brevetto sulle travi reticolari autoportanti miste acciaio-calcestruzzo, e che non ha ancora espresso tutto il proprio potenziale in termini di riduzione dei tempi di edificazione e dei costi. In secondo luogo, l’utilizzo di questa tecnologia è ancora parziale e c’è un’errata informazione riguardo alle caratteristiche che deve avere una struttura autoportante per essere definita tale, in regime di completa sicurezza. Per ultimo, ma non meno importante, vi è la necessità di divulgare correttamente le caratteristiche prestazionali di questa tipologia costruttiva e delle connotazioni proprie di questo sistema strutturale, in modo da evitarne un uso improprio, che presenta il doppio svantaggio di vanificare gli indubbi benefici che offre e di contribuire a una controcultura in materia. Visto il trend di crescita costante del mercato delle strutture autoportanti, la sezione crede nella necessità di promuovere una cultura adeguata, perché la crescita avvenga nella correttezza ingegneristica e sempre nel puntuale rispetto della sicurezza. Chiediamo qual è, in termini di percentuale, l’attuale volume di mercato coperto con questa tecnologia. Questo è difficile da valutare, – afferma Franco Daniele – i dati che però le posso fornire sono che una stima orientativa del volume della produzione di travi autoportanti si attesta fra le 20’000 e le 25’000 tonnellate annue, di cui oltre il 50% prodotto dalle aziende consociate in ACAI. E’ evidente che c’è ancora molto spazio per crescere in termini di volume, qualora gli addetti ai lavori siano messi nelle condizioni di avere informazioni corrette su questo tipo di prodotto. Quali sono i motivi che hanno frenato e frenano la diffusione di questa tecnologia? Il motivo principale, – dichiara Daniele – risiede senza dubbio in una diffusa diffidenza nei confronti delle travi reticolari autoportanti miste acciaio-calcestruzzo, probabilmente dovuta ad una carenza di informazione corretta, come le dicevo prima, da parte degli operatori del settore. E’ molto diffusa, per esempio, l’idea che si «debba» ricorrere a questi metodi costruttivi solo qualora non si possa procedere con i metodi più tradizionali. Ciò spiega il loro limitato utilizzo. Poi, – aggiunge – c’è anche un’errata percezione dei costi, che probabilmente alimenta la leggenda per la quale si possano usare i sistemi autoportanti, solo in presenza di particolari necessità di cantiere o strutturali. Solitamente, infatti, chi ne considera il prezzo unitario lo confronta direttamente con quello di una struttura gettata in opera, senza preoccuparsi che in realtà non sta paragonando due prezzi omogenei. Nel costo di una struttura autoportante sono comprese molte voci che sono invece scorporate in quello di una struttura tradizionale. Se invece le previsioni di spesa fossero fatte con maggiore oculatezza, ci si renderebbe immediatamente conto dell’indubbio vantaggio economico che rappresenta una struttura di questo tipo, oltretutto per quanto concerne i tempi di realizzazione, che comunque, a valle, si traducono sempre in vantaggi economici. Quindi non c’è una corretta percezione dei vantaggi offerti da questa tecnologia. Ci sono tuttavia altri benefici, oltre ai tempi di realizzazione e al risparmio economico? Rivolgiamo la domanda a Giancarlo Coracina in qualità di consigliere anziano di ACAI. I vantaggi sono molteplici e non tutti necessariamente quantificabili, anche se alla fine portano sempre a risparmi economici. Pensi per esempio al fatto che non c’è necessità di stoccaggio in cantiere, mentre invece le strutture vengono posate direttamente in loco dal mezzo di trasporto; o ancora al fatto che non c’è bisogno di opere provvisionali di casseratura o di sostegno per attendere la maturazione dei calcestruzzi: lo spazio di lavoro resta così più libero, incrementando, in definitiva, la produttività e la sicurezza, e rendendo decisamente più agevole la pianificazione delle diverse fasi di edificazione. Si tratta – interviene Franco Daniele – di una tecnologia implicitamente normata e questo per il fatto che utilizza materiali omogenei, sui quali è possibile, in regime di sicurezza, applicare le norme cogenti. Questa tipologia di travi – afferma Giancarlo Coracina – è riconducibile alle strutture miste acciaio-calcestruzzo, in quanto rispettose della normativa di riferimento, che prevede