Nel momento in cui la crisi ci spinge ad essere ancora più competitivi in termini di qualità dei servizi offerti ai cittadini – favorendo, tra l’altro, la cooperazione tra i professionisti – ci sembra del tutto anacronistico proporre norme che, contro le indicazioni comunitarie, estendono le competenze di una categoria a danno di un’altra.
Così Leopoldo Freyrie, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori nel corso di una audizione dinanzi alla Commissione Lavori Pubblici del Senato.
“Così come anacronistici e del tutto inutili – continua – si sono dimostrati tutti i tentativi di forzare la definizione di “modesta dimensione” di una costruzione: negli ultimi 50 anni tutto ciò ha prodotto, da un lato, un enorme spreco di giurisprudenza, dall’altro non pochi scempi edilizi. Altrettanto evidente è poi la non “economicità legislativa” di un intervento come quello proposto che entra nello specifico di materie propriamente tecniche che dovrebbero, invece, essere risolte in tavoli di concertazione inter-professionali”.
“Per regolare e aggiornare le competenze e nello spirito di una autoregolamentazione che sollevi lo Stato da funzioni che difficilmente riesce ad adempiere e i Tribunali da un lavoro non prioritario, il Consiglio Nazionale degli Architetti ha da tempo proposto una camera di conciliazione interprofessionale”.
“Le nuove competenze che si vorrebbero estendere a geometri e periti – sottolinea Freyrie – non hanno riscontro in alcun paese dell’Unione Europea, poiché gli interventi riguardanti l’architettura e il paesaggio – e le direttive comunitarie su questo aspetto sono chiarissime – devono essere realizzati da professionisti che abbiano svolto idonei studi universitari. Ed è proprio la normativa europea ad attribuire agli architetti – formati negli specifici settori e in maniera adeguata – le attività professionali relative alla progettazione architettonica, strutturale, paesaggistica, conservativa ed urbanistica”.
“Senza contare, poi, che il recepimento e l’attuazione di nuovi titoli professionali – continua ancora – in contrasto con le competenze previste per la categoria professionale degli architetti – provocherebbero un aperto contrasto tra la normativa nazionale e quella europea”.
La strada da percorrere, secondo gli architetti italiani, è quella indicata dal Dpr attuativo della Riforma delle Professioni che “supera il problema delle competenze e promuove, invece, l’integrazione professionale e interprofessionale con l’istituzione di nuove forme societarie”.
Per tutti questi motivi il Consiglio Nazionale degli Architetti propone di emendare il disegno di legge sostituendolo con un unico articolo che istituisca – presso il Ministero della Giustizia e di concerto con il Ministero delle Infrastrutture – un Tavolo delle Competenze a cui partecipino i rappresentanti dei Consigli Nazionali delle Professioni dell’area tecnica. Tavolo che, al 31 dicembre di ogni anno, rediga delle linee guida di interpretazione e di aggiornamento delle competenze professionali – anche sulla base delle novità legislative intervenute – nel rispetto delle Direttive e politiche comunitarie che dovrebbero poi essere emanate mediante Decreto Ministeriale.
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