Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Quando lo studio di architettura Hopkins Architects è stato convocato per il progetto del nuovo edificio della School of Forestry & Environmental Studies di Yale, Mike Taylor – responsabile del progetto – e Sir Michael Hopkins hanno colto l’occasione per dare un’occhiata alle planimetrie dell’università. L’intenzione era quella di vedere i disegni di importanti edifici come la galleria d’arte di Louis Kahn, ma mentre si trovavano lì i due hanno fatto una scoperta rivelatasi poi fondamentale per il mandato. ‘Ci siamo resi conto che l’università di Yale, che è a New Haven, nel Connecticut, ha le sue foreste nel New England,’ spiega Taylor. ‘È stato allora che abbiamo pensato a un edificio in muratura con un rivestimento ligneo – realizzato appunto con il legno delle foreste dell’università’. Il risultato finale è una struttura vivacizzata internamente dalla quercia rossa americana (American Red Oak), di cui sono rivestite le pareti e la scala che conduce al piano superiore: qui il calore del legno trasforma completamente uno spazio altrimenti algido. L’edificio, noto come Kroon Hall, sorge su un’area un tempo occupata da un trasandato cortile. ‘Ormai è un’impresa trovare una buona posizione’, osserva Taylor, ma questo terreno praticamente abbandonato era in perfetta sintonia con l’ambizione di realizzare un edificio per quanto possibile ecosostenibile. Il cliente voleva che rientrasse nella categoria LEED platinum, il livello più alto del sistema statunitense di classificazione dell’efficienza energetica (grosso modo equivalente al BREEAM). Non solo, voleva anche che fosse ‘carbon neutral’, cioè a impatto zero.Hopkins ha progettato uno degli edifici più verdi degli Stati Uniti adottando diversi approcci comuni nel Regno Unito ma insoliti per il clima estremo di New Haven, nel Connecticut, caratterizzato da estati molto calde e umide e da inverni gelidi, dove la ventilazione naturale è sufficiente solo nella piacevole, breve stagione primaverile e autunnale. Di qui la scelta di puntare sull’orientamento, un’elevata massa termica e un buon isolamento per ridurre al minimo il fabbisogno energetico. Il progetto sfrutta inoltre la luce naturale; la facciata esposta a sud consente l’accumulo termico in inverno, ma grazie a un sistema di schermatura è ben riparata dal caldo sole estivo. Allo scopo di mantenere il fabbisogno energetico il più basso possibile, in primavera e in autunno si può aprire una serie di finestre (un sistema di spie luminose rosse e verdi segnala quando è il momento giusto), mentre negli altri periodi dell’anno l’edificio sfrutta la ventilazione a dislocamento con recupero di calore. I processi di riscaldamento e raffreddamento avvengono grazie allo scambio di calore con i pozzi geotermici situati a una profondità di circa 500m. Un’ulteriore fonte di energia rinnovabile è costituita dai pannelli fotovoltaici collocati sul tetto. Sembra tutto molto complicato, ma di fatto l’edificio è di una semplicità sorprendente: un’unica struttura con volta a botte, a due piani su un lato e a tre sull’altro, per conformarsi al dislivello del terreno e garantire un accesso sotterraneo ai veicoli di servizio. Il progetto è anche un brillante esempio di placemaking, con i nuovi cortili realizzati su ogni lato. A prima vista può sembrare strano che in basso si trovino gli uffici amministrativi e in alto gli spazi aperti al pubblico, come il centro ambientale, le aule e i vari luoghi di aggregazione fra cui la mensa. In realtà si è trattato di una scelta ragionata: i progettisti volevano infatti dare alla facoltà un nuovo cuore pulsante, oltre alle aree esterne dove gli studenti sono soliti trovarsi quando il tempo lo permette, e, data la forma dell’edificio, lo spazio più adatto era quello – di grande impatto – del piano superiore. A quest’area si accede tramite la scala centrale il cui caldo rivestimento crea un interessante contrasto con il cemento a vista, in particolare al pian terreno. Il legno utilizzato è la quercia rossa americana di Yale Tourney, la più grande delle sette foreste donate all’università nel corso del XX secolo. Situata nella punta nordorientale del Connecticut, copre 3.213 ettari e vanta la certificazione FSC. In essa crescono diversi tipi