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La progettazione illuminotecnica non è una disciplina riservata, raffinata e sdegnosa, né è un laboratorio di sperimentazione per esercizi di erudizione e virtuosismi retorici. Per quanto l’oggetto della manipolazione, la luce, sia etereo ed impalpabile, la progettazione illuminotecnica è una disciplina concreta, materiale, prosaica. Considerando, poi, il progetto illuminotecnico inserito in un contesto urbano, la complessità del processo progettuale diviene questione, non solo tecnica, ma politica, etica, pedagogica, esistenziale. L’illuminazione di un centro urbano risponde in primis a un’esigenza immediata e concreta: quella di assicurare visibilità, fruibilità degli spazi e sicurezza. Ma non è solo questo. Il processo progettuale illuminotecnico non può considerarsi estraneo alla temperie culturale, alle grandi questioni che animano il dibattito etico e politico contemporaneo. Per progettare l’illuminazione di una città, oggi, è necessario portare a compimento e indagare temi sui quali anche urbanisti, pianificatori, architetti stanno interrogandosi. La “città diffusa” Non è per niente retorico domandarsi quale possa essere il destino della città, soprattutto in un contesto come quello della pianura padana, dove lo sviluppo edilizio ha portato al fenomeno dai più definito come “città o periferia diffusa”: una conurbazione che si estende con continuità da un centro urbano ad un altro, spesso senza avere la possibilità di distinguere dove cominci l’uno e finisca l’altro. Si è arrivati a superare la distinzione fra città e campagna, finendo con omogeneizzare e annichilire gli elementi di diversità urbanistica. Alcuni elementi ambientali che fino al secolo scorso caratterizzavano l’identità rurale della pianura padana, come il bosco, la siepe, il fosso, il fiume, sono scomparsi. Se sopravvivono delle testimonianze, dei relitti del paesaggio rurale e cittadino, non riusciamo ad accettarli, a percepirli, a condividerli. Purtroppo è il nostro stile di vita ad impedirlo. La nostra, infatti, è una vita a motore. Un’esistenza frenetica e claustrofobica, consumata prevalentemente alla guida di un’automobile e rapita dalle immagini di un teleschermo. E’ l’applicazione del modello urbanistico degli architetti visionari del ‘900, che immaginavano un territorio tutto percorribile, tutto omogeneo, nel quale si alternavano il campo coltivato e il grattacielo alto un miglio. La sostenibilità ambientale Proteggere il paesaggio e il centro storico: ma per chi? E’ necessario pensare ai fruitori, ai cittadini che dovrebbero vivere lo spazio. Presso la comunità scientifica internazionale si è avviato un fecondo dibattito, espressione di una crescente sensibilità e attenzione per un uso più consapevole dell’ambiente e delle risorse naturali, secondo una nuova concezione di sviluppo sostenibile. Anche per l’architettura, per la pianificazione urbanistica, diventa sempre più inevitabile l’approccio a tali problematiche e la necessità dello sviluppo di una cultura progettuale attenta e coerente con i principi della sostenibilità, la quale deve declinarsi anche come opportunità di reale cambiamento dello stile di vita del cittadino. La Comunità Europea individua tre tematiche principali, strategiche per la gestione delle città (considerate degli organismi autotrofi non autosufficienti): 1 – la pianificazione territoriale; 2 – la mobilità sostenibile; 3 – l’edilizia sostenibile. Altrettanti sono i criteri con cui raggiungere questi obbiettivi: 1 – ecosostenibilità (la capacità dell’ambiente di tamponare, di ripristinare l’equilibrio modificato dalle attività umane); 2 – biocompatibilità (la salubrità, le condizioni di benessere psico-fisico degli spazi antropici); 3 – la sostenibilità sociale (il coinvolgimento sociale, la partecipazione del processo decisionale). Con il nostro progetto di illuminazione di un centro urbano abbiamo voluto applicare i criteri citati, allo scopo di riuscire a migliorare, magari di poco, lo stile di vita della comunità residente. Si rimprovera spesso ai tecnici di non possedere un’anima, qualche volta nemmeno una