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La crisi ha colpito molto duramente le imprese del settore delle costruzioni dal punto di vista economico, finanziario e patrimoniale. Ance, insieme a modeFinance, agenzia di rating riconosciuta dall’ESMA – Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati) e dalla società Bureau van Dijk, ha sviluppato una prima analisi su di un campione rappresentativo del settore, formato da oltre 50.000 imprese per un fatturato aggregato complessivo di oltre 120 miliardi di euro. I risultati evidenziano alcune criticità che importanti. Il rating medio del campione si colloca al livello B, ovvero evidenzia una vulnerabilità economica e finanziaria, con il 20% del totale delle imprese nella classe di rischio elevato (classi CC, C e D). Gli aspetti più critici riguardano la patrimonializzazione, l’alto indebitamento, in parte caratteristico del ciclo produttivo delle costruzioni, la limitata liquidità e redditività delle imprese. Per quanto riguarda la leva finanziaria, emerge che il livello mediano di indebitamento delle aziende edili è eccessivamente elevato rispetto al patrimonio netto. Quello che emerge dall’analisi dei bilanci delle imprese, è il cambiamento nella struttura del passivo: nel 2008, il debito a medio-lunga scadenza, la forma tecnica più adatta per finanziare operazioni di sviluppo immobiliare, rappresentava il 22% del totale del passivo e il 23,5% era costituito dagli acconti. Il debito a breve era invece pari al 31%. Cinque anni dopo, a fronte del crollo degli acconti (passati dal 23,5 all’8,4%), il debito a breve, sensibilmente più costoso di quello a medio lungo, è arrivato al 41% circa del passivo. Una situazione di questo tipo rende le imprese molto più esposte verso le banche, con conseguenze negative sulla sostenibilità del debito e sulla redditività, dal momento che gli oneri finanziari appesantiscono sensibilmente il conto economico. Questa situazione risente delle problematiche incontrate dalle imprese nella fase di vendita del prodotto: la contrazione di oltre due terzi del mercato dei mutui alle famiglie ha reso, di fatto, impossibile vendere le abitazioni; buona parte delle sofferenze bancario sono l’effetto più evidente della politica restrittiva degli istituti di credito verso le famiglie e le imprese. Per le imprese attive nelle opere pubbliche, il fenomeno dei ritardati pagamenti ha provocato, anche in questo caso, un sovra-indebitamento indotto, con gravi conseguenze sull’equilibrio economico e finanziario delle aziende. Per quanto riguarda la redditività, il ROE ha avuto un calo nel periodo 2011-2014: il valore mediano si attesta al 3,5% nel 2013, un valore sensibilmente inferiore al 6% del 2011. Circa il 30% delle imprese ha chiuso l’esercizio in perdita. Questo fenomeno è stato accentuato dalla crisi del mercato immobiliare e dalla conseguente perdita di valore degli asset. Mercato finanziario I mercati finanziari europei, dal marzo 2015, sono stati inondati dalla liquidità proveniente dalle operazioni di mercato aperto della BCE: il Quantitative Easing (QE), recentemente prolungato, immetterà una quantità di denaro imponente, circa 1.500 miliardi di euro. Si stima che per l’Italia saranno a disposizione delle banche nazionali oltre 200 miliardi di euro. Nei mesi precedenti, la Banca Centrale Europea aveva già varato altre operazioni “non convenzionali”, come TLTRO: il Programma “Targeted” Long Term Refinancing Operations ha permesso di iniettare nel sistema bancario nazionale circa 115 miliardi di euro1 . Considerate le forti difficoltà incontrate dalle banche nell’emissione di obbligazioni, anche senior (vedi grafico seguente), gli istituti di credito hanno preferito finanziarsi sul medio-lungo termine con covered bond (obbligazioni garantite da patrimonio segregato). Negli ultimi due anni e mezzo, l’Ance ha monitorato questo mercato: dal giugno 2013, sono state effettuate 39 emissioni per complessivi 32 miliardi di euro. La creazione del Plafond Casa presso Cdp (per finanziare nuovi mutui residenziali alle famiglie) e la decisione di includere questi titoli