di latifoglie mescolate a piccole macchie di pino (Pine). Circa metà della quercia rossa scelta da Hopkins proviene da Yale Tourney, il resto da altre foreste, tutte comunque certificate FSC. Tutti gli elementi in legno interni sono in quercia rossa, ad eccezione delle travi in legno lamellare, realizzate in abete di Douglas (Douglas Fir), come il rivestimento esterno. La quercia rossa americana non è adatta all’uso esterno in un clima così rigido e anche il ricorso al legno lamellare in red oak è escluso dalle specifiche di produzione. Era la prima volta che Hopkins lavorava con la quercia rossa americana, pur avendo già una vasta esperienza con la quercia bianca (white oak), scelta fra l’altro per il palazzo parlamentare di Portcullis House a Londra e per l’Haberdashers’ Hall nella City londinese. ‘Eravamo un po’ diffidenti’, ammette Taylor. ‘Questa essenza ha più carattere della quercia bianca, oltre a una texture più varia e calda, ma temevamo un insieme poco omogeneo’. Quando lavora con il legno nel Regno Unito John Hopkins è abituato a creare dei pannelli e ad attaccarli direttamente, ma a Yale ha optato per un sistema più diffuso in America, quello del ‘v-line boarding’, che consiste nell’unire le tavole con una tecnica a incastro. ‘Si comincia a un’estremità e si va avanti’, spiega Taylor, convinto che si tratti di una soluzione più economica, per lo meno negli Stati Uniti. ‘È un metodo tipicamente locale’, precisa. ‘Immagino che in Inghilterra il risultato non sarebbe lo stesso’.Hopkins ha avuto la fortuna di poter scegliere il legno, che è stato tutto essiccato in forno. Prima dell’inizio dei lavori di installazione – realizzati da Legere Group, specialisti locali del legno – Hopkins ha definito le specifiche di selezione assicurandosi che tutte le tavole caratterizzate da un’eccessiva presenza di variazioni o nodi venissero scartate. Il contractor ha poi provveduto all’installazione secondo una disposizione volutamente casuale, così da garantire un certo grado di variazione, sia pure contenuto. Al piano superiore, dove i pannelli di legno arrivano fino al soffitto delimitando alcune aree didattiche, ci sono tre file di fasciame verticale alle estremità, mentre sulle pareti dell’ingresso principale si alternano tavole orizzontali e verticali e l’elemento orizzontale funge quasi da portico. Ma la quercia rossa non è stata usata solo per i pannelli di rivestimento. Sono in quercia i gradini delle scale, in cui sono stati inseriti dei listelli antiscivolo: così la pedata in legno contrasta con il cemento a vista dell’alzata. La quercia rossa ritorna inoltre nella pavimentazione dello spazio informale situato all’estremità del piano superiore: ciascuno dei pannelli ha le dimensioni di quattro pannelli del pavimento rialzato, in modo da consentire l’accesso alla strumentazione tecnica semplicemente sollevando le tavole. I divani in pelle scura e le pareti in legno di alcune delle aule sul retro fanno di questo spazio una versione moderna e volutamente non esclusiva di un gentleman’s club. Armonicamente inseriti nell’insieme, i tavolinetti in quercia rossa. Nell’edificio figurano altri elementi d’arredo in quercia rossa, come le panchine dell’ingresso, anche se questo legno non proviene foresta di Yale. Ma soprattutto, la quercia rossa ritorna nel rivestimento del soffitto a volta che copre l’edificio in tutta la sua lunghezza. I pannelli, realizzati da Rulon Company in MDF massello privo di formaldeide, presentano delle aperture per l’installazione delle luci e dei dispositivi antincendio, oltre che per il rivestimento acustico. Sono impiallacciati in quercia rossa, con bordi in legno massello della stessa essenza. Inizialmente Taylor era perplesso sul contrasto estetico fra i pannelli e gli impiallacciati in quercia rossa e le travi in legno lamellare in abete di Douglas, ma il risultato è armonioso. In linea con la filosofia dell’edificio è anche l’uso di legno di quercia locale, sebbene non per l’intero progetto: le foreste di Yale, infatti, rappresentano una risorsa per la ricerca più che una fonte commerciale e non potevano fornire una quantità di legno sufficiente per tutti i lavori previsti. Il rivestimento esterno è in Briar Hill Stone, una pietra giallo pallido ampiamente utilizzata negli edifici del