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Prima che le scuole riaprano a settembre (come speriamo tutti), è necessario intervenire per migliorare la qualità dell’aria che studenti e professori respirano. Il progetto di ricerca firmato dall’Università di Bolzano “Il cambiamento è nell’aria” presentato nei giorni scorsi lancia infatti l’allarme: i valori di concentrazione di CO2 sono troppo alti e la ventilazione naturale non è sufficiente Negli edifici scolastici italiani studenti e professori respirano una “cattiva qualità dell’aria“. Questo il dato che emerge dalla ricerca “Il cambiamento è nell’aria” promossa dalla Libera Università di Bolzano tra luglio 2019 – prima dell’emergenza coronavirus – e giugno 2020, che in questo momento post COVID-19 assume una valenza particolare. Considerando l’auspicabile riapertura delle scuole a settembre – si parla di 8 milioni di studenti e 800 mila insegnanti in un totale di 41.000 scuole – con il rischio di contagio, che imporrà il rispetto delle misure di distanziamento sociale e sanificazione ambientale straordinaria, che va ad aggiungersi alla qualità dell’aria, che incide sia sulla salute che sui livelli di apprendimento degli studenti. Andrea Gasparella, professore alla Facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano, a questo proposito spiega infatti che “La prevenzione del contagio passa attraverso il controllo della concentrazione e della distribuzione della carica virale che, sia pure con proprie specificità, non è radicalmente diverso da quello di molti altri contaminanti indoor. Il corretto ricambio d’aria può limitare infatti il livello di CO2 e contenere la concentrazione della carica virale nell’ambiente confinato allo stesso tempo”. La ricerca è stata realizzata in collaborazione con i ricercatori e dottorandi dell’Università IUAV di Venezia e delle Università di Trento e Padova – e Agorà, azienda impegnata nella formazione sulla sostenibilità, applicata all’edilizia. Sono stati inoltre coinvolti gli studenti del triennio dell’Istituto d’Istruzione Superiore l’I.I.S. Margherita Hack di Morlupo, in provincia di Roma. In 5 classi e 20 ambienti dell’istituto scolastico sono infatti stati installati novanta sensori, che sono ancora in funzione, che monitoravano i dati di temperatura, umidità, concentrazione di CO2 e illuminazione, in rapporto anche al comportamento degli studenti e alla normativa di riferimento (in particolare, la EN 16798-1: 2019). I risultati emersi sono decisamente preoccupanti: in tutte le classi per oltre l’80% del tempo è stata superata la soglia massima prevista di concentrazione di CO2 (900 ppm); la ventilazione registrata è invece stata inferiore alla soglia minima per più del 95% del tempo e la ventilazione naturale (l’apertura delle finestre per intenderci) non è sufficiente a garantire i tassi di ricambio richiesti, oltre a impattare sul sul comfort termoigrometrico e sul consumo energetico; risultati negativi anche a livello di illuminamento: i valori registrati sono molto più bassi della soglia minima di 500 lx; per quanto riguarda la temperatura, nel periodo invernale i valori medi richiesti per le aule fra i 20 e i 24°C, per l’80% del tempo sono stati rispettati. Gli studenti, che sono stati coinvolti tramite un questionario, per il 60% si sono detti insoddisfatti del livello di comfort termico acustico, qualità dell’aria e illuminazione delle proprie aule. Lo studio proseguirà anche nell’anno scolastico 2020/2021 coinvolgendo, oltre all’Istituto Hack, anche altre scuole. La collaborazione sarà allargata anche alla Bergische Universität Wuppertal, in Germania, per sviluppare un modello fluidodinamico per studiare la distribuzione dell’aria in un ambiente con persone ferme o in movimento. I ricercatori evidenziano la necessità di pianificare sin da ora interventi, prima della riapertura delle scuole di settembre, per garantire buoni livelli di qualità dell’aria, considerando anche le prescrizioni per il distanziamento previste dal covid-19. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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