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Dal primo gennaio 2006, la Finanziaria ha introdotto la possibilità di scegliere se calcolare le imposte in base al valore catastale, oppure in base al prezzo (o al valore commerciale) dell’immobile.La novità vale solamente per le case di abitazione e per le compravendite tra persone fisiche che non agiscono nell’ambito di attività commerciali, artistiche o professionali. Oggi dunque si può scegliere (almeno in questi casi) se adottare il nuovo metodo, basato sul valore catastale, o continuare con il vecchio, in cui le imposte (di registro, ipotecaria e catastale) si calcolano sul valore commerciale dell’immobile e in cui, se il valore dichiarato è inferiore a quello catastale, l’ufficio tributario non può rettificarlo. La richiesta di applicare il valore catastale deve essere fatta al notaio dall’acquirente. Anche se si sceglie questa opzione, tuttavia, gli oneri notarili saranno calcolati in base al prezzo indicato nell’atto di compravendita, ridotti però del 20 per cento. Quando la cessione riguarda immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni o terreni edificabili, poi, il venditore può chiedere che, sul prezzo che risulta nell’atto, sia applicata un’imposta sulla plusvalenza. Questa, che è pari al 12,5 per cento, sostituisce l’imposta sul reddito. Con questa disposizione il fisco punta a far emergere il sommerso “accontentandosi” di un’aliquota leggera, che deve però essere pagata immediatamente. Confedilizia, la confederazione dei proprietari di case, ha commentato la novità sottolineando come l’utilizzo di uno o dell’altro sistema di calcolo sia “del tutto opzionale, anche a rettifica di informazioni che hanno creato nell’opinione pubblica la sensazione che tutte le compravendite di case siano ora tassate sul valore catastale”. La vendita di prime case poi è da considerare a parte, sottolinea Confedilizia, tenendo presente che “non è vietato all’acquirente richiedere la tassazione su base catastale, che non esiste per il venditore tassazione di plusvalenza e che l’Agenzia delle entrate richiede che l’ammontare del mutuo non possa essere superiore – ai fini della detrazione degli interessi passivi – al valore dell’immobile dichiarato nel rogito”. In ogni caso, chi compra o vende dovrà fare attentamente i suoi conti, considerando anche gli effetti che potrebbe avere la scelta sulla valutazione che il fisco potrà fare delle sue capacità contributive. Gli interessati, conclude Confedilizia, “dovranno di continuo monitorare (e valutare in relazione al proprio caso) i moltiplicatori delle rendite volta a volta vigenti ai fini della tassazione, oltre che eventuali aumenti generalizzati degli estimi, come già avvenuto, nella misura del 5 per cento, per legge dello Stato nel 1996”. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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