campus: così Kroon Hall risulta in perfetta sintonia con il vicinato. Ma l’edificio colpisce soprattutto in quanto opera architettonica solida e razionale, le cui credenziali ecologiche sono immediatamente visibili solo a un occhio esperto, nonostante quasi tutte le decisioni progettuali rispondano a criteri di eco-compatibilità. L’architetto lo descrive come ‘l’unione modernista fra la navata di una cattedrale e un granaio del Connecticut’. Orientato da est a ovest, il complesso ha una lunga facciata settentrionale rivolta, con le sue aperture minime, verso la collina, mentre il lato meridionale si apre sul giardino. Nella struttura in cemento, a vista negli interni per creare massa termica, il 50% del materiale è sostituito da scarti di fonderia. Le ventole a bassa velocità poste nel seminterrato assicurano la circolazione dell’aria nel sistema di ventilazione a dislocamento. Spesso quando si parla di performance ambientale si pensa soltanto all’energia, ma anche l’acqua è una risorsa preziosa, e l’architetto non l’ha certo trascurata nel suo progetto. Oltre a raccogliere l’acqua che scende dal tetto, il sistema collettore dell’acqua piovana, sfrutta il giardino situato nel cortile meridionale per purificarla. L’acqua piovana è quindi convogliata in un’area di piante acquatiche che filtrano sedimenti e sostanze contaminanti, per poi arrivare ai serbatoi sotterranei ed essere usata per gli scarichi dei bagni. Ne consegue un risparmio idrico di ben 500.000 galloni l’anno, secondo le stime della facoltà di scienze forestali. Persino l’ascensore è stato studiato in un’ottica ecologica. L’architetto ha richiesto un modello idraulico a corda, con contrappeso e senza foro, che consuma meno energia di un normale ascensore idraulico o del tipico sistema a corda con contrappeso. Anche la collocazione centrale della scala risponde a un precisa logica: così prenderà l’ascensore solo chi ne ha davvero bisogno. Al termine dei lavori di costruzione, nell’aprile 2009, Richard C Levin, rettore dell’Università, ha sottolineato che si tratta ‘dell’edificio più sostenibile di Yale’, augurandosi che ‘la sua filosofia, basata sull’idea del risparmio energetico, possa essere fonte di ispirazione per molti altri progettisti, contribuendo così all’ulteriore sviluppo di un’architettura ecologica’. Un edificio simile rappresenterebbe ovunque un traguardo dal punto di vista architettonico e della sostenibilità. Per di più, in questo caso ha sostituito una centrale elettrica che era un pugno in un occhio, creando il nucleo centrale di una facoltà un tempo situata in un’accozzaglia di edifici senza anima. E che c’è di meglio, per gli studenti, che ricordarsi della propria materia di studio ogni volta che guardano le pareti in quercia rossa? Con tutti gli impegni che hanno, non è facile andare nella vicina foresta tutte le volte che vogliono. Ed è meraviglioso che la foresta sia andata da loro. Progetto: Hopkins Architects Esecuzione: Centerbrook Architects & Planners Cliente Yale University Ingegneria strutturale: Arup Progettazione sostenibile: Atelier Ten Architetto del paesaggio: Olin Partnership Ingegneria civile e gestione delle acque: Nitsch Engineering Ingegneria geotermica: Haley 7 Aldrich Facciata: Simpson Gumpertz & Heger Rendimento termico: Waltham Gestione dei materiali: SEA Consultants Code consultant: PR Sherman Consulente per le specifiche: Kalin Associates Consulente ascensori: VDA Stima dei costi: Faithful & Gould Costruzione: Turner Construction Co Fotografia: Morley von Sternberg American Hardwood Export Council (AHEC) www.americanhardwood.org L’AHEC è l’associazione che rappresenta a livello internazionale l’industria statunitense del legno di latifoglia. L’AHEC concentra la sua attività nel fornire ad architetti, designer, prescrittori e utilizzatori finali informazioni tecniche sulla varietà di specie, prodotti e fonti di approvvigionamento dei legni di latifoglia americani. Le credenziali ambientali e tutte le informazioni tecniche sulle diverse specie di latifoglie americane in commercio si trovano sul sito dell’AHEC. L’AHEC produce una serie di pubblicazioni tecniche che si possono richiedere gratuitamente o scaricare dal sito www.americanhardwood.org Consiglia questo progetto ai tuoi amici Commenta questo progetto