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Il federalismo entra nelle case degli italiani. E ne aumenta le cubature. L’annuncio di un Piano casa per il rilancio dell’edilizia, effettuato dal governo Berlusconi all’inizio dell’anno, seguito, a marzo, da un’intesa-quadro Stato-Regioni, ha prodotto finora 12 leggi regionali, la delibera di una Provincia autonoma e poche, pochissime pratiche. Si è delineata intanto una sorta di «autonomia immobiliare» degli enti locali, ciascuno dei quali ha interpretato a proprio modo il canovaccio dell’intesa Stato-Regioni sui possibili aumenti di cubatura in caso di ampliamenti degli immobili, demolizioni e ricostruzioni. In quell’accordo si stabilivano solo alcuni paletti, tra cui il divieto d’intervenire nei centri storici oppure su aree di inedificabilità assoluta. Nel contempo si lasciava alla determinazione delle Regioni la possibilità di porre ulteriori limiti agli interventi in aree di pregio culturale, paesaggistico o ambientale. Da parte propria il governo aveva promesso di emanare, nel giro di dieci giorni, un decreto-legge di semplificazione delle procedure edilizie. Ma il provvedimento non c’è ancora mentre la Finanziaria si è limitata a prorogare fino al 2012 l’agevolazione fiscale del 36% per le ristrutturazioni edilizie. Le magnifiche sette A tagliare per prime il traguardo del varo della legge sono state in sette: Toscana, la prima, Emilia-Romagna, Umbria, Valle d’Aosta, Piemonte, Puglia e Provincia di Bolzano. In tutti questi ambiti è già scaduto il termine entro il quale i Comuni avevano la possibilità di introdurre proprie limitazioni. A parte la Valle d’Aosta, che non ha posto alcuna scadenza alle agevolazioni, in tutti gli altri casi non si va oltre il 2011: in Piemonte ad esempio, la domanda va presentata entro quel termine, in Emilia-Romagna e Toscana la dichiarazione d’inizio attività (Dia) va depositata entro il 2010, entro la stessa data a Bolzano vanno invece iniziati i lavori. Nel merito degli interventi, Toscana, Emilia-Romagna e Umbria consentono ampliamenti del 20% per edifici residenziali fino a 350 metri quadri, chiedendo in cambio una riqualificazione energetica e l’adeguamento sismico. In Puglia si comprendono anche gli edifici rurali a prevalente uso abitativo. La Provincia di Bolzano consente un aumento di 200 metri cubi, la sopraelevazione e l’intervento, previa autorizzazione, anche nei centri storici. Qui però le demolizioni vengono concesse fino al 50% dell’immobile, ma senza premio in cubatura. In Emilia- Romagna, d’altra parte, il premio per demolire può arrivare fino al 50% se si tratta di delocalizzare un edificio «incongruo». In Toscana qualsiasi intervento è possibile soltanto se i regolamenti comunali consentono «addizioni funzionali» in base a una legge regionale del 2005. Dall’Abruzzo alla Lombardia Il 15 ottobre prossimo scade il termine entro il quale i Comuni lombardi potranno limitare l’applicazione della legge regionale. Termini più lunghi hanno i municipi abruzzesi, lucani, laziali e veneti. In Lombardia gli edifici residenziali mono-bifamiliari, ultimati al 31 marzo del 2005, che non superino i 1.200 metri cubi possono ottenere un premio del 20% se, nei lavori di ampliamento, sarà assicurato un risparmio energetico del 10%. Quanto alle demolizioni, è possibile un cambio di destinazione d’uso in residenziale ma senza premio volumetrico. Le domande vanno presentate entro il 15 aprile 2011. Nessun limite di tempo hanno invece i cittadini del Lazio. Qui se si abbatte un immobile che sta sul litorale, delocalizzandolo, e lo si riconverte in struttura ricettiva, si può godere di un premio del 50%. In Abruzzo ampliamenti del 20% sono consentiti solo nel caso venga assicurata l’antisismicità. In Basilicata gli abbattimenti possono godere di un aumento di cubatura del 60% se vengono adottate tecniche di bioedilizia o se si aumenta il verde del 60%. In Veneto si possono ricostruire solo gli immobili, anche non residenziali, realizzati prima del 1989 con un premio del 40%, che diventa del 50% in caso di delocalizzazione. Entro il 30 ottobre i Comuni veneti dovranno pronunciarsi sulla legge regionale, altrimenti varrà solo per la prima casa. I fanalini di coda Il Consiglio regionale delle Marche ha approvato il Piano casa mercoledì scorso. Le Regioni mancanti all’appello, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Molise, Sicilia e Sardegna, hanno effettuato solo il passaggio in giunta. La Provincia di Trento non ha aderito all’intesa, confermando gli attuali contributi per le ristrutturazioni senza premi volumetrici. Interessante il caso della Liguria che ha graduato gli aumenti di cubatura in base alla grandezza dell’edificio: +30% fino a 200 metri cubi, +20% tra i 200 e i 500, +10% tra i 500 e i mille, richiedendo l’adeguamento sismico dell’intero edificio. Un ulteriore 5% può essere ottenuto utilizzando materiale locale come l’ardesia. Limiti sono previsti per le aree delle Cinque Terre e di Portofino. In Sardegna la giunta ha cercato di utilizzare gli incentivi per delocalizzare gli immobili siti sulla costa: un premio del 40% viene concesso se alla nuova costruzione delocalizzata si applicherà un risparmio energetico del 15%, si arriva a un +45% se il risparmio è del 20%. In Sicilia la legge consente interventi anche sugli edifici coperti da tutela, purché previa autorizzazione. Finora il governo ha impugnato due leggi regionali: quella pugliese per un codicillo sui parcheggi e quella lucana perché introducendo l’obbligo di un fascicolo del fabbricato, aggrava gli adempimenti e gli oneri amministrativi dei privati. Sullo stato dell’arte del Piano Casa interviene Confedilizia stigmatizzando il mancato rilancio della locazione attraverso misure come l’incentivo fiscale della cedolare secca del 18-20%: «Nei sette mesi dall’annuncio del Piano Casa — si fa osservare — quegli incentivi avrebbero dato il via alla ristrutturazione di almeno 500 mila dei 700-800 mila immobili inabitabili, attivando lavori di recupero per 7,5 miliardi di euro». Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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