La sede del gruppo Prada da poco inaugurata a Valvigna, Arezzo, è il risultato di un dialogo perfetto tra costruito e ambiente naturale e un raro luogo di lavoro che tiene conto del benessere psicofisico dei suoi fruitori
a cura di Claudia Capperucci
Era il 1998 quando il gruppo Prada acquistò un terreno di circa 30 mila metri quadrati di fronte all’autostrada A1 Milano-Roma, in provincia di Arezzo, nel comune di Terranuova Bracciolini. Inizia così la storia della sede di Prada a Valvigna, terza garden factory firmata dall’architetto Guido Canali, già autore per il gruppo degli stabilimenti di Montevarchi, Arezzo (1999) e di Montegranaro, Fermo (2001).
Le richieste della committenza
I vertici del gruppo chiesero all’architetto Canali uno stabilimento con magazzini a piano terra e laboratori al primo piano, a cui si affiancassero una palazzina, uffici e una mensa.
Un edificio che risultasse fortemente integrato nel territorio, come i precedenti, anche all’occhio di chi l’avrebbe visto percorrendo l’autostrada. E un edificio che facesse sua un’etica moderna e illuminata del lavoro secondo cui la produttività dipende anche dalla qualità dello spazio in cui le persone operano.
Il progetto
Sintetizzato il progetto si presenta con quattro spazi principali: il fabbricato a due piani con, al piano terra, una struttura portante prefabbricata in calcestruzzo armato, destinata a magazzino merci e, al piano primo, una struttura portante in acciaio per i laboratori di campionario, suddivisi per marchio e famiglia di prodotto (Prada Donna, Prada Uomo, Minuteria e Miu Miu); i locali tecnici, con le centrali (elettrica, termica e idraulica) e un terrazzamento dedicato a vegetazione di alto fusto; gli uffici, distribuiti in una struttura metallica a tre piani; la mensa, che si sviluppa su un unico livello al piano terra, ben riconoscibile per la copertura vetrata, sormontata da un pergolato.
L’architetto lavora principalmente in tre direzioni: raccordo della sommità dell’edificio alla quota della strada attraverso una serie di gradoni verdi; realizzazione di muri e quinte “vegetali” che schermano l’edificio principale (davanti allo stabilimento si crea una fascia di circa 40 metri adibita a parcheggio e strade a uso pubblico che fa arretrare visivamente la costruzione e si inserisce una cortina intermedia con tre gradoni coperti da filari di viti. Il piano terra sparisce alla vista e la fabbrica sembra adagiarsi su questo nuovo piano, posto a 8 metri sul livello del piazzale); terrazzamento: i gradoni coprono tutta la lunghezza del lotto, creando, di fatto un guscio verde.
All’interno di questa cortina lo spazio è scandito da pieni e vuoti, aria, luce, verde pensile e volumi in vetro che fanno risultare l’architettura molto leggera, quasi l’intelaiatura per un ordito di piante: grandi shed lunghi 36 metri inquadrano il cielo dall’interno e superfici in aggetto costituiscono punti privilegiati per apprezzare viste sulle colline e sull’Arno, le stesse prospettive regalate anche dai giardini pensili, che completano l’illusione di trovarsi adagiati a terra, sopra un terrazzo naturale.
Sul retro, gli uffici e la mensa sono chiusi da grandi fasce murarie, affacciati su chiostri e patii interni, perché lo spazio è stretto e la collina dissestata.
E i parcheggi a prato, completamente filtranti, si inseriscono in un sistema di pergolati leggerissimi rivestiti di viti, punteggiati da gelsi, melograni, giuggioli e alternati a grandi aiuole di lavanda. Un intervento, questo che permette di offrire maggiore stabilità alla collina e riduce il rischio di frane.
“La massiccia presenza di verde, esaltata da specchi d’acqua anche con funzione di riserva energetica, è parte integrante dello stabilimento. Non esibita per mero decoro, piuttosto si pone come condizione del benessere delle persone che vi lavorano. Un’architettura che rifiuta gratuite gestualità ed esibizionismi e piuttosto rimane fedele, nell’eliminare e far decantare, a un rigore critico di ascendenza razionalista. Così, gli affascinanti giardini segreti, i pergolati ombrosi di vitis vinifera, gli stagni lucenti non rappresentano il compiacimento formale degli architetti, ma il rispetto per la dignità e la salute, anche psichica, di chi, tra quelle mura e quei giardini, dovrà lavorarci. E dunque inevitabilmente anche faticare”, spiega l’architetto Canali.
La sede di Prada a Valvigna non è solo la storia di una nuova architettura, ma il cammino di riqualificazione ambientale di un terreno dove da anni sorgeva una vecchia fabbrica di tegole in cemento dismessa.
I numeri di Prada Valvigna
Costruito
- 93.125 mq totale area di intervento
- 32.432 mq di superficie costruita
- 19.000 mq di superficie coperta
- 26.606 mq edificio principale
- 3.157 mq corpo uffici
- 1.708 mq mensa e cucina
- 2.960 mq locali tecnici
Verde
- 29.000 arbusti
- 297 alberi
- 980 viti
- 3.275 mq di semina prato
- 74.000 tappezzanti ed erbacee
- 2.800 mq di tappeti verdi
- 8.700 rampicanti
- 8.000 mq di parcheggi inerbiti
- 20 tonnellate all’anno di CO2 assorbita
Il progettista
Guido Canali è accademico di San Luca (associazione di artisti di Roma, fondata nel 1593 da Federico Zuccari), di Belle Arti a Parma, socio d’Onore dell’Associazione Italiana Architetti del Paesaggio e dell’Istituto nazionale di Architettura. Già professore di Composizione Architettonica a Venezia e a Ferrara. Numerosi riconoscimenti, tra cui premi INARCH 1989/90, 91/92, 2007; Constructa Preis Hannover 92; Fritz Schumacher Preis 2004, alla carriera; Compasso d’Oro 2004; Dedalo 2007; Brick Award 2008; Piranesi Prix de Rome 2011, per il restauro; INARCH/ANCE 2014 alla carriera (“uno dei principali protagonisti della cultura architettonica italiana degli ultimi cinquant’anni”), Brand&Landscape Award 2016. È considerato uno degli eredi della gloriosa tradizione del moderno in Italia, tra gli anni Sessanta e Ottanta, con maestri come Franco Albini e Carlo Scarpa.
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