testa. Celebre l’aforisma di Bartenbach, luminare del settore illuminotecnico, il quale sostiene che “da quando esiste la corrente elettrica, i progettisti hanno smeso di ragionare”. In senso lato, la critica di Bartenbach, imputa al progettista un atteggiamento di accidia, di pigrizia intellettuale, uno scarso impegno anche nei confronti delle questioni che assillano la società del nostro tempo. Invece, anche nella realizzazione di un progetto di illuminazione di un centro storico, si devono cogliere, nel dibattito etico e culturale, stimoli e opportunità di riflessione. Sappiamo ragionare. Pensiamo globalmente e agiamo localmente. L’intervento illuminotecnico L’intervento realizzato ha voluto applicare i criteri di sostenibilità evocati nelle precedenti riflessioni. L’Amministrazione Comunale di Conegliano, committente del progetto, si era convinta che il centro storico cittadino necessitasse di un intervento di rivalutazione degli spazi pubblici, in modo da migliorarne la fruibilità, da contrastarne l’insorgente degrado e l’abbandono da parte delle attività commerciali e della popolazione residente, verso il vicino corso ricco di modernità ed esercizi commerciali. Il committente aveva manifestato l’intenzione di procedere alla chiusura totale al traffico e si poneva il problema di valutare le possibili soluzioni alla staticità del centro e alla scarsa vivibilità serale. Fra le varie ipotesi considerate, venne valutata anche la proposta di creare un progetto di illuminazione scenografica accompagnato ad un programma di arredo urbano. L’Amministrazione Comunale intendeva, quindi, rendere visibili e motivo di attrazione gli scenari presenti nel centro storico, conferendo alla piazza, ai vicoli, ai percorsi pedonali, una freschezza, una vivacità che rendessero appetibile il centro come luogo deputato alla vita sociale della comunità, snodo privilegiato di scambio, contaminazione culturale, integrazione, dialogo, creando un percorso socio – culturale di crescita pedagogica per la popolazione. Il committente, infatti, è convinto che sia necessario far partire dal basso, dal singolo cittadino, un processo di integrazione sociale, che riesca a forgiare un indissolubile spirito di comunità, solidale e mutualistico. Il centro storico e la piazza assurgerebbero, in questo disegno, a fucina metaforica dello spirito della comunità, nel quale immergersi e avviare un processo di riconoscimento identitario. La piazza rinascimentale (in senso lato), raggiunta da punti e attraverso percorsi pedonali e ciclabili diversi e distinti, diventa il fulcro dell’economia locale e lo spazio in cui viene esaltata l’identità del cittadino, la sua potenzialità, la sua diversità. Liberi dalle automobili (lasciate fuori dal centro), sgravati dai compiti e dai lavori del giorno, scampati ed emancipati dalla invadente dittatura (socialmente disgregante) della televisione, i cittadini devono trovare, nel centro storico, lo spazio e le opportunità per riconoscersi nel corpo della collettività e diventare i protagonisti della vita reale. Non più semplice spettatore di un’illusione mediatica, ma protagonista del cambiamento, della crescita culturale, dello sviluppo sociale, il cittadino deve diventare l’attore principale e il centro storico il suo teatro, la piazza il suo palco. L’illuminazione scenografica è lo strumento con cui si esalta e si magnifica questo virtuoso processo di riqualificazione urbanistica e di integrazione sociale. Cercando di essere fedeli alle indicazioni della committenza, si è proceduto alla progettazione e alla disposizione delle luci, in modo che il centro storico potesse essere immaginato e pensato come una successione di palchi, le scenografie dei quali erano costituite dagli edifici e dalle strutture architettoniche presenti. Prima dell’intervento, il centro si presentava spoglio, con un cromatismo povero, di ridotta visibilità percettiva. L’impianto era essenzialmente costituito da lanterne storiche e sorgenti luminose al sodio (alta pressione). L’intenzione era di ridisegnare l’intero centro abitato, mettendo in evidenza le emergenze architettoniche, gli angoli più suggestivi, gli