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Progettare – Costruire – Ricostruire: l’economia circolare vede nel costruito, giunto all’esaurimento del suo ciclo di vita, una risorsa per il futuro. De Albertis, presidente ANCE, ha sottolineato le strategie per riprendere a crescere: un grande Piano di sviluppo industriale e infrastrutturale capace di innovare in profondità tutto il Paese. Il recente Piano d’Azione europeo sull’economia circolare considera infatti il settore edile come “prioritario”, ma l’obiettivo di recuperare il 70% dei rifiuti da costruzione e demolizione fissato dalla Commissione Europea per il 2020, pare, per il nostro Paese, ancora lontano. In Italia la pratica del recupero di rifiuti da costruzione e demolizione è ancora trascurata. Occorre una netta inversione di tendenza. Va assolutamente incrementata, anche con opportuni interventi normativi ed amministrativi, non solo la diffusione degli impianti di recupero sul territorio, ma anche la possibilità di effettuare le operazioni di riutilizzo direttamente sul luogo di produzione. Le prospettive del mercato abitativo Mercato immobiliare in Italia Il patrimonio immobiliare italiano richiede una profonda e radicale opera di ammodernamento, in termini di sicurezza, efficienza e qualità. Lo stock abitativo è costituito da 12,2 milioni di edifici (31,2 milioni di abitazioni) di cui il 70% costruito prima del 1974, e cioè prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica. Un patrimonio che evidentemente richiede una massiccia azione di riqualificazione e sostituzione che consenta di dare risposte alla domanda di qualità dell’abitare che cresce e si rafforza nel nostro Paese. Come dimostrano, peraltro, i dati sulla crescita dei livelli produttivi degli investimenti in riqualificazione del patrimonio abitativo, giunti ormai a rappresentare quasi il 40% del mercato. Un risultato che è stato possibile anche grazie all’introduzione di una serie di importanti incentivi fiscali mirati a promuovere non solo le ristrutturazioni edilizie ma anche l’efficientamento energetico degli edifici. Ma il tema della qualità è cruciale anche per la nuova edilizia abitativa. E su questo fronte un ruolo essenziale lo ha giocato e deve continuare a farlo l’uso intelligente della leva fiscale che ha già caratterizzato le ultime azioni del Governo. Le misure per la casa che sono state introdotte con l’ultima Legge di Stabilità sono andate in questa direzione. Sia con la conferma, in misura potenziata, delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica, ma anche e soprattutto con la riduzione dell’Iva per l’acquisto di case in classe energetica elevata. Questo ha consentito di indirizzare la domanda verso prodotti di alta qualità, superando finalmente la disparità di trattamento fiscale tra l’acquisto di case di nuova generazione dalle imprese e l’acquisto di immobili obsoleti ed energivori dai privati. Ma se la direzione è giusta, resta insufficiente la durata al momento prevista per tali misure, che scadranno a fine 2016. Se si vuole portare a compimento un progetto di vera e propria “rigenerazione” del tessuto urbano del Paese, è necessario rendere permanenti tutte le agevolazioni dirette a premiare sia l’acquisto ed il possesso di fabbricati nuovi a standard energetici elevati sia gli interventi sul già edificato rivolti alla riqualificazione energetica. Interventi questi ultimi che dovrebbero prevedere la “rimodulazione” delle attuali agevolazioni (la cosiddetta “detrazione del 65%”), in modo da premiare le riqualificazioni capaci di ottenere i migliori risultati in termini di risparmio energetico ed economico. La leva fiscale per lo sviluppo Al Governo va anche riconosciuta la lungimiranza delle misure con le quali quest’anno ha messo in campo una politica fiscale diretta ad alleggerire il carico tributario sugli immobili, principalmente grazie all’eliminazione della Tasi sulla prima casa. Si è trattato di misure importanti il cui effetto finale, come ha riconosciuto lo stesso Ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, è quello di ottenere un triplice obiettivo: il sostegno alle famiglie, la ripresa del settore edilizio, il moltiplicarsi delle opportunità di accesso al credito. Al Governo chiediamo di continuare in questa direzione nell’ottica di sostenere e di promuovere non solo il mercato immobiliare ma anche più in generale la rigenerazione e lo sviluppo delle nostre aree urbane. La rigenerazione urbana e le periferie Periferie degradate L’urgenza di intervenire nella riqualificazione delle città e delle loro periferie, come ho già detto, è tornata prepotentemente alla ribalta in questi ultimi mesi. In particolare il tema della rinascita e della rigenerazione urbana, che costituisce da anni una questione centrale per il futuro del Paese. Ma quello che da noi ancora manca, al di là delle dichiarazioni, è una vera visione strategica per le città, una scelta culturale e “filosofica”, oltre che economica, su quello che dovranno essere da qui ai prossimi decenni. Adesso è arrivato il momento di decidere il ruolo che le nostre città devono svolgere nel consesso più ampio dell’Europa e del mondo occidentale, se si vuole evitare la loro progressiva marginalizzazione. Ci vuole un progetto vero e pensato, che deve partire con la messa in campo delle azioni più urgenti, mirate a restituire in tempi brevi vivibilità e qualità della vita con interventi mirati su mobilità, trasporti, ambiente, casa e spazi pubblici. Per farlo, oltre all’esigenza di definire un modello istituzionale d’azione, occorre individuare e mettere a disposizione strumenti che consentano la realizzazione di interventi a diverse scale (dal singolo edificio al quartiere, dal recupero alla sostituzione) agevolando in particolare quelli sulla città esistente. Per innescare questo processo occorre semplificare a livello tecnico e amministrativo, rendendone nello stesso tempo conveniente la realizzazione, una serie di interventi “intelligenti” sul tessuto urbano, che consentano di far rinascere la città da se stessa senza nuovo consumo di suolo. Bisogna, in altre parole, promuovere concretamente la sostituzione edilizia, consentendo la rottamazione degli edifici e dei quartieri obsoleti e di scarsa qualità costruttiva. Si deve smettere, insomma, di ristrutturare edifici che invece non meritano di continuare ad esistere. Sono interventi inutili in cui, peraltro, il rapporto costi-benefici è insostenibile. Per questo abbiamo sempre chiesto di accompagnare la legge sul consumo del suolo con una legge sulla rottamazione degli edifici che consenta di tornare a costruire sulla città insediata promuovendo qualità, innovazione tecnologica e, più in generale, la sostenibilità degli interventi. Su questo l’Ance ha già individuato e presentato al Governo alcune proposte, nelle quali si chiede non solo una organica ed efficace programmazione dei fondi pubblici disponibili, ma anche misure fiscali mirate e una regolamentazione urbanistica che consenta questo tipo di interventi garantendo semplificazione delle procedure e certezza dei tempi. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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