negli acquisti della BCE all’interno del QE, ha spinto le banche ad affidarsi a queste obbligazioni per il medio lungo termine. Per quanto riguarda il Fondi previdenziali, la Covip ha stimato che, alla fine del 2014, il patrimonio dei Fondi ammontava a 131 miliardi, di cui 99 impiegabili in investimenti. Di questi, 34,5 miliardi sono investiti in Italia, 28 in titoli di Stato. La quota dedicata al mercato immobiliare è di circa 4 miliardi di euro. Purtroppo, parte della liquidità immessa nel sistema economico non sarà resa disponibile per le imprese e le famiglie: la nuova regolamentazione prudenziale europea ha reso ancor più stringenti i requisiti patrimoniali delle banche, specialmente verso i settori considerati maggiormente a rischio, come le costruzioni e il real estate; gli istituti di credito, inoltre, presentano debolezze anche dal punto patrimoniale: l’ingente massa di crediti in sofferenza, stimati dall’Abi in circa 200 miliardi, pesa sui bilanci delle banche, limitandone significativamente l’operatività. L’accesso del settore edile al mercato finanziario Un anno fa, il Governatore della Banca d’Italia, nella sua Relazione annuale, ha dichiarato che le imprese avrebbero dovuto impegnarsi nell’attivazione di nuovi canali di finanziamento, diversificando rispetto al classico prestito bancario. Per il settore delle costruzioni, l’esigenza di diversificare le fonti di finanziamento è ormai diventata una necessità improrogabile, visto il crollo dei finanziamenti alle imprese edili. L’Ance ha monitorato il mercato dei minibond, strumenti di finanziamento dedicati alle PMI: dalla loro introduzione, Borsa Italiana evidenzia che le PMI italiane che hanno emesso minibond sono 107. Il settore delle costruzioni ne ha usufruito finora molto marginalmente: dai dati emerge che solo 4 imprese, di dimensione medio-grande, hanno emesso tali titoli. Molto poco rispetto alle reali necessità del comparto edile, alle prese con una vera e propria chiusura da parte del sistema bancario. Questa spinta verso i mercati finanziari deve essere, però, preceduta da una riorganizzazione industriale del settore. Non sarà possibile, infatti, accedere ai mercati se le imprese non effettueranno un rafforzamento patrimoniale e una ristrutturazione del debito, con un allungamento delle scadenze e una revisione dei costi per interessi. Queste due azioni possono, però, essere compiute nel medio periodo e con una strategia di aiuto pubblico finalizzato ad aumentare la solidità delle imprese del settore. Per il breve periodo, l’Ance ha sviluppato una proposta che può consentire alle aziende del settore di accedere ai mercati finanziari attraverso i minibond o, in alternativa, i project bond (quest’ultimo strumento però sta incontrando alcune difficoltà nell’utilizzo). L’idea è di sviluppare titoli di credito finalizzati al finanziamento delle operazioni infrastrutturali o di sviluppo immobiliare con criteri di finanziabilità calibrati sulle caratteristiche dell’investimento (e non dell’impresa emittente). In pratica, i criteri di selezione farebbero riferimento non più alla redditività/fatturato dell’azienda ma al rendimento/rischiosità dell’operazione. Tali titoli dovrebbero, inoltre, essere emessi per finanziare contemporaneamente un insieme di progetti (pool) omogenei presentati da aziende diverse. In questo modo, aumenterebbe il taglio medio dei titoli e i costi di emissione sarebbero ripartiti tra diversi soggetti. Già così, sarebbe possibile abbattere la rischiosità di questi titoli in virtù della diversificazione degli investimenti e dei soggetti realizzatori. Per la prima fase, sarebbe importante prevedere una garanzia pubblica per il sottoscrittore. Si potrebbe ipotizzare anche un altro schema d’intervento: investitori istituzionali potrebbero acquistare le tranches di titoli più rischiose (1 st loss) mentre sul mercato finanziario sarebbero scambiate le obbligazioni più sicure. Situazione economico-finanziaria delle imprese di costruzioni nella crisi 2 Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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