l’utilizzo di acciaio rispondente alla UNI EN 10025 e di lavorazioni eseguite da personale dotato di specifiche qualifiche per operare correttamente. Purtroppo, a volte, aziende non rispettose delle norme seguono metodologie realizzative non corrette, sia nell’utilizzo di materiali disomogenei, sia nei processi produttivi delle travi. Sicuramente tale condotta non può che lasciare un’ impronta negativa sulla tale tipologia costruttiva, investendo anche le aziende più rispettose delle corrette metodiche costruttive. Ma promuovere cultura intorno ad una tecnologia che ha appena compiuto quarant’anni non è anacronistico? Al contrario – afferma Giancarlo Coracina. – Vede, in tutti questi anni, i sistemi costruttivi a travi autoportanti hanno mostrato la loro efficacia, e infatti il mercato è in continua espansione. Non solo, ma edifici, costruiti trent’anni fa, sono qui oggi a testimoniare la validità e la durabilità di questa tecnologia, se correttamente impiegata. Del resto, il mondo dell’edilizia si nutre sì di innovazione tecnologica, ma anche di esperienze consolidate e il Sistema strutturale autoportante misto acciaio-calcestruzzo ha sicuramente ancora molto da dire, anzi probabilmente molto più di quanto non abbia fatto nei primi anni di vita. Inoltre, mi lasci dire che fare cultura non può avere limiti né disciplinari né tanto meno temporali e che le esperienze accumulate in questi quarant’anni sono un prezioso bagaglio di cui far tesoro e da cui poter attingere per andare avanti, crescere e migliorarsi. Anche se l’idea sottesa a questa tecnologia è sostanzialmente invariata, quello che è cambiato in questi ultimi decenni è l’idea stessa di cantiere, che prima era il luogo dove si costruiva l’opera, mentre oggi è il sito in cui si assemblano materiali e tecnologie differenti, che provengono dai più diversi luoghi di produzione. L’utilizzo delle travi autoportanti va inserito in questa logica contemporanea, che impone di affrontare problematiche sempre nuove, ricercando con costanza soluzioni realizzative economicamente e tecnicamente efficaci ed efficienti”. Quindi insomma, tutto considerato, niente ricerca, niente innovazione, solo un ripensamento sul come utilizzare questa tecnologia? – No, no, non fraintenda – è la risposta di Coracina. – Il nostro rapporto con le Università rimane un elemento importante per la crescita della cultura dell’utilizzo di questa tecnologia. Tale partnership consente innanzitutto di procedere a misurazioni scientifiche delle capacità reattive delle strutture nel tempo. A questo proposito, potrei citarle un edificio realizzato nel 1978 a Potenza in zona sismica, dai cui rilievi è emerso chiaramente come abbia sopportato due eventi sismici senza richiedere opere di ristrutturazione. Del resto consideri che questo sistema costruttivo è particolarmente indicato per le zone sismiche, sia per la sua particolare resistenza, che consente una riduzione delle masse, sia per la sua duttilità, che consente di andare oltre il limite elastico senza rischio di collasso. Ma c’è anche lo spazio per affinare continuamente i sistemi, i materiali da impiegare… Anche se l’idea di partenza rimane quella, non significa che non ci sia lo spazio per migliorare, evolvere, capire nuovi metodi di impiego, scandagliarne le possibilità e i limiti, per poterli superare. Anzi le dico anche che abbiamo intenzione di organizzare prossimamente un concorso di idee sull’impiego del Sistema strutturale autoportante misto acciaio-calcestruzzo, rivolto al mondo studentesco universitario. Mi dica di più al riguardo… Noi – sostiene Coracina – vogliamo stimolare i professionisti di oggi e di domani e farci stimolare a nostra volta. E’ dai giovani che ci aspettiamo l’innovazione e la capacità di inventare nuovi modi di pensare questa tecnologia e nuove strade da percorrere nel suo utilizzo. E all’estero, chiediamo a Franco Daniele, com’è la situazione? C’è una maggiore diffusione di questa tecnologia? Questa tipologia costruttiva è prevalentemente adottata in ambito nazionale, nulla vieta che in futuro, attraverso un’azione coordinata tra le diverse realtà produttive, si avvii un’azione di diffusione in ambito europeo che coinvolge le metodologie costruttive dei singoli paesi molto spesso ancora legate a usi e tradizioni locali. 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