scorci di maggior pregio. Si è proceduto, privilegiando l’illuminazione dei soggetti architettonici su tre diversi livelli: il livello delle pavimentazioni, il livello delle facciate degli edifici e le parti emergenti. Naturalmente il progetto è stato attuato in ottemperanza delle normative tecniche esistenti, cercando, per quanto possibile, di rispettare la legge 22/97 sull’inquinamento luminoso. L’illuminazione non doveva essere statica, ma viva e coinvolgente, variando in intensità, disposizione, a volte di colore. Una volta realizzato il progetto, al calar delle tenebre, non si avrà uno scenario unico ed immutabile, ma una successione di eventi diversi, di sfondi e scenografie mutanti: in questo modo si potrà dare maggior risalto e valore ai diversi soggetti architettonici, che potranno scambiarsi i ruoli di protagonista e comprimario nell’arco della notte. Ogni singolo apparecchio verrà dotato di un proprio sistema di controllo e questi avranno un unico centro di regia, dal quale si potranno modificare l’intensità e per alcuni il colore della luce. Il sistema che verrà utilizzato è innovativo: la moderna tecnologia sfrutta sia la dimmerazione, sia la possibilità di cambiare i colori. Il punto di regia centralizzato consentirà di programmare l’intera architettura della luce con una certa flessibilità su tutto il percorso, cambiando la configurazione nell’arco temporale della notte o durante la successione degli eventi. Il sistema sfrutterà, per la trasmissione dei comandi, i cavi esistenti, mediante onde convogliate. Un altro aspetto interessante, che conferisce ulteriore dinamismo all’illuminazione scenografica, è la possibilità di prevedere l’installazione di occasionali regie e sistemi di illuminazione, in corrispondenza ad eventi (fiere, mostre, rappresentazioni teatrali) e ricorrenze (religiose, sportive, culturali) di particolare importanza e coinvolgimento emotivo per la comunità. Per questi avvenimenti straordinari si adotterà anche l’impiego del colore, usato con molta parsimonia, quale tocco forte di attrazione, di suggestione e fascinazione per il viandante che passeggia nel centro. Oltre al rispetto delle normative contro l’inquinamento luminoso, si è perseguito il criterio del risparmio energetico, ricorrendo, a fonti ad alta efficienza luminosa e alla tecnologia LED, che consente il minor consumo di energia. L’accesso principale all’area pedonale di via XX Settembre avviene attraverso la suggestiva “scalinata degli alpini”. Con la sostituzione e la nuova disposizione del sistema di illuminazione si è voluto ottenere l’inversione dei livelli di illuminamento sulla scalinata rispetto il sottostante corso, spostando l’attenzione dell’osservatore sul loggione di ingresso all’area pedonale, quale porta virtuale di accesso al centro storico sovrastante. Tutti i portatori di interesse, le associazioni di categoria (commercianti, professionisti, ecc.), sono stati coinvolti nel processo decisionale. Ad esempio: lungo la scalinata degli alpini, le targhe, con i nomi delle brigate del corpo alpino, verranno leggermente spostate, per inserire una fonte luminosa che ne consenta l’illuminazione. Le associazioni del celebre corpo d’armata sono state consultate e hanno partecipato attivamente. Saranno gli stessi alpini a riposizionare le targhe in bronzo. Altro obbiettivo dell’intervento sulla calinata è stato la riduzione dell’illuminazione parassita su edifici di interesse secondario, sostituendo gli attuali centri luminosi dotati di sfere, con apparecchi moderni, caratterizzati l’intervento e soprattutto con una ottica ben definita e performante. Attraverso la loggia (alla quale volutamente sono stati dati valori di lluminamento più intensi per attirare l’attenzione dell’osservatore e invogliarlo a varcare questo accesso) si entra in piazza Cima, il cuore della città e della zona pedonale. All’interno dei portici, attualmente illuminati in modo disomogeneo da apparecchi fluorescenti e lampade ai vapori di mercurio (inserite in lanterne dotate di schermi diffusori colorati, che compromettono la percezione del colore), si è voluto normalizzare la situazione, aumentando