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Il decreto è ad ampio raggio: non si limita cioè a intervenire sulle norme del decreto legislativo 163/2006 che sono sospese fino al 31 gennaio, ma riscrive in diversi punti il Testo unico delle commesse pubbliche voluto dal precedente Governo, anche se il risultato finale lascia tutto sommato in piedi l`ossatura dell`attuale Codice. La mano pesante viene però usata – a sorpresa – su tutte le imprese edili che perdono l’attestato di qualificazione Soa (il documento che abilita alle gare) mentre hanno in corso contratti con la pubblica amministrazione: in questo caso scatta l’immediata risoluzione del contratto e la stazione appaltante può rivolgersi ai primi cinque concorrenti classificati per scegliere – senza dover rifare la gara – un nuovo esecutore. Allo stesso tempo il “correttivo“ fa un passo indietro sul cosiddetto avvalimento, ovvero il prestito tra imprese dei requisiti necessari per concorrere agli appalti. L’idea è radicale: viene cancellata tutta la normativa (l’intero articolo 49 del Dlgs 163/200 6 e non solo il comma 10 ora sospeso). La possibilità di scambiarsi i requisiti di fatturato, manodopera ed attrezzatura rimane solo per consorzi, stabili ed ordinari, raggruppamenti temporanei oppure tramite l’affitto del ramo di azienda. In pratica un enorme passo indietro rispetto a quanto già consentono le direttive europee sugli appalti che non solo immettono in modo esplicito l’avvalimento, ma non lo sottopongono ad alcuna limitazione. Viene poi ristretto il campo di applicazione della procedura negoziata (la ex trattativa privata): senza pubblicare un bando informativo non sarà più possibile affidare lavori analoghi all’impresa che già ha vinto una prima gara. Così come è stato cancellato, per la procedura negoziata con bando, la formula vaga e molto elastica che la ammetteva in caso di circostanze eccezionali che non consentivano «la fissazione globale e preliminare dei prezzi». Nulla viene invece toccato a proposito dell’appalto integrato di progettazione ed esecuzione che dunque resta liberalizzato. Di Pietro accoglie un’istanza che arriva dalla galassia degli enti locali e stempera la rigidità delle norme sul responsabile del procedimento. E dunque diventa possibile in caso di carenze nell’organico del personale di ruolo, assegnare il compito di responsabile unico del procedimento anche a «propri dipendenti in servizio». La riforma potrebbe avere tempi molto brevi: la mossa più probabile è che il «pacchetto», già pronto, sia inserito in corsa all’interno del primo decreto correttivo del Codice che ha già ricevuto il via libera – in veste ovviamente assai diversa e ridotta – dalla Conferenza Unificata e dalle commissioni parlamentari. A favore di questa ipotesi gioca proprio il tempo: il 31 gennaio scade la sospensione di alcune norme del Codice degli appalti e nessuna proroga è stata inserita nel decreto legge “milleproroghe” pubblicato sulla Gazzetta del 28 dicembre. Solo così Di Pietro riuscirebbe a far coincidere i tempi: al primo decreto correttivo infatti manca solo l’ultimo si` del Consiglio dei ministri. L’unico rischio potrebbe arrivare proprio dal Parlamento che sarebbe spiazzato dal blitz del ministro. Le commissioni parlamentari infatti avevano ottenuto da Di Pietro la disponibilità a collaborare all’iter di riforma e avevano già messo a punto un calendario di audizioni per arrivare poi a formulare proprie proposte. Tutto inutile se la riforma verrà approvata subito dal Consiglio dei ministri. Il Sole24 ore Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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