Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
La sede del gruppo Prada da poco inaugurata a Valvigna, Arezzo, è il risultato di un dialogo perfetto tra costruito e ambiente naturale e un raro luogo di lavoro che tiene conto del benessere psicofisico dei suoi fruitori a cura di Claudia Capperucci Era il 1998 quando il gruppo Prada acquistò un terreno di circa 30 mila metri quadrati di fronte all’autostrada A1 Milano-Roma, in provincia di Arezzo, nel comune di Terranuova Bracciolini. Inizia così la storia della sede di Prada a Valvigna, terza garden factory firmata dall’architetto Guido Canali, già autore per il gruppo degli stabilimenti di Montevarchi, Arezzo (1999) e di Montegranaro, Fermo (2001). Le richieste della committenza I vertici del gruppo chiesero all’architetto Canali uno stabilimento con magazzini a piano terra e laboratori al primo piano, a cui si affiancassero una palazzina, uffici e una mensa. Un edificio che risultasse fortemente integrato nel territorio, come i precedenti, anche all’occhio di chi l’avrebbe visto percorrendo l’autostrada. E un edificio che facesse sua un’etica moderna e illuminata del lavoro secondo cui la produttività dipende anche dalla qualità dello spazio in cui le persone operano. Il progetto Sintetizzato il progetto si presenta con quattro spazi principali: il fabbricato a due piani con, al piano terra, una struttura portante prefabbricata in calcestruzzo armato, destinata a magazzino merci e, al piano primo, una struttura portante in acciaio per i laboratori di campionario, suddivisi per marchio e famiglia di prodotto (Prada Donna, Prada Uomo, Minuteria e Miu Miu); i locali tecnici, con le centrali (elettrica, termica e idraulica) e un terrazzamento dedicato a vegetazione di alto fusto; gli uffici, distribuiti in una struttura metallica a tre piani; la mensa, che si sviluppa su un unico livello al piano terra, ben riconoscibile per la copertura vetrata, sormontata da un pergolato. L’architetto lavora principalmente in tre direzioni: raccordo della sommità dell’edificio alla quota della strada attraverso una serie di gradoni verdi; realizzazione di muri e quinte “vegetali” che schermano l’edificio principale (davanti allo stabilimento si crea una fascia di circa 40 metri adibita a parcheggio e strade a uso pubblico che fa arretrare visivamente la costruzione e si inserisce una cortina intermedia con tre gradoni coperti da filari di viti. Il piano terra sparisce alla vista e la fabbrica sembra adagiarsi su questo nuovo piano, posto a 8 metri sul livello del piazzale); terrazzamento: i gradoni coprono tutta la lunghezza del lotto, creando, di fatto un guscio verde. All’interno di questa cortina lo spazio è scandito da pieni e vuoti, aria, luce, verde pensile e volumi in vetro che fanno risultare l’architettura molto leggera, quasi l’intelaiatura per un ordito di piante: grandi shed lunghi 36 metri inquadrano il cielo dall’interno e superfici in aggetto costituiscono punti privilegiati per apprezzare viste sulle colline e sull’Arno, le stesse prospettive regalate anche dai giardini pensili, che completano l’illusione di trovarsi adagiati a terra, sopra un terrazzo naturale. Sul retro, gli uffici e la mensa sono chiusi da grandi fasce murarie, affacciati su chiostri e patii interni, perché lo spazio è stretto e la collina dissestata. E i parcheggi a prato, completamente filtranti, si inseriscono in un sistema di pergolati leggerissimi rivestiti di viti, punteggiati da gelsi, melograni, giuggioli e alternati a grandi aiuole di lavanda. Un intervento, questo che permette di offrire maggiore stabilità alla collina e riduce il rischio di frane. “La massiccia presenza di verde, esaltata da specchi d’acqua anche con funzione di riserva energetica, è parte integrante dello stabilimento. Non esibita per mero decoro, piuttosto si pone come condizione del benessere delle persone che vi lavorano. Un’architettura che rifiuta gratuite gestualità ed esibizionismi e piuttosto rimane fedele, nell’eliminare e far decantare, a un rigore critico di ascendenza razionalista. Così, gli affascinanti giardini segreti, i pergolati ombrosi di vitis vinifera, gli stagni lucenti non rappresentano il compiacimento formale degli architetti, ma il rispetto per la dignità e la salute, anche psichica, di chi, tra quelle mura e quei giardini, dovrà lavorarci. E dunque inevitabilmente anche faticare”, spiega l’architetto Canali. La sede di Prada a Valvigna non è solo la storia di una nuova architettura, ma il cammino di riqualificazione ambientale di un terreno dove da anni sorgeva una vecchia fabbrica di tegole in cemento dismessa. I numeri di Prada Valvigna Costruito 93.125 mq totale area di intervento 32.432 mq di superficie costruita 19.000 mq di superficie coperta 26.606 mq edificio principale 3.157 mq corpo uffici 1.708 mq mensa e cucina 2.960 mq locali tecnici Verde 29.000 arbusti 297 alberi 980 viti 3.275 mq di semina prato 74.000 tappezzanti ed erbacee 2.800 mq di tappeti verdi 8.700 rampicanti 8.000 mq di parcheggi inerbiti 20 tonnellate all’anno di CO2 assorbita Il progettista Guido Canali è accademico di San Luca (associazione di artisti di Roma, fondata nel 1593 da Federico Zuccari), di Belle Arti a Parma, socio d’Onore dell’Associazione Italiana Architetti del Paesaggio e dell’Istituto nazionale di Architettura. Già professore di Composizione Architettonica a Venezia e a Ferrara. Numerosi riconoscimenti, tra cui premi INARCH 1989/90, 91/92, 2007; Constructa Preis Hannover 92; Fritz Schumacher Preis 2004, alla carriera; Compasso d’Oro 2004; Dedalo 2007; Brick Award 2008; Piranesi Prix de Rome 2011, per il restauro; INARCH/ANCE 2014 alla carriera (“uno dei principali protagonisti della cultura architettonica italiana degli ultimi cinquant’anni”), Brand&Landscape Award 2016. È considerato uno degli eredi della gloriosa tradizione del moderno in Italia, tra gli anni Sessanta e Ottanta, con maestri come Franco Albini e Carlo Scarpa. Consiglia questo progetto ai tuoi amici Commenta questo progetto