l’illuminamento e uniformando la luce con particolare cura agli indici di resa cromatica delle fonti luminose. In questo caso si è privilegiato l’obiettivo di garantire lo stesso livello di illuminamento (colore, indice di resa cromatica, illuminamento) a scapito dell’uniformità formale delle apparecchiature, pur rispettando una coerenza esteriore dell’installazione stessa. La temperatura di colore del portico è stata diversificata da quella dell’illuminazione stradale (4200 °K rispetto a 2800°K della strada): la percezione del colore risulta quindi maggiore all’interno dei portici (Ra 90) (per contrastare la confusione e il disorientamento luminosi dovuti alle attività commerciali, comunque sensibilizzate al problema dalla stessa associazione commercianti). Con i suoi palazzi rinascimentali e gli affreschi su molte facciate, via XX Settembre (Contrada Granda) è il fulcro dell’interesse culturale della città: su piazza Cima si affaccia il palazzo dell’Accademia (1846-1868) sede del teatro comunale, lungo la via, la galleria d’arte moderna (Palazzo Sarcinelli XVI secolo), il Duomo trecentesco con la facciata i cui affreschi del Pozzoserrato eseguiti nel tardo 1500, che si sviluppano su una superficie di circa 240 mq., sono considerati il più esteso ciclo pittorico esterno cinquecentesco del Veneto giunto fino a noi. Più defilata la casa del celebre pittore Giambattista Cima. La piazza è illuminata da un sottile gioco di luci e colori, che si fa più intenso durante eventi o manifestazioni culturali di vivo interesse. Un accenno va all’oratorio dell’Assunta nel lato ovest della piazza, ora adibito a sede espositiva: l’illuminazione, realizzata con tecnologia LED, permette, tramite la dimmerazione delle lampade, la percezione della presenza di un evento all’interno. Simulazione notturna palazo munici pale Lungo la via è stata sostituita la fonte luminosa al sodio alta pressione, con una lampada a vapori alogenuri, grazie alla quale si potrà godere, anche di sera, delle sottili interazioni cromatiche e pittoriche con le facciate dei palazzi nobiliari. Se con il contenimento del consumo energetico e dell’inquinamento luminoso si declinava il criterio di ecosostenibilità, se con il coinvolgimento della cittadinanza e delle associazioni si perseguiva il principio della sostenibilità sociale, l’applicazione del criterio di biocompatibilità si traduceva in un attento studio degli impatti molesti dell’illuminazione. Sia per l’ambiente naturale, sia per le attività antropiche, la costante illuminazione di un luogo non incontra sempre il favore del fruitore quotidiano. Come per la musica, così per la luce, ci sono occasioni durante le quali si apprezzano o sono tollerate delle licenze o delle dolci invadenze. In concomitanza a festività o celebrazioni significative, alcuni edifici sono stati illuminati anche con l’utilizzo scenografico del colore, a sottolineare la solennità e l’eccezionalità del momento. Terminato il quale, l’illuminazione deve tornare alla consueta sobrietà. Il centro di via XX Settembre, infatti, è un luogo di vita quotidiana, con i suoi abitanti e i loro piccoli riti, le sue consolidate abitudini, le quali hanno il diritto di perpetuarsi senza lo stravolgimento del fasto e della mondanità. Giovanni Antonio Albertin è nato a Cavarzere (Venezia) il 27 Aprile del 1950. Si laurea in ingegneria civile a Padova. All’inizio degli anni ’90 comincia la sua attività di lighting designer, specializzandosi in impianti di illuminazione funzionale e scenografica, collaborando con diversi Enti pubblici (Caorle, Sacile, Treviso, Caserta). Nel 1995 inizia studi specifici sull’inquinamento luminoso e redige Piani della Luce (Cortina d’Ampezzo, San Vito di Cadore, Motta di Livenza). Per IGuzzini ha realizzato il centro luminoso “Les Alpes” e per Thorn sistemi integrati di illuminazione per l’arredo urbano. Collabora con Ghisa Mestieri. Membro dell’APIL, conduce la sua attività a Conegliano Venetom nella società Albertin & Company. Tratto dal convegno internazionale “Luce e Architettura”, organizzato dall’AIDI Consiglia questo progetto ai tuoi amici Commenta questo progetto