Una delle figure “chiave” per l’esecuzione dei lavori in cantiere è il direttore dei lavori, il tecnico incaricato dal committente con un ruolo di controllo e coordinamento. La Giurisprudenza maggioritaria è concorde nel riconoscere a questa figura ampi profili di responsabilità, anche di natura penale in caso di infortuni sul lavoro.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione delimita le ipotesi in cui il direttore può essere considerato responsabile degli infortuni, ad esempio in caso di carenze note e non corrette. I dettagli della sentenza.
Chi è e cosa fa il direttore dei lavori in cantiere
Il direttore dei lavori, come detto, è una figura chiave nell’esecuzione dei lavori; viene scelto dal committente, sia esso pubblico o privato, con il compito generale di supervisionare l’andamento dei lavori. Egli è responsabile della corretta realizzazione delle opere, della conformità al progetto presentato e del rispetto delle normative da attuare in cantiere, anche in materia di salute e sicurezza.
Nonostante la sua importanza, alcuni profili di responsabilità restano dubbi, specialmente in caso di incidenti. Il suo ruolo è soltanto quello di supervisionare il cantiere o può adottare, in prima persona, le misure di sicurezza previste dalla legge? Una sentenza della Corte di Cassazione fa chiarezza su questo punto.
Responsabilità del direttore dei lavori: la sentenza della Cassazione
Con la sentenza n. 2747/2025, la Corte di Cassazione ha chiarito che il direttore dei lavori ricopre sia il ruolo di coordinatore per l’esecuzione sia di garanzia del corretto svolgimento delle opere. Da ciò deriva l’obbligo di adottare misure idonee a prevenire incidenti. Vuol dire, in altre parole, che può intervenire in prima persona in caso di irregolarità.
Nel caso in esame, la Corte si trova davanti un grave incidente avvenuto in un cantiere per la messa in sicurezza di una strada comunale: qui un ciclista, transitando nell’area dei lavori, è stato investito da un autocarro in manovra e ha perso la vita.
Le indagini condotte sul cantiere dopo l’incidente hanno evidenziato diverse criticità nelle misure di sicurezza adottate: ad esempio la mancanza di barriere e segnaletica adeguata, l’assenza di personale per segnalare le manovre necessarie e la parziale chiusura della strada interessata dai lavori.
Omissioni che, secondo la Cassazione, pur essendo attribuibili alle imprese costruttrici, avrebbero dovuto essere rilevate e risolte dal direttore dei lavori.
A causa di queste gravi omissioni, la sentenza della Cassazione attribuisce anche al direttore dei lavori la responsabilità penale della morte del ciclista.
Da ciò deriva che il ruolo del direttore dei lavori comporta una serie di responsabilità che vanno oltre la gestione e il coordinamento del cantiere e che l’incaricato non può limitarsi al controllo formale dell’opera. Secondo il D.Lgs. n. 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro – TUSL), sia il direttore dei lavori che il coordinatore per l’esecuzione (CSE) hanno degli obblighi specifici, tra cui la verifica dell’idoneità del Piano Operativo di Sicurezza (POS) e la sospensione dei lavori in presenza di gravi pericoli.
La corresponsabilità in caso di incidenti in cantiere
La sentenza della Corte di Cassazione fissa un principio chiave per gli operatori del settore: se il direttore dei lavori rileva omissioni o carenze nella sicurezza del cantiere e non adotta delle contromisure, può essere ritenuto corresponsabile in caso di lesioni o incidenti mortali.
Il professionista, dunque, non può limitarsi a un controllo formale, ma deve assumere un ruolo attivo nella prevenzione dei rischi attraverso azioni specifiche, ad esempio:
- sopralluoghi periodici e segnalazione delle criticità, ove necessario
- adeguamento delle misure di sicurezza
- sospensione dei lavori, in caso di pericoli gravi, fino al ripristino delle condizioni di sicurezza
In assenza di questi interventi, il direttore dei lavori può essere chiamato a rispondere penalmente per gli incidenti che si verificano a seguito delle carenze non corrette, come nel caso analizzato dalla Cassazione.
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