Un futuro per Bagnoli

Interesse per l’area napoletana ex Italsider. Il vicesindaco Papa conferma i contatti tra la giunta e il gruppo olandese Multi Development Corporation. L’ultimo colloquio tra l’amministrazione e la società straniera si è svolto il 3 luglio scorso. Durante l’incontro il dirigente del dipartimento Urbanistica, Roberto Giannì, ha illustrato al manager director Nico W. Veldhuis i contenuti del progetto Bagnoli, le modalità con cui l’amministrazione ha scelto di attuarlo e il relativo stato di avanzamento. Afferma Giannì: “Due i punti della discussione: i contenuti dello strumento urbanistico vigente e i contenuti dello strumento urbanistico esecutivo, avendo precisato che quest’ultimo è sottoposto all’approvazione del Consiglio Comunale e pertanto la precisa conoscenza dei contenuti potrà essere acquisita solo dopo che il provvedimento sarà stato licenziato…”. Le maggiori critiche all’operazione arrivano dalle associazioni ambientaliste che lamentano lo scarso interesse che il comune ha nei confronti delle loro opinioni.

La vicenda dell’area di Bagnoli è ormai da anni tema di discussioni che vedono contrapposti gli amministratori da un lato e gli ambientalisti dall’altro.
Per fornire un quadro completo della situazione proponiamo di seguito un articolo sul tema apparso sul Sole24Ore

NAPOLI «Il riutilizzo delle aree dismesse è una sfida importante per la città: se diventano terreno di scontro politico, o di speculazione immobiliare, si bloccherà tutto. A Napoli è in atto una strategia per incrementare il valore delle aree e fare operazioni immobiliari. Ma i valori di attesa sono molto superiori a quelli reali». Rocco Papa, ex assessore alla Vivibilità del Comune di Napoli, docente di progettazione urbanistica alla Facoltà di Architettura di Napoli, sintetizza così il nodo da sciogliere per far partire i grandi progetti per la città. Grandi progetti che riguardano per lo più aree dismesse su cui la pianificazione urbanistica ha fatto qualche passo avanti, ma che di fatto non sono ancora disponibili. E per le quali sono stati stuzzicati innumerevoli interessi, progetti e appetiti.
Il recupero delle aree dismesse a Napoli è un affare di grandi dimensioni:
500mila metri quadrati circa di terreno. L’area più estesa — 313 ettari — è senza dubbio quella nella zona occidentale, a Bagnoli, ancora occupata in gran parte dagli stabilimenti siderurgici dell’Italsider (fermi da anni) e ora destinata, con una variante al piano regolatore, a insediamenti turistici, residenze, incubatori scientifici e di ricerca. Progetti da oltre 2mila miliardi lanciati dalla prima Giunta Bassolino e poi rimasti “in caldo” in attesa della bonifica.
Quest’ultima meriterebbe un libro a sè. La Bagnoli Spa, guidata da fine 2000 da un nuovo presidente, Vittorio Betta, ha da poco completato il piano definitivo della bonifica, condizione indispensabile per rendere operativo il finanziamento di 150 miliardi per tre anni previsto dalla Finanziaria 2001. È atteso il via libera del ministero dell’Ambiente. Il piano prevede interventi per 300 miliardi circa nei prossimi tre anni destinati a completare il recupero.
Dopo tre anni, la società dell’Iri che sta lavorando per bonificare Bagnoli ha smontato gran parte delle strutture — fatta eccezione per alcuni edifici di archeologia industriale — ma ancora non ha avviato la bonifica dei suoli. Il pontile nord, che si allunga sul mare per un chilometro verso Procida, dovrebbe diventare una passeggiata a mare. Il Comune ha affidato i lavori (per un valore di 2,6 miliardi) per ristrutturarlo. Dal 1° gennaio 2001 quest’opera è passata sotto il controllo del commissario straordinario per l’Ambiente, Antonio Bassolino. Accanto al pontile c’è la zona della “colmata” dove la Bagnoli è orientata a fare un primo intervento di messa in sicurezza. Ma il Comune ne vorrebbe la rimozione.
Diverso il bilancio fatto dalla Bagnoli Spa: conti alla mano la società dell’Iri sostiene di aver effettuato il 95% delle demolizioni, il 64% degli smontaggi, l’81% della bonifica: in sintesi l’83% dell’intera opera.
Intanto, la Giunta comunale di Napoli recentemente ha messo a punto lo statuto della società di trasformazione urbana Nuova Bagnoli, costituita da rappresentanti del Comune e istituti finanziari. Statuto che dovrà poi essere approvato dal Consiglio comunale. Ma l’esclusione delle imprese non è stata ben accolta dai costruttori di Napoli, decisi su questo fronte a fare battaglia. «Nell’ipotesi fatta dal Comune la società dovrà acquisire i terreni, gestire la costruzione e la vendita degli edifici e delle abitazioni — afferma Riccardo Giustino, recentemente confermato alla guida dei costruttori —. Ma quale ruolo avranno gli imprenditori? Un ruolo di investitori o di semplici appaltatori?». Gli imprenditori edili sono contrari anche all’ipotesi di creare una Società di trasformazione urbana per l’area orientale. «È troppo tardi — aggiunge Giustino — il mercato ancora una volta è stato più veloce dell’amministrazione pubblica. Non resta che promuovere gli interventi previsti e velocizzare le procedure con
accordi di programma, come sta avvenendo per San Giovanni a Teduccio e la
cittadella della polizia».
A Est, in un’area di 112 ettari, il Comune ha previsto insediamenti di
piccole e medie imprese. Buona parte dell’area è ancora occupata dai
depositi petroliferi della Q8 che dopo l’incendio dell’86 sono rimasti in parte vuoti e inutilizzati. Alla fine dell’anno scorso il Comune ha firmato con Regione, Università Federico II, ministeri dei Trasporti e della Ricerca, Autorità e Capitaneria di porto, un contratto di programma per San Giovanni a Teduccio (sempre nell’area Est) che prevede la localizzazione di due facoltà universitarie (giurisprudenza e ingegneria 2) e un porticciolo turistico per 650 barche da realizzare in project financing con 320 miliardi di investimenti. L’Università ha rilevato da un’asta fallimentare l’ex stabilimento della Cirio, mentre il Comune ha acquisito l’ex Corradini per farne in parte l’università e in parte servizi per i diportisti. A Napoli Est si è insediata anche Getronics, multinazionale olandese dell’information technology. Ci sono poi altri programmi per la creazione di un megacentro commerciale da parte di una società portoghese. In totale per l’area orientale sono già disponibili 450 miliardi su un totale previsto di 1.000 miliardi circa.
E non è finita. Napoli ha altre aree dismesse da recuperare, sulle quali ci sono da tempo grandi aspettative. Tra queste, l’ex Manifattura tabacchi (127mila metri quadrati), che dovrebbe essere occupata dalla cittadella della polizia; l’ex-istituto psichiatrico Leonardo Bianchi, dove si vorrebbe far decollare una seconda Facoltà di Medicina, da realizzare con un project financing di 215 miliardi. E ancora la ex Redaelli, vicino a Napoli orientale; la Centrale del latte mai entrata in funzione, le ex caserme di Secondigliano e Corso Malta. Progetti divenuti più concreti dopo l’adozione del Piano regolatore generale di Napoli, ma ancora sospesi nel limbo delle lunghe procedure, delle lotte politiche e dei conflitti d’interesse tra proprietari, investitori e speculatori.

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